Se compensare è legge, lo scambio è denaro

Analisi di un sistema di pagamento diverso da quello monetario
Articolo pubblicato da "Terziaria" Nov./Dic.1987, N. 6, pagg. 47 e segg.

cod.: TE.87.11.COM.0

Premessa

Il countertrade, o scambio di merci contro merci, si esprime nella sua attualità pratica quale strumento di pagamento di esportazioni che, in presenza di diffi coltà valutarie, non riescono ad ottenere un regolamento monetario di tipo tradizionale. Nella maggior parte dei casi quindi l'esportatore, dopo aver visto sfumare tutti i suoi tentativi di ottenere dalla controparte un impegno di paga mento in denaro, rinuncia a concludere la trattativa o soggiace alla proposta di essere pagato con altre merci. Da un punto di vista schematico l'iter seguito abitualmente dall'operatore passa attraverso le seguenti fasi:

1) offerta tecnico-commerciale del proprio prodotto,
2) richiesta di pagamento in valuta,
3) esame delle richieste di regolamento compensativo della controparte,
4) decisione di accettare o meno le richieste di controacquisto.

La compensazione in merci potrebbe rivelarsi vantaggiosa se l'esportatore avesse anche un interesse particolare per le merci proposte in controacqui sto, ma nella maggior parte dei casi l'accettazione di questa forma di paga mento rappresenta invece una soluzione forzosa, talvolta addirittura imprevi sta, dalla quale scaturiscono una serie di problemi non indifferenti. Innanzi tutto l'operatore si pone il quesito di come, da chi e per quale valore sarà possibile far assorbire i prodotti compensativi e, conseguentemente, di valu tare i costi dell'operazione. Inoltre rimane il timore che la controparte estera non mantenga fede ai propri impegni e ritardi nella consegna delle merci pattuite o, peggio ancora, non sia neppure nelle condizioni di farlo. Partendo infatti dall'assunto lapalissiano secondo il quale un paese che gode di suffi cienti risorse non necessita di imporre, o comunque di dover escogitare, complesse formule compensative per restare a galla, è sin troppo evidente che i problemi dell'esportatore sopra citato hanno un solido fondamento ed una non facile soluzione.

Gli "errori" più comuni

Certamente la scelta del rifiuto aprioristico di accettare pagamenti diversi da quelli monetari ed, al limite, qualsiasi forma di pagamento al di fuori del pa gamento anticipato in valuta o per mezzo di credito documentario irrevocabile e confermato elimina tutti i problemi compensativi prima ancora del loro in sorgere, ma questa strategia è purtroppo praticabile da quelle sole imprese che, beate loro, navigano ancora in acque tranquille, senza dover remare più del solito per mantenere e per creare proprie quote di presenza nei mercati esteri. Le notizie che coralmente vengono diffuse da più parti denunciano purtroppo una sempre più accentuata perdita di competitività dell'Azienda Italia, in particolare proprio nei confronti di quei mercati che lamentano ca renze ormai endemiche di valuta trasferibile. A ben guardare si tratta pur sempre di mercati che dispongono di materie prime che alimentano anche le nostre industrie, di prodotti alimentari che imbandiscono le nostre mense, di generi d'abbigliamento che troviamo in tutti i grandi magazzini. Sono prodotti che entrano nel nostro paese perchè qualche connazionale li ha acquistati nei mercati d'origine pagandoli in valuta, oppure perchè qualche altro opera tore straniero che li ha ottenuti - magari in compensazione - dal paese d'origine ce li vende, facendosi pagare in valuta. Dall'Italia esce quindi valuta forte e, sino a che non ci si sarà pienamente resi conto della necessità di ar monizzare meglio i due flussi d'interscambio per favorire le esportazioni fa cendo leva sulle importazioni, ci saranno sempre coloro che si lamentano perchè le possibilità di ricevere i famosi crediti documentari irrevocabili e confermati diminuiscono ogni giorno di più. Ecco che quindi la strada del ri fiuto aprioristico ad accettare formule compensative assume talvolta connota zioni masochistiche, indice di scarsa vocazione estera e di incapacità a ge stire un marketing internazionale in linea con la realtà di molti mercati esteri. Non si vuole qui certamente erigere un tempio alla compensazione, che ri mane pur sempre quella soluzione altamente rischiosa e di non facile realiz zazione che già altri hanno definito uno sport non adatto ai dilettanti, ma si cerca di trovare quelle strade che possano renderla più avvicinabile e più "digeribile". Per seguire questo percorso occorre innanzi tutto acquisire una concreta conoscenza del fenomeno ed affrontarlo con precise strategie e con le necessarie cautele, anche per non cadere nei sottili trabocchetti di quei "venditori di illusioni" che invitano dalle pagine delle riviste internazionali a venire da noi per la soluzione di tutti i vostri problemi.

Sinergie operative

La compensazione, si ricorda, non è una novità del commercio internazionale e, se talvolta viene anche presentata come un fenomeno sorto a seguito delle vicissitudini degli ultimi anni, affonda le sue radici nel tempo ed in particolare, per quanto riguarda il nostro secolo, negli anni compresi fra le due guerre mondiali. Molte esperienze di oggi si possono ricollegare a quanto avvenuto allora e tante domande odierne possono trovare, mutatis mutandis, una ri sposta nelle soluzioni adottate in quei tempi. Proprio dall'esame, anche retro spettivo, del fenomeno si ricava una considerazione di base: la compensa zione, quale strumento alternativo alle forme di pagamento tradizionali, ri chiede una modifica di alcune strategie di marketing poste in atto sia dalle singole aziende che dall'Azienda Italia nel suo insieme. La compensazione si attua sottoforma di una complessa articolazione dell'interscambio tradizio nale e la prima modifica che si impone all'impostazione del marketing azien dale riguarda un più incisivo intervento operativo delle strutture di interme diazione commerciale. L'abbandono quindi di quelle posizioni autarchiche che avevano sinora spinto le industrie nazionali a volersi gestire in forma completamente autonoma sia la vendita dei propri prodotti, sia l'acquisto delle materie necessarie ai propri fabbisogni produttivi. Countertrade significa so stanzialmente scambio di merci, per cui l'attenzione dell'operatore non può più soffermarsi unicamente sulla prima parte della transazione, riguardante l'esportazione, bensì deve anche essere estesa ( ed in talune circostanze, prima di tutto ) alla parte relativa all'acquisizione ed all'utilizzo dei beni da ri cevere in pagamento. Nella maggioranza dei casi però i beni scambiati non sono fra loro compatibili e nemmeno assimilabili alla stessa famiglia merceo logica, per cui l'azienda che esporta non ha alcun interesse ad utilizzare diret tamente ciò che dovrebbe ricevere in controacquisto. Per contro, l'importatore che abitualmente utilizza prodotti simili a quelli oggetto del pagamento com pensativo è generalmente poco sensibile, se non del tutto estraneo, alle pro blematiche di chi deve esportare. S'impone quindi l'intervento di una struttura d'intermediazione commerciale, che attraverso l'accorta gestione dei "margini" economici disponibili, leghi fra loro i due flussi d'interscambio e consenta la conclusione dell'operazione.

Vantaggi

I benefici derivanti all'industria esportatrice sono a questo punto ovvii, ed al trettanto evidenti risultano quelli dell'azienda importatrice, nei limiti in cui la struttura di prezzo del prodotto esportato permetta all'intermediario di conce dere all'importatore un vantaggio sul costo del prodotto importato.

Il grafico che segue chiarirà meglio il concetto sopra esposto.

note: L'esempio presuppone che il valore "normale", sia del bene "A"che del bene "B" sia pari a 100
La differenza (x-y) servirà a compensare il costo dell'intervento della struttura d'intermediazione commerciale

L'esperienza quotidiana dei mercati internazionali ed in particolare di quelli che richiedono scambi in compensazione presenta, in realtà, problematiche operative che vanno ben al di là della semplice schematizzazione teorica il lustrata più sopra: ciò nonostante il concetto rimane valido per definire la fat tibilità o meno di una qualsiasi operazione compensativa. In sostanza devono sussistere i seguenti requisiti economici di base:

1) che il valore "normale" del bene "A" permetta all'industria produttrice di destinare una certa percentuale di margine (x) a beneficio della finalizza zione della propria esportazione,
2) che il valore all'origine del bene "B" sia veramente mantenuto nei limiti della "normalità". Questo è un caso che, purtroppo, non si veri fica abi tualmente,
3) che l'azienda utilizzatrice dei beni compensativi "B" trovi, nel vantaggio (y), un sufficiente incentivo per l'acquisto propostole,
4) che il margine (x-y) rimasto a favore dell'intermediario remuneri sufficien temente il lavoro svolto e copra i rischi dell'operazione rimasti a carico della sua struttura.

Una delle più frequenti difficoltà che nella pratica ostacolano la realizzazione di questo tipo di operazioni consiste proprio nella determinazione del valore che qui abbiamo definito "normale". E' infatti chiaro che ciascuna delle cin que entità che intervengono nello scambio cercherà di acquisire il massimo dei benefici possibili dalla parte di operazione nella quale risulta coinvolta (In particolare, l'acquirente estero cercherà di spuntare il minor prezzo possibile e l'esportatore estero il massimo vantaggio dalla propria vendita ). Tutto ciò porta ad un altro importante motivo di riflessione, per definire le strategie che devono esere attuate al fine di non vanificare sin dall'inizio la realizzazione dell'operazione. Tale riflessione riguarda fondamentalmente tre aspetti, fra loro complementari:

a - la strategia delle vendite,
b - la strategia degli acquisti,
c - l'azione delle strutture d'intermediazione.

La strategia delle vendite

Come è stato anticipato più sopra, le azioni di penetrazione commerciale nei confronti di mercati che attuano forme di pagamento compensativo devono essere condotte secondo metodologie particolari che, rispetto ai canoni tradi zionali, presentano la novità sostanziale della determinazione, tutt'altro che facile, di quell'elemento (x) che costituirà, in ultima analisi, la chiave risolutiva dell'intera iniziativa. Si potrà forse immediatamente obiettare che è già insita nella natura stessa della vendita la tendenza ad ottenere il massimo dei risul tati, tenendo presente il livello di soglia minima al di sotto del quale la transa zione non ha più alcun significato; ma qui il problema di fondo consiste nel fatto che il più delle volte chi vuole esportare sa molto bene cosa vuol ven dere e come vendere, ma non sa ancora se e cosa gli potrà essere offerto in cambio. Inoltre, fattore ancora più importante, quale potrà essere il valore "normale"dei beni che gli verranno offerti in pagamento. Ecco che allora s'impone un'attenzione particolare al prezzo da richiedere alla controparte per il bene da esportare. E' ingenuo ritenere che per superare questo imba razzo basti esprimere un'of- ferta basata su un semplice prezzo "cash". Questo è infatti il modo più classico di perdere tempo e denaro in una tentata vendita che ben difficilmente arriverà ad una conclusione. Se infatti si presen tasse la necessità di controacquistare altri prodotti differenti, il prezzo "cash" potrebbe anche non risultare sufficiente a contenere il famoso elemento (x) di cui si è parlato più sopra. Alla tradizionale azione di marketing che conduce all'offerta finale del prodotto deve quindi essere affiancata, sin dall'inizio, una valutazione più accurata del mercato nel quale di vuole operare, per stabilire se, ed in quali termini, potrà essere richiesto di regolare la transazione con una cessione di altri beni. In presenza di tale eventualità occorrerà definire, con la massima obiettività, le capacità intrinseche dell'azienda esportatrice di gestire adeguatamente il flusso merceologico di ritorno. In caso di dubbio,il ri corso ad una struttura di intermediazione specializzata in quei prodotti e sul mercato specifico diventa tassativo. Solamente dopo aver correttamente valu tato i costi, i rischi e le modalità di gestione dei prodotti di ritorno potrà essere determinato l'elemento (x) e, quindi, formulata l'offerta al potenziale cliente.

La strategia degli acquisti

Ogniqualvolta si sente parlare di paesi che offrono prodotti in compensazione ci si chiede come mai questi beni non vengano semplicemente esitati sul mercato dallo stesso produttore per generare valuta in una logica multilate rale di scambio. Le ragioni sono molteplici, suffragate da tesi approfondite e lungamente dibattute; ma in ultima analisi la risposta è una sola: il produttore vuole realizzare un prezzo superiore a quello che il mercato sarebbe disposto a pagare per quello specifico bene. Tutte le altre spiegazioni, più o meno complesse, più o meno dotte, riconducono alla fine alla stessa semplice con clusione. L'impreparazione a gestire un proprio marketing all'esportazione, le eccedenze produttive, l'arretratezza tecnologica, il bisogno di conquistare nuovi mercati, il desiderio di internazionalizzare i cosiddetti "non traditional items", ecc., visti nell'ottica dello specifico prodotto dimostrano che il rapporto qualità/prezzo è generalmente squilibrato rispetto a quanto il mercato in ternazionale è in grado realmente di corrispondere in una logica di libera concorrenza. Il ferro da stiro elettrico offerto in compensazione da un paese dell'Est, privo di cavo di terra, senza termostato graduabile, con un look ed un packaging superati, viene valutato ad un prezzo decisamente superiore a quello di un analogo prodotto fabbricato a Taiwan, ma dotato di tutte le sofisti cazioni tecniche e d'immagine che l'esperienza e le astuzie di quell'isola hanno saputo creare. Il cacao di un paese africano, quotato alle borse inter nazionali con un abbattimento notevole rispetto alle valutazioni delle migliori qualità, viene offerto ad un prezzo pari ai massimi del listino. E così via. E' la logica del bisogno che spinge questi paesi a realizzare il massimo possibile attraverso l'azione ricattatoria del io compro da te se tu compri da me. Con il risultato, peraltro scontato, di creare una spirale distorsiva nei prezzi che poi, a conti fatti, riportano la sostanza più o meno all'origine. Infatti quel cacao dovrà essere collocato sul mercato al suo giusto prezzo ed il paese produttore ne avrà pagato indirettamente la differenza attraverso la maggiorazione di prezzo - il famoso elemento (x) - che gli sarà stata applicata sui prodotti ven dutigli. In questa realtà complessa e, sotto certi profili, ambigua ci si deve muovere per collocare i beni ricevuti in compensazione, con l'ulteriore aggra vante che spesso l'operatore si presenta sul mercato come offerente margi nale ed, in questa veste, deve scontare il prezzo del biglietto di ingresso. Infatti non dimentichiamo che, soprattutto nel settore delle "grandi commodi ties" i ruoli sono già da tempo ben definiti e che gli operatori abituali cono scono tutti i meandri del labirinto in cui si muovono. Quando si presenta sul mercato un nuovo offerente con una partita di merce che, è evidente, si è tro vato fra capo e collo per via di un regolamento compensativo, l'establishment non si lascia sfuggire l'occasione di concludere un buon affare. Tutto ciò sot tolinea che la ricerca di collocamento di prodotti compensativi, dopo la finaliz zazione delle intese per l'esportazione del bene principale, si rivela altamente rischiosa e spesso dispersiva. La metodologia corretta di acquisizione e col locamento dei prodotti compensativi deve partire da uno stadio molto più arre trato; l'ideale sarebbe poter rovesciare completamente lo schema tradizionale sin qui esaminato, riconsiderando il tutto secondo il seguente iter procedu rale:

1) esame del paese nel quale si vuole esportare,
2) ricerca dei possibili prodotti da ricevere in controacquisto,
3) ricerca di possibili utilizzatori di tali prodotti,
4) formalizzazione di accordi ben definiti con il paese in questione per la realizzazione dell'operazione,
5) vendita del bene principale.

E', in sostanza, l'attuazione di una strategia d'acquisto di taluni prodotti, fina lizzata alla vendita di altri beni, che anticipa - e quindi rende meglio gover nabili - i problemi che si sono visti in precedenza. Il punto delicato di questa ipotesi di lavoro consiste nel fatto che l'azienda industriale si troverebbe asso lutamente impreparata , da un punto di vista istituzionale, ad affrontare un marketing d'acquisto e di vendita di prodotti quasi certamente molto diversi da quelli abitualmente gestiti. In realtà è un ruolo che non le compete e che chiama in campo una struttura commerciale disposta ad affrontare quel pro blema in tutta la sua dinamica.

L'azione delle strutture commerciali

La presenza pressochè costante del Trader nel contesto delle operazioni compensative è ormai un fatto acquisito e poche sono le operazioni che, per loro specifica natura, non richiedono questo tipo d'intervento. Il termine "Trader" è stato qui inserito nella sua più vasta accezione, comprendendovi sia le strutture commerciali interne di cui un'azienda può disporre (le cosid dette Countertrade units) che le più complesse organizzazioni esterne (Trading Companies ). Occorre tuttavia osservare che l'intervento del "Trader" assume differenti connotazioni e raggiunge diversi risultati a seconda di qu ando e di come viene richiesto ed attuato. Come abbiamo già avuto modo di vedere, nella pratica più corrente quando l'esportatore sta per concludere la propria vendita e si rende conto di non poter adeguatamente gestire il flusso di ritorno interpella il "Trader", prospettandogli un'operazione che, quasi cer tamente, è già pregiudicata in partenza. Le risposte che giungono sono infatti quasi sempre di questo tipo:

a) l'operazione non interessa,

oppure:

b) per intervenire nel collocamento dei prodotti compensativi occorre desti nare una percentuale che, il più delle volte, è superiore a quel famoso elemento (x) qui ripetutamente citato.

La seconda risposta, apparentemente positiva, in molti casi non lo è affatto, in quanto l'entità della percentuale richiesta (premi di sfioramento, commissioni ed amminnicoli vari) potrebbe non consentire all'esportatore di rimanere entro la sua soglia minima di profitto. Inoltre, al di là della pura e semplice percen tuale richiesta, dovranno essere considerati altri elementi di rischio che il "Trader" potrebbe lasciare a carico dell'esportatore. Infine, fra i malintesi più frequenti, c'è anche quello di ritenere che tutti i "Traders" abbiano, più o meno, lo stesso tipo di esperienza e lo stesso tipo di operatività. La realtà in vece indica che la specializzazione per area e per prodotto è particolarmente necessaria e che, in considerazione della vasta gamma di merceologie e di mercati interessanti il countertrade, non è pensabile che ciascuna struttura d'intermediazione sia, da sola, in grado di gestire qualsiasi operazione. Il "Trader", è vero, può a sua volta rivolgersi ad altri operatori di sua conoscenza per ricercare forme di collaborazione orizzontali, ma questo non riduce certa mente l'entità della percentuale di cui si è parlato più sopra. Tutto ciò riporta quindi, ancora una volta, il discorso a quanto detto in premessa: è importante che il ricorso all'intermediazione non derivi da un'incapacità operativa dell'esportatore riscontrata a giochi già fatti, ma dalla consapevolezza che gli scambi in compensazione comportano una serie di ostacoli che si possono agevolmente superare se esiste, sin dall'inizio, una sinergia operativa fra le due figure imprenditoriali. D'altro canto il "commercio" non necessariamente sta alla finestra in attesa che qualcuno lo interpelli per una collaborazione operativa ed anzi, nel campo della compensazione, svolge spesso un'azione promotrice diretta, i cui effetti non possono che ripercuotersi favorevolmente sull'industria esportatrice. Al di là delle operazioni di contropartita che po tremmo definire di piccolo cabotaggio, il ruolo più significativo delle aziende specializzate nel "trading" viene svolto, in campo compensativo, con l'organizzazione di più complesse operazioni che creino , attraverso l'acquisizione preventiva di fonti di approvvigionamento alternative, le dispo nibilità valutarie estere necessarie a ripagare le esportazioni delle industrie nazionali. Un esempio, fra gli altri, è quello abbastanza recente dell'acquisto di petrolio per risanare le posizioni debitorie di alcuni paesi medio-orientali e permettere la ripresa delle esportazioni italiane verso quelle aree. Le Trading Companies che organizzano questi tipi di operazioni partono proprio dalla ri cerca preventiva di ciò che può essere acquistato in un certo paese e gestibile in forma compensativa. Quindi valutano e stabiliscono un plafond entro il quale si può operare, determinando anche le modalità e le condizioni per la concreta realizzazione dell'iniziativa. A questo punto, fissata la linea di credito ed i relativi requisiti per il suo utilizzo, non sarà difficile ottenere l'interesse delle aziende esportatrici che hanno in corso trattative di vendita con quel paese e rivitalizzare così pratiche che avevano ormai quasi comple tamente perduto la speranza di essere portate a compimento. Certamente queste iniziative, che da un certo punto di vista ricordano i conti di clearing di non antica memoria, non sono nè di facile, nè di immediata realizzazione e ri chiedono un notevole lavoro di ricerca, di negoziazione, di coordinamento e di "follow-up". E' peraltro un esercizio nel quale le società di trading riescono ad esprimere tutta la loro inventiva, la loro esperienza e la loro capacità di adattamento alle varie circostanze che il commercio internazionale quotidia namente presenta.