Le necessità dell'Azienda Italia

cod.: SEM.98.01.MKT.0

Le trasformazioni socio-politiche ed economico-finanziarie che si avvicendano ormai da vari decenni sullo scenario mondiale, accompagnate da una spinta tecnologica sempre più accentuata, pongono alle imprese una serie di non facili interrogativi sulle prospettive del commercio estero e sulle modalità di attuazione di strategie competitive valide nel medio-lungo periodo.

A tutto ciò è particolarmente sensibile un Paese quale il nostro che - pur collocato in una posizione strategicamente rilevante - è fortemente condizionato dalla sua carenza di materie prime di base e da un'industria prevalentemente di trasformazione.

Se anche i consumi interni stimolano - o dovrebbero stimolare - la produzione, l'esigenza di esportare diventa essenziale per il giusto equilibrio di una bilancia commerciale costantemente gravata dalla necessità di acquistare dall'estero i beni necessari al funzionamento dell'intero sistema. Ne scaturisce una sorta di circolo vizioso, dal quale l'Azienda Italia riesce a districarsi solo in presenza di una particolare efficienza che le consenta di mantenere e di consolidare il suo grado di competitività.

Il problema è ben più complesso di quanto potrebbe a prima vista apparire e ciò particolarmente per quanto riguarda un Paese che presenta anche caratteristiche storiche, strutturali e socio-economiche di non sempre facile interpretazione. Al di là di casi episodici di "scalate" italiane a grandi Gruppi europei o internazionali, quella italiana resta una realtà ancora troppo malata di "provincialismo", che traspare ogniqualvolta la si confronti, su un piano settoriale, con quella di altri più accreditati partner europei. Basti pensare al quadro generale dei nostri trasporti o del nostro servizio postale, al grado di "mondializzazione" del sistema finanziario, al livello di conoscenza delle lingue straniere, ecc. Non è certamente una situazione unica, nè tanto meno drammatica, ma che abbisogna comunque di un notevole impegno di volontà e di risorse per potersi trasformare in qualcosa di veramente aperto a una più vasta comunità umana e d'interessi.

La necessità di disporre di una maggiore competitività internazionale non va vista quindi soltanto in funzione di creare una barriera protezionistica nei confronti della concorrenza comunitaria all'interno del sistema europeo, ma anche - e forse soprattutto - per consolidare all'esterno le posizioni sin qui acquisite.

Le azioni da compiere sono state individuate da tempo: si tratta di intervenire con determinazione e coerenza, sia nel campo normativo che in quello della formazione, negli investimenti (ricerca compresa) e nei consumi, sia nel settore pubblico che in quello privato, in una visione armonica che tenga sì conto della necessaria gradualità delle modifiche, ma anche dell'esigenza di ridare maggiore fiducia agli operatori in termini di sicurezza e di stabilità.

L'impegno non è facile, in quanto i nostri problemi sono anche quelli di molti altri Paesi che, con maggiore o minore enfasi del nostro, mirano al raggiungimento degli stessi obiettivi, utilizzando strumenti di aggressione o di difesa non sempre di tipo "convenzionale". Ci si trova così spesso di fronte a barriere tariffarie e non, a forme di protezionismo palesi o occulte, a ostacoli di tutti i generi che se da una parte stimolano la fantasia creativa dell'imprenditore, dall'altra lo costringono a rivedere in permanenza le sue strategie per adeguarle alle mutevoli situazioni di un tale effervescente e spesso imprevedibile mercato.

La necessità di aggiornamento degli schemi operativi rappresenta il lato più complesso e delicato dell'intera problematica ed apre un discorso di marketing internazionale nel quale l'Azienda Italia, eccettuati casi particolari riferiti principalmente ad imprese già affermate, si trova piuttosto arretrata e su posizioni che - ancora una volta - possiamo definire di tipo "provinciale". Infatti, nonostante che i volumi globali di export siano tutt'altro che insignificanti, molte "esportazioni" vengono tuttora realizzate sulla base di "acquisti che vengono richiesti dall'estero", senza che vi sia da parte delle aziende manifatturiere una strategia di vendita che permetta loro di conoscere e di "possedere" il mercato di sbocco. In altri termini, sono spesso gli stranieri che acquistano i nostri prodotti, più che essere noi ad andare a venderli all'estero.

Questa situazione può forse ritenersi soddisfacente nel breve periodo, ma potrebbe diventare pericolosa nel medio-lungo termine se non si interviene per tempo con azioni di commercializzazione promosse dalle aziende produttrici, direttamente o con l'assistenza continuativa di strutture specializzate quali i Consorzi export o le Trading Company, con la costituzione di joint-ventures e con tutti quegli altri strumenti messi a disposizione dalle moderne tecniche del commercio estero.

La specializzazione all'esportazione

La figura dell'Export Manager, così come si è venuta a delineare negli ultimi anni, presenta caratteristiche alquanto differenti dallo stereotipo che si era usi incontrare nei decenni passati nelle anticamere dei Ministeri esteri o nelle sale di attesa degli aereoporti internazionali.

Alla conoscenza delle lingue straniere, alla padronanza delle tecniche tradizionali di vendita e alla capacità - spesso naturale - di esprimere simpatia e fiducia, si è ora affiancata la necessità di disporre di qualcosa in più, che possa evitare il contrasto fra la vecchia immagine del "venditore con la valigetta" e le esigenze di un mercato sempre più caratterizzato da una elevata sofisticazione.

Vendere è diventato oggi più difficile di ieri, e domani lo sarà ancor più, non soltanto perchè le difficoltà di molti Paesi condizionano lo sviluppo della domanda, ma anche in quanto oggi "si vende in un modo diverso", con un approccio, un inisme di tecnologie e una preparazione professionale differenti.

La presenza sempre più aggressiva dei Paesi di recente industrializzazione, con il conseguente allargamento della base concorrenziale, lo sviluppo dell'informatica e delle telecomunicazioni multimediali, e - non da meno - le barriere protezionistiche rimaste pressocchè dovunque, costringono l'operatore tradizionale a compiere un salto di qualità per non rimanere emarginato e per non arrivare troppo tardi - o in una veste anacronistica - ad affrontare il suo interlocutore straniero.

Quegli stessi ingredienti di qualità, prezzo e simpatia che soltanto qualche tempo fa costituivano già di per sè stessi un atout spesso vincente, oggi più che mai necessitano di essere integrati con l'esperienza, la professionalità , la completezza e la disponibilità di una adeguata struttura retrostante che consenta di fornire alle punte avanzate del marketing operativo il necessario, rapido e costante supporto integrativo.

All'Export Manager e all'azienda da lui rappresentata si chiede di essere al passo con i tempi ed anche un poco più avanti: l'uno capace di reagire autonomamente e professionalmente alle sollecitazioni del mercato, l'altra in grado fornire con il necessario tempismo e precisione i corollari essenziali per il buon esito di ogni azione commerciale.

Tutto ciò comporta un insieme di conoscenze e di strutture che coinvolgono in maniera profonda la strategia stessa delle aziende nei confronti della propria internazionalizzazione, con l'abbandono di quell'approssimazione e di quella improvvisazione che talvolta avevano accompagnato in passato molte azioni promozionali sull'estero.

E', in sostanza, un concetto di "vocazione all'export", che andando ben oltre le convenienze o le necessità transitorie del momento, istituzionalizza l'ampliamento delle aree di sbocco dei prodotti e supera i confini del "domestico" per estendere i propri interessi al mercato globale.

D'altro canto, il significato stesso di "domanda interna" si sta rapidamente modificando, anche alla luce delle realtà socio-politiche che da più parti spingono con sempre maggiore convincimento verso l'integrazione di quelle aree geo-economiche che presentano comunanze di interessi e opportunità di sinergie operative. Se l'eliminazione dei balzelli daziari comunali aveva a suo tempo dato più ampio respiro alla circolazione delle merci in Italia, l'abbattimento di molte barriere esistenti fra gli Stati dell'Unione Europea ha esteso il concetto di mercato interno a un più vasto potenziale di domanda. L'avvento delle ulteriori integrazioni - moneta unica compresa - dovrebbe definitivamente far superare le remore, principalmente psicologiche, che ancora permangono in certi nostri settori produttivi nei confronti "dell'estero".

Certamente l'ulteriore estensione delle possibilità operative pone non pochi problemi di adattamento e di radicale cambiamento di rotta ad un "sistema" che è vissuto talvolta entro i confini di un eccessivo localismo, ma la necessità di modificare le proprie strategie, e di adeguare le strutture alle richieste della nuova realtà, diventa essenziale per non dover cedere il passo alla inevitabile maggiore concorrenza degli altri partner europei.

L'interrogativo, peraltro, non consiste solo nel come prepararci per un miglior confronto con i nostri concorrenti europei: si anche di fronteggiare con un maggior grado di competitività altre "coalizioni", formali o di fatto (che spesso sottintendono forme più o meno velate di protezionismo), che stanno consolidandosi in varie parti del globo con gli stessi identici obiettivi: esportare di più e meglio.

Limiti strutturali delle PMI

La messa in atto di precise strategie sul medio-lungo termine è quindi una necessità ormai indiscussa per la nostra struttura produttiva che deve confrontarsi con mercati e situazioni sempre più difficili e, come detto, con la concorrenza di altri Paesi ugualmente tesi alla massimalizzazione delle proprie esportazioni.

Il marketing internazionale ha comunque suoi precisi schemi che non sempre si rendono interamente attuabili nel contesto di unità aziendali di media o di piccola dimensione, non ancora mentalmente o strutturalmente organizzate per una sistematica azione di penetrazione internazionale. D'altro canto non si può pretendere che aziende di modeste dimensioni possano sempre permettersi di costituire al loro interno un nucleo specifico che dia corpo a tutte quelle azioni preventive (raccolta di informazioni di base, studi ed esami di mercato, missioni, ecc.) che già si rendono indispensabili per la sola definizione del marketing strategico. A ciò dovrebbero anche far seguito le azioni concrete di marketing più strettamente operativo, con un impegno aggiuntivo per le stesse strutture aziendali.

Alcuni operatori, consci dei propri limiti dimensionali, ma convinti della necessità di una maggiore internazionalizzazione, hanno trovato soluzioni alternative rivolgendosi all'esterno, tramite il ricorso a specialisti di marketing o attuando formule di collaborazione le più disparate, attraverso i consorzi export , le trading company, le trading di servizi , ecc.

E' anche con un impiego sinergico delle risorse disponibili sul mercato che le PMI possono infatti superare alcune loro limitazioni strutturali e affrontare adeguatamente le nuove realtà del commercio internazionale.

Lo sviluppo di nuovi mercati

La conoscenza dei mercati costituisce la base per qualsiasi azione di sviluppo e, com'è già stato più autorevolmente sottolineato, "...l'impresa che rinunci, per necessità o per scelta, ad un uso appropriato dell'informazione sui mercati esteri, accresce in misura rilevante il grado di rischio connesso alle operazioni internazionali, oppure rinuncia a molteplici opportunità, oppure ancora rinuncia ad una parte del proprio potere contrattuale... ".

Partendo quindi da questo presupposto si cercherà ora di fornire una serie di indicazioni propositive che certamente non pretendono di costituire un completo modello di riferimento valido per tutte le MPI o, tanto meno, di sostituire le ben più approfondite e complete trattazioni esistenti in materia di marketing internazionale. L'obiettivo riguarda l'individuazione delle modalità per la ricerca di "nuove aree geografiche" di presenza, prescindendo - per non dover estendere eccessivamente il campo d'indagine - dalle analisi necessarie per la ricerca di "un nuovo prodotto". Ciò soprattutto nell'ipotesi che la PMI alla quale idealmente ci si vuole qui riferire, disponga di un mix-prodotto limitato ed omogeneo quanto a tipologie merceologiche.

Nascita del primo interesse

Partendo dal presupposto che l'impresa abbia già in pectore una vocazione all'esportazione e che disponga di una discreta quota di produzione destinata ad alcuni mercati esteri, acquisiti con azioni dirette di commercializzazione, l'interesse ad esaminare più a fondo la possibilità di penetrare stabilmente in un nuovo mercato può nascere da varie circostanze, fra le quali possiamo ricordare le seguenti:

1) la lettura di articoli, monografie, studi, ecc., su quello specifico mercato;
2) la richiesta di fornitura pervenuta dall'estero, sottoforma di un contatto epistolare con un nominativo fino ad allora sconosciuto, o ricavata dalle segnalazioni periodiche diramate dall'ICE, dalle Camere di Commercio, dalle Associazioni di categoria, dalle Banche, ecc.;
3) la visita in sede di un potenziale cliente o di un buyer incaricato di selezionare il prodotto per conto di un committente estero;
4) la conoscenza di esperienze già acquisite in quel mercato da altre aziende amiche o concorrenti, o la sensazione - magari estemporanea - che valga la pena di approfondire le conoscenze su quella determinata area.

Indipendentemente dalle cause che comunque hanno generato il primo interesse verso quello specifico nuovo mercato, è opportuno frenare momentaneamente l'istinto che suggerirebbe una prenotazione immediata di un biglietto aereo per una missione esplorativa e procedere invece "in laboratorio" ad un più accurato esame dell'oggetto-Paese ancora misterioso che interessa.

Fonti di reperimento delle informazioni

Il quotidiano bombardamento di notizie che dalle fonti più disparate si riversano sulle scrivanie degli operatori, rischia talvolta di frastornare le idee di chi vuole accingersi ad effettuare un esame sereno e razionale su uno specifico argomento di suo interesse. Notizie trite e ritrite quali - ad esempio - quelle relative a gare d'appalto internazionali ormai quasi scadute, vengono spesso sciorinate da agenzie che pretendono di fornire segnalazioni di "prima mano", mentre invece il più delle volte non fanno altro che generare confusione ed incertezza.

Da tutto ciò l'operatore deve cautelarsi, non facendo di ogni erba un fascio ma attuando delle precise selezioni critiche che gli consentano di trarre valutazioni utili alle sue esigenze conoscitive. L'esame di un determinato Paese, nella sua configurazione di carattere generale, tende alla conoscenza di un certo insieme di aspetti, politici, economici, finanziari, ecc., mentre l'indagine specifica alla luce del prodotto interessato mira all'acquisizione di ulteriori fattori conoscitivi di carattere commerciale, valutario, doganale, ecc.

Il ricorso a servizi di ricerca di marketing esterni o l'utilizzo di specifiche banche-dati può essere senza dubbio semplificativo, ma presuppone la disponibilità dell'impresa a sostenere costi che, nella prima fase dell'indagine, non tutti sono preparati ad affrontare, nonchè una conoscenza sufficientemente approfondita di ciò che si desidera realmente ottenere.

Nella logica quindi di un'azione da svolgere in house si tratta di sapere da dove poter attingere le notizie più attendibili, come interpretarle e come estrapolare quei dati che possano rendersi utili alle necessità contingenti. I momenti fondamentali del lavoro sono quindi tre: (i) la ricerca e la selezione delle informazioni, (ii) la lettura e l'interpretazione, (iii) l'utilizzo e la verifica.

Ricerca e selezione delle informazioni

L'informazione, da qualsiasi parte essa provenga, per poter essere utilizzata deve essere tempestiva ed accurata, in quanto le situazioni dei mercati sono soggette ad una dinamica estremamente accentuata che richiede un continuo e tempestivo aggiornamento.

Le fonti attendibili per il reperimento delle notizie non mancano, sia a livello centrale che periferico, sia di matrice pubblica che privata. Sotto il profilo pubblico, l'Istituto Nazionale per il Commercio Estero (ICE) costituisce l'esempio di una delle fonti centralizzate più attendibili ed aggiornate per il reperimento di informazioni sia di carattere generale che specifico. Anche il sistema delle Camere di Commercio costituisce un supporto pubblico estremamente utile all'operatore e particolarmente orientato verso il soddisfacimento delle richieste provenienti dalle PMI.

Purtroppo quell'atavico senso di sfiducia che i nostri operatori nutrono spesso nei confronti del "pubblico" in genere ha alimentato sinora un insufficiente apprezzamento di ciò che le Istituzioni possono fornire in termini di assistenza e di informazione, e risulta così che tante preziose informazioni restino spesso a giacere nelle banche-dati senza che gli utenti ne sappiano sfuttare interamente le potenzialità.

Anche a livello "privatistico" le fonti sono numerose (Internet, banche-dati, Associazioni di categoria, Istituti di credito, stampa specializzata, società di consulenza, ecc.) e possono costituire un valido complemento a quanto già disponibile a livello pubblico. Quindi, le notizie ci sono: sarebbe sufficiente chiederle ed utilizzarle in modo adeguato. La conoscenza delle fonti, l'analisi critica delle stesse e - non ultima - l'esperienza pratica, insegnano dove vale la pena di rivolgersi e, per contro, cosa è opportuno scartare.

Lettura ed interpretazione

Un'antica massima sostiene che "è più difficile saper leggere che saper scrivere", e ciò è tanto più vero quanto più si diffondono i mezzi di comunicazione e quella "cultura del telecomando" o "della rete" che, attraverso l'imposizione di una "lettura" pre-confezionata, limita talvolta la capacità di interpretazioni critiche a carattere individuale. Il consumo di massa dell'informazione la rende spesso scontata, arida, deviante e, infine, spesso inutilizzabile.

Basti pensare, nella tematica che qui ci interessa, alle notizie riguardanti le gare d'appalto finanziate da Enti di sviluppo multinazionali. Alcune "fonti" hanno la presunzione di fornire una valida assistenza alla propria utenza diramando segnalazioni su bandi di gara emessi nelle più disparate aree del globo. A parte le solite imprese specializzate nelle grandi forniture o nei lavori all'estero, che considerano queste segnalazioni per quanto realmente valgono, la gran massa della presunta utenza non ne ricava se non modesti benefici, in quanto dovrebbe in quel momento richiedere, ricevere ed asaminare il capitolato di gara e predisporre l'offerta in tempi solitamente troppo ristretti per consentire un lavoro avente qualche probabilità di successo.

La segnalazione dell'avvenuta pubblicazione del bando è sì tempestiva, ma, spesso, di per sé stessa non basta. E' infatti noto che una gara, prima ancora di dar luogo all'emissione del bando, ha tutta una sua storia fatta di differenti stadi di preparazione, esame, valutazione, approvazione, ecc. ed è altrettanto risaputo che durante lo svolgimento di questo iter chi è interessato al contratto si è solitamente già mosso, predisponendo tutto quanto necessario per poter "gareggiare" ad armi pari con la concorrenza. Chi poi arriverà ultimo, con una sua offerta raffazzonata in pochi giorni, dovrà sperare in un intervento sovrannaturale per potersi aggiudicare l'operazione.

Tornando al tema di base, la lettura e l'interpretazione corretta delle informazioni possono portare alla conoscenza e all'individuazione di nuove possibilità operative. Non si tratta, quindi, di leggere le notizie a titolo di sola "cronaca", bensì per prepararsi ad affrontare per tempo, e comunque non quando potrebbe essere già tardi, gli spazi operativi che possono essere occupati nei varî mercati.

La lettura di notizie può derivare dalla casualità, dalla sistematicità o dalla ricerca selettiva: in ogni caso l'interpretazione va effettuata in senso critico per fini anche utilitaristici e non solo di tipo esclusivamente culturale.

Leggere, quindi, non è sempre facile e una formazione di base è necessaria per comprendere e valutare nell'ottica di uno sviluppo dei propri affari taluni aspetti anche di tipo macroeconomico che si ricavano dalle notizie disponibili. Ad esempio, conoscere il significato della crescita del prodotto interno lordo, dell'andamento del tasso d'indebitamento estero, degli obiettivi di sviluppo, della composizione e dell'andamento demografico, ecc. può essere utile per anticipare le possibili "aperture" di talune aree e sfruttarne per tempo il potenziale di domanda. A parte talune valutazioni o previsioni che, generalmente, chi fornisce le informazioni già esprime, ciascuno deve poter essere in grado di trarre le proprie valutazioni personali in funzione degli obiettivi e delle aspettative della specifica impresa.

Utilizzo e verifica

Dopo quanto detto sopra non si vorrebbe generare l'impressione che l'ingestione di un insieme di informazioni valide sia di per sè stessa sufficiente a delineare la soluzione dei propri problemi di sviluppo. L'informazione costituisce sempre e soltanto una base di partenza, tutta da verificare e tutta da sperimentare.

Se tramite la lettura e l'interpretazione intelligente delle notizie più aggiornate su un determinato mercato si trae la conclusione che sia forse opportuno entrarvi, è necessario che l'esame "a tavolino" venga verificato e rivisto alla luce delle più concrete realtà e possibilità di lavoro esistenti in quello specifico Paese.

Vi sono spesso taluni aspetti particolari che difficilmente possono essere compresi dalla semplice lettura, anche la più intelligente, della notizia e che si possono "avvertire" solo con una presenza fisica nel Paese. Un caso significativo può essere rappresentato dalla Cina, Paese da qualche tempo nel mirino degli operatori per le possibilità di sviluppo offerte. Al di là di tutte le possibili considerazioni macro o micro-economiche, politiche, finanziarie, commerciali, ecc., esistono nei rapporti con quella diversa cultura un insieme di fattori e di tradizioni, spesso di carattere interpersonale, che possono giocare un ruolo significativo nella realizzazione dei propri programmi di sviluppo.

Si può facilmente far rilevare che ciò è vero per tutti i Paesi, a dimostrazione che, a parte il caso cinese, il feeling e l'esperienza individuali sono pur sempre, alla fine, la chiave di volta di molte situazioni.

E' stata notata spesso in molti nostri operatori con l'estero una scarsa propensione all'utilizzo dell'informazione disponibile. Ciò è dovuto a varî fattori che, partendo dalla giustificazione più comune di una generica "mancanza di tempo", contrapposta alla necessità contingente di "portare a casa il fatturato", vanno alla generale carenza di una specifica "cultura internazionale" del nostro sistema economico.

L'improvvisazione, l'intuizione e la fantasia individuali hanno sempre prodotto nel nostro Paese risultati accettabili, e forse questo ci è sinora bastato. D'altro canto è stato sempre fatto ben poco per cercare di costruire e mantenere una specifica formazione in materia di scambi internazionali. La formazione e la ricerca sono state infatti troppo spesso considerate time loosing jobs, laddove per altri nostri dinamici concorrenti stranieri costituiscono fattori imprescindibili per il successo.

Di fronte alle sempre più complesse realtà dei mercati, alle sofisticazioni delle tecniche commerciali e all'innalzamento selvaggio delle barriere protezionistiche s'impone ora una diversa strategia motoria, della quale anche l'utilizzo intelligente dell'informazione costituisce senza dubbio la chiave d'accensione.

Necessità di sinergie operative

Come si è visto, il processo d'internazionalizzazione di un'attività economica deve trovare il suo avvio, prima di tutto, nella convinzione personale dell'imprenditore di dover e voler estendere la propria attività al di là delle limitazioni territoriali preesistenti. E' in sostanza un salto di qualità che rappresenta qualcosa di innovativo e che richiede un corollario di supporti specifici e ben strutturati.

Esporre un prodotto a una qualsiasi manifestazione fieristica e vederselo acquistare dai visitatori stranieri può rappresentare un soddisfacente test di partenza, ma ciò non significa ancora che l'azienda si sia internazionalizzata. La casualità di questo tipo di esportazioni ricorda infatti la bancarella dell'ambulante che si sposta da una piazza all'altra attendendo che le massaie si avvicinino per essere invogliate ad acquistare sotto l'effetto di una parlantina disinvolta o di uno sguardo ammiccante.

Se però le aziende di una certa dimensione riescono a costituire, al loro stesso interno e/o tramite canali esterni, una struttura in grado di garantire una sufficiente presenza nei mercati esteri, le imprese minori si arenano troppo spesso di fronte alle limitazioni esistenti e nel timore di dover "dividere" con altri i margini di manovra disponibili. Si crea così un circolo vizioso dal quale riesce talvolta difficile districarsi.

Un esempio di quanto affermato più sopra sta nell'esame comportamentale di talune imprese unite in forme consortili per lo sviluppo dell'export: fintantochè le sovvenzioni esterne riescono a mantenere in vita il sistema, tutto va più o meno bene, ma quando si richiede ai consorziati di contribuire in forma più consistente al rafforzamento delle strutture comuni (soprattutto per lo sviluppo delle iniziative di marketing), nascono le gelosie, i personalismi, i timori di perdere la propria individualità, e si limitano così le possibilità di sfruttare al meglio le risorse disponibili.

Più o meno analogo è il comportamento nei confronti delle Trading Company: queste aziende vengono spesso interpellate solo per risolvere un caso specifico che non ha trovato una soluzione "autarchica" (ad esempio, una proposta di scambio compensativo con prodotti difficilmente vendibili, oppure la cessione del rischio di una vendita dilazionata ad un Paese notoriamente insolvente), mentre andrebbero attuate forme di collaborazione continuativa che possano permettere un miglior utilizzo, razionale e sinergico, delle due funzioni imprenditoriali.

Su questi temi si avrà ancora occasione di ritornare, nell'intento di portare un contributo alla conoscenza delle varie possibilità di cui il nostro sistema economico già dispone per lo sviluppo dell' interscambio con l'estero.

_________________________

Alcuni "classici" riferimenti bibliografici:

€ D. F. Abell e J. S. Hammond, "Marketing strategico", Ipsoa, Milano, 1986
€ S. Alessandrini, "Le trading companies", Cescom/F.Angeli, Milano, 1982
€ S. Alessandrini e C. Secchi (a cura di), "Il ruolo delle trading companies nel processo di internazionalizzazione dell'economlia italiana", Cescom/F.Angeli, Milano, 1986
€ A. Foglio, "La strategia di marketing internazionale", F. Angeli, Milano, 1984
€ L. Guatri e W. G. Scott, "Manuale di marketing", Isedi, Milano, 1986
€ G. Pellicelli, "Il markeing internazionale", Giappichelli, Torino, 1980
€ W. G. Scott, "L'informazione, risorsa strategica per operare all'estero", Rivista L'Impresa, n. 2/1985
€ W. G. Scott, "L'internazionalizzazione dell'impresa minore", Mediocredito Lombardo, Milano, 1983
€ Un. Bocconi e CCIAA di Milano, "Strategie multinazionali", Il Sole-24 ore, Milano, 1987