Sintesi dell'intervento di Gian Cesare Marchesi, Consigliere Delegato di Unionscambi S.r.l. e Vice-Presidente dell'Associazione Nazionale Commercio Estero, all'workshop del 19 aprile 1994, tenutosi presso Centrimark (Università Cattolica del S.C. di Milano), sul tema:

I servizi bancari per l'internazionalizzazione dell'impresa

cod.: CON.94.EE.MKT.0

Parlando di servizi all'internazionalizzazione delle PMI occorre, innanzi tutto, definire meglio cosa si vuole intendere per

(i) internazionalizzazione, per
(ii) piccole e medie imprese e, infine, per
(iii) fornitura di servizi.

Cercherò, a questo proposito, di portare il mio pur modesto contributo, scaturito da oltre trent'anni di esperienza operativa nel trading internazionale e da una più recente attività di consulenza "personalizzata" svolta nei confronti di imprese di piccola o media dimensione.

1 - In un Paese sostanzialmente "trasformatore" come il nostro, l'internazionaliz zazione dell'impresa è stata troppo a lungo interpretata prevalentemente come "capacità di esportare" i prodotti originati sul territorio nazionale, senza tener nel debito conto che una significativa componente del loro "costo di produzione" dipende dalla "capacità" del nostro sistema di importare, a condizioni più vantaggiose possibili, le materie prime e i semi-lavorati necessari alla trasformazione stessa.

Ma non basta. In un contesto politico-economico generale nel quale acquista sempre più rilevanza la globalizzazione dei mercati, l'internazionalizzazione dell'impresa significa anche un ampliamento della sua presenza attraverso ac cordi di cooperazione transnazionale (cessioni di know-how, co-produzioni, joint-ventures e simili) o l'accettazione di forme più complesse di scambio - quali, ad esempio, il countertrade - che spesso accorpano in sé, e in varia misura, l'import, l'export, la triangolazione commerciale e la partecipazione in attività societarie all'estero. Attività, queste ultime, che - contrariamente a quanto si potrebbe forse ritenere - non riguardano solo le imprese di media o di grande dimensione, ma sono ormai diventate "pane di tutti i giorni" anche per l'imprenditore medio-piccolo.

2 - In merito alla dimensione delle imprese che necessitano di assistenza all'internazionalizzazione, occorre, a mio avviso, avere il coraggio di uscire dalla generica - e talvolta addirittura pretestuosa - definizione di "piccola e media im presa", per distinguere fra quelle unità che non possono essere assistite (in quanto ne mancano i presupposti di base) e quelle che - effettivamente ed auspica bilmente - possono trarne un beneficio. Fra queste ultime vi sono poi quelle aziende che già possiedono una specifica "vocazione", o che dispongono di una esperienza estera, e quelle che, pur non avendo ancora tali requisiti, dimostrano di possedere caratteristiche tali da rendere proficua un'assistenza specifica.

Vorrei fare alcuni esempi. Vi sono talune imprese che "pensano" ai mercati esteri solo in termini di possibilità di smercio di impreviste ed inopportune giacenze ec cezionali di magazzino, decise a rientrare nei loro tradizionali confini provinciali o nazionali una volta superate le vicissitudini contingenti. Ve ne sono altre che non dispongono di merceologie o di strutture adeguate ad affrontare i mercati esteri e che non intendono modificare mentalità e strategie ormai saldamente radicate in loro. Altre, ancora, che sottintendono l'assistenza quale forma di vero e proprio assistenzialismo, sollecitando interventi che mantengano forzatamente in vita re altà talvolta prive di residua valenza economico-produttiva.

Per contro, vi sono realtà - anche di piccola dimensione - che, per particolare specializzazione merceologica e/o per capacità imprenditoriale, sono vocazio nalmente proiettate verso l'estero e che necessitano solo di quei sostegni consu lenziali atti a compensare talune comprensibili carenze strutturali interne. Infine, vi sono aziende "che non sanno ancora" di possedere caratteristiche tali da potersi confrontare con successo sui mercati internazionali e che necessitano degli sti moli sufficienti a farle emergere.

Quando si parla di servizi all'internazionalizzazione della PMI, si deve allora ne cessariamente distinguere fra imprese ed imprese, evitando di mettere una bici cletta a disposizione di chi già ne possiede una, o di chi è purtroppo privo delle gambe. A quest'ultimo potrà servire meglio una carrozzella, che dovrà essere fornita dagli enti assistenziali preposti.

3 - Circa la domanda di servizi che viene posta dalle imprese, vorrei sottolineare i risultati di una specifica ricerca, commissionata circa un anno fa dal Centro Estero delle Camere di Commercio Lombarde e realizzata - in collaborazione anche con l'Associazione Nazionale Commercio Estero - attraverso due questionari inviati a circa 30.000 PMI lombarde.

Nel primo si chiedeva di quali servizi necessitassero per l'internazionalizzazione della propria attività, mentre con il secondo questionario si invitavano le imprese a rivolgere alle Trading Company richieste d'intervento su specifiche necessità contingenti. Ci si sarebbe aspettata una risposta quantitativamente significativa sul primo questionario e certamente minore sul secondo, anche se qualitativamente meglio definita. Invece il risultato è stato alquanto sorprendente. Hanno risposto più di 3.000 imprese e la quasi totalità di esse ha ritornato anche il secondo que stionario, non chiedendo un intervento professionale su specifiche operazioni, bensì ripetendo quasi all'unisono la richiesta: "aiutatemi a vendere al più presto" (spesso accompagnata dalla postilla: "... senza farvi pagare"). Si è trattato, in sostanza, di un "grido di dolore" che dimostrava: (i) la necessità di ricevere concreti interventi sul breve termine, a scapito di progetti di sviluppo a medio-lungo ter mine; (ii) l'insoddisfazione delle imprese verso quelle offerte di servizi (talvolta inspiegabilmente definiti "reali") che vengono spesso recepite come pure teoriz zazioni, alquanto distanti dalle effettive necessità e dal linguaggio corrente dell'imprenditore; (iii) una palese carenza di una specifica cultura di marketing internazionale. Motivazioni che si possono facilmente giustificare con la dimensione di quelle particolari aziende e con la necessità del signor Brambilla di dover stac care alla fine del mese gli assegni per pagare gli stipendi dei suoi dipendenti e le fatture dei fornitori, di provvedere a riparare o sostituire i macchinari inefficienti, di ottemperare alle innumerevoli richieste imposte dalle normative vigenti, ecc. Ecco che allora, la domanda di aiuto si concretizza, ad esempio, nel desiderio che qualcuno procuri (possibilmente free of charge) dei validi agenti o rappresentanti all'estero, in grado di raccogliere al più presto cospicui e vantaggiosi ordini di vendita.

Sembrerebbe altresì curioso notare come, in un contesto istituzionale in cui operano una pluralità di enti dichiaratamente strutturati per fornire "servizi" alle PMI, permanga in queste ultime una così ampia domanda di assistenza di tipo "elementare" e una così palese indisponibilità verso il pagamento di consulenze professionali. In effetti, si è creata, nel tempo e in taluni ambienti, la convinzione (favorita anche da una certa forma di ostentato "garantismo pubblico") che tutto debba essere fornito a tutti; alimentando - per contro - il pretesto che "ciò che è gratuito, vale poco o niente".

L'offerta di servizi all'internazionalizzazione esistente sul mercato si indirizza, in linea generale, lungo tre grandi filoni: (i) quella generata da strutture di matrice pubblica, (ii) quella di tipo associativo o semi-pubblico e (iii) quella con caratteri stiche privatistiche. Il tutto, in una pluralità di enti che spesso "dichiarano" di for nire assistenza a 360 gradi, pur non disponendo sempre delle strutture né delle professionalità in grado di rispondere alle effettive domande delle imprese. Domande che, come si è visto, sono a loro volta spesso imprecise e talvolta addi rittura poco razionali.

Il comune imprenditore è letteralmente frastornato dall'offerta di assistenza, dall'eccesso di "informazioni" disponibili, da inviti a convegni, incontri, seminari, corsi, partecipazione a missioni, ecc. E, ad un certo punto, è portato inevitabil mente a "fare di tutte le erbe un fascio", assumendo un atteggiamento alquanto scettico nei confronti dell'intero "sistema". Non capisce, ad esempio, perché enti che appartengono alla stessa matrice, e che operano sulla stessa piazza, dichiarino di fornire analoghi servizi.

Uno dei problemi che - a mio avviso - motivano questo stato di insoddisfazione ri siede anche nella "differenza di linguaggio" (alcuni preferiscono definirla "culturale") spesso esistente fra l'offerta di servizi e la domanda della PMI. Il signor Brambilla usa un suo particolare "linguaggio", nato nel contesto imprenditoriale in cui opera e fatto di cose semplici e concrete, avulse dall'approccio - spesso troppo teorico - espresso da persone che hanno forse una valida preparazione accade mica o nozionistica, ma spesso distante da quell'esperienza che nasce e che si costruisce "sul campo", operando quotidianamente nel commercio internazionale. Valgano alcune indicazioni: appare, ad esempio, poco credibile chi insiste a spie gare il contenuto di talune provvidenze regionali, nazionali, comunitarie o trans nazionali, quando non pone le necessarie riserve sulle effettive risorse che con sentano o meno di accedere, in quello specifico momento, agli interventi previsti; o sulle obiettive difficoltà procedurali insite nell'ottenimento dei benefici indicati nelle norme stesse. Ancora, è altrettanto poco credibile colui che si offre per for nire consulenza all'interscambio quando dimostra di non conoscere la differenza fra un CIF e un FOB, fra un credito documentario confermato e uno non confer mato o, al limite, fra un pagherò e una cambiale-tratta. Un ultimo esempio riguarda la partecipazione alle gare di appalto o di fornitura originate o assistite da enti di sviluppo nazionali o internazionali. Spesso vengono diramate all'impresa infor mazioni su bandi di gara che sono stati emessi con la richiesta di presentare tas sativamente le relative offerte entro 15-30 giorni. L'imprenditore sa ormai benis simo che:

(i) quando il bando di gara viene pubblicato, gran parte dei "giochi" (pur intesi in senso buono) sono già fatti e la sua probabilità di successo è certamente ridotta;
(ii) manca materialmente il tempo necessario a chiedere ed ottenere le specifiche tecniche previste dal bando, tradurle, esaminarle e valutarle, nonché predisporre l'offerta e inoltrarla in tempo utile a destinazione.

L'imprenditore, anche se piccolo, queste differenze "di linguaggio" le avverte istintivamente e sono spesso sufficienti per creare in lui una, seppur soggettiva, valu tazione sull'interlocutore del caso.

In sostanza, l'offerta di servizi viene troppo spesso intesa dagli enti eroganti come "asettico trasferimento di informazioni" e non come vera e propria "assistenza ope rativa" all'impresa. E, d'altro canto, non è sempre compito di questi enti surrogare funzioni tipicamente aziendaliste.

Da un'altra recente indagine, condotta presso le PMI lombarde e piemontesi, è emersa - per contro - l'esigenza di queste ultime di essere "accompagnate", non solo nella ricerca di nuovi mercati (ad esempio, attraverso la partecipazione alle principali manifestazioni espositive estere), ma anche nel conseguente follow-up negoziale e operativo.

L'informazione fornita dall'offerta pubblica o semi-pubblica ha fatto negli ultimi anni passi da gigante, utilizzando tecnologie informatiche e di telecomunicazione estremamente avanzate, ma ciò ha anche determinato un'ulteriore divaricazione delle punte della forbice fra ciò che è disponibile e ciò che l'impresa è in grado di percepire e di utilizzare. In altri termini, la differenza di "linguaggio" si sta vieppiù accentuando, staccando i vagoni di coda - che continuano il loro viaggio a velocità ridotta - rispetto alla locomotiva che prosegue imperterrita la sua corsa.

Per concludere, vorrei ricondurmi al tema che oggi ci vede qui riuniti: l'assistenza della banca nel processo di internazionalizzazione della PMI. Perché anche la banca?

La mia risposta non intende né proporre una sostituzione del servizio prestato dagli altri enti, né una sua sovrapposizione. Le caratteristiche sono e devono ri manere ben distinte e scaturiscono da alcune considerazioni alquanto elementari:

(i) l'esperienza "sul campo" che le strutture della banca quotidianamente acquisi scono "operando" sulla documentazione (import, export, compensazioni, investi menti, pagamenti, ecc.) che viene loro presentata dalla clientela e/o tramite i corri spondenti esteri;
(ii) la "vicinanza" del funzionario di banca con l'imprenditore, di cui conosce, o dovrebbe conoscere, come si suol dire, "vita, morte e miracoli" e da cui spesso riceve confidenze e richieste di assistenza, generando una favorevole situazione di "credibilità" e di fiducia;
(iii) la presenza di una "rete" estera in grado di rispondere con professionalità e tempestività alle richieste più disparate;
(iv) l'interesse della banca a "servire" meglio i propri clienti e ad aiutarli a crescere.

Ma qui occorre prestare attenzione, perché - se l'iniziativa non può essere lasciata "alla buona volontà" (e al rischio) del singolo funzionario e deve essere opportu namente istituzionalizzata - la banca non deve alimentare in sé stessa eventuali velleità di andare eccessivamente oltre, "facendo direttamente del trading". Le non lontane, e purtroppo infelici, vicende di talune banche italiane (peraltro limitate nel loro operato dalle restrizioni insite nella Legge Bancaria) ed estere (ad esempio, gli istituti bancari statunitensi aderenti all'invito espresso nell'Export Trading Company Act del 1982), che si erano avventurate nel trading, suggeriscono di la sciare questa attività nelle mani degli specialisti e di limitarsi a fornire alla propria clientela un'assistenza consulenziale "personalizzata". In altre parole, mi sembra importante sottolineare che ogni iniziativa, di per sé valida, deve contemplare una forte sinergia con quelle altre strutture esterne - pubbliche o private che siano - in grado di completare l'offerta di servizi e mettere in grado l'imprenditore di sapere bene dove e a chi rivolgersi, per ottenere risposte intelligenti e utili a domande altrettanto precise ed intelligenti.

Milano, 11 maggio 1994