Guida agli scambi in compensazione: Chi sono gli specialisti in Italia e all'estero (V parte)

Articolo pubblicato su "Gazzetta Valutaria e del Commercio Internazionale", n. 16/84 - pag. 1127 e segg.

Cod.: GV.84.16.COM.4

E' stato detto che "il baratto non potrà mai sostituire il denaro perché quest'ultimo è stato proprio inventato per sostituire il baratto". Questo semplice gioco di parole sta ancora una volta ad indicare che gli scambi in compensazione scaturiscono da una debolezza economico-finanziaria di un sistema che non riesce a mantenere un suo più ordinato equilibrio. Si è visto nei precedenti articoli come la domanda di scambio in compensazione venga quasi sempre formulata da Paesi in via di sviluppo o da Paesi ad economia pianificata con modalità, formule e motivazioni formalmente eterogenee, ma fondamentalmente motivate da una situazione patologica di quelle economie.

I rischi degli scambi in compensazione.

L'operazione in compensazione assume quindi, già di per sé stessa, una fisionomia di rischio particolare, che richiede qualche valutazione supplementare rispetto a quelle relative ad operazioni più tradizionali. L'operatore deve innanzi tutto valutare la disponibilità a soppesare la propria esperienza prima di decidersi ad accettare o meno una proposta che contempli lo scambio-merci e, come già si è visto, può trovare eventualmente una soluzione intermedia tramite l'intervento di una casa di commercio estero disponibile a trattare - con una migliore preparazione specifica - il collocamento delle merci da ritirarsi in compensazione. Inoltre, restano da valutare gli aspetti economici, finanziari e valutari del problema, per stabilirne profittabilità e rischi. Sia che si tratti direttamente dell'operatore/produttore, o che intervenga nella compensazione anche l'operatore/Trading Company, taluni degli aspetti sopra accennati sono comuni ai due tipi di aziende. Per quanto riguarda poi quelle residenti in Italia, ai problemi di economicità e di rischio sopra accennati si aggiunge anche l'aspetto burocratico-normativo, tenuto in vita da un coacervo di disposizioni che pongono seri ostacoli alla capacità negoziale ed esecutiva di chi opera nel campo della compensazione. Può essere comprensibile che le Autorità italiane, sollecitate anche dalle varie Istituzioni internazionali (GATT, IMF, OCSE, ecc.) cerchino in tutti i modi di non incoraggiare un tipo di affari che potrebbe prestare il fianco anche ad illeciti di ogni genere, ma - in una visione più globale del problema - dispiace di dover assistere alla progressiva emarginazione del nostro Paese ed alla parallela crescita di quelli a noi più o meno vicini. La realtà, peraltro inconfessata ed inconfessabile, mostra infatti che molte operazioni in compensazione, originate concettualmente in Italia, vengono in concreto trasferite in tutto o in parte su terzi Paesi, dove sono disponibili maggiori spazi operativi ed è quindi possibile gestire le transazioni su un piano di miglior competitività.

Norme valutarie sulla compensazione.

Uno dei primi ostacoli del nostro sistema risiede nella necessità, sempre presente nel campo delle compensazioni, di dover ricorrere alla preventiva autorizzazione del Ministero del Commercio con l'Estero. Tale obbligo trova la sua origine nella Circolare UIC del 31 agosto 1981, n. 2 (modificata dalla Circolare UIC n. 2/1 del 23 dicembre 1981), secondo la quale "le importazioni ed esportazioni in compensazione privata, anche di merci <a dogana>, qualunque sia il valore dell'operazione, sono effettuate su presentazione in dogana di autorizzazione Mincomes". L'operatore deve pertanto inoltrare un'istanza che illustri nei dettagli tutto lo schema operativo previsto, l'economicità dell'operazione e le ragioni che determinano il regolamento compensativo. Solitamente l'autorizzazione viene rilasciata dopo la valutazione positiva di Mincomes sulla necessità obiettiva della compensazione proposta, sulla sua convenienza economica e sulla tranquillità che le merci importante a regolamento della fornitura italiana non possano squilibrare - in termini quantitativi e qualitativi - il mercato interno. L'esame si sofferma a valutare, come detto, l'economicità dell'operazione, tenuto conto del valore di quanto esportato (nelle sue varie componenti, fino alla resa Fob dei prodotti) e di quanto importato (con riferimento a merci ricevute Cif). Questo esercizio si dimostra spesso difficile, in quanto il prezzo delle merci in esportazione solitamente include nella sua struttura una maggiorazione che servirà ad assorbire i costi e le perdite che si dovranno subire al momento della rivendita dei prodotti compensativi, mentre il prezzo di questi ultimi è espresso nel suo valore contrattuale, notoriamente inflazionato dagli oneri di cui sopra. Si tratta, quindi, di una verifica minuziosa e complessa che comporta tempi d'esame non sempre in sintonia con la necessità dell'operatore di "chiudere" un affare per lui conveniente prima che gli possa sfuggire di mano.

Per ora ci si può assicurare solo all'estero.

Un secondo scoglio è rappresentato dal nostro sistema assicurativo, sia pubblico che privato, che ancora non prevede la possibilità di tutelare i rischi derivanti all'operatore per i contratti attuati in forma compensativa. Questi rischi sono di varia natura, ma riconducibili sostanzialmente all'inadempienza delle controparte a fornire i prodotti promessi, nella quantità, nella qualità e secondo le tempistiche previste in contratto. I più noti schemi assicurativi italiani e stranieri di sostegno pubblico alle esportazioni (Sace, Ecgd, Coface, ecc.) sono a tutt'oggi contrari ad assumere in garanzia rischi su operazioni in contropartita , mentre talune Compagnie private estere, particolarmente statunitensi (AIG) e britanniche (alcuni Underwriters londinesi) stanno da qualche tempo intervenendo attivamente nel settore, seppure con aliquote di premio ancora piuttosto onerose. L'operatore italiano, di fronte alla necessità di ottenere la copertura assicurativa su un affare regolabile in contropartita non può che rivolgersi all'estero, ma per far ciò - o, quanto meno, per poter corrispondere a un non-residente i premi di polizza - deve osservare quanto indicato nel D.M. 12 marzo 1981 (causale 30) ed ottenere una specifica autorizzazione da parte del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato.Sempre in materia burocratico-normativa, le cose si complicano ancor più quando a un'operazione di compensazione "semplice", nella quale sono coinvolti solo l'Italia e il Paese estero, si aggiunge un secondo fattore rappresentato dalla collocazione, da parte dell'operatore italiano, su un mercato terzo dei prodotti ottenuti in contropartita. In pratica, questo schema comporta un'esportazione di merci dall'Italia verso il Paese della controparte e un'operazione "di transito" per le merci acquistate in contropartita e rivendute, o da rivendere, nel Paese terzo. Non è questa la sede per ricordare le problematiche relative al "commercio di transito" e le difficoltà in cui si trova ad operare il transitario italiano. Tutti questi aspetti comunque possono giustificare talune scelte che l'operatore di casa nostra è portato spesso a fare, trasferendo a terzi le incombenze della compensazione.

Clausola dell'advance purchase.

I rischi più elementari ai quali è soggetto un contratto di vendita con pagamento in merci sono - come già si è visto in precedenza - quello di mancato od incompleto rispetto degli impegni di consegna della merce da parte della controparte estera, nonché quello derivante dalla rivendita delle stesse merci in Italia o all'estero. L'operatore può cautelarsi almeno in parte dal secondo tipo di rischio avendo la certezza di poter utilizzare direttamente tali merci o di poterle trasferire a terzi attraverso precisi accordi stipulati preventivamente. Per quanto concerne invece il primo genere di rischi, ed a prescindere dall'eventuale copertura assicurativa stipulata all'estero, una formula cautelativa sempre consigliabile è quella in cui la controparte s'impegna ad esportare per prima. Si tratta di una soluzione senz'altro valida quando l'operazione contempla la consegna delle merci estere in un solo lotto, ma che presenta comunque talune complicazioni quando sia le merci italiane da esportare che i prodotti esteri da ricevere prevedono spedizioni distribuite nel tempo in forma alternata. Questa formula, definita di advance purchase prevede solitamente che il ricavo della vendita dei prodotti ricevuti dall'estero venga accreditato su un conto vincolato (trustee account o escrow account) aperto a nome della controparte estera presso una banca residente in Italia che agisce quale trustee bank. I fondi depositati su tale conto non sono trasferibili nel Paese della controparte estera ma devono servire unicamente per regolare finanziariamente e valutariamente l'esportazione italiana, a meno che da parte delle Autorità monetarie del Paese estero non vengano fornite altre valide garanzie per tutelare il pagamento delle esportazioni italiane. Supponendo che pur in presenza di consegne frazionate nel tempo rimanga sempre valida la formula della "controparte che spedisce per prima", il conto vincolato presenterà costantemente dei saldi attivi dai quali potrà attingere l'operatore nazionale per l'incasso delle proprie esportazioni.

Trustee bank e trustee account.

Da un punto di vista bancario vi saranno due crediti documentari: uno, aperto dall'operatore nazionale in favore della controparte estera, nel quale sarà precisato che l'utilizzo dei documenti d'importazione darà luogo ad un accredito dei fondi sul trustee account e l'altro, aperto dalla controparte estera in favore dell'esportatore nazionale, con la clausola che l'utilizzo dei documenti d'esportazione determinerà l'addebito del relativo importo sullo stesso trustee account. Se, come capita spesso, le merci ottenute dall'estero vengono acquistate da un nominativo differente dall'esportatore nazionale, la lettera di credito verrà aperta da questo "terzo" sulla stessa trustee bank, mentre sia gli accrediti che gli addebiti registrati sul conto vincolato daranno luogo a movimenti di denaro rispettivamente a carico dell'importatore ed a favore dell'esportatore nazionali. Il trustee account potrà determinare a favore della controparte estera interessi, regolabili - ad esempio - al termine dell'operazione, con una corrispondente riduzione delle merci compensative. Talvolta la controparte estera richiede il rilascio di una garanzia bancaria in suo favore che le assicuri il trasferimento valutario dei fondi bloccati nel conto fiduciario in caso di inadempienza dell'operatore nazionale ad eseguire la sua fornitura. Questo genere di garanzie è di difficile ottenimento, in quanto generalmente le banche non desiderano essere coinvolte nelle controversie che possono sorgere fra le parti commerciali e che possono condurre a vertenze internazionali di dubbio esito. E' chiaro che potendo disporre di fondi esistenti sul conto vincolato l'esportazione non presenta problemi di tipo finanziario e che quindi l'operatore viene pagato a presentazione dei documenti d'imbarco. Diverso è, invece, il caso in cui l'esportatore sia il primo a spedire, oppure quello in cui la meccanica delle consegne determini ad un certo punto un saldo debitore del trustee account. In queste circostanze, alle problematiche di rischio già accennate in precedenza si accompagnano risvolti finanziari che possono comportare per l'operatore la necessità di dover ricorrere a finanziamenti bancari, in lire o in valuta, che saranno rimborsabili solo dopo l'incasso del ricavo delle merci compensative. E' da notare che la molteplicità dei casi in cui si possono presentare le operazioni di compensazione mostra una vasta gamma di esperienze anche in materia di garanzie attive e passive. Queste possono riguardare la salvaguardia del rispetto dell'impegno di ottemperare alle clausole contrattuali di consegna delle merci, oppure la possibile variabilità dei prezzi di quelle merci per le quali non è determinabile a priori un valore fisso di scambio. Per quanto concerne quest'ultimo aspetto, le formule più usate - particolarmente nelle trattative che riguardano le cosiddette large commodities - si basano sulle quotazioni espresse da una particolare borsa-merci o, per le merci non quotate, sulle indicazioni mercantili pubblicate periodicamente su notiziari specializzati.

E' stato sottolineato più volte che la casistica di queste operazioni presenta una vasta gamma di varianti nelle quali non è facile districarsi per estrapolare moduli di comune interpretazione. Si assiste ormai a forme ibride di contratti in cui intervengono in simbiosi con la compensazione finanziamenti intergovernativi erogati a titolo di "aiuto" e casi in cui una compensazione si somma ad un'altra, come quando - ad esempio - si vende a un Paese che paga in merci, che a loro volta vengono rivendute a un terzo Paese il quale le ripaga con altre merci. C'è ormai solo da augurarsi che il mondo tragga i doverosi insegnamenti da un passato peraltro non ancora troppo lontano e che prima di dover ricadere rovinosamente nel baratro dell'età della pietra, possa trovare in sé stesso le forze e gli strumenti per riportare i mercati ad una più equilibrata esistenza.

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Note:

1 - GVCI: nn. 12, 13, 14 e 15/84
2 - Anche se giunge notizia che il Miti giapponese (Ministry of international trade and industry) sta attivamente interessandosi per fornire una copertura assicurativa a quegli esportatori giapponesi che, avendo esportato per primi in un contratto di countertrade, stanno correndo il rischio di non essere soddisfatti dalle loro controparti estere.
3 - Cfr. in proposito ancge GVCI 3/84, pagg. 154 e segg., e 7/84, pagg. 442 e segg.