Aspettando il 2000

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

La pioggia e i riflessi delle vetrine dei negozi, con la complicità di qualche residuo oleoso lasciato dalle automobili di passaggio, creavano effetti quasi surreali sull'asfalto del manto stradale, come se ciascuna depressione della sua superficie si fosse trasformata in uno specchio in continuo movimento, incorniciato da anelli concentrici di varie tonalità di colori.

Pioveva quasi senza interruzione ormai da una settimana e l'aria della sera diventava sempre più pungente, quasi preannunciando l'arrivo della prima seria nevicata della stagione.

«Un'ampia zona di bassa pressione proveniente dai Balcani», aveva annunciato il telegiornale del pomeriggio, «interesserà sempre più le nostre regioni, con ampie formazioni nuvolose accompagnate ancora da piogge e da qualche nevicata, anche di carattere intenso».

Al momento non si vedeva in giro nulla di interessante e Natalie ne approfittò per chiudersi meglio il bavero del cappotto attorno al collo e mitigare così per qualche istante il freddo che le penentrava sin dentro le ossa.

Anche Natalie proveniva dai Balcani, da un piccolo villaggio dal nome quasi impronunciabile per gli stranieri, dove era nata ventiquattro inverni prima, in una giornata con un freddo ancora più pungente e con un sottile manto di neve ghiacciata che ricopriva da parecchi giorni, forse ormai da qualche mese, l'intero paesaggio.

Il suo vero nome era Natascia, ma sin da piccola i genitori l'avevano chiamata Natalie, in una sorta di romantico ricordo di quella volta - forse era l'anno 1973 - in cui era stato loro consentito di trascorrere un paio di giorni nella Francia "capitalista" per discutere alcune loro relazioni scientifiche in un importante convegno internazionale.

Qualche anno più tardi, l'ennesima "purga" politica li aveva costretti a una sorta di esilio, facendoli allontanare dalla capitale per rifugiarsi in quello sperduto villaggio dove potevano ancora esercitare le professioni, lui di dentista e lei di pediatra; dovendo tuttavia condividere con il resto degli abitanti condizioni di vita appena al di sopra della soglia di sopravvivenza.

Per tutto il periodo della sua prima giovinezza, Natalie aveva ascoltato in famiglia gli interminabili racconti su quella pur breve avventura in Occidente e di cui se ne decantavano i fasti, alimentando i sogni di un peraltro improbabile ritorno.

Poi, finalmente, il regime che aveva retto per parecchi decenni con particolare durezza anche quel Paese balcanico, cadde in modo definitivo e le parole "libertà", "pluralismo", "mercato", "ricchezza", divennero sinonimo non più di un sogno irrealizzabile da tenere ben celato, bensì di una speranza ormai vicina.

Mentre osservava distrattamente gli anelli colorati delle pozzanghere, Natalie ricordava in modo particolare quella sera agli inizi degli anni Novanta, quando nel suo villaggio vi fu una grande festa, con fuochi d'artificio, canti e balli, per dare particolare risalto alle prime libere elezioni politiche. Lei aveva all'incirca quindici anni e già ben si notavano quelle fattezze che di lì a poco le avrebbero permesso di essere la ragazza più bella del paese.

Fu proprio forse in quella occasione che conobbe Olga, una sua coetanea proveniente da un piccolo borgo vicino, che poi sarebbe diventata la sua migliore amica e con la quale alcuni anni più tardi avrebbe fatto il grande passo di trasferirsi in Occidente per cercare fortuna.

Le due amiche ne avevano parlato a lungo, cercando innanzi tutto di capire come avrebbero potuto fare per sfruttare al meglio i loro diplomi in lingue straniere e per mettere da parte il necessario per il viaggio. Il primo passo fu di lasciare i luoghi di residenza e di trasferirsi nella capitale, dove riuscirono abbastanza facilmente ad inserirsi nel circuito delle hostess e delle interpreti che gravitavano attorno alle attività fieristiche.

Questo lavoro era piacevole e ben remunerato, anche se talvolta occorreva lasciare un poco in disparte i principi morali nei quali erano cresciute per accontentare i desideri, non solo di carattere strettamente professionale o turistico-culturale, degli uomini d'affari stranieri di passaggio. D'altro canto, diceva spesso Olga, «Qui, nelle nostre parti intime più basse, non abbiamo nessun contatore dei consumi e se ci pagano bene ... L'importante è di non innamorarsi a caso e, soprattutto, di non farsi mai fregare».

Il legame d'amicizia con Olga era anche una specie di zattera di salvataggio, alla quale ci si poteva aggrappare nei momenti di sconforto ma, soprattutto, per fantasticare su un futuro sempre più ricco di successi, di denari, di comodità.

Del guadagno delle due ragazze, una parte veniva trasferita ai rispettivi genitori per far loro trascorrere un'esistenza un po' meno squallida, mentre il rimanente, detratte le spese del vivere quotidiano, andava ad alimentare una sorta di fondo comune che sarebbe servito per la realizzazione del loro sogno.

Un bel giorno, dunque, Natalie e Olga presero la decisione di fare il grande passo e di trasferirsi in Occidente. Parlando saltuariamente con i clienti stranieri e discutendone poi più a lungo fra di loro, le ragazze avevano ben presenti i rischi ai quali potevano andare incontro. Erano purtroppo note le tristi esperienze di tante altre loro giovani connazionali che erano finite nelle mani di sfruttatori violenti e senza scrupoli, che le avevano inserite nel giro della prostituzione organizzata e della droga, comprate e rivendute infinite volte e poi, alla fine, ormai ridotte come degli esseri quasi disumani, abbandonate a sé stesse senza alcuna speranza di recupero.

Era necessario evitare tutto ciò, programmando un trasferimento in Occidente come se fosse quasi un lungo viaggio d'affari, con una scadenza prefissata per il ritorno e con un obiettivo ben preciso da conseguire.

Le ragazze acquistarono due biglietti aerei di andata e ritorno e pagarono anticipatamente il soggiorno per due settimane in un piccolo albergo, che secondo le guide turistiche fornite dall'agenzia di viaggi si presentava in modo del tutto decente. Mostrando questi titoli di garanzia, non fu loro difficile ottenere dalla locale Ambasciata un visto turistico e quindi, nel giorno fissato, lasciarono il loro Paese.

Fu proprio a seguito di tutto ciò che, tre anni dopo, Natalie si trovò in quella sera di pioggia a passeggiare in quella strada, fra un freddo sempre più pungente e i ricordi un poco struggenti della sua terra, del suo villaggio, della sua famiglia. Quasi certamente in quella stessa ora, Olga se ne stava a passeggiare per lavoro in un'altra zona della stessa città, cercando anche lei di passare il più possibile inosservata alle bande di sfruttatori che tenevano il monopolio delle altre "colleghe" meno indipendenti di loro.

Natalie e Olga la loro indipendenza l'avevano peraltro dovuta pagare a caro prezzo almeno in un paio di occasioni: la prima volta, subendo una vera e propria aggressione da parte di un paio di brutti ceffi che parlavano una diversa lingua slava e, un'altra volta, comprando in denaro la tolleranza di certi squallidi personaggi della vita notturna.

Ma, fino ad allora, nel complesso, era andata abbastanza bene.

Il "lavoro" lo trovavano in modo alquanto discreto, evitando di restare a lungo in un posto fisso - dove avrebbero suscitato le ire e le ritorsioni della concorrenza - e passeggiando senza dare troppo nell'occhio, in alcune strade del centro e della semi-periferia cittadini.

Niente abiti troppo succinti o atteggiamenti volgari, niente inviti sfrontati o eccessivamente ammiccanti.

Corpivendole di lusso, quindi, e non semplici puttane.

Il modo di "adescare" di Natalie e di Olga era infatti sottile e redditizio, basato sulla preventiva individuazione del potenziale cliente e sulla scelta del momento opportuno per sfoderare le armi più efficaci: un certo modo di camminargli davanti, di guardarlo fisso fisso in viso e di sorridergli. Ciò che contava per le due ragazze non era tanto la "quantità" dei successi ottenuti, quanto la loro "qualità" e, quindi, il maggior ricavato che ne potevano trarre in denaro.

Fu proprio così che in quella sera d'inverno, in quella strada e in quel momento, qualcosa e qualcuno vennero a distrarre Natalie dai suoi pensieri per riportarla al suo lavoro abituale.

Il nuovo "aggancio" era un tizio sui quarant'anni, nè bello nè brutto; un tipo qualsiasi, dai modi apparentemente affabili e gentili. La tecnica di approccio si dimostrò ancora una volta valida e i due si accordarono abbastanza rapidamente sul prezzo, sul modo e sul posto di "consumo" della prestazione.

L'uomo aveva posteggiato la sua auto a un paio di isolati di distanza e la raggiunsero in poco tempo per recarsi quindi, come aveva proposto lui, nel suo piccolo appartamento "da single", che stava all'altro lato della città.

Qui giunti, tutto si svolse nella perfetta e ormai abituale normalità e al termine dell'amplesso, mentre il cliente soddisfatto e rilassato si accendeva la tradizionale sigaretta, Natalie si alzò dal letto ancora tutta nuda, andò nel bagno per rinfrescarsi, poi prese da una sedia la sua borsa e ne estrasse una mezza bottiglia di spumante ancora avvolta in una carta natalizia chiusa da un vistoso nastro dorato.

«Pensa che bello, con l'aria che tirava fuori, lo spumante è rimasto ancora abbastanza freddo. Dimmi dove hai i bicchieri che ora facciamo un bel brindisi».

L'uomo si levò a sedere sul letto un poco sorpreso; sorrise e indicò con un gesto la porta della cucina.

«L'idea è molto carina, grazie. Non mi era mai capitata prima una cosa così. Ma dimmi, cosa festeggiamo? Forse perché è piaciuto tanto anche a te?»

Natalie non rispose subito. Con un lieve sorriso, si avviò verso la cucina, prese due bicchieri, li riportò nella camera da letto, con decisione stappò la mezza bottiglia di spumante e incrociando i bicchieri levò il suo brindisi, «... al raggiungimento del mio cliente numero 2000!»

«Domani», aggiunse poco dopo, mentre si rivestiva, «mi metto a riposo aspettando che anche una mia cara amica abbia ottenuto il suo risultato. Poi, con quello che abbiamo messo da parte in tre anni di lavoro, ce ne torniamo nel nostro Paese. Là i prezzi sono molto più bassi di qui, e ci possiamo comperare due begli appartamenti nella capitale. Ci faremo raggiungere dalle nostre famiglie e poi ... vedremo. Siamo ancora giovani; la voglia di fare non ci manca e ... il terzo millennio è ormai anche lui alle porte, con tutte le sue opportunità, le sue illusioni e le nostre speranze!».

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