La promozione parte da zero

Articolo pubblicato su "Sistema Italia" n. 34 del 10 settembre 1994

cod.: SIS.94.34.MKT.0

Con l'emanazione del D.M. del 16 marzo 1994, che reca provvedimenti sulla "Promozione degli investimenti esteri in Italia", e con la successiva circolare ministeriale del 20 aprile 1994, anche il nostro Paese ha dato avvio a quella politica di attrazione degi investitori esteri che - da tempo - è attuata con impegno dalla maggior parte dei Paesi, industrializzati e non. Si spera che - come suol dirsi - "la montagna non abbia partorito il solito topolino". Non è che con questo si vogliano porre delle riserve sull'efficacia dello schema ipotizzato dal nostro legislatore, ma occorre prestare la massima attenzione per far sì che i nuovi provvedimenti non si trasformino in una sperimentazione di tipo sporadico, priva di una strategia sistemica che cerchi di indirizzare le risorse verso l'ottenimento di risultati apprezzabili.

Così com'é impostata, la norma prevede infatti uno stanziamento di massimi 30 miliardi, utilizzabili durante il solo 1995 per la promozione delle cosiddette "aree attrezzate per investimenti produttivi" (bacini industriali da riconvertire, aree dismesse, ecc.). Il contributo coprirà fino a un massimo del 70% delle spese dei programmi promozionali e le domande di concorso dovranno essere inoltrate entro il 31 agosto 1994, per essere evase - auspicabilmente - entro la fine dell'anno. Una cifra complessivamente modesta, se rapportata ai bisogni emergenti dalle numerose aree da promuovere, e un tempo piuttosto breve perché gli enti interessati possano, prima, predisporre tutta la documentazione richiesta a corredo delle istanze e, quindi, attuare le azioni previste. Ma, al di là di tutto ciò, emergono alcuni interrogativi di fondo: cosa potrà succedere una volta che saranno stati assegnati pro-quota agli enti prescelti i famosi 30 miliardi? E, ancora, come potranno proseguire le azioni di promozione una volta esaurite tali risorse?

I due temi non sono per nulla marginali. Per condurre una seria azione di attrazione e per evitare che una eccessiva "concorrenza" fra le varie aree da promuovere determini nei confronti degli investitori esteri una comprensibile confusione (quale si potrebbe verificare, ad esempio, se su una importante testata internazionale apparissero contemporaneamente - e in forma autonoma - diverse inserzioni pubblicitarie di altrettante "aree attrezzate"), occorre che vi sia, sin dall'inizio, un coordinamento centrale ben strutturato, tale da ricondurre a "sistema" quello che altrimenti si potrebbe risolvere in un inopportuno dispendio di risorse. Fortunatamente in questo campo non c'é bisogno di inventare nulla di nuovo, in quanto basterebbe utilizzare la parte migliore delle esperienze maturate da altri Paesi europei. In secondo luogo, è il caso di ricordare che il nostro Paese non ha mai attuato in passato una precisa strategia di sviluppo degli insediamenti esteri, lasciando questa funzione ai singoli proprietari delle aree/immobili e limitandosi a registrarne gli effetti in termini di movimenti di capitali e/o di variazioni occupazionali.

L'iniziativa parte, quindi, pressoché da zero ed è noto che i primi significativi ritorni di qualsiasi azione di promozione degli investimenti esteri non si riscontrano se non nel medio termine, cioé due o tre anni dopo l'avvio delle iniziative di attrazione, e soltanto se tali azioni sono proseguite con costanza. Ora, le recenti norme stanziano fondi che potranno essere impiegati soltanto nel corso del 1995, senza alcuna anticipazione circa gli eventuali ulteriori sostegni necessari per mantenere viva, nel periodo successivo, l'azione promozionale così avviata. In mancanza di qualche certezza, o speranza, in più, si rischia di rendere scarsamente produttivi gli investimenti che si stanno ora programmando.

Infine, occorre sottolineare che altri Paesi - anche a noi vicini - non solo hanno messo a disposizione di loro apposite strutture i mezzi per sviluppare la promozione, ma hanno altresì impreziosito tale azione con vari incentivi, che vanno ben al di là delle normative di carattere generale emanate in sede comunitaria, nazionale o regionale. Garantendo, altresì, l'efficienza del sistema infrastrutturale e dei servizi.

L'investitore estero, in sostanza, si trova oggi di fronte a una pluralità di offerte ed è come un centrocampista richiesto dalle principali formazioni calcistiche: si "vende" al miglior offerente. Se all'investitore si offre una qualsiasi opportunità di casa nostra, gli si deve anche garantire l'ottenimento per tempo delle licenze edilizie e di tutte le altre autorizzazioni necessarie; deve essere favorito nel disbrigo delle pratiche amministrative, fiscali, del lavoro, finanziarie, ecc., relative al suo nuovo insediamento e - non da ultimo - deve essere "accompagnato" nella sua iniziativa da servizi professionali "personalizzati" che lo sollevino da una serie di incombenze cui, per definizione, non è ancora familiare.

Tutto ciò va ben al di là di un contributo stanziato per la sola promozione e coinvolge un insieme di problemi che, se correttamente inquadrati e risolti, possono portare all'avvio di una strategia di sviluppo efficiente ed efficace.

E' comunque già da considerarsi positivo il fatto che siano stati abbandonati quei pregiudizi di stampo pseudo-protezionista che, in passato, avevano fatto ritenere la promozione degli investimenti produttivi esteri quasi una minaccia concorrenziale alle industrie manifatturiere domestiche e che ci si stia avviando, anche in questo campo e seppure con un certo ritardo, verso una visione più globale del mercato.

Milano, 27 luglio 1994