Il cliente medio-piccolo e il direttore di banca

Articolo pubblicato sulla "Gazzetta Valutaria e del Commercio Internazionale" n. 19 del 1983

cod.: GV.83.19.BCA.0

Nei momenti di particolare ristagno dell'economia di un paese, si fa più pressante da parte degli operatori la necessità di guardare al di là dei propri confini nazionali per ricercare alternative di sbocco che compensino il calo della domanda interna. Parimenti, l'estendersi su scala più ampia delle crisi economiche determina, da un lato, l'accentuarsi di schemi protezionistici nazionali e, dall'altro, una più aggressiva concorrenza internazionale, che impongono di spostare l'indagine su mercati sempre più lontani, sempre più difficili. Viene il momento in cui certe vecchie formule operative non bastano più, da sole, a soddisfare le nuove esigenze e si ricercano pertanto altri strumenti, altre idee, per superare le crescenti difficoltà. E' questa la semplice constatazione di una realtà che in Italia è particolarmente presente nel medio-piccolo operatore; in quella fascia imprenditoriale che ha contribuito non poco all'affermarsi del made in Italy, ma che - d'altro canto - ha gestito spesso l'esportazione con il criterio del do it yourself, ricavandone risultati non sempre positivi. Così come le ragioni del successo possono talvolta essere attribuite alle doti di intraprendenza ed inventiva personale, le cause di certe sconfitte possono trarre origine dalla insufficiente professionalità e dalla carenza informativa degli operatori. Professionalità ed informazione, nel campo del commercio estero, abbracciano un insieme di conoscenze che vanno dalla precisa padronanza delle norme valutarie e doganali italiane ed estere, alla "sensibilità" dei mercati finanziari, alla conoscenza delle tecniche di marketing, alla "vocazione estera" dell'azienda stessa. Un bagaglio quindi di esperienze che non è semplice acquisire se non si dispone di una struttura funzionale che vada al di là degli stretti limiti dettati dalla dimensione medio-piccola di molti operatori italiani. Un fabbricante di prodotti dolciari che non ha mai venduto all'estero e che si trova di fronte a un eccesso di produzione, concepisce l'idea dell'export non come strategia di sviluppo a medio-lungo termine, bensì come una soluzione contingente dei propri problemi e si chiede DOVE e COME concretizzare questa idea, sperando forse in soluzioni taumaturgiche che non possono trovare riscontro in una realtà ben definita. Il suo interlocutore più immediato, colui che-dovrebbe-sapere-tutto, è spesso il direttore di banca; quella persona, cioè, che già é a conoscenza della situazione economico-finanziaria del cliente e che, attraverso l'organizzazione di cui può disporre, é in grado di rispondere alle sue domande immediate. Ecco, quindi, che la banca viene vista come un prezioso consulente, magari in possesso della famosa bacchetta magica capace di risolvere certi problemi aziendali che poco avrebbero a vedere con in ruolo specifico di queste istituzioni finanziarie. Quello dell'industriale dolciario, anche se reale, è indubbiamente un caso-limite; significativo comunque di una realtà alla quale hanno dato corpo anche le iniziative promosse dalle banche estere che, da qualche tempo, hanno istituzionalizzato il servizio di consulenza, e resa così possibile una forma di promozione verso il cliente che raramente trovava riscontro in un passato più remoto. Mentre, però, l'informazione è stata generalmente promossa dal vertice ed attuata attraverso una serie di notiziari, comunicati, monografie ed altre pubblicazioni diffuse a tutta la clientela, l'assistenza al cliente - considerata al di là delle normali prerogative "di sportello" - rimane un servizio personalizzato, dove giocano un ruolo essenziale la disponibilità, la sensibilità e l'esperienza del singolo funzionario. Informazione ed assistenza sono quindi i cardini di un servizio consulenziale che può costituire l'elemento talvolta determinante per la buona riuscita di un'operazione con l'estero. Il dialogo fra la banca e l'operatore deve avere inizio prima che quest'ultimo abbia concluso la trattativa commerciale; altrimenti alla banca non rimane che il compito - peraltro non meno significativo - di assisterlo nella corretta esecuzione delle fasi finanziarie e valutarie, restando però in un certo senso condizionata nel suo agire da fattori pre-determinati, sui quali non ha potuto a suo tempo esprimersi con opportuni suggerimenti. Gli obiettivi che il cliente si prefigge di raggiungere nello sviluppo del proprio commercio estero, sono di VENDERE e di VENDERE BENE; cerchiamo allora di evidenziare più in dettaglio il tipo di aiuto che gli può essere messo a disposizione dal suo amico "banchiere".

Innanzi tutto ricordiamo che in questa sede si vuole tralasciare di esaminare le problematiche concernenti il grosso cliente: non perché quest'ultimo non possa e non debba trarre beneficio dalla consulenza della banca, ma in quanto le sue esigenze sono spesso differenti da quelle del piccolo-medio operatore. La grande azienda già dispone solitamente di una propria organizzazione export ed il dialogo con la banca è ormai consolidato in un insieme di esperienze comuni che trovano il loro equilibrio in un interscambio di dare e di avere stabilito nel tempo. Per il piccolo-medio operatore il problema di CHE COSA e DOVE vendere all'estero coinvolge aspetti complessi di ricerca di mercato, di analisi e di strategia aziendale. Fornirgli sistematicamente ed in modo organico informazioni sulla domanda estera di merci italiane, sulle mostre e fiere, sulle gare bandite per forniture internazionali, o notizie periodiche sull'andamento dell'export italiano nella fascia merceologica da lui trattata, può già costituire un contributo non indifferente all'incremento del suo bagaglio conoscitivo. Valutare le sue capacità strutturali (e, in ultima analisi, la sua convenienza a condurre in proprio le operazioni commerciali con l'estero) e suggerirgli eventualmente forme associative (quali la sua presenza in consorzi, la partecipazione a joint-ventures, ecc.) o l'utilizzo di canali distributivi più specializzati (es.: le Trading Companies), può consentirgli di realizzare, sin dall'inizio, una non indifferente economia di costi e, nel medio termine, di formarsi l'esperienza necessaria a consolidare l'immagine del proprio prodotto sui mercati esteri. Senza infrangere la segretezza della professionalità bancaria, ed evitando il sorgere di inopportune concorrenzialità, il "banchiere" che è a conoscenza di come e dove agiscono altri correntisti similari, può suggerire al cliente aree e schemi operativi per lui nuovi, lasciandolo comunque sempre libero di decidere autonomamente sul da farsi.

Se, quindi, il il problema del COME e DOVE può vendere il suo cliente si tramuta per la banca in un pacchetto di informazioni e di suggerimenti da fornirgli, il discorso si fa più specifico e tecnico quando si tratta di prestargli assistenza per vendere bene. Una delle metodologie dell'intervento potrebbe essere così sintetizzata:

1-Esame della capacità oggettiva del cliente a concludere la trattativa e ad eseguire il contratto.
2 -Esame del contratto, della forma di pagamento, delle eventuali garanzie attive e/o passive.
3 -Verifica del rischio-paese e del rischio d'insolvenza.
4 -Valutazione del rischio economico dell'operazione.
5 -Determinazione dell'eventuale fabbisogno finanziario del cliente e delle forme di possibile assistenza.

Valutazione del cliente

Talvolta si assiste a casi di operazioni di entità anche rilevante avviate da nominativi che non dimostrano di possedere la capacità tecnico-organizzativa sufficiente per portarle a termine. Piccole aziende, quando non addirittura ditte individuali, per la loro intraprendenza o per il tramite di conoscenti influenti, riescono talvolta ad acquisire contratti per milioni di dollari, senza disporre delle strutture e delle esperienze adeguati a sostenerli. Se la loro "vocazione estera" non è sufficiente motivo per credere in un razionale adeguamento delle loro capacità operative alle richieste del lavoro da svolgere, sarà forse opportuno suggerire loro di coinvolgere nella gestione dell'operazione altri organismi più qualificati, attraverso sub-appalti, consorzi, ecc., in modo tale da salvaguardare la profittabilità netta dell'operazione ed evitare inutili rischi a medio-lungo termine. E' un discorso spesso difficile da condurre nei confronti di un nominativo che teme di dover perdere parte della propria individualità e del proprio profitto, ma che trova sufficienti motivi di convincimento nelle casistiche negative accumulate da coloro che, sopravvalutando la propria dimensione, hanno insistito caparbiamente a voler fare "il passo più lungo della gamba".

Le condizioni contrattuali

Dovendo, in questa sede, necessariamente generalizzare, si vuole fare un tutt'uno delle varie forme scritte in cui si possono estrinsecare gli accordi per una o più operazioni con l'estero. Siano essi un semplice ordinativo d'acquisto, o un contratto più complesso di fornitura di merci e/o servizi, o, ancora, un mandato di agenzia/rappresentanza, una esigenza unica li accomuna: la chiarezza dei termini e delle condizioni. Ciò significa conoscenza precisa delle norme e degli usi esistenti in materia civilistica, valutaria, doganale, finanziaria e fiscale, alla luce delle differenti interpretazioni che potrebbero essere date nei rispettivi paesi dei contraenti. Valga a puro e semplice titolo di esempio la ridda di conseguenze che può sorgere sulla determinazione del "foro competente". Tornando più vicino alle problematiche quotidiane, si riscontrano spesso contraddizioni o inesattezze contrattuali che determinano in fase di esecuzione dell'operazione costi aggiuntivi irrecuperabili, ritardi, penali, difficoltà di smobilizzo dei crediti ed - al limite - annose vertenze internazionali, sui cui esiti è sempre difficile formulare pronostici attendibili. Pur esistendo una seria bibliografia relativa alla stesura dei contratti con l'estero e sulle norme e gli usi del commercio internazionale (1), ancora una volta la pratica e l'esperienza specifica giocano un ruolo non indifferente nella corretta stesura di questi testi.

Rischio-paese e rischio d'insolvenza

Conoscere la posizione economico-finanziaria di un certo paese estero costituisce spesso il punto di partenza per la ricerca di nuovi mercati o per la decisione imprenditoriale da prendere circa la finalizzazione di una specifica operazione. L'esistenza di una domanda vivace, in certi popolosi paesi del cosiddetto terzo mondo, non è di per sé stessa motivo sufficiente per considerare con entusiasmo la possibilità di penetrazione del nostro prodotto, laddove - ad esempio - la carenza di disponibilità valutarie ed il pesante rapporto dinamico esistente fra il debito estero ed il prodotto nazionale lordo denunciano una situazione di preoccupante imbarazzo sulla capacità di quel paese a far fronte con regolarità ai propri impegni esteri. La valutazione del rischio-paese è oggetto di approfondite analisi da parte di organismi specializzati che, utilizzando gli strumenti macro-economici e finanziari disponibili da varie fonti, elaborano delle tabelle comparative di facile ed immediata lettura. Come tutte le altre rilevazioni di tipo statistico ed economico, anche le classificazioni del rischio-paese vanno ovviamente interpretate alle luce delle esperienze quotidiane. Vediamo, a titolo di esempio, come la carta commerciale dell'Egitto sia più "vendibile", nell'ambito del pro-soluto, di quella della Nigeria, pur in presenza di una classifica di rischio che vede il secondo paese in migliore posizione rispetto al primo (2). In ogni caso, la corretta interpretazione della tabella rischio-paese può risultare estremamente utile all'operatore al fine di conoscere a priori la fisionomia del proprio interlocutore e le possibilità di smobilizzo a breve degli eventuali crediti derivanti dalla finalizzazione del contratto. Mentre il rischio-paese può determinare un suo particolare caso d'insolvenza o di ritardo "politico" nell'incasso dei crediti, non dobbiamo qui dimenticare l'esame del rischio d'insolvenza "commerciale" del debitore estero. L'operatore, che ha trattato con la controparte estera, è spesso il miglior giudice sulla solvibilità del suo cliente, ma talvolta intervengono fattori imprevisti che determinano spiacevoli contrattempi nel regolare flusso degli incassi. Fra i motivi spesso ricorrenti, possiamo qui ricordare la possibile confusione nell'identificazione dei titoli di credito e delle relative garanzie, nonché del loro uso nei vari paesi (bill of exchange, promissory note, draft, currency undertaking, ecc.) o le limitazioni esistenti in certe aree sulla trasferibilità valutaria di taluni elementi di costo (rimborsi spese di viaggio, interessi di mora, compensi di consulenza, royalties, ecc.). Il servizio consulenziale della banca può rivelarsi, quindi, ancora una volta utile nel valutare la corretta terminologia contrattuale e di stesura dei titoli di credito, nella verifica delle normative valutarie del paese debitore, nonché nella raccolta di eventuali ulteriori informazioni sulla capacità finanziaria del debitore a far fronte ai propri impegni. Può essere, infine, sempre l'amico "banchiere" a suggerire al proprio cliente, nell'ambito della cautela contro certi tipi di rischi d'insolvenza, l'utilizzo di formule assicurative private o pubbliche, il ricorso al forfaiting o al factoring, nonché una maggiore attenzione alle possibili offerte dalle forniture finanziate da Organismi Internazionali o tramite fondi messi a disposizione dal nostro paese sotto forma di prestiti d'aiuto.

Rischio economico

Si é fatto cenno più sopra all'importanza della "vocazione estera" del cliente in termini di struttura e di filosofia operativa. La carenza di tale preziosa caratteristica può talvolta determinare conseguenze di ordine economico sul buon fine di una operazione. In questa sede, comunque, si vuole fare astrazione dalle problematiche che riguardano più specificatamente il marketing, la concorrenzialità del prodotto, la programmazione della produzione, ecc., per limitare l'esame del rischio economico ad una specifica operazione che abbia già trovato il suo nascere in una azione promozionale a monte. L'operatore ha fatto i suoi conti e ritiene che l'affare sia conveniente, in quanto gli assicurerebbe un certo margine di profitto. Gli sorge, però, il tradizionale dubbio: <ho considerato tutto?>. Gli elementi di possibile dimenticanza sono infatti numerosi, soprattutto nel caso di mercati o di operazioni completamente nuovi per il cliente. Si possono ricordare, ad esempio, i già citati ritardi nell'incasso dei crediti, le addizionali ai tassi di sconto richieste in caso di taluni smobilizzi, i costi assicurativi del credito o sulle eventuali coperture a termine, le preoccupazioni che possono derivare dal rifiuto di certi organi di controllo (es.: la Société Générale de Surveillance) di accettare valori di fattura non soddisfacenti i parametri d'esame imposti dai paesi loro mandanti, ecc. La maggior parte degli oneri "imprevisti" possono invece essere ragionevolmente considerati, in presenza o di un sufficiente bagaglio conoscitivo, o dall'appoggio ottenuto da chi ha già maturato concrete esperienze nel settore.

Fabbisogno finanziario e relativa assistenza

Si tratta dell'ultimo anello dell'iter procedurale qui proposto e che rientra in quelli che semplicisticamente sono stati definiti in premessa "servizi di sportello"; senza con ciò voler togliere nulla al significato e all'importanza del servizio offerto. La determinazione del fabbisogno finanziario del cliente scaturisce sostanzialmente dall'esame ponderato delle entrate e delle uscite finanziarie previste in funzione dello svolgimento delle varie fasi contrattuali, e può assumere varie configurazioni a seconda del tipo di assistenza che la banca è disposta a fornire al singolo cliente. Siamo però giunti ad una fase nella quale il "banchiere gioca in casa", su un terreno cioè che gli è già più familiare e su cui può muoversi secondo gli schemi del proprio Istituto, della fiducia nel cliente, ecc. In questo tipo di assistenza rientrano anche le varie forme di aiuto prestato per il corretto svolgimento delle pratiche valutarie connesse con la singola operazione.

Come si è potuto seppur sommariamente vedere, lo spettro dell'intervento consulenziale della banca può essere ampio e diversificato e, sotto certi aspetti, insostituibile. Forse oggi più che mai il cliente si aspetta i miracoli, e questi non li può compiere neppure la banca, anche se la istituzionalizzazione di un più completo e sistematico servizio di consulenza nei confronti della clientela che opera con l'estero già rappresenta una proficua innovazione rispetto agli schemi passati, e non può che contribuire ulteriormente allo sviluppo della presenza del prodotto italiano nel mondo.

Note:

1 - F. Bortolotti: fasc. 13/83, pagg.904 e segg.; fasc. 14/83, pagg. 975 e segg.
2 - ved.: Istitutional Investors Magazine, risk rating, maggio 1983