Un importante convegno

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

Il cartoncino d'invito era stato stampato in 5000 esemplari ed inviato ad altrettante persone, fra quelle che più contavano nella società-bene della città, nel mondo della cultura, degli affari e delle istituzioni pubbliche o private.

Come capita spesso in questi casi, c'era anche chi, a causa dei soliti problemi dovuti o attribuiti all'informatica più avanzata, ricevette due o tre inviti e chi, per colpa degli altrettanto soliti disservizi delle poste, si vide recapitare l'invito un mese dopo la conclusione del convegno. Ma, in ogni caso, gli organizzatori avevano completato il tutto entro i tempi previsti e potevano ritenersi soddisfatti del lavoro svolto.

Poco prima dell'inizio tutto era pronto per il tanto atteso evento. La responsabile delle Pubbliche Relazioni, per l'occasione agghindata in un attillato e generoso tailleur che metteva in risalto le sue abbondanti grazie, aveva raggiunto di buon'ora la sala e aveva controllato che tutto fosse rimasto nello stesso ordine in cui l'aveva lasciato, dopo una giornata di frenetico lavoro, la mezzanotte precedente.

Sul tavolo dei relatori i fiori erano ancora freschi e i microfoni, le targhette con i nomi, le bottiglie di acqua minerale, i bicchieri, i fogli di carta e le matite per gli appunti, erano tutti al loro posto.

In sala, le poltroncine erano ben allineate e le avvenenti hostess in divisa rossa, reclutate per l'occasione presso un'agenzia specializzata, erano già pronte a ricevere degnamente gli ospiti.

All'ingresso, un bancone sovrastato dalla scritta "Registrazione partecipanti" era colmo di cartelle in finta pelle che contenevano l'immancabile penna a sfera, oltre ad alcuni fogli bianchi per consentire ai partecipanti più irresponsabili di combattere l'eventuale noia con scarabocchi e annotazioni personali.

Alle 9 del mattino cominciarono dunque ad arrivare alla spicciolata i relatori e i primi invitati e, dopo una ventina di minuti, un rapido sguardo d'insieme poteva far constatare come l'affluenza fosse del tutto soddisfacente. Il convegno aveva tutte le premesse per una buona riuscita e poteva quindi avere inizio.

Al tavolo dei relatori c'erano omai tutti, tranne il Ministro per la Ricerca Scientifica, che aveva preannunciato all'ultimo momento un suo leggero ritardo dovuto alla posticipata partenza dell'aereo che lo doveva riportare in patria da una visita di lavoro in Olanda.

Il commendator Efisio Bianchini, ispiratore, coordinatore e moderatore del convegno era, ovviamente, seduto al centro e nell'attesa dell'inizio dei lavori intratteneva amabilmente il professor Kenneth A. Hamilton - docente all'Università di Lexington, Kentucky, U.S.A. - che sedeva alla sua sinistra, e il dottor Gianni Rossi - assessore regionale - che occupava la poltroncina alla sua destra. Le altre tre sedie erano riservate ad altrettanto illustri personaggi: un famoso giornalista, un chirurgo di fama e un principe del foro che, con il Ministro in arrivo, avrebbero completato il panel previsto.

Le poltroncine di prima fila erano occupate da altre importanti personalità, fra cui spiccavano: monsignor Andrea Alberti, in rappresentanza della curia; il generale Giandomenico Chiodi, comandante in capo delle forze armate; il dottor Andrea Belpasso, alto magistrato della Corte di Giustizia; il chiarissimo professor Gennaro Acquachiara, rettore dell'Università; e altri ancora.

Completavano i posti a sedere il resto degli invitati; in tutto, una cinquantina di persone. In piedi, carichi delle loro attrezzature di lavoro, alcuni operatori televisivi e due fotografi.

Trascorso abbondantemente il tradizionale "quarto d'ora accademico", Bianchini assestò un vigoroso colpo di matita sul microfono, facendolo risuonare nella sala come un perentorio avvertimento al silenzio e, quindi, dato un rapido sguardo d'insieme all'uditorio, si alzò per pronunciare il suo intervento di apertura.

«E' per me un grande piacere ... (lunga pausa) ... dare avvio ai lavori di questo convegno e porgere il benvenuto agli illustri relatori ... (sguardo panoramico e sorriso di circostanza) ... che oggi ci hanno onorati della loro presenza, e ai partecipanti ... (altro sguardo panoramico di compiacimento e di ringraziamento) ... che così numerosi hanno voluto aderire all'invito per un incontro che vuole essere, al tempo stesso, un momento di verifica del lavoro svolto dal nostro istituto e un'occasione di confronto fra esperienze e culture diversificate a livello mondiale. Non a caso...(altra pausa) ... è presente fra noi il professor Hamilton, un carissimo amico che tutti voi conoscete per le sue brillanti intuizioni e, se posso permettermelo, per le sue monumentali opere scientifiche realizzate nel campo delle biotecnologie applicate e dell'ingegneria genetica molecolare».

Così dicendo, Bianchini si rivolse con un altro sorriso, ricambiato, all'illustre personaggio in questione:

«Ma quella del professor Hamilton», proseguì, «non è la sola presenza che ci onora particolarmente. Fra poco ci raggiungerà infatti il Ministro per la Ricerca Scientifica, e già sono presenti alla mia destra ....., alla mia sinistra .... e, in sala, vedo con piacere ...», continuò Bianchini, rendendo così omaggio anche agli altri ospiti di maggior spicco.

Dopo di che, proseguì dicendo:

«La caratteristica di efficientismo che da sempre contraddistingue l'istituto che ho ormai da vent'anni l'onore e il piacere di presiedere, mi costringe ad entrare subito nel vivo del convegno. Permettetemi, tuttavia, anziché soffermarmi sulla specificità del tema, di spendere solo alcune brevi battute sul contesto nazionale e internazionale che ha suggerito la realizzazione della ricerca scientifica che qui vogliamo presentare. D'altro canto, un ampio stralcio dei risultati del nostro lavoro - del quale voglio qui rendere il doveroso merito al personale tutto del nostro istituto - é già stato inserito nella cartella che vi è stata consegnata al banco di registrazione e ciascuno di voi potrà, con comodo, rendersi conto dell'importanza dei suoi contenuti ...»

Prese quindi un voluminoso plico di fogli che teneva davanti a sé e cominciò a leggerli. L'esposizione durò circa un'ora, ripercorrendo le più importanti tappe della storia del XX secolo, con divagazioni cultural-politiche e socio-economiche di ogni genere e con il condimento di citazioni famose, letterarie e non.

Nel frattempo, Bianchini era bersagliato dai flash dei fotografi e dallo sguardo continuo delle telecamere che lo riprendevano da tutte le possibili angolazioni.

Alla fine, raccolto lo scrosciante applauso della sala (non si potrà mai sapere se di ammirazione per i contenuti dell'intervento o se di ringraziamento per la sua conclusione) e scambiata una stretta di mano a mo' di reciproco compiacimento con i suoi vicini di sedia, l'oratore si sedette, non prima di aver annunciato che il professor Hamilton avrebbe fatto seguito presentando la seconda relazione della giornata.

L'illustre accademico statunitense (già ben avanti negli anni, in quanto ex-marine di quella Quinta Armata alleata che partecipò allo sbarco in Sicilia), forte delle sue vaghe reminiscenze della nostra lingua, generosamente lesse il testo di una relazione opportunamente tradottagli per tempo in Italiano.

Parlò per oltre trenta minuti, non tralasciando di denunciare, già che c'era, l'aggressività e l'accanita concorrenza del Giappone e di altre nazioni emergenti del Sud Est asiatico che, a suo dire, «Lungi dal collaborare in termini paritetici nello scambio delle rispettive esperienze scientifiche, tendono a sfruttare quelle altrui, facendole proprie e non divulgando ad altri le scoperte e le innovazioni realizzate nei propri laboratori di ricerca».

Mentre Hamilton parlava, Bianchini lo ascoltava palesemente estatico, senza far trapelare alcuna reazione di fronte all'indifferenza con cui il relatore considerava l'organizzazione che l'ospitava e le sue attività nel campo della ricerca.

La relazione di Hamilton, scandita da un ritmo monotono e incolore, aveva chiaramente distolto l'attenzione di gran parte dell'uditorio e si potevano notare alcuni congressisti che avevano approfittato della circostanza per recuperare qualche minuto di sonno arretrato; altri che avevano estratto dei documenti dalla loro borsa per leggerli in tutta calma ed altri, infine, che chiaccheravano sommessamente fra loro.

Nel frattempo, l'efficientissima responsabile delle Pubbliche Relazioni, compenetrata nel suo ruolo di attenta regista della seduta, percorreva discretamente i lati della sala, osservando che tutto funzionasse secondo il previsto e che nulla mancasse alla perfetta riuscita della manifestazione.

Terminata, con un battimani dai toni piuttosto modesti, la relazione del professor Hamilton, la parola passò al dottor Gianni Rossi, che colmò immediatamente la lacuna del precedente relatore facendo premettere al suo intervento un lungo e caloroso ringraziamento a Bianchini per la realizzazione dell'iniziativa e per aver voluto invitarvi anche un rappresentante dell'ente di governo regionale.

Espresse inoltre il suo compiacimento per il compimento di una così importante ricerca scientifica, della quale, disse, «... ho avuto modo di prendere visione nel corso della sua stesura finale».

Quindi, entrato nel vivo del suo intervento, cominciò ad elencare tutte le iniziative prese negli ultimi anni dall'amministrazione regionale per sviluppare l'economia locale; senza tralasciare di ricordare gli sforzi compiuti dal suo assessorato per racimolare i fondi necessari al recente risarcimento dei danni causati agli agricoltori, ben tre anni prima, dalla grandine e dalla peronospora.

Il suo intervento, che secondo il programma avrebbe dovuto assorbire circa venti minuti, prese all'incirca tre quarti d'ora e fece risuonare anch'esso un fragoroso e sentito applauso quando giunse alla conclusione.

Bianchini, a questo punto, prese ancora la parola per ringraziare i due precedenti relatori e per annunciare la pausa per l'immancabile buffet.

Mentre nella sala risuonava il movimento delle sedie che i congressisti spostavano per potersi incamminare verso il lungo tavolo degli alimenti, Bianchini fu circondato da una mezza dozzina di giornalisti che lo subissarono di domande, nonché da due operatori televisivi .

Nella inevitabile confusione che si venne a creare, pochi si resero conto delle manovre di alcuni strani personaggi che, con encomiabile tempismo e con collaudata esperienza, avevano raggiunto per primi il banco del buffet e si erano accaparrati una notevole quantità di tartine, di dolcetti e di salatini, che avevano in parte divorato subito e, per il rimanente, abilmente incamerato in sacchetti di plastica opportunamente usciti dalle loro tasche.

Questi individui erano ben noti a chi frequentava spesso i più importanti convegni. Si trattava infatti di ex o di pseudo giornalisti che, forti di una tessera di iscrizione all'Ordine (che possedevano non si sa bene a quale titolo), non mancavano mai a nessuna riunione che avesse in programma anche la pausa-pranzo, o qualcosa di simile. Ovviamente dei lavori del convegno non gliene importava nulla e la loro presenza si limitava alla iniziale registrazione (con regolare prelievo della documentazione disponibile) e alla partecipazione, si fa per dire, alla prima parte della seduta. Una volta esauritesi le disponibilità alimentari, per quei personaggi non sussisteva più alcuna ragione di permanenza nella sala e, quindi, se ne andavano alla chetichella.

Non è escluso che, orario permettendo, si affrettassero a "presenziare" ad altri convegni organizzati da qualche altra parte. Era, in sostanza, uno dei tanti modi escogitati dalla mente umana per "sbarcare il lunario".

In ogni caso, i suddetti signori non furono i soli a lasciare l'aula al termine della pausa. Ci fu chi se ne andò adducendo un improrogabile appuntamento di lavoro fissato in precedenza; chi si ricordò di avere «... il volo per Catania che parte fra meno di un'ora»; chi, infine, si allontanò senza sentire il bisogno di giustificarsi con nessuno.

Fra i relatori vi era stato anche qualcuno che se ne andò immediatamente dopo il suo pur breve intervento. D'altro canto è risaputo che per alcune persone "importanti", la presenza al banco dei relatori (ma, forse, ancor più il proprio nome stampato sul cartoncino del programma) costituisce una forma di diritto-dovere alla quale non possono assolutamente rinunciare. Solitamente non hanno nulla da dire ma, in ogni caso ... lo dicono sempre bene. E in caso di impreviste difficoltà, hanno sempre l'alibi di un altro importante impegno che le costringe, loro malgrado, ad allontanarsi anzi tempo.

Il risultato di tutto ciò fu che alla ripresa dei lavori, delle circa cinquanta persone presenti inizialmente, ne erano rimaste in sala sì e no una ventina.

In realtà la riunione aveva ormai perso quasi tutto il suo interesse o, quanto meno, quello che poteva sembrare tale. Nessuno dei presenti si era illuso che quel convegno potesse rappresentare qualcosa di diverso dal solito, e al quale erano ormai abituati, in quanto di congressi, convegni, seminari, conferenze, incontri, tavole rotonde e simili, c'è una tale abbondanza che diventa sempre più difficile individuarne per tempo il reale interesse.

Vi sono alcuni abituali relatori che fungono egregiamente da "specchietti per allodole", attirando, a suon di dollaroni, quel minimo di presenze che può decretare il successo della riunione, indipendentemente dai suoi contenuti intrinsechi. Fra tali personaggi non si possono dimenticare un famoso ex-presidente dell'URSS, un paio di ex-Segretari di Stato americani, qualche ex-calciatore, alcune ormai-quasi-decrepite attrici del cinema, molti venerabili Premi Nobel, e altri ben noti "ex" di qualcosa. Il tutto ha un costo che spesso si ritorce a danno dei soliti contribuenti, ma questo non conta più di tanto.

Nel nostro caso, il commendator Bianchini aveva avuto il suo ampio spazio di visibilità; il professor Hamilton poteva ritenere di avere ampiamente guadagnato il "gettone di presenza" (circa diecimila dollari che gli erano stati promessi, unitamente al rimborso del biglietto aereo e della nota dell'hotel a cinque stelle, per lui e per la sua gentile consorte); la responsabile delle Pubbliche Relazioni sarebbe stata senz'altro ringraziata dal suo "capo" per l'ottimo lavoro svolto; i congressisti potevano arricchire la loro raccolta di cartelle-convegno e, non ultimi, i giornalisti avevano materiale a sufficienza per comporre il loro "pezzo" quotidiano.

Il programma prevedeva nella seconda parte del convegno altri interventi, in particolare quelli del famoso chirurgo e dell'altrettanto famoso principe del foro, che tuttavia costituivano per gli organizzatori niente altro che delle indispensabili comparse "di riempimento". Niente di drammatico, quindi, se ad ascoltarli (si fa per dire) fossero rimasti solo pochi presenti.

Al termine dei lavori (il dibattito previsto nel programma fortunatamente non ebbe luogo), pochi si sarebbero chiesti di cosa in realtà si fosse parlato o, quanto meno, cosa fosse stato detto di nuovo.

«L'importante», come saggiamente aveva detto Pierre de Coubertin in altre circostanze, «non è vincere, bensì partecipare».

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