La
Galleria Laura Pecci è lieta di presentare per la prima volta in
Italia l’artista scozzese Keith Farquhar con una performance.
Keith
Farquhar appare sulla scena artistica negli anni ’90 con una serie
di lavori astratti, che riproducono copertine di libri
pseudo-scientifici e futuristici degli anni ’60, attraverso i quali
l’artista inizia un percorso di recupero delle utopie del passato
che hanno perduto valore che verrà poi sviluppato nel corso del
tempo.
Il
ritorno a Edimburgo, dopo un periodo londinese, segna una tappa
importante per Farquhar, che sceglie come tematica principale del suo
lavoro la Scozia; prima attraverso una serie di attività
artistico-curatoriali insieme a Lucy McKenzie e ad altri artisti sotto
il nome di “Charisma”, poi con altri artisti o in solo
show.
Nelle
sue opere viene trattata l’esperienza di vivere in Scozia,
criticando, attraverso l’ironia, il sistema dei valori e dei
gusti degli scozzesi in campo artistico.
Nel
solo show ironicamente chiamato “A pain in the v-neck”
(2002) Keith Farquhar espone
una serie di lavori creati utilizzando i “Pringle Jumper”,
pullover con scollo a V, simbolo dell’identità scozzese, portatori
di valori di tradizione e prestigio.
L’artista
ha utilizzato diverse parti dei maglioni, fatti a pezzi e ricuciti in
varie forme e con vari colori e, attraversi di essi, ha implicitamente
criticato il formalismo scozzese.
Modificando
e ricostruendo
questi oggetti, spesso con l’aiuto della madre, KF cerca di
destabilizzare la gerarchia di autorità scozzese intrinseca nella
loro fabbricazione, una sorta di resistenza all’omogeneizzazione e
un tentativo di ricreare una personalissima linea gerarchica.
Lo
stesso con i fuochi d’artificio, altro simbolo forte della
tradizione scozzese (i fuochi sono un evento celebrato nel calendario
scozzese, per la fine della festa di Edimburgo) e soprattutto dell’élitarismo
della società di Edimburgo. Farquhar nell’esposizione “Ball
gone with firework motif” (2002) ha presentato una serie
lavori in cui i motivi dei fuochi d’artificio venivano cuciti
su del tessuto sformato e
inelegante. La dissacrazione di un simbolo forte della upper
class scozzese, diventa un mezzo per ironizzare lo sfoggio del
prestigio, la superficialità e, in generale, tutto il sistema
valoriale della classe borghese scozzese.
Contemporaneamente,
però, il suo lavoro è carico di elementi nostalgici: la
collaborazione con la madre, il recupero dei valori, l’utilizzo di
antichi simboli tradizionali, diventano tutte componenti sentimentali
delle opere dell’artista.
Mentre
si impegna con le nozioni più politiche di identità, Keith Farquhar
ci racconta la sua terra e le sue tradizioni, e, se da un lato cerca
in continuazione di sovvertire il sistema attraverso l’ironia,
dall’altra riesce a trasmetterci e a farci conoscere in modo forte
le sue
nozioni di “scottishness”.
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