Debt-equity-swap: in cosa consiste e come funziona

Articolo pubblicato sulla Gazzetta Valutaria e del Commercio Internazionale - N. 12/1989

cod.: GV.89.12.COM.0

I nostri più antichi progenitori, fortunatamente non ancora assillati come noi dai problemi dell'ozono e dell'atrazina, scambiavano fra loro i beni necessari alla vita di tutti i giorni con la forma più elementare di commercio: il baratto. Un'ascia di selce poteva servire quale merce di scambio contro una pelle di capra e non si po nevano particolari problemi circa la convertibilità o meno della "moneta" che ve niva utilizzata per il perfezionamento di questi primordiali contratti di compra-vendita. Purtroppo, però, lo scambio di merce contro merce non si è arrestato con l'avvento della moneta vera e propria, ma ha continuato nei tempi a svolgere un proprio ruolo, più o meno gradito e più o meno programmato, assumendo forme via via sempre più sofisticate a seconda della fantasia e delle necessità di chi si trovava costretto ad attuarlo. Anche la terminologia originaria si è modificata ed ampliata, adattandosi ai sempre nuovi linguaggi in uso e per soddisfare l'esigenza di defini zione delle varie tipologie operative. "Offset", "clearing", "counterpurchase", sono termini ormai entrati nell'uso comune del commercio internazionale e che servono inequivocabilmente a definire il regolamento "non monetario" di una transazione commerciale. Se il risorgere di questa forma di scambio bilaterale, che ci rimanda nella sua più intima sostanza alla preistoria, rappresenta per il civilissimo mondo moderno una sconfitta ed una vanificazione dei pur lodevoli sforzi compiuti sulla strada del multilateralismo, della globalizzazione e della pratica del libero mercato, occorre anche ammettere che talvolta questa "medicina amara" va ingerita pur di non dover incorrere in malanni ancora più gravi. In effetti le malattie del sistema economico internazionale sono oggi particolarmente numerose e spesso i rimedi di tipo -per così dire- moderno non sono evidentemente in grado di risolverle nel modo adegu ato. E' il caso, ad esempio, del problema dei debiti del Terzo Mondo, che fanno tra scorrere molte notti insonni soprattutto ai creditori e che fanno precipitare sempre più nel baratro del sottosviluppo molti Paesi eufemisticamente ancora definiti "in via di sviluppo". I riscadenzamenti, le ristrutturazioni, le pressioni del Fondo Monetario Internazionale, i "Clubs" di Parigi, di Londra, ecc., i varî "piani" (Baker, Brady, ecc.) non hanno ancora trovato una formula risolutiva che possa essere con cretamente attuata, e sembrano girare tutti intorno, senza volerla accettare, all'unica alternativa rimasta: la cancellazione "sic et simpliciter" di molti debiti pregressi. E' certamente piuttosto semplicistico dire <cancelliamo tutto e ricominciamo da capo>, soprattutto quando si tratta di passare un colpo di spugna sopra svariate cen tinaia di miliardi di dollari, ma è altresì doveroso ammettere che, in molti casi, si è assistito nel passato ad una eccessiva leggerezza nel concedere prestiti internazio nali, sia pubblici che privati, anche per iniziative prive di concreto significato economico e destinate sin dall'inizio ad una fine miseranda. E gli errori, prima o poi, si devono pagare. Proprio per cominciare a "pagare" questo tipo di errore si è inserita in taluni casi una forma compensativa alquanto anomala che, anziché riguardare uno scam bio tradizionale di merce-contro-merce, considera la moneta una merce vera e pro pria e scambia moneta-contro-moneta con un'operazione di countertrade finanzia rio piuttosto complessa e fantasiosa denominata "debt swap". Si tratta, in realtà, di un'espressione di elevata ingegneria finanziaria che richiede una particolare esperienza e che viene per lo più realizzata da Merchant Banks o da Brokers finan ziari di livello internazionale con una profonda conoscenza dei mercati nei quali vanno ad operare per la realizzazione di questa particolare tipologia compensativa. La maggior parte di tali operazioni vedono la luce in aree latino-americane, dove il problema del debito estero in sofferenza è forse più sentito che altrove e dove l'aggravamento delle tensioni sociali, latenti o in atto, impone l'attuazione ur gente di interventi coraggiosi che possano evitare o, quanto meno, procrastinare il più possibile la restaurazione di regimi politici autoritari. Come peraltro accade nel contesto generale del countertrade, dove una transa zione non è generalmente uguale ad un altra, anche nella realizzazione delle ope razioni di "debt swap" si riscontrano casistiche differenziate e le varianti più etero genee; non escludendo neppure soluzioni di tipo "ecologico" che intendono rag giungere due obiettivi parimenti significativi: ridurre il debito estero dello Stato in questione e salvaguardarne talune ricchezze naturali, che sono -sostanzialmente- ricchezze dell'intero nostro pianeta (selve equatoriali, ecc.).

Cerchiamo ora di vedere, in linea puramente esemplificativa, in cosa consiste un'operazione di "debt-equity swap" e come funziona. Si supponga, in primo luogo, che il Paese A abbia un debito estero impagato (pari, ipoteticamente, ad un valore nominale di 100), costituito da precedenti impe gni assunti nei confronti di Enti finanziari internazionali, pubblici o privati, e rappresentato da titoli di credito (effetti cambiari, Treasury bonds, ecc.) emessi e/o garantiti dalla locale Banca Centrale. Tali debiti hanno, indifferentemente, una sot tostante origine commerciale o finanziaria. Si ipotizzi altresì che non si intravve dano possibilità concrete per un regolamento finanziario a breve-medio termine di tali sospesi. Sia stata anche riscontrata l'esistenza dei seguenti presupposti:

a. I titoli di credito, espressi in moneta forte, sono liberamente trasferibili o, quanto meno, la Banca Centrale emittente e/o garante non ha nulla in contrario ad ac cettarne la trasferibilità;

b. Il creditore estero B (esportatore o finanziatore), spossato dalla lunga attesa di un incasso sempre più evanescente, è disponibile ad accettare, seppure "obtorto collo", il principio dei "pochi-maledetti-e-subito" e cedere a terzi i titoli di credito in suo possesso contro l'incasso in valuta di 100-x. (Questo "x" può, in realtà, es sere anche piuttosto gravoso e con il continuo peggioramento delle posizioni di insolvenza di taluni Paesi si hanno casi di titoli di credito che stanno cominciando a fare la fine di quelle famose banconote della Repubblica di Weimar, espresse in miliardi di marchi, che non hanno quasi più mercato neppure presso i collezio nisti).

c. Un terzo Ente, finanziario, commerciale od industriale (C), residente in un Paese qualsiasi, è interessato ad effettuare un investimento produttivo a lungo termine nel Paese A (ipotizziamo ancora un valore di 100), al fine di sfruttarne il diffe renziale di costi industriali, cedere una specifica tecnologia, procurarsi determi nati manufatti, ecc.;

d. La Banca Centrale del Paese A, pressata dal suo Governo, è interessata a trovare tutte le strade che le permettano di ridurre il debito estero, al minor costo possi bile (100-y);

e. Una Merchant Bank , o un Broker finanziario internazionale (D), a conoscenza di tutto quanto sopra, intravvede la possibilità di montare un'operazione di "debt-equity swap" e si attiva per realizzarla.

L'iter seguito può essere così sintetizzato:

1. Il creditore B cede alla Merchant Bank (D) i titoli di credito in suo possesso, del valore nominale di 100, incassando in contanti un importo in valuta inferiore (es.: 70). Con questa operazione B subisce una perdita certa (30), ma si libera fi nalmente di un credito diventato per lui di ormai dubbia esigibilità.

2. D cede a sua volta gli stessi titoli all'investitore C per il valore nominale immutato di 100 e realizzando un ricavo di 75 che gli consente di conseguire un profitto di 5 rispetto al costo sostenuto al momento dell'acquisizione del credito.

3. La Banca Centrale A riacquista ed ammortizza i suddetti titoli (valore nominale, in valuta forte, di 100), pagando a C un controvalore in moneta locale pari, ad esempio, a 90. In questo modo il Paese A riduce i propri debiti esteri ottenendo i due vantaggi paralleli di aver evitato il pagamento in valuta forte e di aver sbor sato un importo complessivo minore di quello nominale.

4. C investe nel Paese A, sotto forma di "equity", il denaro ricevuto (90), avendo in realtà sostenuto un costo, peraltro in moneta forte, di 75. Ovviamente la Banca Centrale A, su richiesta dell'investitore, dovrà fornire le opportune garanzie af finché il futuro eventuale disinvestimento (comunque a lungo-termine) venga riconosciuto "trasferibile" e, quindi, non rimborsabile solo in moneta locale.

5. In concreto si verifica che con questo meccanismo il Paese A trasforma un suo debito estero a breve in un debito a lungo-termine e di importo inferiore (90).

Lo schema sotto riportato evidenzia, in ulteriore sintesi, il flusso operativo dell'esempio testé esaminato.

L'esempio più sopra illustrato presentava un insieme di valori puramente indi cativi che non trovano un riscontro concreto nella valutazione realmente attribuita dai mercati finanziari internazionali ai Paesi maggiormente scoperti nei confronti dei creditori esteri. Attorno ai titoli di credito emessi o garantiti dalle Banche Centrali dei Paesi più esposti è infatti sorto un vero e proprio "mercato secondario", con i suoi scambi e con le sue fluttuazioni di valore, e sono ormai molte le organizzazioni finanziarie che si dichiarano in grado di rilevare tali titoli, corrispondendo ai posses sori/creditori un importo in contanti talvolta ben al di sotto del valore nominale. La tabella che segue indica, per taluni "grandi debitori", l'entità dei debiti esteri risultanti alla fine del 1988 e la percentuale (rispetto al valore facciale) in cassabile dai creditori in caso di smobilizzo, tramite Brokers finanziari, dei titoli di credito risultanti da riscadenzamenti di partite pregresse.

Nella tipologia di "debt-equity swap" precedentemente illustrata lo scambio compensativo non è quindi avvenuto sulla base di una merce contro altra merce, bensì di denaro (in valuta) contro altra moneta (interna). Un'altra forma di "debt swap" può invece prevedere che i fondi in moneta locale erogati dalla Banca Centrale, a fronte del riacquisto dei propri debiti esteri in valuta, vengano utilizzati per l'acquisto (e la successiva esportazione) di merci prodotte nel Paese A. Questa formula può presentare un certo rischio per il Paese A, allorquando i prodotti ottenuti dall'utilizzo della moneta locale, vengono esitati sui mercati inter nazionali con notevoli abbattimenti di valore (resi possibili, come si è compreso, dal differenziale di valore sorto all'origine dell'operazione) che rendono scarsamente competitivi analoghi prodotti dello stesso Paese esportati attraverso i canali ordi nari. Per ovviare a tale eventualità il Paese A può cercare di porre dei limiti territo riali e dei controlli ben precisi sulla destinazione finale delle merci oggetto del re golamento "swap', ma la libera circolazione dei beni nelle aree "industrializzate" e la difficoltà di seguirli nei varî passaggi (ulteriori trasformazioni comprese) non sempre impediscono l'insorgere dei rischi citati. Invece nei casi "ecologici" più sopra accennati, e che trovano un certo riscon tro in iniziative promosse da Enti ed organizzazioni internazionali finalizzati alla tutela dell'ambiente ed alla conservazione del patrimonio floro-faunistico mondiale, la cessione dei titoli di credito alla Banca Centrale del Paese A viene effettuata dietro assegnazione, a tali Enti, di un determinato territorio, ambiente, ecc. meritevole di tutela, che viene in tal modo sottratto ai danni di una speculazione selvaggia o di un pericoloso sfruttamento industriale. Altri esempi di "debt swap" si attuano, infine, con triangolazioni finanziarie fra più Paesi, seguendo uno schema che nelle sue linee essenziali ripropone in chiave più aggiornata quella classica operazione di "switch" che veniva già da tempo attuata per il regolamento degli scoperti dei "conti di clearing bilaterale".

Fra i mercati che si sono particolarmente distinti nell'utilizzo di alcune delle formule di countertrade finanziario qui brevemente illustrate, figurano, come già accennato, taluni Paesi dell'America latina ed in particolare il Perù, il Cile, il Brasile ed il Messico. Come si è visto, la compensazione moderna può assumere aspetti alquanto complessi che amplificano ulteriormente le già ardue problematiche insite nelle forme più comuni di "controacquisto", di "buy-back" o di "clearing". Fortunatamente le tipologie illustrate più sopra non toccano da vicino l'operatore medio o medio-piccolo che si trova costretto ad affrontare, sempre più spesso, of ferte di regolamento compensativo contro proprie vendite di tipo, per così dire, cor rente, ma possono comunque fornire un'ulteriore dimostrazione, per quanto occor rer possa, delle difficoltà in cui si dibatte il commercio internazionale dei nostri giorni e della necessità di ritornare al più presto ad una normalizzazione dei flussi finanziari su basi multilaterali.