(parte 6)

America latina

I principali Paesi latino-americani, cronicamente stretti nella spirale perversa dell'inflazione e del debito estero, hanno nei confronti del countertrade un atteggiamento alquanto discontinuo e, nel complesso, piuttosto deludente. Sotto il profilo teorico ne sono infatti attratti e lo sollecitano, sia a livello pubblico che privato, ritenendolo uno strumento in grado di aggirare gli ostacoli che il contesto finanziario internazionale frappone alla concessione di nuove linee di credito; sul piano pratico, invece, il discorso muta notevolmente, poichè spesso non esistono e non vengono creati concreti presupposti perchè tale forma di scambio possa essere attuata su larga scala. Le cause che determinano questa situazione di perenne incertezza sono molteplici e complesse, ma trovano spesso la loro comune radice nella estrema variabilità dei tassi di cambio che, a loro volta, sono vittime di un'inflazione troppo elevata e di un debito estero che ha ormai raggiunto livelli tali da renderlo pressochè inestinguibile. Questa situazione pone l'operatore latino-americano in uno stato di costante vigilanza sull'andamento dei rapporti di cambio non consentendogli di assumere quei rischi a medio-lungo termine che sarebbero inevitabilmente conseguenti alla finalizzazione di operazioni di countertrade. Ne risulta che viene spesso privilegiata la richiesta di joint-ventures, attraverso le quali il rischio valutario sull'investimento estero viene tendenzialmente "scaricato" sul partner straniero. Ma altri sono ancora i fattori che determinano una scarsa operatività negli scambi compensati con l'area centro-sud americana. Uno di questi risiede nella struttura stessa dell'imprenditoria locale che, generalmente, vede prevalere l'ingerenza "privata" rispetto a quella "pubblica", non consentendo il determinarsi di quelle condizioni di centralità decisionale che -ad esempio- avevano favorito in passato gli scambi compensati con i Paesi dell'Est europeo, con alcuni mercati del Sud-est asiatico, con la Cina, ecc. In altri termini, il countertrade ha mostrato i suoi più concreti risultati solo laddove si è reso possibile l'intervento di Strutture Pubbliche di un certo rilievo. Ad esempio, la Petrobras brasiliana, tramite la propria "trading" COTIA, ha concluso alcune importanti operazioni compensative con la Nigeria, con altri mercati africani e con alcuni Paesi della stessa America latina. Un altro motivo si ritrova nel mix-prodotti maggiormente disponibile per l'esportazione. Caffè, semi oleosi, carni, pellame, legnami pregiati, pesce, cereali e petrolio sono talvolta soggetti ad alcune difficoltà di collocamento (caso del caffè "fuori quota" o di altri beni più o meno contingentati), ma nella maggior parte dei casi vengono facilmente realizzati in valuta sui principali mercati internazionali senza alcun bisogno di cederli in compensazione. E, talvolta, parte del loro ricavato trova una sua precisa collocazione, più o meno ufficiale, su "piazze" meno soggette a rischi di svalutazione monetaria. Per altri prodotti, meno vincolati a quotazioni internazionali facilmente riscontrabili, vi potrebbe teoricamente essere una maggiore disponibilità a "compensare"; ciò viene però spesso ostacolato dalla scarsa competitività dei prezzi, sia nei confronti di altri Paesi che, talvolta, anche dello stesso Paese latino-americano. Quest'ultimo aspetto ha assunto particolare rilievo a seguito di talune operazioni di debt-swap effettuate da organismi finanziari statunitensi ed europei nell'ambito della riduzione del debito estero di alcuni Paesi sud-americani. Con un notevole abbattimento del loro valore nominale sono stati infatti acquistati sul mercato internazionale i crediti in sofferenza vantati nei confronti dei Governi di alcuni Paesi latino-americani e questi titoli, successivamente e vantaggiosamente riconvertiti in beni locali esportabili, hanno permesso l'offerta sui mercati internazionali di prodotti "scontati" del 25-30 % rispetto ai prezzi normalmente richiesti dai tradizionali esportatori sud-americani. Si tratta di uno schema di countertrade piuttosto atipico che, peraltro, contribuisce anch'esso ad alterare gli equilibri dei prezzi. In altri termini, per porre rimedio al problema della riduzione del debito estero ne è stato creato un altro, meno appariscente ma certamente altrettanto preoccupante, sotto forma di auto-concorrenza del Paese nella formazione dei prezzi di vendita dei propri prodotti. A tutt'oggi l'America latina è certamente l'area che più di ogni altra ha stimolato la fantasia del mondo finanziario internazionale alla ricerca di soluzioni per la riduzione del debito estero: alle operazioni di debt-swap del tipo cui si è fatto cenno in precedenza si aggiungono altre formule (debt equity-swap ) che prevedono l'utilizzo dei titoli di credito per l'investimento in nuove iniziative imprenditoriali nei Paesi latino-americani e, non ultima, la formula (nature debt-swap ) adottata da talune organizzazioni sovranazionali per la tutela dell'ambiente che hanno barattato i crediti, da loro stesse acquistati con i contributi degli iscritti, contro il diritto di "presidiare" per un certo numero di anni la salvaguardia ecologica di determinate aree a rischio quali, ad esempio, quelle della foresta amazzonica.