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Giacomo CAMPANILE

 

Lo Spirito Santo e la Chiesa

nel capitolo I della Lumen Gentium

costituzione dogmatica

del Concilio Vaticano II

 

 

INTRODUZIONE

         Nella preparazione al grande giubileo del Duemila l’anno 1998 è dedicato all’approfondimento e alla riscoperta della terza persona della SS.ma Trinità: lo Spirito Santo[1].

         In questa prospettiva propongo questa ricerca squisitamente teologica sulla relazione esistente tra lo Spirito Santo e la Chiesa, sperando di portare un contributo nuovo all’ecclesiologia del terzo millennio.

         La riflessione pneumatologica rapportata all’ecclesiologia oggi è di estrema attualità, e i recenti documenti magisteriali, come l’enciclica di papa Giovanni Paolo II, Dominus et vivificantem[2], testimoniano l’importanza di questa tematica nella riflessione contemporanea.

         Anche Paolo VI auspicò per la Chiesa post-conciliare una più approfondita conoscenza della persona dello Spirito Santo e una maggior presa di coscienza della sua azione nella vita della Chiesa.

 

         “Uno degli insegnamenti più importanti, più caratteristici e fecondi che il Concilio Vaticano II ha lasciato alla Chiesa è quello del mistero della Chiesa, il quale consiste nell’animazione per cui essa vive come corpo mistico di Cristo, e questa animazione possiede, dall’effusione dello Spirito Santo, lo Spirito di Cristo. Questo si sapeva, si può dire, da sempre: dalla Pentecoste, dalla dottrina dei Padri, dai documenti pontifici recenti e da studi teologici insigni; ma la catechesi ordinaria era piuttosto orientata a considerare la Chiesa nel suo aspetto visibile e sociale, rivendicato alla Chiesa specialmente dal Concilio di Trento contro certe eresie della Riforma. Senza negare questo aspetto, anzi elevandolo alla considerazione di segno e strumento di salvezza, il recente Concilio ha fissato l’attenzione sull’aspetto spirituale, misterioso, divino della Chiesa, sulla pneumatologia della Chiesa”[3].

 

         Seguendo le indicazioni del papa cercheremo di approfondire l’aspetto spirituale, misterioso e divino della Chiesa nella costituzione Lumen Gentium (LG), il documento conciliare sull’ecclesiologia cattolica.

         L’intento del Concilio Vaticano II è principalmente quello pastorale e biblico, non specificamente teologico. Per questo viene evidenziata soprattutto la dimensione operativa ed economica più che l’aspetto trascendente del mistero divino dello Spirito Santo[4]. Tuttavia non mancano indicazioni circa la vita trinitaria, e perciò l’approfondimento di temi squisitamente teologici.

         La Chiesa infatti è nata dalle due missioni divine del Figlio eterno e dello Spirito Santo; vivificata e rigenerata nel tempo da questo divino impulso da cui trae sempre nuova linfa per il suo bene operare nel mondo, continua tuttora a vivere e a dare testimonianza di fede. Come afferma il prof. Gherardini

 

         “Ciò fa capire perché l’ecclesiologia cerchi i suoi contatti vitali, e non soltanto metodologici, in due direzioni: nella cristologia e nella pneumatologia”[5].

 

         Il padre Congar parla dello Spirito come il co-istituente della Chiesa, facendo notare che con il Concilio la tradizione latina ha rivalutato l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa, mettendo in risalto un aspetto che forse era stato trascurato da una teologia che preferiva dare rilievo al mistero del Verbo incarnato per illustrare il mistero della Chiesa[6].

         Questa tendenza della teologia occidentale era stata definita dai fratelli orientali come cristomonismo[7].

         Abbiamo notato che, nonostante siano passati più di venti anni dalla chiusura del Concilio, sono stati pochi gli studi scientifici sulla problematica del rapporto che unisce lo Spirito Santo e la Chiesa nella LG[8].

         Per queste ragioni siamo stati spinti ad affrontare il documento della LG e vedere che cosa dice di nuovo su tale argomento. Il nostro lavoro non riguarda lo sviluppo storico della pneumatologia pre-conciliare per constatare come poi è sfociata nel Vaticano II, ma si limita ad analizzare rigorosamente i testi della costituzione e i risvolti teologici soggiacenti a questi due grandi misteri del Cristianesimo. I singoli misteri sono di per sé inaccessibili alla ragione; inoltre, considerati isolati l’uno dall’altro, non possono essere colti nel loro carattere salvifico. Del loro rapporto reciproco la ragione, illuminata dalla fede, ne può acquistare una certa penetrazione, come viene espresso dall’insegnamento del Concilio Vaticano I:

 

         “Ac ratio quidem, fide illustrata, cum sedulo, pie et sobrie quaerit, aliquam Deo dante mysteriorum intelligentiam eamque fructuosissimam assequitur tum ex eorum quae naturaliter cognoscit, analogia, tum et mysteriorum ipsorum nexu inter se et cum fine hominis ultimo...” (DS 1796).

 

         L’intento del presente studio è vedere i riferimenti impliciti ed espliciti della pneumatologia nel cap. I della LG. Cercheremo di leggere il testo analiticamente, per tentare da lì una sintesi teologica attraverso tutti gli elementi trovati. Non seguiremo un metodo deduttivo, cioè una scelta di temi, per poi riscontrare il loro fondamento e la loro corrispondenza nei testi conciliari, perché in questo modo si delimita la lettura entro la visuale presupposta, escludendo altre considerazioni offerte dal testo.

         Seguiremo il metodo induttivo-analitico; partiremo dal basso, facendo una lettura rigorosa per constatare quante volte ricorre il termine Spirito Santo, trascrivendo la frase. Tenteremo poi una riflessione, confrontandola con i dati scritturistici, con la tradizione e con gli altri documenti magisteriali, per cogliere le verità che possono far luce sull’ecclesiologia di oggi.

         A tale scopo, oltre alla riflessione personale, si useranno alcuni studi particolari, aggiungendo alla fine del capitolo una bibliografia ragionata.

 

 

 

GENESI E STRUTTURA DEL CAPITOLO Iº DELLA LG

 

 

         Il cap. I della costituzione LG nello Schema del progetto primitivo era intitolato De Ecclesiae militantis natura. Lo Schema generale deluse la maggior parte dei padri conciliari,

         Nella seconda sessione il titolo del capitolo fu cambiato in De Ecclesiae mysterio, ed anche il testo del primo capitolo diede ai più la sensazione di una prospettiva troppo astratta, come si nota negli interventi dei cardinali Frings, Lienard e Döpfner[9], ma ci fu anche un ampliamento del testo che non esitiamo a qualificare come essenziale. Il capitolo introduce ad una comprensione più approfondita della Chiesa nel suo rapporto con la Trinità. Fu aggiunto il n. 4, tutto dedicato alla persona dello Spirito Santo, ad un testo che si limitava da principio a ricordare il Padre e il Figlio nella cornice della Chiesa. Sembra che questa aggiunta sia stata fatta durante la riunione della commissione teologica del febbraio-marzo 1963. Nella medesima sessione ci fu un interessante intervento di mons. Ziadé, arcivescovo maronita di Beirut, di cui riportiamo un brano molto significativo:

 

         “A proposito del capitolo sul popolo di Dio e particolarmente i laici, vorrei proporre una sola osservazione generale che sembra di grande importanza per i cristiani d’oriente. Eccola: qualcuno è, in effetti, praticamente assente in questo capitolo, è lo Spirito Santo. Lo si nomina al primo capitolo di questo Schema al paragrafo 4, ma per il seguito la sua parvenza unificatrice di tutto il mistero della Chiesa non appare abbastanza. Inoltre, secondo la tradizione della Scrittura e la tradizione costante della Chiesa d’oriente, non c’è teologia della Chiesa che non sia pneumatologia, cioè la Chiesa è il mistero dell’effusione dello Spirito negli ultimi tempi (At 2, 17). Il tempo della Chiesa nella storia della salvezza è chiamato dai Padri Economia dello Spirito[10].

 

         Si nota che la pneumatologia compenetra sempre più la costituzione LG. Il testo emendato fu presentato da mons. Charue, vescovo di Namur, vice presidente della Commissione Teologica, nella relazione ufficiale alla 81ª Congregazione generale, il 16 settembre 1964. Il testo, rivisto alla luce di tante correzioni e suggerimenti, era certamente più lucido, più compatto e organico[11]. Il termine mistero, usato nel titolo del capitolo, che in S. Paolo designa una realtà divina, trascendente e salvifica che si rivela e si manifesta in qualche modo visibilmente, si presenta adatto ad indicare la Chiesa.

         Se si paragona con il testo antecedentemente discusso, la nuova redazione offre degli ampliamenti notevoli. Soprattutto nel n. 5 appare il nuovo paragrafo sul Regno di Dio, di cui la Chiesa in terra è il segno e l’inizio. Le numerose citazioni scritturistiche dei numeri 6 e 7 sono state sottoposte a scrupoloso esame; le metafore, che illustrano il concetto di Chiesa nel Nuovo Testamento (NT), sono ordinate meglio, mentre l’allegoria paolina del corpo di Cristo è spiegata nel suo duplice significato; nel n. 8 viene aggiunto un capoverso sulla Chiesa dei poveri[12].

         Messo ai voti il 16 settembre 1964, il capitolo I riscosse una approvazione plebiscitaria: su 2189 votanti si ebbero 2114 placet e 63 placet iuxta modum, e soltanto 11 non placet e un solo voto nullo[13].

         Il capitolo I è strutturato nel seguente modo: breve introduzione che accenna allo scopo del documento, poi tre parti distinte ma interdipendenti:

1)     La Chiesa e la Trinità, n. 2-4;

2)     La Rivelazione della Chiesa nella Scrittura, n. 5-7;

3)     La Chiesa come comunità insieme visibile e spirituale, n. 8.

 

 

1. De Ecclesiae Mysterio

 

         Prima di passare all’analisi teologica dei passi del capitolo I, è giusto soffermarci sul tema Chiesa-mistero, che costituisce una delle acquisizioni ecclesiologiche più notevoli del periodo che va dal I al II Concilio Vaticano. Nella LG il mistero è visto in una prospettiva biblica, dalla quale si coglie il misterioso disegno salvifico del Padre, attuato dalle due missioni ad extra del Figlio eterno nell’Incarnazione e dello Spirito Santo nella sua opera di santificazione.

         Nella fase conciliare la denominazione della Chiesa come mistero cominciò a farsi spazio nell’ambito della discussione sullo Schema De Ecclesiae, distribuito nel corso della XXVª Congregazione generale del 23 novembre 1962. Il primo ad intervenire fu il vescovo francese card. A. Lienart, che riteneva:

         “Ecclesia...quae fidei nostrae proponuntur credenda, non mere societas humana est, sed verum magnum mysterium”.

         Qualsiasi discorso sulla Chiesa dovrebbe porre la massima attenzione ne formulae modusque loquendi de Ecclesia, illud mysterium corrumpat[14]. Nell’aula seguirono altri interventi, tra i più noti quello del card. L.J. Suenens e del card. G.B. Montini[15]. L’intervento del cardinal F. Marty criticò l’accento posto sull’istituzione del primo Schema. Egli affermò infatti che “Institutio non est nisi mysterii epiphania[16]. Anche l’intervento del card. Lercaro sottolineò che il Concilio doveva proporre al mondo l’“intimum Ecclesiae Mysterium, quasi magnum sacramentum Christi Verbi Dei, se rivelantis[17]. Sulla base di queste comunicazioni la Commissione Teologica si rimise al lavoro preparando il già accennato secondo Schema con il suo primo capitolo De Ecclesiae Mysterio, su una base squisitamente biblica.

         Nel NT la parola mistero ricorre ben 25 volte. Sono tre i testi nei Sinottici che parlano del mistero del Regno di Dio e che non hanno riferimento diretto alla Chiesa (Mt 13,11; Mc 4,11; Lc 8,10). L’epistolario paolino è ricco di testi riguardanti il mistero. Si parla del mistero di Gesù Cristo (Rm 16, 21-27; Ef 1,9; 3, 3-4.9; 1 Cor 2, 1.7; Col 1, 26-27; 2,2; 4,2; 1 Tim 3, 16). S. Paolo si dichiara “economo” dei misteri di Dio (cf. 1 Cor 4,1; 2 Cor 1, 25-30; 2,1; Ef 3,8-13). Il mistero arriva alle singole persone per dispensazione da parte della Chiesa.

         La funzione soteriologica della Chiesa occupa un posto di primo piano nella ecclesiologia paolina. Per esempio in Ef 2, 13-22; 3, 12; 4, 12-16; Col 1, 18-23, la Chiesa è anzitutto “mistero di salvezza”. E’ pertanto una realtà sovrastorica, escatologica, soprannaturale, pneumatologica. La Chiesa è dunque, in virtù della sua natura pneumatica, una realtà “dall’alto”, che ha origine in Dio, che è una realtà preesistente, vale a dire un fatto esistente prima della fondazione del mondo (Ef 1, 22ss).

         Questo carattere della Chiesa è stato attestato esplicitamente dalla tradizione cristiana primitiva, come in 2 Clemente 14 e nel Pastore d’Erma vs 2, 4, 1, e ciò non contraddice affatto il suo carattere creaturale. Anche la Didaché 11, 1 parla del musth/rion ko/smikon e)kklhsi/aj e le Constitutiones Apostolorum dicono che tutto il Cristianesimo si riassume nel musth/rion th=j eu)sebei/aj. Per Origene è mistero il Verbo incarnato, è anzi il mistero primordiale, le cui divine irradiazioni passano attraverso le Scritture e la Chiesa[18]. Clemente Alessandrino vede il Cristianesimo come un insieme di misteri a cui i cristiani vengono iniziati, con passaggi graduali, dal “mistagogo” Cristo[19]. S. Agostino parla di Cristo come unico mistero di Dio: “Non est aliud Dei Mysterium, nisi Christus[20].

         La Chiesa è dunque mistero, ma mistero per derivazione. E’mistero perché, venendo da Dio, è tutta al servizio del suo disegno. Per questo la Chiesa è un mistero di fede e non può essere spiegato in un modo puramente naturale, né nella sua origine e formazione, né nella sua vera natura, né nella sua missione e nella meta prefissale[21]. Proprio per questo, nel simbolo detto degli apostoli si afferma: “Credo...sanctam Ecclesiam catholicam”. La struttura di questo antico credo è ternaria.

         Come i candidati al battesimo nei primi secoli cristiani proclamavano la loro fede nelle tre persone dell’unica Trinità che la rivelazione faceva conoscere, così dopo la menzione del Padre creatore e del Figlio redentore, viene quella dello Spirito santificatore e subito dopo viene introdotta la Chiesa che negli antichi simboli è sempre associata allo Spirito. La Chiesa in effetti è la prima opera dello Spirito. Noi perciò crediamo, spiegava S. Tommaso, “nello Spirito Santo unificante la Chiesa”[22]. La Chiesa è formata dallo Spirito Santo, è la sua “opera propria”[23]. Essa perciò, nella sua realtà intima, è un mistero perché costituita dal Verbo incarnato e ad immagine di esso, ma vivificata e abitata dal misterioso Spirito di Dio. La Chiesa, in quanto mistero, è da collegare contemporaneamente al Cristo e al suo Paraclito.

 

         “Il mistero nascosto nei secoli nella mente di Dio è ora manifestato nella Chiesa dallo Spirito Santo” (Ef 3, 8-13);

         “Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito” (Ef 3, 5).

 

         L’interesse teologico alla Chiesa-mistero, così vivo nell’antichità cristiana, è presente in un autore che oltre un secolo fa trasse le conseguenze teologiche dell’applicazione del mistero alla Chiesa[24]. M.J. Scheeben scrive una voluminosa opera sui misteri del Cristianesimo[25].

         In questo libro, tradotto nelle principali lingue, dedica tutto il capitolo settimo al “mistero della Chiesa e dei suoi sacramenti”. Egli esordisce spiegando che in genere il mistero è detto di “tutto ciò che ci è segreto e nascosto. Cioè tutto ciò che da noi non può essere visto e conosciuto[26]. In particolare “il mistero nella sua forma assoluta...è appunto il mistero proposto alla fede del mondo per divina rivelazione del Verbo incarnato”[27]. Poi Scheeben attribuisce esplicitamente alla Chiesa il termine mistero:

 

                   Anche la Chiesa è un mistero grande e meraviglioso, nella sua natura, nella sua struttura, nella sua virtù ed attività”[28].

 

         In tale contesto, la Chiesa è strettamente posta in analogia con il Verbo incarnato, poiché essa è visibile come il suo storico fondatore, ma è anche una realtà invisibile, ossia possiede un carattere misterioso, similmente a Cristo. Infatti “la natura intrinseca della Chiesa è assolutamente soprannaturale come quella dell’uomo-dio”[29]. La dottrina ecclesiologica di M.J. Scheeben può essere considerata un’anticipazione della dottrina contenuta nella LG I, completamente dedicata alla Chiesa-mistero.

         Con il passare degli anni, a causa soprattutto del rinnovamento biblico e liturgico, ci si soffermò di nuovo sul concetto di mistero. Nel 1918 H. Clerissac scrisse un libro dal titolo Le Mystère de l’Eglise, che riscosse ovunque ammirazione[30]. Per quanto riguarda l’area tedesca, fu proprio nello stesso periodo e nella scuola benedettina di Maria Leach che il mistero divenne l’idea fondante della ricerca teologica di J. Herwegen e O. Casel, a cui la scuola faceva capo[31].

         Nel periodo preconciliare furono molti i teologi ed esegeti che approfondirono il mistero in relazione alla Chiesa[32]. Il frutto di anni di ricerche sfociò nei documenti del Vaticano II e dal Concilio fu consacrato ufficialmente.

 

 

 

2. Lo Spirito Santo e la Chiesa

 

 

         All’interno della riflessione sulla Chiesa come mistero va dato un posto eminente e insostituibile alla presenza e all’azione dello Spirito Santo, che di quel mistero può essere considerato l’artefice principale. Per questa ragione il nostro lavoro si concentra ora, restringendo la visione generale, intorno al rapporto che unisce lo Spirito Santo al mistero della Chiesa, come viene illustrato e messo in evidenza dal cap. I della LG. A tale scopo ripercorriamo, nei suoi momenti principali, la storia del periodo antecedente alla stesura del testo, attraverso gli interventi dei due pontefici promotori, Giovanni XXIII e Paolo VI, e dei padri conciliari più sensibili a questa tematica, per passare poi all’analisi dell’elaborazione del testo secondo la sua forma definitiva.

 

 

A. Giovanni XXIII e Paolo VI

 

 

         Il pontefice Giovanni XXIII, nell’indire il Concilio, sottolineò che la convocazione stessa fu una semplice risposta a una voce che veniva dall’alto:

 

         Veluti intimae supernoque quodam instinctu ortae voci obtemperantes[33].

 

         Papa Roncalli si augurava che il Concilio fosse “una nuova Pentecoste” per tutta la Chiesa e per il mondo intero. Quest’espressione riaffiorava continuamente nei discorsi e nelle allocuzioni conciliari del papa:

 

         “Ut scilicet grande huiuscemodi eventum veluti nova Pentecostes evadat, ac rursus Spiritus Sanctus prodigiali modo in Ecclesia caelestium donorum copia effundat[34].

 

         Anche nel suo messaggio radiofonico al mondo del 27 aprile 1959, annunziando la celebrazione del Concilio Giovanni XXIII augura che, come nel Concilio di Gerusalemme[35], “nova quaedam Pentecostes arrideat christianae familiae[36]. Nella Oratio ad Spiritum Sanctum per il felice esito del Concilio formula la seguente preghiera: “Renova aetate nostra per novam veluti Pentecostem mirabilia tua...[37].

         Nella prima sessione conciliare il papa, riconoscendo già i copiosi frutti della presenza dello Spirito Santo, augura che “exoptata illucescat nova Pentecostes[38].

         Nel discorso tenuto in occasione della festa di Pentecoste il pontefice afferma:

         “Sollemnes habeantur novendiales supplicationes ad Spiritum Sanctum, quibus ubera caelestia lumina supernoque praesidia Patribus Concilio affuturis exposcantur[39].

         L’insegnamento di Paolo VI riguardo all’azione del Paraclito nella Chiesa si può ricavare dai discorsi tenuti nell’aula conciliare in occasione dell’apertura e della chiusura delle diverse sessioni[40]. Papa Montini, che seguì passo passo l’evoluzione del Concilio, è il migliore interprete della dottrina che riguarda lo Spirito Santo. Per Paolo VI lo Spirito Santo è il principio vivificante e animatore della Chiesa. All’inaugurazione di una sessione conciliare il papa sottolinea con forza la peculiare missione dello Spirito Santo. Riconosce che due sono i mezzi che Cristo ha dato alla Chiesa per la sua edificazione come “corpo di Cristo”: l’apostolato e lo Spirito Santo[41]. In una successiva allocuzione dice:

 

         “Spiritus autem Sanctus intrinsecus agit vimque suam non solum in animis singulorum hominum edit, sed etiam in tota communitate, quatenus movet, vivificat, sanctificat[42].

 

         In particolare lo Spirito Santo nel Concilio ha la funzione di rendere tutti uno in Cristo:

 

         “Spiritus hic adest: hoc doctrinae caput, hanc veram eius praesentiam memoramus praecipue, ut iterum et modo quam absolutissimo ac paene ineffabili communionem cum Christo viventi percipiamus; nam Spiritus cum eo coniungit[43].

 

 

 

         B. Gli interventi dei vescovi

 

 

         All’interno della vasta gamma di suggerimenti che i vescovi fanno alla commissione antipreparatoria appare una serie importante di comunicazioni relative alla persona dello Spirito Santo.

         Salvo rare eccezioni in cui furono affrontate questioni dottrinali, la quasi totalità dei Padri, che si pronunciava sul mistero del Paraclito, era cosciente della missione dello Spirito Santo nella Chiesa. Alcuni riconoscono l’azione dello Spirito Santo come “anima” della Chiesa[44]. La maggior parte degli interventi, tuttavia, senza impiegare l’allegoria di “anima”, vede lo Spirito Santo come principio vivificante, animatore e unificante della comunità di Cristo, oppure si sofferma sul tema della inabitazione dello Spirito Santo nella Chiesa. Come conseguenza della coscienza pneumatologica che manifestarono i vescovi menzionati, si desiderava mettere maggiormente in rilievo la dottrina sulla missione dello Spirito Santo in generale. Non mancarono alcuni che sollecitarono la consacrazione del mondo allo Spirito Santo[45], mentre altri desideravano che si stabilissero alcune forme concrete di pietà riferite alla terza persona della Trinità.

         Nella fase conciliare ci furono degli interventi sullo Schema De Ecclesia, che sottolinearono il ruolo dello Spirito Santo nella Chiesa. Il vescovo J. A. Alba Palacios del Messico qualificò l’assenza dello Spirito Santo dallo Schema della Commissione Teologica come una “gravissima lacuna”. Il presule riteneva che lo Spirito Santo deve essere presente in tutti i capitoli della Costituzione come principio di coesione, dato che il Paraclito è il generatore della vita della Chiesa nonché l’artefice dell’unità e della santità che la spinge verso la consumazione escatologica. Riportiamo qui alcuni brani particolarmente significativi tratti dal suo discorso:

 

         “Ratio autem precipua mihi videtur reponenda in gravissima lacuna in schemate, scilicet: de Spiritu Sancto, qui est anima Ecclesiae eiusque principium unitatis et varietatis, nonnisi per transenam et data occasione loquitur...Spititus enim Sanctus qui revera Ecclesiae tribuit unitatem: nam Ecclesiam facit hierarchicam, simulque spiritualem et charismaticam...

         Ecclesiam etiam facit spiritualem, Spiritus enim Sanctus qui supra hierarchiam Ecclesiae est eamque transcendit, hierarchiam ducit ut sanctitati inserviat, servosque servorum Dei ministros Spiritus facit ad caritatem et sanctitatem…

         Spiritus etiam Ecclesiam visibilem animat et vivificat; eamque supra societatem mere hierarchicam ad modum gubernii civilis, aediicat in communionem sanctorum et in corpus Christi mysticum...

         Spiritu Sanctu, haec Ecclesia terrena et perfectibilis, plurimis subiecta miseriis, fit eschatologica; Ipse enim Spiritus actuans perfectibilitatem eius, per saeculorum cursum eam ducit in perfectionem et in consummationem vitae aeternae, per Christum ad Patrem et in sinum Trinitatis.

         Concilium hoc, Concilium in unitate ducens dicendum est...Porro Spiritus est vinculum unitati in mysterio aeternae Trinitatis, est vinculum unitatis etiam in oeconomia salvifica Dei...

                   Spiritus adhuc Ecclesiam vere oecumenicam facit. Nam quidquidboni salutaris est sive in episcopis sive in laicis, sive in catholicis, sive in fratribus non catholicis, quidquid sanctum et rectum, a Spiritu Sancto est...”

 

         E conclude:

 

         “Votum est: in schemate funditus redigendo, non tantum caput speciale Spiritui Sancto tribuendum est, sed omnia in unitatem redigenda sunt sub luce Spiritus Sancti, qui Ecclesiam facit simul hierarchicam et charismaticam ac spiritualem, iuris et caritatis, vivam visibilem et invisibilem, comunionem sanctorum et Corpus Christi, terrenam atque eschatologicam[46].

 

 

C. Rielaborazione del paragrafo 4 nel capitolo I della LG

 

         Il paragrafo quarto è certamente un condensato di pneumatologia in riferimento alla natura della Chiesa, poiché raccoglie gli aspetti fondamentali che costituiscono la base e l’avvio per ogni ulteriore riflessione intorno al legame spirituale e misterioso che fa della Chiesa e dello Spirito Santo una profonda unità di vita e di azione, alla luce della quale soltanto si può comprendere il mistero della Chiesa. Gli emendamenti apportati dimostrano effettivamente che lo Spirito Santo ha agito nella mente dei Padri per condurli ad una formulazione completa ed esatta. Ciò si nota particolarmente se si osserva e si confronta il testo primitivo con quello definitivo, approvato in assemblea.

         Per poter individuare i mutamenti avvenuti tra la prima e la seconda stesura proponiamo i due testi, l’uno a fianco dell’altro, in forma sinottica, dividendoli in cinque frasi o commi che ne facilitano l’analisi teologica.

 

 

Textus prior

 

Textus emendatus

“4 (De Spiritu Ecclesiam sanctificante)

 

1. Opere autem consummato, quod Pater Christo commisit in terra faciendum (cf. Io. 17, 4) misit Deus Spiritum Filii sui in corda nostra (cf. Gal., 4, 6), in quo uno Spiritu accessum habemus ad Patrem (cf. Eph. 2, 18).

1. Opere autem consummato, quod Pater Filio commisit in terra faciendum (cf. Io 17, 4) missus est Spiritus Sanctus die Pentecostes, ut Ecclesia iugiter sanctificaret, atque ita credentes per Christum uno Spiritu accessum haberent ad Patrem (cf. Eph. 2, 18).

2. Ipse est Spiritus vitae seu aqua saliens in vitam aeternam (cf. Io. 4, 14), per quem Pater homines peccato mortuos in Christo resuscitat (cf. Rom. 8, 10).

2. Ipse est Spiritus vitae seu fons aquae salientis in vitam aeternam (cf. Io. 4, 14; 7, 38-39), per quem Pater homines, peccato mortuos, vivificat, donec eorum mortalia corpora in Christo resuscitet (cf. Rom. 8, 10-11).

3. In fidelibus et in Ecclesia tamquam in templo habitat (cf. 1 Cor. 3, 16; 6, 19; Eph. 2, 22; 1 Pt. 2, 5).

3. Spiritus in Ecclesia et in cordibus fidelium tamquam in templo habitat (cf. 1 Cor. 3, 16; 6, 19), in eisque orat et testimonium adoptionis filiorum reddit (cf. Gal. 4, 6; Rom. 8, 15-16.26).

4. Ecclesiam diversis donis et chrismatibus suis dirigit et fructibus suis adornat (cf. 1 Cor. 12, 4; Gal. 5, 22).

4. Ecclesiam, quam in omnem veritatem inducit (cf. Io. 16, 13) et in communione et ministratione unificat diversis donis hierarchicis et charismaticis dirigit, et fructibus suis adornat (cf. Eph. 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal. 5, 22).

5. Ubi Ecclesia, ibi est Spiritus Dei, qui per virtutem Evangelii iuvenescere facit Ecclesiam eamque perpetuo renovat et ad consummatam cum Sponso suo unionem perducit Nam Spiritus et Sponsa ad Dominum Iesum dicunt: «Veni» (cf. Ap. 22, 17)”. (Acta Syn., III-I, p. 161).

5. Virtute Evangelii iuvenescere facit Ecclesiam eamque perpetuo renovat et ad consummatam cum sponso suo unionem perducit. Nam Spiritus et Sponsa ad Dominum Iesum dicunt: «Veni» (cf. Ap. 22, 17)”. (Acta Syn., III-I, p. 161).

 

 

         Nel testo emendato si notano dei cambiamenti di parole e delle aggiunte contenenti valori teologici, che vanno segnalati in riferimento specifico al nostro tema.

         1. Innanzitutto nella frase iniziale (comma 1) “Pater Christo commisit”, si sostituisce il termine Christo con Filio: “Pater Filio commisit”. Ciò denota una sottolineatura più marcatamente trinitaria, nel senso che il termine Figlio indica in modo primario il rapporto eterno e costitutivo della generazione del Padre in seno all’essere divino, mentre Christo delinea piuttosto la missione redentrice ad extra. Tuttavia la sottolineatura trinitaria non è distaccata dalla missione salvifica, poiché è sempre il Figlio che è mandato dal Padre, ma la missione terrena viene fondata e rapportata alla sua radice eterna e sussistente. In tal modo si manifesta anche l’intento del Concilio di riprendere la visione teologica dell’ exitus del Padre quale principio eterno di tutta l’opera redentrice, entro la quale va posta la fondazione e la vita della Chiesa.

         Un altro cambiamento all’espressione “misit Deus Spiritum Filii sui” è dato successivamente con la frase “missus est Spiritus Sanctus”, nella quale viene indicato, anche se indirettamente, che la missione dello Spirito Santo è rapportata non solamente al Padre. Infatti nella prima frase è Dio che manda lo Spirito del Figlio suo, cioè il Padre costituisce l’unico principio dell’invio dello Spirito, mentre nella seconda si dice che lo Spirito Santo è mandato, senza precisare da quale persona, lasciando far intendere che anche il Figlio è coinvolto, secondo la comune tradizione della Chiesa.

         Inoltre viene dato maggior risalto alla persona dello Spirito Santo, in parallelismo alla persona del Figlio, anch’essa mandata, indicando così la duplice missione ad extra. Ed è proprio questa persona, lo Spirito Santo nominatim, che santifica la Chiesa agendo con una propria azione personale. E’ lui il principale artefice della santificazione della Chiesa, pur se in stretto rapporto con il Padre e con il Figlio.

         Da notare anche che nel primo testo si sottolinea la missione dello Spirito nel cuore dei credenti, “in corda nostra”, con un senso soprattutto interiore e spirituale, mentre nel testo emendato si afferma espressamente l’azione esterna e visibile attuata dallo Spirito il giorno della Pentecoste, quale evento reale e fondamentale per la santificazione della Chiesa. Ad una visione troppo intimista si sostituisce la constatazione oggettiva e storica della missione dello Spirito Santo. Tuttavia la dimensione spirituale non viene scartata, ma è presentata in un secondo momento con maggior precisione concettuale. Infatti, dopo aver affermato l’azione dello Spirito Santo nella fondazione della Chiesa e nell’attuazione escatologica della resurrezione dei morti (comma 2), si dice che egli “in eisque orat et testimonium adoptionis filiorum reddit” (comma 3). Questa frase, non presente nel testo precedente, fa notare come lo Spirito Santo accompagna la vita spirituale di ogni singolo membro della Chiesa verso la pienezza della propria santificazione. Lo Spirito Santo, cioè, non solo si trova all’origine della Chiesa e al suo termine ultimo, ma è colui che guida e sostiene la comunità cristiana in ogni momento della sua storia terrena rendendosi presente e attivo in ogni cristiano, parte viva di tutto il popolo di Dio. Si afferma in tal modo la presenza costante e particolare dello Spirito Santo lungo il cammino della Chiesa attraverso i secoli.

         Infine si descrive trinitariamente il redditus dei credenti al Padre per Cristo in un solo Spirito, mentre nel testo anteriore non appariva la mediazione cristologica (per Christum). Anche questa aggiunta è molto significativa, perché descrive il mistero ecclesiologico secondo una prospettiva eminentemente trinitaria, in coerenza all’impostazione fondamentale della LG. La Chiesa ha la sua origine (exitus) e il suo termine (reditus) nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo; essa pertanto trova luce, sostegno e configurazione nel rapporto che la lega vitalmente alla Trinità santissima.

         2. Nella seconda frase del paragrafo (comma 2) sono state fatte due aggiunte: la prima riguarda la persona dello Spirito Santo, in quanto viene definito non solo Spiritus vitae, ma anche fons aquae salientis in vitam aeternam. Con questa determinazione si precisa che lo Spirito Santo possiede in sé la vita in quanto è il soffio della vita secondo la tradizione della Chiesa, ed è contemporaneamente la sorgente dell’acqua viva, cioè la causa da cui ha origine la vita. Egli in tal modo viene indicato come Spirito vivificante, datore della vita, Signore dei vivi e dei morti. Pertanto lo Spirito Santo viene posto nell’essere divino quale principio e fonte della vita assieme al Padre e al Figlio. Si riprende così, anche se in termini diversi, l’affermazione dottrinale del simbolo di fede che dichiara lo Spirito “dominum et vivificantem”.

         La seconda aggiunta riguarda invece la dimensione escatologica della Chiesa, quando i corpi mortali dei credenti saranno risuscitati in Cristo. Questa prospettiva non era inclusa nel testo precedente, ove si indicava, in un senso principalmente spirituale e interiore, soltanto l’opera di vivificazione nella grazia, che libera l’uomo dallo stato di peccato. La frase del nuovo testo sottolinea l’azione che lo Spirito attua, non solo nel momento presente purificando l’anima dai peccati, ma anche alla fine dei tempi, nella resurrezione corporale. Questo aspetto escatologico è molto importante perché apre la visione teologica sull’opera completa dello Spirito Santo, che si distende dall’inizio della Creazione fino alla consumazione finale, quando i morti ritroveranno la vita anche nei propri corpi trasformati e rinnovati dallo Spirito di Dio. Era questa la concezione comune ai padri della Chiesa fin dall’antichità. Essa inoltre mette in rilievo che la santificazione operata dallo Spirito Santo si riferisce non soltanto a una parte dell’uomo, l’anima, ma coinvolge l’essere umano nella sua integralità, anima e corpo, vita presente e vita futura.

         3. Della nuova strutturazione del comma 3 si è già accennato sopra. Ora si vuole soltanto aggiungere che nel testo anteriore si pone l’inabitazione dello Spirito Santo prima nei fedeli e poi nella Chiesa “in fidelibus et in Ecclesiam”, mentre nel nuovo testo viene prima la Chiesa quale luogo privilegiato dell’inabitazione dello Spirito e poi i singoli fedeli: “Spiritus in Ecclesia et in cordibus fidelium”. L’inabitazione riguarda tutta la Chiesa nel suo insieme, quale popolo dei credenti e dei santificati, corpo mistico di Cristo: la comunità, come organismo unico, è resa tempio dello Spirito Santo. Anche i singoli cristiani, tuttavia, sono tempio spirituale, poiché in essi abita lo Spirito Santo. Il mettere insieme le due inabitazioni, comunitaria e individuale, fa pensare che ambedue sono in stretta relazione e non possono essere considerate separatamente. Anzi i cristiani possono godere della presenza dello Spirito nei loro cuori solo se sono inseriti e vitalmente congiunti con l’intera comunità, come, all’inverso, solo attraverso la realtà della Chiesa lo Spirito inabita e agisce in tutti i membri. Si stabilisce così un legame profondo tra la comunità e le parti che la compongono, secondo un ordine ontologico che pone la comunità a fondamento e a strumento per la diffusione dell’azione dello Spirito Santo nei singoli membri; d’altra parte questi, disponibili all’azione santificatrice dello Spirito, cooperano alla santificazione di tutta la Chiesa.

         4. Il testo del quarto comma, molto più lungo del precedente, offre delle precisazioni significative: si afferma innanzitutto l’azione dello Spirito Santo nell’approfondimento e nella crescita della Chiesa verso la verità tutta intera, “in omnem veritatem inducit”. Questo aspetto, poi ripreso ed ampliato dalla Verbum Dei, qui viene semplicemente accennato, ma pone l’orientamento teologico per la comprensione esatta dello sviluppo del dogma all’interno della Chiesa. La verità rivelata viene accolta nella sua interezza dalla Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo, che le assicura la fedeltà a quella medesima e totale verità, pur nello sforzo di capire sempre più e di adeguarla alle esigenze storiche e culturali. In tal modo la Chiesa è certa di non sbagliare e di avere l’autentico “sensus fidei”. Tale illuminazione dello Spirito Santo costituisce una delle sue azioni più delicate e più importanti nei confronti della Chiesa, perché la rende custode vigile e interprete fedele della verità di Dio, depositaria e trasmettitrice della Parola della vita, cioè della dottrina salvifica per tutti gli uomini e attraverso tutti i tempi.

         Una seconda aggiunta riguarda l’opera unificatrice svolta dallo Spirito Santo nella Chiesa, in quanto è lui che “in communione et ministratione unificat” la comunità cristiana. E’ interessante notare che l’unione viene attuata per mezzo della communio e della ministratio, due termini che vogliono esprimere sia l’aspetto interiore (communio) sia quello esteriore (ministratio) dell’unità della Chiesa. La communio si riferisce alla significazione visibile di tale unità, che appare nel servizio fraterno e nel ministero che unisce in modo ordinato un membro all’altro della comunità.

         Una terza aggiunta è data dalla determinazione dei doni dello Spirito, che vengono divisi in gerarchici e in carismatici, mentre nel testo precedente si parlava solo dei doni carismatici. Ciò vuol significare che anche la forma gerarchica della Chiesa è dono dello Spirito Santo, ampliando in tal modo la visione spirituale di cui è strutturata tutta la comunità e congiungendo armonicamente la dimensione istituzionale con la dimensione carismatica, non come due forze contrastanti e giustapposte, ma quali elementi ambedue vitali dell’unico e complesso organismo della Chiesa.

         5. Nel quinto comma del nuovo testo non appare la frase iniziale presente invece nel primo testo, “Ubi Ecclesia, ibi est Spiritus Dei”. La frase risale a S. Ireneo[47]. Sorprende quest’assenza, giustificata forse dal non voler delimitare l’azione imprevedibile dello Spirito, che soffia dove vuole, oppure per motivi ecumenici. Il resto del comma è uguale nei due testi.

         Dall’analisi si vede bene come il testo definitivo sia ricco di pneumatologia, che costituisce una parte essenziale per una concezione integra e vera dell’ecclesiologia del Vaticano II.

 

 

3. Esposizione dei testi riguardanti lo Spirito Santo

 

 

         Tutti gli otto paragrafi che compongono il primo capitolo della LG, se si eccettua il terzo sulla “missione del Figlio”, contengono almeno un’ affermazione esplicitamente riferita allo Spirito Santo. Riteniamo pertanto opportuno, per avere una visione panoramica e unitaria, riportare testualmente tutti i brani nei quali si cita lo Spirito Santo.

         Dopo questa esposizione materiale dei testi, li raccoglieremo secondo alcune prospettive teologiche entro le quali essi possono essere unificati e più chiaramente compresi e chiariti. Queste prospettive teologiche, che costituiscono la traccia del nostro lavoro, verranno singolarmente sviluppate nei capitoli successivi.

 

 

A. Trascrizione dei testi

 

 

         1. Lumen Gentium cum sit Christus, haec Sacrosancta Synodus, in Spiritu Sancto congregata...

 

         2-3. Credentes autem in Christum convocare statuit in sancta Ecclesia, quae iam ab origine mundi praefigurata, in historia populi Israele ac foedere antiquo mirabiliter praeparata, in novissimis temporibus constituta, effuso Spiritu est manifestata, et in fine saeculorum gloriose consummabitur.

 

         4. Opere autem consummato, quod Pater Filio commisit in terra faciendum (cf. Io. 17, 4), missus ets Spiritus Sanctus die Pentecostes, ut Ecclesiam iugiter sanctificaret, atque ita credentes per Christum in uno Spiritu accessum haberent ad Patrem (cf. Eph. 2, 18). Ipse est Spiritus vitae seu fons aquae salientis in vitam aeternam (cf. Io. 4, 14; 7, 38-39), per quem Pater homines, peccato mortuos, vivificat, donec eorum mortalia corpora in Christo resuscitet (cf. Rom. 8, 10-11) Spiritus in Ecclesia et in cordibus fidelium tamquam in templo habitat (cf. 1 Cor. 3, 16; 6, 19), in eisque orat et testimonium adoptionis filiorum reddit (cf. Gal. 4, 6; Rom. 8, 15-16 et 26). Ecclesiam, quam in omnem veritatem inducit (cf. Io. 16, 13) et in communione et ministratione unificat, diversis donis hierarchicis et charismaticis istrit ac dirigit, et fructibus suis adornat (cf. Eph. 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal. 5, 22). Virtute Evangelii iuvenescere facit Ecclesiam eamque perpetuo renovat et ad consummatam cum Sponso suo unionem perducit. Spiritus et Sponsa ad Dominum Iesum dicunt: «Veni!» (cf. Apoc. 22, 17). Sic apparet universa Ecclesia sicuti “de unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata”.

 

         5. Cum autem Iesus, mortem crucis pro hominibus passus, resurrexerit, tamquam Dominus et Christus Sacerdosque in aeternum constitutus apparuit (cf. Act. 2, 36; Hebr. 5, 6 et 7, 17-21), atque Spiritum a Patre promissum in discipulos suos effundit (cf. Act. 2, 33).

 

         6. Quae constructio variis appellationibus decoratur: domus Dei (cf. 1 Tim. 3, 15), in qua nempe habitat eius familia, habitaculum Dei in Spiritu (cf. Eph. 2, 19-22)...

 

         7. Communicando enim Spiritum suum, fratres suos, ex omnibus gentibus convocatos, tamquam corpus suum mystice constituit. ...

         Per baptismum enim in Christo conformamur: “Etenim in uno Spiritu omnes nos in unum corpus baptizati sumus” (1 Cor. 12, 13). ...

         Unus est Spiritus, qui varia sua dona, secundum divitias suas atque ministeriorum necessitates, ad Ecclesiae utilitatem dispertit (cf. 1 Cor. 12, 1-11). Inter quae dona praestat gratia Apostolorum, quorum auctoritatis ipse Spiritus etiam charismaticos subdit (cf. 1 Cor. 14). Idem Spiritus per Se suaque virtute atque interna membrorum connexione corpus unificans, caritatem inter fideles producit et urget. ...

         Ut autem in Illo incessanter renovemur (cf. Eph., 4, 23), dedit nobis de Spiritu suo, qui unus et idem in Capite et in membris existens, totum corpus ita vivificat, unificat et movet, ut Eius officium a sanctis Patribus comparari potuerit cum munere, quod principiu vitae seu anima in corpore humano adimplet.

 

         8. Ideo ob non mediocrem analogiam incarnati Verbi mysterio assimilatur. Sicut enim natura assumpta Verbo divino ut vivum organum salutis, Ei indissolubiliter unitum, inservit, non dissimili modo socialis compago Ecclesiae Spiritui Christi, eam vivificanti, ad augmentum corporis inservit (cf. Eph. 4, 16)[48].

 

 

B. Prospettive teologiche

 

 

         Nei primi due paragrafi, uniti al terzo, lo Spirito Santo viene inserito e considerato nel rapporto che lo lega al mistero trinitario, dal quale ha origine e significato il mistero della Chiesa. Infatti la Chiesa, adunata in concilio, esprime in modo particolare la presenza e l’azione dello Spirito Santo, sotto la cui luce e assistenza si attua un avvenimento ecclesiale di capitale importanza come il Concilio. Inoltre la Chiesa è frutto di tutte tre le divine Persone, poiché è voluta secondo il disegno sapientissimo del Padre ed è nata dall’opera salvifica del Figlio incarnato, che ha effuso su di lei lo Spirito a Pentecoste. Il mistero della Chiesa, quindi, prende senso e vita dal mistero eterno della Trinità santissima.

         Il paragrafo quarto, come già si è detto, raccoglie le idee fondamentali dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa; esso perciò va considerato a parte, individuandone le caratteristiche essenziali che fanno dello Spirito il santificatore della Chiesa e il datore della vita, la guida sicura e infallibile, il principio unificante e la forza rinnovatrice della Chiesa, che dello Spirito è definita il tempio.

         I paragrafi 5, 6 e 7 definiscono il rapporto che unisce lo Spirito Santo alla Chiesa secondo la rivelazione divina contenuta nella Sacra Scrittura, la quale parla della diffusione del regno di Dio con la forza dello Spirito e descrive in varie immagini il mistero della Chiesa, in cui si manifesta particolarmente l’opera dello Spirito, soprattutto se si considera la Chiesa come corpo mistico di cui lo Spirito può essere inteso come l’anima.

         Infine nel paragrafo ottavo viene sottolineata la duplice dimensione della Chiesa, quella visibile e quella spirituale, pur nella profonda unità che la costituisce in un unico vivo organismo, similmente a ciò che si è attuato nel Verbo incarnato, due nature, divina e umana, in una sola ipostasi. Quanto mai interessante appare questo accostamento tra i due misteri, l’Incarnazione e la Chiesa; tuttavia esso va giustamente e sapientemente compreso, soprattutto in riferimento alla funzione svolta dallo Spirito Santo.

 

 

 

CONCLUSIONE

 

         Abbiamo analizzato il cap. I della LG per cercare le linee portanti di un nuovo discorso ecclesiologico illuminato alla luce del mistero dello Spirito Santo.

         Ci ha spinti in questo lavoro la convinzione che solo rifacendosi ad un documento così importante si può fondare un’esatta teologia della Chiesa. L’ecclesiologia odierna deve confrontarsi con ciò che il Concilio ha detto sul rapporto che esiste fra lo Spirito Santo e il corpo mistico di Cristo.

         Da ciò emerge che non si può accusare l’ecclesiologia del Concilio di aver dimenticato l’azione dello Spirito nella Chiesa.

         Possiamo affermare che veramente il Concilio è stato un evento straordinario, un momento di grande chiarificazione intorno al mistero della Chiesa, in cui possiamo scorgere la presenza attiva e operante dello Spirito Santo, in unione indissociabile al Figlio incarnato e al Padre celeste. Alla Trinità santissima occorre ritornare per una futura teologia della Chiesa alle soglie del terzo millennio.

 

 

 

 

Bibliografia

 

Fonti

 

Per il testo latino ufficiale del Concilio Vaticano II ci riferiamo a quello della Secretariae generalis Concilii Oecumenici Vaticani II, Romae, Typis Polyglottis Vaticanis, 1966. Per la traduzione italiana Enchiridion Vaticanum, vol. 1, Bologna 1985, ed. 13ª, pp. 118-263.

 

 

Studi

 

BALTHASAR, von, H.U., Lo Spirito e le istituzioni (Saggi teologici, 4), Brescia 1979, pp. 173-202.

CONGAR Y., Credo nello Spirito Santo, 3 voll., Brescia 1981-1983.

DE LUBAC H., Paradosso e mistero della Chiesa, Milano 1979.

ENDOKIMOV P., Lo Spirito Santo nella tradizione ortodossa, Roma 1983, pp. 148.

GHERARDINI B., La Chiesa mistero e servizio, Roma 1988.

LAVATORI R., Lo Spirito Santo dono del Padre e del Figlio, Bologna 1998, 2ª ed.

LAVATORI R., CAMPANILE G., Voi sarete il mio popolo, Bologna 1991.

LOSSKY V., La teologia mistica delle Chiese d’oriente, Bologna 1967, pp. 149-209.

MÖHLER A.J., L’unità nella Chiesa, Roma 1969.

MOLTMANN J., La Chiesa nella forza dello Spirito, Brescia 1976, pp. 263-375.

MÜHLEN H., Una mystica persona, Roma 1968.

SILANES N., La Iglesia de la Trinidad, Salamanca 1981.

 

www.teologiaxtutti.it. A cura di Giacomo Campanile

 

 

 



 [1] Cf. GIOVANNI PAOLO II, lettera apostolica “Tertio millennio adveniente”del 1994.

 [2] Dominus et vivificantem, 18-5-86. Lettera enciclica del sommo pontefice Giovanni Paolo II sullo Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo, Città del Vaticano 1986.

 [3] Udienza generale, 26-5-1971, IX, p. 470. adveniente”del 1994.

 [3] Dominus et vivificantem, 18-5-86. Lettera enciclica del sommo pon

 [4] Il Concilio Vaticano II, tenuto in quattro sessioni, fu indetto da papa Giovanni XXIII (1959-1963) e dal settembre 1964 all’8 dicembre 1965 proseguito e concluso sotto il pontificato di Paolo VI (1963-1978). La dottrina pastorale del Concilio è contenuta in 4 Costituzioni, 9 Decreti e 3 Dichiarazioni Conciliari, che sono testimonianza di un profondo rinnovamento dottrinale e pastorale; questo secondo Concilio vide la partecipazione di 2500 Padri, quanti mai prima si raccolsero in un Concilio Ecumenico. Il Concilio Vaticano II è giustamente considerato l’evento ecclesiale più significativo del XXº secolo.

Cf. lo studio di H. CAZELLES, Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II, in AA.VV., Lo Spirito Santo e la Chiesa, una ricerca ecumenica a cura di E. LANE, Roma 1970, pp. 297-314; G. CHANTRAINE, L’ensegneiment du Vatican II concernant l’Esprit Saint, in AA.VV., Credo in Spiritum Sanctum, vol. 2, pp. 993-1010; N. SILANES, El Espiritu santo y la Iglesia en el Concilio Vaticano II, Città del Vaticano 1983, pp. 1011-1021.

 [5] B. GHERARDINI, La Chiesa arca dell’alleanza, la sua genesi, il suo paradosso, i suoi poteri, il suo servizio, Roma 1979, 2ª edizione.

 [6] Y. CONGAR, Je crois en l’Esprit Saint vol. II, Il est Seigneur et il donne la vie, pp. 9-19.

 [7] Y. CONGAR, Pneumatologie au “Christomonisme” dans la tradiction latine?, in “Ecclesia a Spiritu edocta”, Mélanges theologiques hommage à Mgr. Gérard Philips, Gembloux 1970, p. 62. Congar riconosce “qu’à l’époque scolastique, où l’on peut voir comme son moment classique, elle a developpé avec prédilection l’aspect christologique du mystère chretien”. Da notare anche l’intervento di I. ZIADE al Concilio, “Theologia de Ecclesia evoluta est in occidente sub respectu Christi, modo potius iuridico, in oriente autem magis sub respectu Spiritus Sancti, modo potius mysterico. Hi duo aspectus complementarii sunt et uniri debent”, Acta Syn., II-III, p. 211. NISSIOTIS, teologo ortodosso, nell’articolo Pneumatologie orthodoxe, in AA.VV., Le Saint Esprit, Genève 1963, pp. 85-106, qualifica l’ecclesiologia cattolica come “cristomonistica”.

[8] H.M. CHARUE, Lo Spirito santo nella LG, in Lo Spirito santo e la Chiesa, o.c., pp. 315-343; H. MüHLEN, Una Mystica Persona, die Kirche als das Mysterium der identität des heiligen Geistes in Christus und den Christen: eine Person in vielen Personen, Paideborn 1967, 2 ed., traduzione italiana G. CORTI, Roma 1968; Y. CONGAR, Je crois en l’Esprit saint, vol. I: L’Esprit saint dans l’”Economie”. Revélaction et expérience de l’Esprit, Paris 1979, traduzione italiana P. CRESPI, Brescia 1984, 3 edizione.

 [9] La CROIX, 4-12-1962; cf. Civiltà Cattolica, 114 (1963, I), p. 167.

 [10] Civiltà Cattolica, 114 (1963, I), p. 410.

 [11] B. KLOPPENBURG, Valutazione e ultimi emendamenti della Costituzione, in La Chiesa del Vaticano II, diretta da G. Baraùna, Firenze 1965, pp. 191-192.

 [12] G. PHILIPS, L’Eglise et son mystère, Paris 1967, traduzione italiana Milano 1982, 2ª edizione, pp. 50-51.

 [13] U. BETTI, Cronistoria della Costituzione, in La Chiesa del Vaticano II o.c., pp. 131-154; cf. anche C. MOELLER, Il fermento delle idee nella elaborazione della Costituzione, ivi, pp. 155-189.

 [14] Cf. intervento di A. LIENART in Acta synodalia, II-I-IV, p. 126.

 [15] Per l’intervento di Giovanni Battista Montini, cf. Acta syn.., I-IV, p. 292; per quello di Suenens, ivi, pp. 222-227.

 [16] Cf. Acta syn.., I-IV, p. 192.

 [17] Cf. Acta syn.., I-IV, p. 327.

 [18] Cf. Contra Cels., 7, 10 PG 11, 1434; In Rom comm., 4, 2 PG 14, 968; Peri/ a)rxo/n, 4, 2-8 PG 11, 335ss. Cf. H.U. BALTHASAR, Le musth/rion d’Origène, in Recherches de Science Religieuse 27 (1936-1937), pp. 513-562, 26-64; ivi, Parole et Mystère chez Origène, Paris 1957.

 [19] Strom. V, 237, 3s; VI, 124, 6, PG 9, 35-42.

 [20] Epist. 187 a Dardano, c. II, n. 34, PL 33, 845.

 [21] H DE LUBAC, Meditation sur l’Eglise, Paris 1952, trad. it. Milano 1978, pp. 5-47; Paradoxe et mystère de l’Eglise, Paris 1967, tr. it. di T. DAVID e A. CIVITA, Milano 1979, pp. 1-31.

 [22] S. TOMMASO, In 3 Sent., d. 25, q.1, a. 2, ad 5 m, parla anche di “Spirito santificante della Chiesa”, S. TH. II-II, q.1, a. 9, ad 5 m.

 [23] S. ALBERTO MAGNO, De sacrificio Missae, 1, II, cap. 9, a.9, a cura di P. BORGNET, t. 38, p. 64-65. Cf. P. NAUTIN, Je crois à l’Esprit dans la sainte Eglise pour la resurrection de la chair, Coll. Unam sanctam”, 17, 1947.

 [24] B. GHERARDINI, La Chiesa oggi e sempre. Saggi storico-critici di aggiornamento ecclesiologico, Milano 1974, pp. 98-100.

 [25] M.J. SCHEEBEN, Die Mysterien des Christentums (vol. 2 dell’ Opera omnia a cura di J. HöFER), Friburgo 1941, tr. it. di I. GORLANI, Brescia 1960, 3ª ed., pp. 526-604.

 [26] Ivi, p. 8.

 [27] Ivi, p. 12.

 [28] Ivi, p. 528.

 [29] Ivi, pp. 529-530.

 [30] H. CLERISSAC, Le mystère de l’Eglise, Paris 1925, 3ª ed.; trad. it. di G. VEZZOLI, Brescia 1936.

 [31] In particolare O. CASEL parte dai misteri pagani e ne fa la chiave ermeneutica per capire il vero senso del mistero in S. Paolo e nei Padri. Le sue opere principali sono Die Liturgie als Mysterienfeier, Friburgo 1922 e Das christl. Kultmysterium, Regensburg 1932.

 [32] Cf. P. BROUTIN, Mysterium Ecclesiae, Parigi 1947; A. CHAVASSE, L’Eglise dans son mystère et dans son histoire, in Masses ouvrières, 1949, pp. 95-100; Y. CONGAR, Esquisses du mystère de l’Eglise, Parigi 1953.

 [33] Costituzione Apostolica Humanae salutis, in Acta prae. II-I, p. 114.

 [34] GIOVANNI XXIII, Epist. Cat. Oecomenicum Concilium, 23 aprile 1962, in Acta prae., II-I, p. 226.

 [35] Cf. Atti degli Apostoli, 15, 4-18.

 [36] Acta ante, I-I, p. 21.

 [37] Ivi, p. 48.

 [38] Acta syn., I-IV, p. 647.

 [39] Giovanni XXIII, lettera enciclica del 1 luglio 1962 Poenitentiam agere, in Acta prae., II-I, p. 238.

 [40] Dopo il Concilio, Paolo VI ritornò molte volte su questi argomenti con intuizioni originali; tutti i discorsi sullo Spirito Santo sono raccolti nel libro di S. RINAUDO, La nuova Pentecoste della Chiesa, Torino 1977.

 [41] PAOLO VI, Allocutio per l’inaugurazione della seconda sessione (7 dicembre 1963), in Acta syn., II-I, p. 562.

 [42] PAOLO VI, Allocutio per l’inaugurazione della terza sessione (14 settembre 1964), in Acta syn., III-I, p. 142.

 [43] PAOLO VI, Allocutio per l’inaugurazione della terza sessione, o.c., III-I, p. 143.

 [44] Cf. M.I. DURRIEUX (Africa Occidentale), o.c., I-II-V, p. 67: …Il n’ya qu’une seule Eglise, humaine par ses membres, mais divine par son chef, Jesus Christ, et par son âme, l’Esprit Saint. L’Eglise est…le mystère de la présence de l’Esprit Saint”.

 [45] J. BYRNE (Irlanda) si esprime in questi termini: “Ego, Episcopus tit. Abaradiensis, humiliter et ardenter peto renovationem formalem consecrationis generis humani Spiritui Sancto a Sancto Patre ut fecit Christus Ipse in prima Pentecoste post Ascentionem Suam in coelum”, o.c., I-II-II, p. 107. Identica petizione formula P. DODDS (Africa), o.c., I-II-V, p. 84.

 [46] Acta syn.., I-IV, pp. 413-414. Un altro importante intervento è quello del vescovo africano H. VENIAT, che unifica le varie menzioni dello Spirito Santo identificando la sua azione con tutto il Corpo come “anima corporis”. Nonostante questa premessa, la pneumatologia contenuta nel testo è a suo giudizio insuficiente. Cf. Acta syn., I-IV, p. 594s.

 [47] Cf. S. IRENEO, Adversus haereticos, III, 24, 1.

 [48] Il termine Spirito Santo ricorre 17 volte. Il testo latino ufficiale a cui ci riferiamo è quello della Secretariae generalis Concilii Oecumenici Vaticani II, Romae, Typis Polyglottis Vaticanis, 1966. Seguiremo la traduzione italiana delle Edizioni Dehoniane, Enchiridion Vaticanum, vol. I, Documenti del Concilio Vaticano II, Bologna 1985, 13ª ed., pp. 118-263.