(parte 11)

America latina: le normative in materia di countertrade

Nello scenario piuttosto eterogeneo in cui talvolta si sviluppano le iniziative di countertrade dell'America latina, risaltano i varî tentativi messi in atto da alcuni di quei Paesi per regolamentare "l'intercambio compensado" e per cercare di renderlo, quanto meno, funzionale o complementare ai piani di sviluppo e di risanamento delle economie locali. A partire dal 1962 vi è stato infatti tutto un fiorire di leggi, decreti e regolamenti, emanati soprattutto dalle Autorità valutarie e via via modificati nel tempo per adeguarli alle reazioni del mercato ed alle ormai quasi croniche involuzioni della situazione monetaria. A livello pratico tali normative non hanno sempre avuto un riscontro positivo e, talvolta, sono rimaste pressochè lettera morta, se non nell'attuazione di particolari accordi di tipo bilaterale fra Paesi del Gruppo Andino o con mercati dell'area Comecon. Fra le pur differenti disposizioni emanate dai varî Paesi latino-americani si riscontrano spesso alcuni elementi comuni che, in ultima analisi, si riconducono alla necessità di tenere il più possibile sotto controllo la gestione finanziaria delle operazioni e l'equilibrio dell'interscambio bilaterale. Ad esempio, il "Supremo Decreto" boliviano n. 20/318 del 1984 compendia in modo sufficientemente ampio queste esigenze di controllo e fornisce indicazioni estremamente chiare sulle motivazioni che giustificano il locale interesse alla pratica compensativa.

I punti salienti di tale norma sono i seguenti:

1 - Per "compensazione" si deve intendere lo scambio simultaneo di merci fra le parti coinvolte nello specifico contratto;
2 - Le singole transazioni devono essere autorizzate dagli organismi appositamente incaricati dai 5 Ministeri maggiormente interessati ai prodotti oggetto dello scambio, nonchè dai Ministeri stessi (Finanze, Industria, Commercio e Turismo, Sviluppo, Pianificazione e Coordinamento);
3 - Mentre le esportazioni di prodotti boliviani non sono soggette a restrizioni merceologiche, i beni all'importazione dovranno essere strettamente limitati a quelli considerati "essenziali" per il Paese;
4 - I prezzi delle merci scambiate e l'origine di quelle importate, rese solo su base C.I.F., dovranno essere definiti con la massima precisione;
5 - Il valore (C.I.F.) delle esportazioni non potrà essere inferiore a quello (C.I.F.) delle merci importate;
6 - Il valore delle merci esportate, se negoziato su basi diverse dal C.I.F., non potrà essere inferiore a quello (C.I.F.) dei beni importati, a meno che non si tratti di merci da trasportarsi per via aerea;
7 - In caso di mancato "bilanciamento" delle partite merceologiche scambiate fra le parti, con la conseguenza di un residuo debito della Bolivia, la Banca Centrale boliviana non concederà la valuta necessaria al regolamento del saldo;
8 - A presentazione delle prescritte licenze di esportazione e di importazione, nonchè delle autorizzazioni alla compensazione (di cui al punto 2), la Banca Centrale concederà l'approvazione al regolamento valutario della transazione;
9 - Nel caso di una compensazione realizzata in forma di "baratto", l'intervento "valutario" della Banca Centrale sarà limitato all'introito del valore derivante dall'eventuale eccedenza delle esportazioni rispetto alle importazioni;
10 - La formula della "compensazione" verrà autorizzata solo in presenza di un valore delle esportazioni superiore a quello delle importazioni;
11 - I prezzi dei prodotti importati saranno oggetto di severi controlli. Le importazioni e le esportazioni dovranno essere effettuate nel rispetto delle disposizioni doganali vigenti.

In sostanza, questo tipo di normativa tende a scoraggiare le speculazioni di tipo "monetario" che potrebbero avvenire con la dilazione temporale dei flussi d'interscambio, a salvaguardare la produzione ed i consumi interni, nonchè a favorire l'esportazione dei beni locali. Per altri Paesi latino-americani, particolarmente interessati a mantenere determinati "canali" di esportazione già consolidati (ad esempio, per quanto riguarda prodotti "tradi-zionali" o, comunque, realizzabili con facilità sui mercati internazionali), vengono fissati nelle norme precisi vincoli circa i Paesi di destinazione dei prodotti esportati.

Le principali difficoltà di attuazione pratica di gran parte delle normative emesse dai Paesi latino-americani sono state riscontrate nella lentezza e nella farraginosità delle strutture burocratiche preposte al rilascio delle prescritte autorizzazioni, nonchè nello scarso interesse e nella impreparazione spesso dimostrati dagli operatori locali verso questo tipo di operazioni. Infatti le esperienze più significative dell'America latina in materia di countertrade si sono espresse solo in presenza di enti locali per lo più a partecipazione statale, od appartenenti a strutture internazionali, in grado di risolvere in tempi ragionevolmente accettabili le pratiche burocratiche e di gestire con adeguata competenza i rapporti con le controparti estere. Il Brasile ed il Perù, che peraltro non dispongono di specifiche normative in materia compensativa, unitamente all'Ecuador, hanno sinora manifestato una inclinazione maggiore al countertrade, mentre -ad esempio- l'Argentina, pur mostrando da anni il desiderio di operare massicciamente nello scambio bilaterale ed avendone già ampiamente regolamentato la materia, trova molti ostacoli alla sua realizzazione proprio a causa della eccessiva frammentazione delle iniziative concrete e della carenza di adeguate strutture operative. Proprio per cercare di ovviare a queste debolezze strutturali, il Ministero argentino dell'economia, con il Decreto n. 680 del 5 agosto 1985 ha meglio definito le caratteristiche che dovrebbero contraddistinguere le Trading Companies locali ed ha loro attribuito particolari incentivi tendenti a favorirne lo sviluppo e l'operatività. Fra i requisiti più importanti è prevista la disponibilità di un patrimonio netto minimo pari a 1.250.000 dollari Usa ed un fatturato all'esportazione annuo non inferiore a 5 milioni di dollari Usa, dei quali almeno il 70% relativo alla cessione di prodotti locali considerati "non tradizionali". A fronte di tutto ciò le Case di commercio estero argentine possono beneficiare di linee di credito particolari, utilizzabili per l'apertura di loro sedi od uffici all'estero, e di un'esenzione fiscale sulle tasse previste per la stipula di contratti di compravendita di merci o per la locazione d'immobili o relativi a servizi connessi con il commercio estero. Infine, possono usufruire di particolari benefici nello smobilizzo dei crediti a medio-lungo termine, derivanti da operazioni d'interscambio.