Da
anni, nelle viscere del Capoluogo regionale, si registrano numerosi movimenti legati alla
presenza di cavità compromesse da soprastanti lavori stradali, riparazioni delle reti
idrica e fognaria mediante martelli pneumatici, allacci cavi elettrici, manutenzione aree
asfaltate con l'utilizzo dei mezzi pesanti, ecc. A tal proposito, capita spesso di
intravedere, nelle volte e pareti di singole cavità, vistose lesioni, crepe,
fenditure, fratture e microfratture che espongono l' esistenza di un fenomeno allarmante e
ampiamente sottovalutato.
Situazioni preoccupanti sono quelle da
piazza d'Armi, sul finire degli anni Ottanta, hanno creato timori in tutta la città, nel
momento in cui la facciata di una palazzina situata davanti alla Facoltà di Lettere (lato
su via Is Mirrionis), è sprofondata nel sottosuolo, quasi risucchiata da un terreno
vuoto.
Questo episodio si verificò in data 12
maggio 1987, periodo in cui i vigili del fuoco, unitamente ai tecnici comunali e
all'Assessorato ai Lavori Pubblici, sono intervenuti per studiare da vicino il fenomeno. I
giornali di allora dichiararono: "è stata sfiorata una tragedia" perché
fortunatamente, in quel lato dello stabile tra piazza d'Armi, vie Marengo e Is Mirrionis,
non erano presenti persone, come del resto nessuna persona circolava per strada al momento
del crollo (era notte fonda).
Il "Gruppo speleologico PIO XI",
che a quei tempi operava nel contesto della speleologia urbana a Cagliari, curò
l'esplorazione delle cavità nel circondario di piazza d'Armi e permise di indirizzare
ancor meglio le attenzioni su una grotta, ex cava sotterranea romana, la cui volta aveva
ceduto portando via il terreno roccioso sottostante lo stabile. In altre parole, alla base
della voragine, era l'accesso di un'imponente cavità artificiale utilizzata nei secoli
per fabbricare cantoni da costruzione.
Di eccezionale interesse, nel fondo
dell'antica cava erano due laghi sotterranei di limpide acque, alimentati da un costante
stillicidio: una vera e propria pioggia che cadeva dalle volte calcaree a meno otto metri
di profondità, rispetto al piano di calpestio esterno. Parte di quelle acque erano
clorate, evidente indizio riconducibile alle perdite della rete idrica cittadina che si
avvale, peraltro molto spesso, di condotte danneggiate e malridotte proprio nei punti
nevralgici, ovvero sulla volta di molte caverne abbandonate sotto strade e piazze
maggiormente trafficate.
L'incubo dei crolli non si fermò certamente
con il rinforzo, tramite opere cementizie, delle masse rocciose entro la cavità esplorata
dagli speleologi. Infatti, nel mese di agosto 1993, nuovi crolli si verificarono in viale
Merello, nelle immediate vicinanze di piazza d'Armi. Quest'ultimo sprofondamento, che
portò il manto stradale a sei metri di profondità, lesionò gravemente le pareti
dell'adiacente bar-ristorante, causando inoltre, con la rottura di una condotta d'acqua
potabile, l'allagamento di una vicina autorimessa. |