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keith farquhar

10.05.2003-30.06.2003

 

La Galleria Laura Pecci è lieta di presentare per la prima volta in Italia l’artista scozzese Keith Farquhar con una performance.

Keith Farquhar appare sulla scena artistica negli anni ’90 con una serie di lavori astratti, che riproducono copertine di libri pseudo-scientifici e futuristici degli anni ’60, attraverso i quali l’artista inizia un percorso di recupero delle utopie del passato che hanno perduto valore che verrà poi sviluppato nel corso del tempo.

Il ritorno a Edimburgo, dopo un periodo londinese, segna una tappa importante per Farquhar, che sceglie come tematica principale del suo lavoro la Scozia; prima attraverso una serie di attività artistico-curatoriali insieme a Lucy McKenzie e ad altri artisti sotto il nome di “Charisma”, poi con altri artisti o in solo show.

Nelle sue opere viene trattata l’esperienza di vivere in Scozia, criticando, attraverso l’ironia, il sistema dei valori e dei  gusti degli scozzesi in campo artistico.

Nel  solo show ironicamente chiamato “A pain in the v-neck” (2002) Keith Farquhar  espone una serie di lavori creati utilizzando i “Pringle Jumper”, pullover con scollo a V, simbolo dell’identità scozzese, portatori di valori di tradizione e prestigio.

L’artista ha utilizzato diverse parti dei maglioni, fatti a pezzi e ricuciti in varie forme e con vari colori e, attraversi di essi, ha implicitamente criticato il formalismo scozzese.

Modificando e ricostruendo  questi oggetti, spesso con l’aiuto della madre, KF cerca di destabilizzare la gerarchia di autorità scozzese intrinseca nella loro fabbricazione, una sorta di resistenza all’omogeneizzazione e un tentativo di ricreare una personalissima linea gerarchica.

Lo stesso con i fuochi d’artificio, altro simbolo forte della tradizione scozzese (i fuochi sono un evento celebrato nel calendario scozzese, per la fine della festa di Edimburgo) e soprattutto dell’élitarismo della società di Edimburgo. Farquhar nell’esposizione “Ball gone with firework motif” (2002) ha presentato una serie  lavori in cui i motivi dei fuochi d’artificio venivano cuciti su del tessuto sformato e  inelegante. La dissacrazione di un simbolo forte della upper class scozzese, diventa un mezzo per ironizzare lo sfoggio del prestigio, la superficialità e, in generale, tutto il sistema valoriale della classe borghese scozzese.

Contemporaneamente, però, il suo lavoro è carico di elementi nostalgici: la collaborazione con la madre, il recupero dei valori, l’utilizzo di antichi simboli tradizionali, diventano tutte componenti sentimentali delle opere dell’artista.

Mentre si impegna con le nozioni più politiche di identità, Keith Farquhar ci racconta la sua terra e le sue tradizioni, e, se da un lato cerca in continuazione di sovvertire il sistema attraverso l’ironia, dall’altra riesce a trasmetterci e a farci conoscere in modo forte le sue  nozioni di “scottishness”.

 

 

Mostre personali (selezione):  
2002 Doggerfisher Gallery, Edinburgh; BlindCraft, Galerie Neu, Berlin
2001 Mintview, Anthony Reynolds Gallery, London
Mostre collettive (selezione):
2002 Gwangju Biennale, Korea;
2001 The best book about Pessimism I Ever Read, Kunstverein Braunschweige (curated by Lucy McKenzie), Germany

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