Scambi in compensazione
Estensione geografica, livello di diffusione del CT

Articolo pubblicato sulla "Gazzetta Valutaria e del Commercio Internazionale" n. 7/1985

cod.: GV.85.07.COM.1

Il crescente sviluppo internazionale degli scambi in compensazione e l'interesse suscitato dai precedenti articoli pubblicati sulla Gazzetta (1) hanno suggerito di riprendere il discorso aperto su questa importante tematica dell'interscambio per fornire agli operatori maggiori elementi conoscitivi e di valutazione circa le opportunità e le problematiche poste da questo tipo di operazioni. Tralasciando quindi gli aspetti propedeutici del problema - peraltro illustrati nei già richiamati articoli - s'intende ora procedere ad un esame più concreto e sistematico delle realtà del fenomeno, al fine di poter fornire indicazioni operative utili ad una più edotta partecipazione delle aziende nazionali all'utilizzo del canale compensativo.

Estensione geografica del "countertrade" (CT)

Con l'acuirsi delle difficoltà finanziarie internazionali, un numero sempre più crescente di Paesi sono direttamente coinvolti nel CT, sia dal punto di vista della domanda, che sotto il profilo della disponibilità ad accettare tali richieste. Oramai sono circa una novantina i Paesi che, più o meno intensamente, richiedono di regolare le proprie importazioni con cessione di contropartite nazionali, mettendo talvolta in atto accordi intergovernativi di tipo bilaterale, che costituiscono una preoccupante situazione di neo-protezionismo, nociva al sistema di libero scambio delle merci. E' il caso, ad esempio, abbastanza recente della Nigeria, che ha siglato con il Brasile un accordo pluriennale basato sullo scambio compensativo di petrolio nigeriano (si parla di circa 40 mila barili al giorno di bonny light per il periodo ottobre 1984-settembre 1985), contro materie prime, ricambi e beni strumentali brasiliani. Tale accordo, che per la Nigeria rappresenta il primo effettivamente attuato dopo una lunga serie di trattative e di tentennamenti con varie controparti circa l'impiego dello strumento compensativo, vale - per quanto concerne l'84-85 - circa 500 milioni di dollari e si parla già di trattative in corso per il raddoppio del valore del contratto nei termini di validità dello stesso. Sulla scia di questa concreta esperienza, la Nigeria sta ora conducendo trattative similari con altre controparti - sia private che pubbliche - al fine di garantirsi l'approvvi-gionamento dei beni necessari alla continuità del proprio processo di sviluppo. Si tratta, come detto, di una forma di neo-protezionismo in quanto - ad esempio - l'importatore nigeriano è ora più che mai costretto dal proprio Governo (attraverso il meccanismo delle licenze d'importazione) ad utilizzare i soli canali d'acquisto disponibili nell'ambito degli accordi compensativi in essere. Il Brasile, nella fattispecie, che aveva in essere nel 1981 un volume d'interscambio con il paese africano pari a 770 milioni di dollari, scesi a soli 195 milioni nel 1983, vedrà ora risalire rapidamente le proprie esportazioni verso la Nigeria sino a circa un miliardo di dollari (2) .

Necessità di una regolamentazione.

L'estensione territoriale del fenomeno (particolarmente significativa per quanto riguarda i PVS) si accompagna alla necessità di trovare una regolamentazione atta a normalizzarne l'operatività. Sono infatti ormai parecchi i Paesi che hanno emanato specifiche normative circa l'uso e le procedure del CT (3) , oppure che hanno creato enti idonei a gestire o a sorvegliare l'attività delle aziende nazionali in materia di scambi in compensazione. Per quanto riguarda invece i Paesi che solitamente accettano di operare in CT, vediamo che a quelli di più antica tradizione (Austria, Belgio, Olanda, Svizzera, Giappone, ecc.), se ne sono da qualche tempo affiancati altri, fra i quali gli Stati Uniti (a seguito principalmente dell'E.T.C. Act dell'ottobre 1982 (4)), la Corea del Sud, la Gran Bretagna, ecc. Occorre notare che i Governi dei Paesi più industrializzati, in quanto promotori o sostenitori delle principali Organizzazioni internazionali, quali il FMI, il GATT, l'OCSE, ecc., sono tuttora ufficialmente contrari all'accettazione di principio della compensazione, ma, nella pratica, la maggior parte di essi sostiene attivamente i propri operatori, attraverso varie forme di assistenza diretta od indiretta. E' il caso, ad esempio, della Gran Bretagna che, nel maggio dello scorso anno, attraverso il proprio Department of Trade and Industry, ha pubblicato e fatto circolare una speciale "Guida" al CT per gli operatori britannici, fornendo notizie sul corretto approccio verso queste tematiche (5) . Lo stesso può dirsi per gli stati Uniti che, attraverso la promulgazione della legge sopracitata, hanno praticamente dato via libera alle locali banche per la creazione di nuove Trading Company statunitensi, le sole che possano realizzare in forma sistematica operazioni in compensazione nel contesto commerciale ed industriale del loro Paese. Per quanto riguarda invece casa nostra, la posizione ufficiale continua a trovare riscontro anche nella realtà di tutti i giorni e, a parte talune trattative di grande entità condotte in porto in forma compensativa con l'intervento di strutture pubbliche, l'atteggiamento generale continua ad ignorare l'esistenza e la crescita internazionale del CT. Ciò non ostante l'Italia, tramite i propri operatori, non rimane esclusa dalle operazioni compensative di tipo privatistico che, pur dovendo superare ostacoli burocratici e normativi non indifferenti (6), dimostrano una presenza saltuaria, ma abbastanza significativa, sui mercati internazionali.

Quantificazione del CT.

Le cifre espresse dagli economisti circa il volume dell'interscambio mondiale regolato con formule di CT variano sensibilmente a seconda dei parametri di rilevazione usati. taluni valutano il fenomeno in circa il 40 per cento del volume globale degli scambi; altri limitano la stima ad un solo 12 per cento. Come si può notare, le cifre sono sensibilmente discordanti fra loro e possono creare talune perplessità operative. Per chiarire, da un punto di vista concettuale, la ragione di queste differenze, occorre ricordare che esistono praticamente infinite forme di attuazione degli scambi compensativi e, per contro, non risulta esservi una precisa classificazione o definizione internazionalmente riconosciuta. Pertanto le statistiche e le valutazioni elaborate dagli esperti contengono notevoli elementi di soggettività che permettono a certe operazioni di essere incluse o meno nel novero del CT. E' il caso, ad esempio, dei cosiddetti offset deals, riguardanti i settori aeronautico e della difesa, che comportano la stesura di accordi bilaterali per la costruzione in un certo Paese di componenti destinati a formare il prodotto principale che verrà assemblato e venduto dal Paese detentore del know how. Si tratta di operazioni che coinvolgono cifre notevoli e che spesso sono originate più da motivazioni politico-strategiche che non da ragioni più propriamente tecnico-commerciali. Un'altra voce che entra statisticamente nei dati globali delle stime del CT è quella relativa agli approvvigionamenti energetici (gas, petrolio, ecc.) derivanti da intese governative e regolati in contropartita. Si tratta, indubbiamente, nei due casi citati, di operazioni che escludono la movimentazione valutaria e, quindi, di transazioni compensative, ma che nulla hanno a che fare con i problemi di una azienda manifatturiera che intenda vendere un determinato macchinario industriale ad un cliente estero che gli propone il pagamento in banane! Limitando, quindi, per nostra convenienza, le valutazioni quantitative al campo delle cosiddette compensazioni private, possiamo ritenere più attendibili i dati che indicano quote intorno al 15-20 per cento dell'interscambio mondiale. Su di un fatto però tutti si trovano d'accordo: il CT è in sensibile aumento ovunque e le prospettive a breve-medio termine indicano una costante tendenza al rialzo del fenomeno.

L'informazione sul CT.

Una delle ragioni che hanno sinora rallentato e reso più difficile per l'operatore italiano una sua partecipazione più attiva nel campo delle compensazioni risiede nella carenza conoscitiva del fenomeno e delle modalità di corretto approccio allo stesso. Per fare un esempio geograficamente a noi vicino, la Francia - sin dal 1977 - ha creato, dietro sollecitazione della Direction des Relations Economiques Exterieurs e di alcune banche nazionali, un ente denominato ACECO (Association pour la Compensation des Echanges Commerciaux (7)) che fornisce informazioni ed assistenza sul CT, non solo agli operatori francesi, bensì anche ai colleghi dei restanti Paesi comunitari. Non contenti di ciò, i Francesi hanno creato nel 1984 una seconda struttura (anche questa nata su iniziativa statale e bancaria) denominata Sodicomex che, non si esclude, potrà estendere il proprio compito (inizialmente limitato alla consulenza) anche a una funzione operativa diretta nella gestione degli scambi in compensazione. Per restare oltre frontiera, e senza dilungarci troppo nell'elencazione di ciò che altri Paesi industrializzati fanno per rendere edotti i propri operatori su come operare nel CT, vediamo che esistono anche numerosi canali di stampa che mantengono un aggiornamento sistematico sull'evoluzione del CT. Fra i periodici che più si dimostrano attivi in questo campo citiamo il Trade Finance Report, mensile della Euromoney londinese (8), ed il Countertrade & Barter, trimestrale della Metal Bulletin Inc. (9). Questi periodici non si limitano a fornire notizie sulle più importanti transazioni internazionali riguardanti gli scambi compensativi, ma presentano anche interessanti elaborati sui vari aspetti operativi (finanza, assicurazione, gestione in genere del CT). Da ultimo, è curioso notare che il quindicinale delle Nazioni Unite, Development Business, principalmente rivolto a fornire notizie sulle gare d'appalto internazionali a fronte di finanziamenti della Banca Mondiale (come il FMI, da sempre contrario al CT), riporta spesso articoli divulgativi sugli scambi in compensazione (10). Anche le monografie in materia di scambi in contropartita edite all'estero diventano ogni giorno più numerose e complete, dimostrando ancora una volta l'interesse crescente del fenomeno. In Italia, invece, l'informazione è ancora agli inizi e poco sinora è stato fatto per diffondere presso gli operatori quelle conoscenze e quelle notizie che possano rendere più agevole la gestione delle varie tecniche richieste dal CT. Un'iniziativa degna di attenzione sta per essere varata dall'Associazione Nazionale del Commercio Estero (ANCE), l'ente che raggruppa, a titolo privatistico ed intersettoriale, la maggior parte delle Trading Company italiane (11). Per colmare un vuoto ormai sentito nel nostro Paese e per far meglio conoscere l'esistenza e l'operatività in Italia delle Case di Commercio Estero che da tempo si occupano di CT, l'ANCE sta dando alle stampe una Guida agli scambi in compensazione, che illustra le problematiche e le modalità operative delle transazioni in contropartita e fornisce all'operatore le necessarie basi di valutazione per poter affrontare con la sufficiente conoscenza le richieste di CT provenienti dalle controparti estere. L'ANCE sta inoltre attivando, tramite i suoi Associati, una formula che consentirà i disporre, anche nel nostro Paese, di una struttura per l'assistenza alle aziende manifatturiere interessate al CT. Non si tratterà della costituzione di una nuova Trading, in quanto già esistono in Italia Case di Commercio Estero in grado di svolgere il ruolo con competenza e professionalità, bensì della creazione di un sistema destinato ad indirizzare gli operatori verso un miglior utilizzo sinergico delle strutture disponibili.

Note:

1 - fr.: GVCI nn. 12, 13, 14, 15, 16 del 1984
2 - Cfr.: Financial Times Survey del 26 febbraio 1985, pag. 19
3 - Esempio: Colombia, Repubblica Dominicana, Ecuador, Giordania, Indonesia, Malesia, Perù, Uruguay.
4 - Si tratta dell'Export Trading Company Act, voluto dall'Amministrazione Regan per sviluppare le esportazioni statunitensi. In base a tali disposizioni, le banche USA sono autorizzate ad assumere partecipazioni od a costituire Trading Company per ampliare i volumi d'interscambio statunitensi. Le principali banche hanno aderito all'invito ed hanno creato numerose ETc.
5 - Ottenibile su richiesta da rivolgersi a: Project and Export Division, Branch 3A, Department of Trade and Industry, 1-19 Victoria Street, London SWIH OET.
6 - Cfr.: "Atti del convegno commercio di transito: un contributo alla nostra economia" - ICE/ANCE, Roma, 1983.
7 - ACECO - 28, Avenue Hoche, 75008 Paris
8 - Trade Finance Report, Euromoney Pubbl. - Nestor House, Playhouse Yard, London EC4V 5EX (abb. annuo: US $ 290).
9 - CBQ - 3, Gul Crescent, Jurong Town, Singapore 2262 (ottenibile su abbonamento annuo a US $ 30, o gratuitamente in presenza di determinati requisiti richiesti dall'Editore sulla Reader registration Card)
10- UN Development Forum, business edition - POB 5850, Grand Central Station, New York, NY 10163 (abb. annuo: US$ 250)
11- Associazione Nazionale del Commercio Estero, ANCE - Corso Venezia, 47/49, 20121 Milano