La cooperazione industriale nel processo di globalizzazione dei mercati

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Il quadro di riferimento

Nel clima di generale incertezza che caratterizza l'attuale fase del commercio internazionale, sempre più sollecitato dall'evolversi della globalizzazione dei mercati e beneficiario, ma al tempo stesso succube, di storici sconvolgimenti politico-economici, si fanno strada con rinnovata intensità le richieste di joint-ventures, di cooperazioni industriali, di collaborazioni commerciali o di accordi di varia natura fra partners di diversi Paesi, che si presentano con esperienze, culture o concezioni imprenditoriali spesso molto differenti fra loro. Basti, a tal proposito, pensare alle difficoltà interpretative, non solo di carattere linguistico, che si incontrano nei rapporti d'affari con le neonate strutture dei Paesi ex-socialisti, spesso ancora impreparate ad affrontare le esigenze e le abitudini delle economie di mercato. La generalizzata richiesta di joint-ventures, accentuatasi all'indomani della prima crisi petrolifera ed in concomitanza con l'acuirsi della tensione finanziaria internazionale (quale alternativa all'impossibilità dei mercati più deboli di procedere con i tradizionali strumenti finanziari nel loro processo di industrializzazione e di sviluppo), una volta superata una fase iniziale, piuttosto disordinata e spesso inconcludente, si è gradualmente assestata su posizioni più pragmatiche, integrandosi in un disegno di globalizzazione che ormai coinvolge la quasi totalità dei mercati. Se, peraltro, in passato la cooperazione industriale era per lo più il frutto di scelte e di decisioni "privatistiche" che operavano sulla spinta di calcoli economici individuali (opportunità di approvvigionamento di beni a più basso costo di produzione, necessità di acquisto-vendita di beni strumentali, ecc.), si stanno ora sempre più facendo strada strategie coordinate d'intervento, anche promosse da istituzioni pubbliche nazionali o sovranazionali, che vedono nella realizzazione delle joint-ventures lo strumento indispensabile per una seria e concreta azione di sviluppo. Ne sono una palese testimonianza le iniziative dei vari enti regionali o nazionali di molti Paesi, che "promozionano", con apposite delegazioni, più o meno itineranti, la possibilità di creare forme di cooperazione le più varie e diversificate. Alla nascita di questo nuovo schema, che mira a far incontrare direttamente le imprese, affinchè trovino fra loro stesse le formule più idonee ad attuare sinergie di sviluppo, non è estranea la palese obsolescenza delle strutture e degli strumenti finanziari pubblici, nazionali o sovranazionali cui prioritariamente si affidavano, fino alla fine degli anni '80, le richieste di cooperazione fra le imprese (1). Si organizzano, nel contempo, "momenti d'incontro" allargati ad operatori di varie nazionalità ed interessi (2) e si studiano nuove formule d'intervento sistemico che possano sempre più integrare sinergicamente le pur diverse esperienze maturate nelle singole realtà nazionali. Tutto ciò si ricollega anche alla nuova immagine che viene attribuita agli scambi compensativi, visti non più nell'ottica di una forzatura del mercato e di un ritorno alle forme primordiali del baratto, bensì quale strumento di marketing per la promozione delle esportazioni e per la razionalizzazione dei flussi importativi.

L'interesse della piccola e media impresa

Un aspetto particolarmente significativo riguarda il mondo della PMI, che vede sempre più nell'integrazione trasnazionale delle risorse lo strumento capace di superare le limitazioni strutturali che condizionano lo sviluppo delle stesse imprese e, talvolta, addirittura la loro sopravvivenza nel medio-lungo periodo. Infatti, l'apertura di più ampi spazi operativi, il crollo di talune barriere politico-ideologiche e la maggior facilità di trasferimento di ingenti capitali, favorisce ulteriormente le grandi concentrazioni (talvolta purtroppo a carattere monopolistico), a scapito dell'imprenditoria medio e medio-piccola, che si trova - suo malgrado e spesso da sola - ad affrontare le incertezze di un mercato dai contorni sempre più sfumati. Certamente per le PMI il compito non è facile, soprattutto per la necessità di dover preventivamente superare una serie di problemi contingenti e di barriere, magari solo psicologiche, che frenano le aspirazioni e i desideri dell'impresa e talvolta la costringono ad una passiva "attesa degli eventi". L'internazionalizzazione della PMI ha già fatto scorrere fiumi d'inchiostro ed è oggetto di dibattiti a vari livelli, che hanno comunque "smosso la montagna" e contribuito a far prendere maggior coscienza di un problema che deve ora essere affrontato su un piano più pragmatico e decisionale. La cooperazione diventa quindi un must, soprattutto per la PMI, da affrontare con le pur dovute cautele ma con la determinazione strategica di ampliare i propri orizzonti e sfruttare tutte le possibili economie di scala offerte dal mercato.

La tipologia della domanda

Per tentare un'analisi delle più significative tipologie in cui si esprime la domanda di cooperazione industriale occorre fare, innanzi tutto, astrazione da tutte quelle richieste che, più o meno velatamente, mascherano obiettivi di tipo differente (semplice vendita di prodotti locali, ricerca di agenti o rappresentanti, fabbisogno di soli capitali di finanziamento o di rischio, ecc.), o che riprendono ipotesi di progetti economicamente sconsigliabili, più volte apparsi sul mercato ed ormai noti per la loro appurata impossibilità di realizzazione (es.: mega-progetti per la produzione di metanolo in alcune piccole repubbliche dell'area caraibica, ristrutturazione di grandi alberghi in taluni Paesi della fascia equatoriale, sfruttamento forestale in zone logisticamente irraggiungibili nell'alto Ghana o all'interno dello Zaire, ecc.). Inoltre, è opportuno restringere il campo di analisi a ciò che il nostro contesto imprenditoriale può offrire, in termini di dimensione, di tecnologia e, non da ultimo, di possibilità di eventuale assorbimento dei prodotti finali. Gran parte delle domande rivolte al nostro Paese si indirizzano, com'è d'altronde naturale, verso quei settori nei quali più si è affermato il "made in Italy"; sia con l'intenzione di acquisirne gli aspetti tecnologici più significativi, che di utilizzarne la "creatività" (sottoforma di know-how). Si tratta, quindi, dei settori del tessile-abbigliamento e dei suoi accessori; della lavorazione del legno; delle apparecchiature elettroniche, elettriche e degli elettrodomestici; dell'utensileria e delle minuterie metalliche; degli imballaggi; dell'industria del freddo e degli apparecchi di condizionamento; dell'agro-industria e dell'acquacoltura; della carta, delle materie plastiche e della relativa stampa; ecc. Tutti settori nei quali il ruolo della PMI (e, spesso, anche dello stesso "artigianato") esprime una presenza significativa e spesso insostituibile. Le dimensioni richieste da questi "progetti" possono essere contenute anche in entità "gestibili", sia sotto il profilo economico che finanziario, tranne per particolari iniziative che richiedono investimenti e coinvolgimenti strutturali disponibili unicamente presso le più grandi imprese del settore. Le aree di provenienza della domanda comprendono gran parte dei mercati esteri, ma quelle che sembrano presentare le più interessanti prospettive sono, al momento, localizzate in alcuni Paesi dell'Est europeo, nell'America-latina, nel Nord e nel Sud Africa e in talune aree di sviluppo del Sud-Est asiatico e della Cina. La cooperazione viene generalmente richiesta in senso ampio e diversificato, con l'invito a:

a) contribuire alla realizzazione di uno studio di fattibilità completo;
b) offrire la fornitura dell'impianto e, spesso, il relativo finanziamento;
c) sottoscrivere una quota del capitale di rischio;
d) intervenire nella fase di montaggio, direzione lavori e messa a regime degli impianti;
e) mettere a disposizione il know-how produttivo;
f) fornire l'assistenza tecnica e il training al personale locale;
g) impegnarsi all'acquisto di una parte della produzione o, quanto meno, collaborare in forma concreta all'esportazione dei prodotti che usciranno dall'impianto.

Le motivazioni della domanda

I bisogni che determinano la domanda sono, fondamentalmente, di tre tipi, strettamente legati fra loro. Vediamo di esaminarli più in dettaglio.

1) Carenze tecnologiche

La spinta ad una più accentuata industrializzazione, o un rammodernamento dell'apparato produttivo, deriva sia da un bisogno di maggior soddisfacimento della domanda interna, conseguente a sua volta a scelte politiche più disponibili verso le esperienze esterne, che dalla necessità di creare delle strutture produttive in grado di presentarsi sui mercati esteri in condizioni di maggiore competitività. La domanda di tecnologia, come si è visto, si concentra non tanto verso i grandi impianti siderurgici, petrolchimici, chimici o, comunque, interessanti le produzioni industriali di base, quanto in quelle industrie atte a fornire prodotti, semilavorati o finiti, immediatamente utilizzabili sui mercati (interni ed esteri) e particolarmente in grado di sfruttare meglio le risorse disponibili. La richiesta tecnologica non si limita all'acquisizione di un nuovo impianto e del relativo know-how produttivo iniziale, ma estende la sua validità nel tempo, sottoforma di assistenza tecnica in senso lato, tale da garantire all'impianto stesso una perfetta efficienza industriale e gli adeguamenti tecnologici che, presto o tardi, si renderanno indispensabili. Le caratteristiche proprie di questi mercati, e il grado di "maturità industriale" da loro raggiunta, impongono un'offerta di tecnologia valida e non già obsoleta, o addirittura di scarto, come purtroppo capitava di vedere in passato, soprattutto nel caso di molti Paesi in via di sviluppo. D'altro canto, la richiesta di packages integrati tende anche a garantire l'acquirente nell'acquisto di qualcosa che possa realmente servirgli per il conseguimento dei propri piani di sviluppo.

2) Necessità finanziarie

La richiesta di intervento finanziario è motivata, sia dal desiderio di responsabilizzare più tangibilmente il partner/investitore nel rispetto dei propri impegni, sia dalla necessità di beneficiare di liquidità da utilizzare per il pagamento delle quote anticipate degli impianti importati e/o per l'approvvigionamento delle materie prime non reperibili sul mercato locale. Mentre per taluni tipi di forniture ritenute particolarmente prioritarie - o che necessitano di ingenti investimenti - i Paesi richiedenti sono talvolta disposti a procurarsi direttamente le risorse necessarie, nel caso più comune di impianti medio o medio-piccoli è il partner straniero che, il più delle volte, deve procurare un finanziamento (che verrà ripagato ratealmente nel tempo, o con forme miste che contemplino anche la cessione in compensazione di parte dei prodotti finali). Talvolta si verifica inoltre che la partecipazione al capitale da parte del partner locale venga attuata non in forma monetaria, bensì con apporto di beni, quali il terreno, i fabbricati, ecc., per cui può determinarsi una carenza di liquidità che può condizionare buona parte della fase di avvio dell'iniziativa.

3) Assistenza nel marketing

Le motivazioni economiche che stanno alla base delle richieste di cooperazione industriale sono dovute anche ad aspettative di sviluppo delle esportazioni e, particolarmente per le caratteristiche comuni alle economie ex-centralizzate o di recente industrializzazione, non esiste ancora all'interno di questi sistemi una struttura di marketing estero capace, da sola, di realizzare gli obiettivi previsti. Ecco allora che al partner straniero non viene soltanto richiesto di procurare la tecnologia industriale, ma anche l'accesso ai canali di distribuzione per i prodotti che usciranno dalla nuova comune iniziativa.Nonostante la produzione possa spesso essere tranquillamente assorbita dalla domanda interna del Paese, quest'ultimo talvolta impone al foreign partner l'obbligo della commercializzazione di parte della produzione in altre aree. Dal punto di vista del fornitore dell'impianto, la commercializzazione del prodotto finito estero può non rappresentare un problema particolare, laddove esista la possibilità di un utilizzo in house; nella pratica, però, ciò si verifica solo quando il fornitore stesso è in grado di inserire, in tutto o in parte, il prodotto estero nel proprio ciclo ordinario di produzione, oppure, ancora, quando i prodotti esteri possono essere affiancati a quelli nazionali e venduti attraverso l'esistente network commerciale dello stesso fornitore. In tutti gli altri casi, invece, il problema si presenta di ben diversa entità e, quasi certamente, deve essere affrontato con l'assistenza di una differente struttura operativa avente caratteristiche più specificatamente commerciali.

Obblighi del partner

Da quanto sopra esposto emerge, innanzi tutto, che la richiesta di cooperazione industriale coinvolge spesso un insieme di prestazioni ben più complesse di quelle relative a una tradizionale cessione di know-how e di impianti. Il partner viene chiamato a fornire un package di funzioni plurime che contemplano la progettazione, la cessione di beni strumentali e della relativa tecnologia, l'assistenza finanziaria, la disponibilità all'investimento nell'equity e, infine, la commercializzazione di una parte dei prodotti finali. Considerando l'attuale struttura del nostro apparato economico e l'ancora modesto livello di internazionalizzazione dello stesso, sono poche le aziende nazionali in grado di gestire interamente e con sufficiente competenza l'intero pacchetto richiesto dalla controparte. Le società di engineering, sempre fatta eccezione per quelle di rilevanza internazionale, i cui ruoli possono - ovviamente - essere più ampi, sono in grado di predisporre la progettazione, procurare i fornitori degli impianti, assistere nella fase di montaggio, assicurare l'assistenza tecnica e, in una certa misura, garantire il know-how di produzione, ma possono già trovare le prime difficoltà operative nella partecipazione azionaria e nell'organizzazione del pacchetto finanziario richiesto dal progetto. Quando, poi, si tratta di vendere il prodotto finale, si richiedono esperienze di marketing, sia strategico che operativo, che generalmente esulano dal loro specifico campo di attività. Le imprese manifatturiere produttrici degli impianti, a loro volta, sono in grado di procurare tutto il pacchetto tecnologico richiesto, ma possono trovare anch'esse talune difficoltà nel garantire il sostegno finanziario e nell'investimento partecipativo. Inoltre, se non riescono ad utilizzare nel loro stesso interno i prodotti finali della nuova fabbrica, dovranno rivolgersi altrove per la commercializzazione di tali beni.

Vendita dei prodotti finali

La vendita dei prodotti esteri può rappresentare, quindi, uno degli aspetti più delicati di quelle iniziative che, in aggiunta alla cooperazione industriale vera e propria, richiedono anche la cooperazione commerciale e, salvo casi sporadici di beni particolarmente appetibili, trova di per sè stessa scarso interesse anche per un'organizzazione specificatamente commerciale, alla quale venga richiesto di assumersi, a priori, l'onere e la responsabilità di assolvere unicamente questo compito. Infatti, di fronte all'impegno richiesto dalla controparte di garantire una quota pre-determinata di vendita su un prodotto che ancora non si può conoscere in tutti i suoi reali aspetti qualitativi e quantitativi e che non può rendersi disponibile a breve, possono sorgere molte perplessità e incertezze.

La consulenza professionale

Come si è potuto notare, un'accurata valutazione della domanda di cooperazione necessita di un esame approfondito, che - per ragioni strutturali - non sempre è attuabile all'interno di unità medio o medio-piccole, già assillate da molteplici problematiche di ordine contingente. Inoltre, la particolare conformazione della specifica iniziativa potrebbe suggerire il coinvolgimento di più enti operativi (una struttura di progettazione, uno o più fornitori degli impianti, un finanziatore, una trading company, ecc.), con ulteriore aggravio di valutazioni. Ciò porta spesso la PMI ad un atteggiamento "rinunciatario", che preclude ogni possibilità di intervento in opportunità di affari di possibile interesse. Una soluzione consiste, a questo punto, nell'affidare l'incombenza delle valutazioni di merito ad una struttura consulenziale dotata della necessaria professionalità ed esperienza, che possa interloquire con le varie parti in causa, suggerire le migliori soluzioni attuative ed assistere l'impresa nel follow-up successivo.

Note:

(1) Ci si riferisce alle varie iniziative degli Enti di Sviluppo multinazionali facenti capo, direttamente o indirettamente, alle Nazioni Unite e, per quanto riguarda l'ambito nazionale, alla Legge 49/1987 sulla "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo" che, per mancanza di adeguati fondi e/o per eccessivi appesantimenti burocratici di attuazione, non ha sempre fornito i risultati sperati.
(2) Fra gli esempi: le varie formule del "partenariat", le iniziative della Treuhandanstalt per la riconversione industriale dei Länder della ex Germania Democratica, la "China week" e, non ultima, ma particolarmente significativa, la manifestazione di fine giugno prossimo a Milano, "BORITEC", organizzata nell'ambito della "Settimana Internazionale" di Fiera Milano.