Principali tipologie degli scambi in compensazione

Articolo ripreso integralmente dal secondo capitolo della "Guida agli scambi in compensazione" e pubblicato su "Trasporti News", n. 70, del febbraio 1986

cod.: TP.86.02.COM.0

Premesse

In generale, quando si parla di scambi in compensazione (Countertrade o anche Barter secondo la terminologia anglosassone, Compensation in francese) ci si riferisce a tutte quelle forme di esportazione "primaria", dalla vendita di merci alla cessione di servizi o di know-how , che anzichè essere regolate da parte del debitore con i tradizionali trasferimenti di valuta trovano - in un modo o nell'altro - una loro sistemazione attraverso lo scambio più o meno contestuale di altre merci. La compensazione può scaturire da un accordo intergovernativo stipulato fra due Stati che decidono di instaurare fra loro uno specifico rapporto bilaterale di scambio, oppure può sorgere a seguito di trattative "private" finalizzate alla fornitura di un determinato bene contro regolamento in altre merci Il primo caso comporta abitualmente transazioni di entità rilevanti da eseguirsi nel medio-lungo termine e vi si trovano compresi accordi di cooperazione industriale, forniture aeronautiche, navali o militari, approvvigionamenti energetici, opere di ingegneria industriale, ecc. L'accordo intergovernativo prevede che la gestione "commerciale" dell'operazione venga demandata ad enti pubblici o privati dei rispettivi paesi, in forma closed (quando sono ben identificate le parti che interverranno) od in forma open (quando rimane aperta la possibilità d'intervento operativo da parte di enti non ancora esattamente individuati). Il secondo caso è quello che più interessa da vicino le finalità del presente elaborato e riguarda le operazioni in compensazione non derivanti da accordi intergovernativi, bensì scaturite da trattative private fra due o più enti, pubblici o privati, per la realizzazione di una specifica operazione d'interscambio. Le tipologie in cui si presentano gli scambi in compensazione (detti anche di contropartita ) sono molteplici, in quanto ogni transazione fa praticamente storia a sè. Ciò nonostante, e più che altro a fini propedeutici, si è cercato - nel tempo - di evidenziare talune similitudini che consentono di classificare queste operazioni rendendole più facilmente comprensibili nella loro impostazione schematica. E' peraltro importante sottolineare che non esiste ancora alcuna convenzione internazionale che stabilisca una precisa nomenclatura per distinguere fra loro questi tipi di operazioni. Partendo comunque dalla più antica formula del baratto, si passa al più comune caso del controacquisto, alle recenti espressioni del buy-back e dell'offset, alle varie applicazioni del bilanciamento di partite ed, infine, alle più complesse operazioni di compensazione triangolare. Di qualunque tipo si tratti, o qualsiasi definizione le si voglia dare, una operazione di contropartita presenta nella sua attuazione pratica non poche difficoltà di carattere operativo. Infatti è indubbiamente più facile parlare delle compensazioni che eseguirle. E' comunque altresì vero che la "domanda" di countertrade proveniente dai paesi esteri è sempre più pressante e che la conoscenza della sua meccanica può determinare per l'operatore il successo di una vendita o, comunque, il possesso di una marcia in più per la conclusione dei suoi affari.

IL BARATTO (inglese: barter; francese: troc )

Si tratta della forma concettualmente più elementare della compensazione e consiste nello scambio diretto di merce contro merce per valori ritenuti equivalenti. Trova le sue lontane origini agli albori del commercio quando, non esistendo ancora le monete, gli scambi avvenivano semplicemente attraverso la cessione di beni d'uso o di consumo. Con l'avvento del denaro il baratto venne gradualmente a perdere il significato originale, senza peraltro mai scomparire del tutto. Ogni qualvolta la trasferibilità della valuta diventava impossibile, o comunque difficoltosa, il baratto risorgeva, come l'araba fenice, per permettere la continuità dell'interscambio fra due paesi. Ciò si verificò, ad esempio, in concomitanza con lo svolgimento del secondo conflitto mondiale e, in tempi ancora più recenti, in un certo tipo di commercio Est-Ovest degli anni '50 e '60. Attualmente la compensazione sotto forma di baratto trova scarsa applicazione per le difficoltà obiettive che comporta ed anche per le limitazioni valutarie e doganali introdotte da molti paesi per impedire questo genere di operazioni. Da un punto di vista teorico il baratto è caratterizzato dalle seguenti particolarità:

1) lo scambio delle merci è stabilito in un unico contratto, stipulato fra le parti, che fissa le condizioni e le modalità della consegna delle merci interessate;
2) i prodotti da scambiare sono definiti nella loro qualità e quantità, senza che sia dato loro un valore monetario;
3) solitamente lo scambio avviene pressochè simultaneamente fra le parti senza che vi siano nè intermediari, nè interventi creditizi. Talvolta può capitare che fra la consegna della merce e il ritiro della contropartita intercorra un lasso di tempo, comunque mai superiore ai dodici mesi.

Schematicamente l'operazione può raffigurarsi nel modo seguente:

Può verificarsi il caso in cui l'esportatore "primario" necessiti di assistenza da parte di un "commerciante" del suo stesso paese che gli collochi i prodotti ricevuti in contropartita (o di un utilizzatore finale degli stessi ), così come può capitare che il cliente estero richieda l'intervento di un terzo ente per il pagamento in merci dei prodotti importati. Fra le due coppie di enti connazionali si avrà quindi il regolamento in moneta locale dei rapporti interni. La schematizzazione sopra riportata viene quindi così a modificarsi:

(*) il simbolo ($) indica un pagamento in moneta locale

Il valore in moneta, che regola i rapporti fra gli operatori del paese A, solitamente tiene conto di particolari sconti, definiti anche disagi o premi di sfioramento, che remunerano l'intervento del "commerciante/utilizzatore" e/o compensano eventuali differenze fra il valore contrattuale e quello di mercato delle merci importate in contropartita. Sulla tematica dei "premi di sfioramento" avremo modo di tornare spesso e più a fondo nel prosieguo di questa trattazione, ma è utile cercare di identificare sin da subito, seppure a grandi linee, la natura di queste "differenze" che costituiscono, per l'esportatore "primario" , uno dei punti più oscuri e delicati dell'intera materia. Solitamente, infatti, per l'esportatore abituato ad operare in un determinato settore merceologico (in quanto fabbricante, commerciante, fornitore di servizi, ecc. ma comunque interessato ad una ben identificata e limitata gamma di prodotti) riesce spesso difficile accettare concettualmente l'idea di intervenire in una operazione che gli comporti il ritiro di merci che esulano dalla sua linea tradizionale. Per un fabbricante di macchine utensili, ad esempio, l'offerta di pagamento in caffè può creare indubbiamente serie perplessità. E' chiaro che i prodotti ricevuti in contropartita andranno collocati quasi certamente al di fuori della sua normale sfera di attività, ricercando i commercianti o gli utilizzatori che possano essere interessati a gestirli o comunque ad acquistarli. Questi ultimi però trattano vocazionalmente già da tempo il prodotto, sanno come e dove utilizzarlo, conoscono le diverse fonti di approvvigionamento, i fornitori, i prezzi, le regole che governano il "gioco", ecc. Per essere interessati a ritirare quelle specifiche partite derivanti dalla compensazione, gli acquirenti devono essere sufficientemente motivati con un prezzo vantaggioso che, spesso, deve essere inferiore al valore attribuito all'operazione compensativa. Occorre inoltre tener presente che spesso il "valore" richiesto dal cliente estero per la merce da lui offerta in contropartita è superiore a quello normale di mercato. E non potrebbe essere diversamente, perchè altrimenti sarebbe facile per quel cliente vendere direttamente i suoi prodotti sul mercato internazionale ricavandone valuta convertibile, senza quindi alcuna necessità di entrare in discorsi compensativi. La corretta valutazione preventiva del "premio di sfioramento", del "disagio", o - comunque li si vogliano definire - degli oneri connessi al collocamento dei prodotti compensativi, costituisce uno degli elementi basilari per l'esportatore per valutare la convenienza e la fattibilità dell'operazione nel suo complesso. Tornando ora all'argomento iniziale, abbiamo visto come il "baratto" costituisca, in linea teorica, la forma più elementare di scambio in compensazione ma come, per contro, questa tipologia trovi limitato riscontro nella pratica. A ben guardare, quelle transazioni che vengono comunemente etichettate con il nome di baratto sono in realtà spesso ben più complesse e più simili alle operazioni di cui si parlerà più avanti. Un esempio è dato dal contratto stipulato qualche anno fa da un noto produttore statunitense di bevande gassate che cedette all'Unione Sovietica quattro impianti per la produzione di tali bevande, gli ingredienti di base, la formula, l'uso del marchio e l'addestramento del personale, contro il pagamento in vodka. Si è trattato certamente di uno scambio al 100% di merce contro merce, ma la complessità dell'operazione non la può assimilare a quelle molto più semplici trattate in questo paragrafo. Come già sottolineato in precedenza, la classificazione delle operazioni di contropartita in distinte tipologie, anche se non sempre concorde, ha una funzione più che altro didattica, mentre nella pratica vediamo che ogni transazione segue un suo iter particolare e che, analizzando i dettagli di un contratto concreto, troviamo spesso elementi comuni alle varie tipologie. Per quanto infine concerne la terminologia di uso corrente, vediamo che spesso i vocaboli barter o countertrade identificano indifferentemente tutte le operazioni di contropartita, a qualsiasi "categoria" esse appartengano.

LA COMPENSAZIONE (ingl.: compensation deal; franc.: compensation )

Questa formula può essere considerata la variante più attuale del baratto, con l'introduzione di un valore espresso in moneta delle merci scambiate. Ha pure luogo un movimento di denaro (generalmente non valuta trasferibile, bensì moneta interna dei paesi coinvolti) che determina registrazioni su appositi conti di evidenza ("clearing accounts") tendenti al pareggio a fine operazione. Anche questo tipo di scambi in compensazione trova scarsa applicazione nella pratica. Le caratteristiche principali della compensazione sono le seguenti:

1) lo scambio delle merci è regolato da un unico contratto che stabilisce il valore delle merci in una determinata moneta;
2) ciascuna consegna di merci è accompagnata da un pagamento in denaro che, solitamente, viene fatto affluire contabilmente in un conto di clearing al fine di compensare le partite a debito ed a credito;
3) i prodotti scambiati non hanno fra loro alcun legame merceologico e spesso è prevista la possibilità che intervenga un terzo ente (commerciante od utilizzatore) a curare il ritiro delle merci ottenute in contropartita;
4) il regolamento in merci non è necessariamente contestuale all'esportazione principale e può essere dilazionato, al limite, in due o tre anni. Chiaramente, in caso di sfasamento prolungato delle reciproche consegne, il conto di clearing non registrerà i pagamenti in denaro ma soltanto i crediti di chi ha consegnato le merci per primo. Le scritture si pareggeranno quando il secondo contraente avrà adempiuto alle proprie obbligazioni consegnando le proprie merci;
5) non è improbabile che lo scambio, anzichè avvenire per il 100% in merci contro merci (full compensation), comporti un regolamento in valuta trasferibile per una certa percentuale (es. il 30% del totale) ed un pagamento in merci per la differenza (partial compensation).

La schematizzazione di questo tipo di operazioni è la seguente:

Full compensation

Partial compensation

(Nello schema sopra riportato "x" rappresenta la quota di valore corrisposta in valuta)

L'intervento di un terzo ente che si responsabilizza per il ritiro ed il collocamento della merce ottenuta in contropartita potrà dar luogo alla seguente variante schematica:

* (p) rappresenta il "premio di sfioramento", sconto, commissione, ecc. dovuto al Commerciante/Utilizzatore.

 

IL CONTROACQUISTO (ingl.: Counterpurchase o anche Parallel Deal; franc.: Contre-achat )

Il controacquisto rappresenta la forma più diffusa di compensazione, particolarmente usata negli scambi con i paesi dell'Est e con molti di quelli in via di sviluppo. Anche in questo caso l'esportatore "primario" accetta di ricevere in pagamento parziale o totale delle proprie forniture altre merci offertegli dal cliente ma, a differenza di quanto accade nel "baratto" e nella "compensazione in senso stretto", il controacquisto prevede la stesura di due contratti distinti e paralleli.

Le caratteristiche principali del controacquisto sono le seguenti:

1) esistenza di due contratti giuridicamente autonomi, uno che regola l'esportazione primaria e l'altro contenente l'impegno a ritirare le merci di contropartita, che rappresentano, in valore, una certa percentuale (tasso di compensazione) del contratto primario. I due contratti sono slegati fra loro per quanto riguarda le condizioni tecniche della loro esecuzione;
2) i valori contrattuali sono espressi in un'unica determinata moneta convertibile. Può verificarsi però il caso in cui il contratto primario indichi i prezzi unitari, le quantità ed il valore totale delle merci, mentre il secondo specifichi soltanto la durata dell'impegno ed il tipo di merce da ritirare, senza fissare le quantità e senza l'indicazione del prezzo unitario. Quest' ultimo verrà determinato sulla base delle quotazioni, ad esempio internazionali, ad una certa epoca stabilita, fino alla concorrenza di un valore complessivo pari a quello del contratto primario;
3) è frequente il caso in cui tutta l'operazione venga concordata, a grandi linee, fra le parti in un contratto-quadro, che demanda quindi ai due contratti sopracitati le modalità e le condizioni dettagliate delle due distinte operazioni di vendita e di controacquisto;
4) può non esserci alcuna relazione fra la consegna delle merci contemplate nel contratto principale e quella del contratto di controacquisto. In altri termini, una delle due parti potrebbe aver ultimato contrattualmente le consegne mentre l'altra, del pari contrattualmente, starebbe ancora provvedendo ad effettuare le proprie;
5) nell'operazione possono intervenire altri enti con i quali vengono stipulati specifici sub-contratti che si richiamano ai due contratti principali;
6) la durata dell'intera operazione può essere estesa nel medio-termine, ma comunque generalmente non supera i 5 anni.

Anche nel caso del controacquisto ritroviamo l'utilizzo del conto di clearing, nel quale vengono evidenziati i rapporti di debito e credito delle parti contrattuali conseguenti alle varie consegne delle merci previste nei contratti. Questo "conto di clearing", di cui illustreremo in seguito il funzionamento, viene gestito da un Istituto bancario fiduciario (Trustee Bank) ed assume la denominazione corrente di trustee account o anche di escrow account. Il mancato rispetto delle scadenze o degli impegni contrattuali può determinare la corresponsione di penali a carico della parte inadempiente che, a titolo di garanzia, può essere richiesta preventivamente di far emettere apposita fidejussione bancaria. La schematizzazione di queste operazioni può essere espressa secondo i seguenti grafici:

schema elementare con due soli contraenti e tasso di compensazione del 100%

schema elementare con due soli contraenti e tasso di compensazione del 60%

schema più completo con presenza di un "contratto-quadro" e di più enti (tasso 100%).

Come si nota, l'Importatore A1 pagherà il "bene B1" solo $ 59 (anzichè 60), in quanto la differenza gli verrà riconosciuta sottoforma di "sconto" o "premio di sfioramento" per incentivarlo nell'acquisto del prodotto derivante dalla compensazione. Tale onere, unitamente all'analogo "sconto" concesso ad A2 ed alle commissioni percepite dal Contraente A, che ha organizzato e gestito l'operazione, verrà tenuto a carico dell'Esportatore A, che lo recupererà nel suo prezzo di vendita del bene primario.

Nella casistica del controacquisto esistono molte varianti che scaturiscono dalla particolarità delle singole operazioni. Come si è già ripetuto in precedenza, nel countertrade ogni transazione determina situazioni specifiche in cui intervengono normative valutarie e doganali differenti, condizioni commerciali e problematiche finanziarie complesse, che richiedono l'intervento di altri enti od il rispetto di particolari procedure operative. Una variante abbastanza comune è quella della pre-compensazione (o "import first "), che prevede primariamente l'acquisto dei prodotti compensativi con accredito del relativo controvalore in un conto fiduciario e, quindi, l'utilizzo di tali fondi per il ripagamento di successive esportazioni concordate con il cliente del paese estero. Questa formula è comunque rifiutata da molti paesi (es. l'Unione Sovietica e la Germania dell'Est) che non accettano di lasciare troppo margine di discrezionalità ai Countertraders o, comunque, ai fornitori esteri.

IL BUY-BACK o "Cooperazione industriale" (francese: achat en retour, coopération industrielle )

Questo tipo di scambi in compensazione è strettamente legato alla fornitura di impianti chiavi in mano o di macchinari di valore consistente e prevede che l'esportatore "primario" ritiri, in pagamento parziale o totale della propria fornitura, parte di quegli stessi beni ottenuti da quel particolare impianto da lui venduto. Rappresenta un caso sempre più frequente nel campo degli scambi in compensazione, particolarmente richiesto da Cina, Ungheria ed India, e trae le sue origini da un recente passato, soprattutto nelle transazioni Est-Ovest dagli anni '50 in poi, dove si trovano numerosi e significativi esempi di cosiddetta "cooperazione industriale" nel campo della chimica (fra paesi dell'Europa occidentale da una parte, Unione Sovietica o Polonia dall'altra ), della motorizzazione civile ed industriale (con la Polonia), delle calzature sportive (fra Francia ed Ungheria), ecc. Alcuni Autori preferiscono tenere le operazioni di buy-back distinte da quelle di cooperazione industriale, in quanto esistono obiettive differenziazioni fra le due tipologie. Nel "buy-back", infatti, è generalmente previsto che la fornitura "primaria" (costituita da una cessione di impianto, licenza, brevetto, ecc.) venga pagata con merci prodotte dall'impianto stesso fino alla concorrenza di un determinato importo, in un certo tempo, ecc., dopo di che il contratto viene considerato concluso. Nella "cooperazione industriale", invece, intervengono rapporti più complessi, tempi più lunghi, coinvolgimenti più profondi. In questa sede si è comunque preferito unificare le due pur distinte tipologie in quanto, fondamentalmente, esiste fra loro una comunanza di schemi-base. A stretto rigor di logica queste operazioni dovrebbero costituire un argomento del tutto separato dalla "compensazione" in quanto non si tratta più di uno scambio di merci che potrebbero essere completamente dissimili fra loro, bensì di una cooperazione più stretta con il cliente/utilizzatore degli impianti per la commercializzazione dei prodotti finali, in un settore che è spesso affine, quand'anche non addirittura identico, a quello dell'esportatore "primario". Si pensi, ad esempio, alla casa francese Berliet che ha ceduto alla Polonia la tecnologia e la licenza di costruzione di autobus e che è stata ripagata con veicoli prodotti da quella fabbrica, rivenduti quindi attraverso la "rete" Berliet. Un'operazione più o meno analoga è stata conclusa anche dalla Fiat con lo stesso paese. Pur non sottovalutando minimamente le complessità e le difficoltà connesse a questo tipo di scambi, per l'esportatore "primario" si tratta, in un certo senso, di giocare in casa , con linee merceologiche che già conosce, sia dal punto di vista tecnico che da quello commerciale. I problemi sono certamente ed egualmente molti, ma - quanto meno - si può valutare a priori e con una buona approssimazione l'onere di sfioramento che graverà sui beni da ricevere in contropartita e si può programmare l'utilizzo degli stessi immettendoli nella rete di vendita già esistente od inserendoli (nel caso di componenti o di semilavorati) nella propria linea di produzione. Talvolta queste operazioni non nascono (come avremo modo di esaminare nel prosieguo di questa trattazione) soltanto dal "bisogno" del paese/cliente di pagare in merce ciò di cui necessita, bensì dalla convenienza dello stesso esportatore/fabbricante "primario" di disporre all'estero, direttamente od indirettamente, di una produzione tecnologicamente valida ed economicamente vantaggiosa, o di poter contare su una componentistica (es. blocchi-motore fabbricati in Brasile e destinati ad autoveicoli europei) che, inserita nelle linee di produzione nazionali, riduca i costi migliorando quindi la concorrenzialità dei propri prodotti finiti. Queste operazioni anche da un punto di vista strutturale si differenziano dalle altre transazioni compensative, più strettamente "commerciali", di cui al presente elaborato. Si nota infatti che spesso la "cooperazione industriale" od il "buy-back" (soprattutto per quelle iniziative di notevole dimensione) nascono da un più vasto accordo intergovernativo, coinvolgono enti di rilevanza internazionale, comportano valori di contratto ingenti e prevedono durate di esecuzione a medio-lungo termine. Di sovente si basano, da una parte, sulla complementarietà, la specializzazione e la funzionalità della produzione (utilizzo di materie prime esistenti alla fonte, sfruttamento dei differenziali di costo del lavoro, limitazione o maggior controllo della concorrenza di altre marche, ecc.) e, dall'altra, sul raggiungimento di determinati obiettivi di sviluppo (accesso ad una qualificata tecnologia, miglioramento dei livelli occupazionali, acquisizione di valuta pregiata, ecc.). Sono anche abbastanza frequanti i casi in cui, ad un aspetto puramente tecnologico/commerciale, si aggiunge un risvolto finanziario/partecipativo sottoforma di joint-venture, con acquisizione di una partecipazione azionaria al capitale dell'azienda "cliente" da parte dell'esportatore "primario". La partecipazione può derivare da una apporto di capitale puro e semplice, di beni d'investimento, di licenza, di "know-how", ecc. e viene spesso richiesta, se non addirittura imposta, quale condizione sine qua non dal "cliente" che si assicura così il coinvolgimento diretto del fornitore "primario" nella gestione dell'impianto, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici dello stesso (garantendosi in tal modo l'assistenza, il training, la manutenzione, ecc.), che per quanto concerne la commercializzazione dei prodotti. La richiesta potrebbe anche essere bilaterale in quanto, a sua volta, il fornitore "primario" potrebbe essere seriamente interessato alla partecipazione diretta nella gestione - anche se in veste minoritaria - soprattutto sotto l'aspetto tecnico, allo scopo di controllare più da vicino i suoi investimenti e salvaguardare la qualità della produzione che si è impegnato a ritirare o a commercializzare in paesi terzi. Le caratteristiche più comuni fra le operazioni di "buy-back" o di "cooperazione industriale" sono dunque le seguenti:

1) sono coinvolte esclusivamente esportazioni di impianti o di macchinari con o senza cessione di know-how, di brevetti, di licenze, ecc.;
2) i prodotti da ricevere in contropartita verranno ricavati dagli stessi impianti venduti dall'esportatore "primario". Potranno rappresentare una certa percentuale del valore dell'impianto stesso, uguagliarlo o, al limite, superarlo. In quest'ultimo caso la differenza coprirà gli oneri finanziari od altre ragioni di credito dovute all'esportatore "primario";
3) l'operazione trova la sua regolamentazione in due contratti distinti e paralleli, così come si è già visto nel caso del "controacquisto". Entrambi i documenti saranno valorizzati in una unica valuta trasferibile;
4) considerando i tempi tecnici di realizzazione dell'impianto e della sua entrata in produzione è solitamente richiesta la concessione di un credito per la durata del bridging period da parte dell'esportatore "primario". E' raro il caso in cui venga effettuata una rimessa in denaro sottoforma di down payment o di parziale pagamento a "stato d'avanzamento lavori" (SAL);
5) il ripagamento in merci avviene in tempi piuttosto lunghi. In certi casi si è assistito a regolamenti distribuiti nell'arco di 25 anni.

La schematizzazione delle operazioni di "buy-back" o di "cooperazione industriale" non si discosta molto da quelle già viste in precedenza.

Buy-back (tasso di compensazione: 100%)

Joint-venture (con partecipazione al capitale)

L'OFFSET

Più che in una particolare forma tecnica di scambi in compensazione l'offset consiste in una condizione preliminare posta dal paese "cliente" ai suoi potenziali fornitori perchè s'impegnino ad acquistare merci in contropartita o ad utilizzare, quali componenti della loro fornitura, beni prodotti localmente. Un primo caso di offset , applicato frequentemente nel campo aeronautico e del materiale bellico, consiste nella richiesta avanzata dal "cliente" di utilizzare per quanto tecnologicamente possibile la propria industria di componenti per la costruzione del prodotto finito, che l'esportatore "primario" dovrà fornire. E', in sostanza, una formula tecnicamente vicina a quella già vista in precedenza della "compensazione anticipata" anche se, nella versione dell'offset , i prodotti scambiati sono strettamente uniti fra loro da una logica industriale, mentre nel caso già visto i prodotti possono essere, e solitamente sono, completamente diversi fra loro. Si tratta quindi di un accordo di co-produzione industriale ad alto contenuto tecnologico, che ha avuto origine negli anni '60 soprattutto nell'ambito dei paesi occidentali. Un esempio significativo è quello del contratto stipulato fra gli Stati Uniti ed il Giappone per la costruzione di aerei da caccia "F4 Starfighter" e di missili "AIM 7 Sparrow", dove il contributo offset offerto dal Giappone è stato particolarmente attivo nella produzione della strumentazione e della componentistica elettronica. Un secondo esempio, definito "storico", riguarda l'accordo del 1975 fra una società statunitense e la Svizzera per la fornitura di 72 caccia "F 5", per un valore complessivo di oltre 400 milioni di dollari. In realtà questa operazione, definita universalmente di "offset" (e ciò dimostra ancora una volta quanto siano incerte le terminologie usate per suddividere gli scambi in compensazione), non riguardava uno scambio di merci simili fra loro, in quanto la Svizzera ripagò circa 200 milioni di dollari cedendo, attraverso l'intermediazione USA, propri prodotti all'Arabia Saudita, all'Egitto, alla Turchia, costruendo un cementificio in Indonesia e finanziando una ferrovia in Paraguay. Un secondo caso di offset riguarda in particolare le gare internazionali per la realizzazione di opere d'importo rilevante. Spesso risultano prescelti quei partecipanti alla gara in grado di offrire (in aggiunta alla normale competitività del prezzo, qualità, tempistica di esecuzione, finanziamento, ecc.) la disponibilità ad accettare un parziale ripagamento in prodotti agricoli, industriali, in turismo, servizi, ecc., disponibili presso il paese committente. E' evidente che le società di progettazione, d'impiantistica e di costruzione in genere, si trovano alquanto perplesse davanti alla loro capacità intrinseca di poter gestire flussi di ritorno costituiti da prodotti completamente estranei a quelli di loro abituale conoscenza.

GLI "EVIDENCE ACCOUNTS"

Si tratta di una formula piuttosto particolare che si applica talvolta nel caso di Gruppi multinazionali che operano in taluni paesi (principalmente PVS ) dove detengono proprie società affiliate o collegate. Queste ultime organizzazioni possono venire richieste di impostare, tramite le Aziende residenti, un flusso di esportazioni dal paese in cui operano tale da bilanciare gli acquisti effettuati mediante la casa madre od altre società estere del Gruppo. Poichè le singole operazioni non potranno essere facilmente bilanciate fra loro, la casa madre - o più spesso la Banca Centrale del paese - terrà un apposito "conto di evidenza" (Evidence Account), nel quale transiteranno tutte le operazioni effettuate dalle Aziende del Gruppo da e per quello specifico paese. Il "conto di evidenza" dovrà essere pareggiato entro la fine di ogni anno. In realtà si tratta di uno strumento scarsamente utilizzato per le poche garanzie che può offrire rispetto alla effettiva compensazione delle varie partite nei tempi stabiliti. Il seguente grafico illustra schematicamente il funzionamento di un "evidence account":

LA COMPENSAZIONE TRIANGOLARE (inglese: Switch , Swap trading )

Per la complessità degli accordi necessari, per la conoscenza ed il rispetto delle differenti normative valutarie e doganali richieste e per la pluralità degli enti chiamati in causa lo switch rappresenta certamente la formula di scambi in compensazione che comporta, in assoluto, la maggiore difficoltà di attuazione. L'operazione può nascere da un accumulo di crediti di un paese, che chiameremo B, verso un altro C, conseguente a precedenti scambi bilaterali non compensatisi fra loro (saldi scoperti dei famosi "conti di clearing"). Questo "surplus" può essere colmato con l'intervento di un terzo paese A, che fornirà a B merci (od il ricavo della vendita delle stesse) ricevute da C.

Schematicamente la triangolazione si evidenzia nel modo seguente:

* L'operazione, anzichè essere regolata da A a B in valuta, potrebbe essere "chiusa" con una fornitura di merci prodotte da C.

Un altro caso può presentarsi quando il paese B acquista da A determinate merci, mentre vende a C altri prodotti. Nella ipotesi che C non sia in grado di fornire in pagamento di B ciò di cui quest'ultimo necessita, si conviene che C fornisca i suoi prodotti ad A che, a sua volta, è disposto a chiudere il triangolo bilanciando così l'operazione. Per citare un'altra possibile situazione, ipotizziamo che l'Ungheria acquisti un impianto dal Brasile che, come noto, è afflitto da notevoli problematiche valutarie. Nello stesso tempo consideriamo che l'Ungheria venda suoi beni di consumo alla Svizzera. Ebbene, l'Ungheria potrebbe chiedere alla Svizzera di pagare in valuta il Brasile per l'importo corrispondente ai beni/impianti che, nel nostro esempio, sono dello stesso valore. In questo modo l'operazione può concludersi con un risultato soddisfacente per tutti e tre i paesi. In realtà le cose non vanno proprio in questo modo e capita spesso che il paese fornitore dell'impianto sia nelle condizioni di concedere forti "sconti" pur di incassare valuta pregiata da un terzo paese "pagatore" che, come nell'esempio citato, non ha problemi a trasferire "hard currency" a chicchessia. In sostanza lo "switch" è più affine ad una operazione finanziaria che non ad una commerciale in senso stretto. Potrebbe, al limite, essere considerato come una modalità particolare di regolamento di talune transazioni internazionali. Trova quindi spesso origine in un preesistente "accordo di clearing" bilaterale che i due paesi interessati non sono riusciti a compensare interamente attraverso le movimentazioni d'interscambio. Sviluppatesi negli anni '60 e '70 a seguito dei numerosi "accordi di clearing" stipulati fra taluni paesi ad economia centralizzata ed altri dell'Ovest europeo, le operazioni "switch" hanno subito negli ultimi anni una notevole riduzione, conseguente alla cessazione di molti di quegli accordi. La situazione congiunturale in atto e l'incremento costante dei rapporti bilaterali di scambio, in presenza di costanti e diffuse problematiche valutarie, porterà quasi certamente ad una rivitalizzazione di questo strumento compensativo. D'altro canto c'è chi, con un pizzico di ottimismo, sostiene che lo "switch" rappresenta l'anticamera della ripresa del multilateralismo negli scambi. Come si è detto in premessa, le triangolazioni compensative presentano un grado di complessità notevole che, nelle esemplificazioni sopra riportate, è stato volutamente ignorato. Per rendere schematicamente più evidenti alcune delle problematiche connesse con uno "switch" conseguente ad un surplus di clearing (esistente fra il paese B ed in paese C), vediamo il seguente grafico:

La Trading Company (o switch dealer) che interviene nell'operazione, acquista dal paese C la valuta di clearing cedendo al paese A valuta convertibile , dopo aver trattenuto la sua quota di remunerazione che comprende le commissioni, il "disagio", ecc. Questo ente potrà accettare la "valuta di clearing" nei limiti della sua capacità di utilizzarla per altre operazioni. L'entità del "disagio" (contrassegnato da "x" nel grafico) sarà rapportata al differenziale di scarto fra il valore della "valuta convertibile" e quello della "valuta di clearing".

Il " Build Operate and Transfer "

Quanto già illustrato in merito al "buy-back" (o "cooperazione industriale") e all'"offset", trova da qualche tempo una più complessa applicazione nella formulazione operativa definita "BOT" (Build Operate and Transfer). Con questa terminologia vengono infatti identificate quelle operazioni, più che altro di "ingegneria finanziaria", relative a forniture di impianti chiavi-in-mano o di lavori pubblici (che vengono solitamente aggiudicate a seguito di gara) e che coinvolgono l'operatore in una pluralità di funzioni di tipo tecnico, commercale, finanziario e gestionale con assunzione di particolari impegni, da parte del fornitore, anche per quanto attiene il reperimento dei fondi necessari al ripagamento della fornitura stessa (1) . Si tratta in realtà di una forma sofisticata di joint-venture nella quale la compensazione interviene non tanto in quanto considerata come una pura e semplice modalità di pagamento dell'impianto, o come reale obiettivo finale del progetto (acquisizione dei prodotti uscenti dalla nuova fabbrica), bensì quale componente integrata di un più vasto "pacchetto" che l'offerente mette a disposizione del committente per incentivarlo nella realizzazione dell'iniziativa. La principale caratteristica di queste operazioni risiede nel fatto che, in generale, riguardano impianti o progetti che non necessariamente daranno luogo di per sè stessi alla creazione di risorse in valuta estera, ma che presenteranno una validità economica, per così dire, "locale, generando utili nella moneta del committente. Sarà quindi cura del "fornitore" (e in ciò si ritrova la parte più innovativa e complessa dello schema) far sì che tali risorse vengano trasformate a loro volta in strumenti idonei a procurare la valuta estera necessaria al ripagamento dell'impianto o dei lavori. Il paese che più di ogni altro ha sinora richiesto questo tipo di operazioni è la Turchia e le iniziative delle quali si ha notizia riguardano la costruzione di dighe e di altre opere pubbliche o di impianti industriali di una certa consistenza. Si tratta di una formula operativa che interessa in modo particolare le società di engineering, di montaggi industriali o di grandi lavori civili e che richiede l'intervento di altri partners (industriali, commerciali e finanziari) in grado di garantire la gestione dell'intero "pacchetto". Anche se l'uso della nuova terminologia anglosassone potrebbe fare apparire questa formula sotto una veste innovativa, in realtà il BOT è stato ampiamente utilizzato anche nel passato ogniqualvolta ci si è trovati di fronte ad una joint-venture nella quale il relativo "project-financing" richiedeva l'utilizzo di un ampio complesso di strumenti e l'intervento di una pluralità di "partners", che andavano ben al di là di quanto risultante dagli schemi, pur già di per sè stessi complessi, di finanziamento e di investimento tradizionali (2) . La complessità della struttura operativa del BOT e, in modo particolare, il coinvolgimento di un più ampio ventaglio di partecipanti alla realizzazione ed alla gestione del progetto, richiedono una particolare attenzione nella definizione delle competenze, delle responsabilità e dei rischi facenti capo a ciascuna entità. Il grafico seguente mette in risalto il funzionamento schematico di una operazione BOT evidenziando i principali interlocutori che intervengono nella realizzazione del progetto.

(Il simbolo $ evidenzia un regolamento monetario in valuta convertibile. Il simbolo @ indica invece un pagamento nella moneta locale del paese destinatario dell'impianto)

 

Note:

1 - Per un più ampio esame delle problematiche finanziarie e contrattuali vedasi: "Evoluzione del Project Financing" di C. Vicentini e R.Albisetti in: "Gazzetta valutaria e del commercio internazionale", N. 21/1987, IPSOA, Milano
2 - Cfr.: "Cooperative Joint-Venture" di G.C.Marchesi in: "Gazzetta valutaria e del commercio internazionale", N. 20/1986, IPSOA, Milano