(parte 10)

L'International Trade Certificate:

un tentativo di multilateralizzare il Countertrade

Qualche tempo fa la Bank of Boston ebbe un'idea in sé stessa geniale ma risultata, poi, sostanzialmente utopistica: utilizzare la bilateralità del Countertrade per creare uno strumento di libera trasferibilità nei confronti di terzi Paesi. Il concetto era abbastanza semplice e prevedeva che gli importatori di beni da un determinato Paese versassero la valuta necessaria al pagamento alla Banca Centrale degli esportatori ed ottenessero dalla stessa banca un 'titolo di merito" (International Trade Certificate) liberamente cedibile a chi, in seguito, avesse desiderato esportare altri beni verso quello stesso Paese. Il possessore dell'International Trade Certificate avrebbe quindi avuto minori difficoltà ad esportare la propria merce ed avrebbe avuto la sicurezza dell'ottenimento del pagamento in valuta da parte della Banca Centrale del Paese importatore. In sostanza, si cercava di far uscire le operazioni di scambio compensato da uno stretto bilateralismo, per ricondurle a schemi non molto dissimili da quelli del tradizionale regolamento valutario multilaterale. Purtroppo l'iniziativa non è andata al di là di una generica sperimentazione, effettuata con alcuni mercati latino-americani, in quanto è risultato subito evidente che l'impegno assunto dalla Banca Centrale con l'emissione dell'ITC non era molto dissimile da quello abitualmente preso nei confronti del rimborso di titoli di credito tradizionali e che il Paese debitore, in considerazione della libera trasferibilità dell'ITC, avrebbe perduto il vantaggio di poter "pilotare" a proprio favore i flussi di interscambio da e per un determinato mercato e di beneficiarne in termini di marketing.