La pelle dell'orso

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

Uccidere l'orso è disdicevole, non solo per la salvaguardia delle speci a rischio d'estinzione, ma anche perché si presenta come un'impresa non sempre facile e talvolta anche un poco rischiosa. Ma vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso è qualcosa di altrettanto disdicevole o, almeno, così ci suggeriscono gli antichi detti popolari che per definizione sono considerati una fonte preziosa di saggezza.

Sembra invece che vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso o, peggio ancora, prima di averlo visto, sia un'attività comunemente praticata dai personaggi di maggior spicco e, di conseguenza, altrettanto intensamente riportata dalle "penne" giornalistiche più in voga.

I primi ne traggono un vantaggio d'immagine che rafforza il loro costante bisogno di presenzialismo, mentre le seconde raccolgono il merito di aver scovato quella "notizia" che assicura loro il quotidiano companatico e garantisce il costante consumo di inchiostro da stampa.

Entrambi essendo pienamente consapevoli del fatto che il popolo, definito tempo fa da un tale come "bue, goffo e corrotto", soffre anche di notevoli amnesie e che mai più si preoccuperebbe di verificare, prima o poi, se quel particolare orso era stato effettivamente ucciso o se addirittura esisteva.

Per fare un esempio banale, supponiamo che un certo personaggio abbia la più o meno felice intuizione di creare un nuovo ente o un nuovo strumento che intenda aiutare le medie e piccole imprese a crescere o, come si dice sempre più spesso, a globalizzarsi. Il signore in questione fa chiamare a rapporto l'amico giornalista, che corre subito da lui armato di carta e penna in quanto sa per esperienza che ne potrà ricavare un articolo, e gli illustra la sua mirabolante iniziativa. Si tratterebbe per il momento solo di un'idea ancora tutta da realizzare e da verificare nella sua concreta efficacia, ma che basta al giornalista per affermare che «Grazie all'iniziativa di ... d'ora in poi le nostre imprese possono usufruire di un sostegno concreto per ... ecc., ecc.»

Una semplice intenzione diventa quindi per il giornale e per i suoi lettori già una realtà, con tanto di risultati certi. Ed ecco così felicemente risolto un problema che per molti anni aveva angustiato il mondo economico nazionale.

L'esempio si può tranquillamente ripetere in una pluralità di situazioni e basta un poco di attenzione alle notizie giornalistiche per creare una casistica abbastanza ampia e diversificata.

La pagina economica o politica del quotidiano deve teoricamente riportare la cronaca nel modo più obiettivo possibile e la redazione del giornale non è legittimamente tenuta ad esprimere valutazioni critiche sui singoli avvenimenti che riporta, ma d'altro canto i giornalisti, così come gli uomini politici o i personaggi di spicco, hanno bisogno di esprimere solo certezze, anche se non ne sono intimamente convinti e quando queste non sono ancora tali, fanno finta che lo siano. In caso contrario la notizia non sarebbe tale e non meriterebbe neppure un rigo. Quale sarebbe infatti la reazione del lettore-elettore se il suo abituale quotidiano riportasse la notizia di un famoso personaggio politico che in piena campagna elettorale avesse affrontato l'uditorio dicendo che il suo partito «Forse farà questo o quest'altro, pur non essendo del tutto sicuro di riuscire nell'intento»?

Nossignore, l'uomo politico deve convincere di essere più che certo della riuscita dei suoi programmi, perché "solo lui" potrà riuscire dove "gli altri" hanno fallito o sarebbero certamente in grado di fallire.

Poi, a vittoria elettorale conseguita e di fronte alla mancata realizzazione degli obiettivi dichiarati, si troveranno mille motivi per rispondere ad eventuali obiezioni di qualche inopportuno contestatore dotato di un minimo di memoria storica.

E' il solito antico discorso del cane che ha morso la vecchia o della vecchia che ha morso il cane: due notizie che tuttavia meritano ancora un esame critico, contrariamente a quelle, prive ormai di ogni diritto di attenzione, del cane che ha morso un altro cane o di una vecchia che ne ha morso un'altra.

Così tutti sono contenti, lettori, editori e produttori d'inchiostro compresi. Nessuno, d'altro canto e dopo un tempo ragionevole, andrà mai a vedere cosa sia effettivamente successo, anche perché nel frattempo le pagine dei quotidiani saranno state riempite con altre notizie che avranno glorificato altri illustri personaggi ed altri noti giornalisti, spostando l'attenzione verso temi di più ordinaria attualità.

Si ripete, in sostanza, quel concetto di usa-e-getta che ha trasformato gran parte del nostro pianeta in un'enorme montagna di spazzatura. Il puzzo che ne deriva lo si sente penetrare nelle narici, ma l'indifferenza e le abitudini del consumismo hanno da tempo suggerito di turarsi semplicemente il naso.

D'altro canto, la fame di notizie giornalistiche si manifesta in modo ancor più evidente durante il periodo delle vacanze estive quando, a Parlamento chiuso e con la maggior parte delle più importanti "penne" e dei più noti personaggi pubblici in vacanza, ai giornalisti di secondo piano rimasti al lavoro non resta che far ricorso a ciò che ancora rimane del mostro di Look Ness, agli Ufo o, infine all'interpretazione becera delle statistiche pubblicate dalla Banca centrale o dall'Istat.

Il pubblico viene così ripetutamente informato dai giornali e dalle reti televisive dell'esistenza in Italia di decine di migliaia di Paperon de' Paperoni, spacciati per tali solo in quanto i dati statistici indicano, con riferimento a due anni prima, l'esistenza di conti correnti (ivi compresi quelli aperti da enti economici) con saldi di deposito superiori al miliardo. Come se i veri miliardari fossero così ingenui e sprovveduti da conservare tutte le loro sostanze in semplici depositi nominativamente intestati e fruttiferi di modestissimi tassi d'interesse. Nessuno di questi giornalisti si preoccupa comunque di ipotizzare, ad esempio, quanto possa valere e a chi possa essere attribuito in proprietà uno qualsiasi delle decine di migliaia di palazzi a quattro o più piani che si affacciano sulle principali strade cittadine e di cosa possa realmente significare "essere miliardari".

Ma, per fortuna o per disdetta, le vacanze estive terminano presto e con il ritorno al lavoro giungono in redazione anche le notizie più interessanti.

Così come il campione di salto in lungo misura il suo successo dalla quantità di medaglie e di coppe che arricchiscono il suo trofeo, il personaggio famoso valuta il suo talento dal numero e dalla frequenza delle sue presenze sui "media" più accreditati e assolda specifici individui al solo scopo di garantirgli il quotidiano spazio sulle più importanti testate. La classica frase: «Non importa cosa si dice di me, l'importante è che se ne parli», appartiene ormai all'aneddotica più retriva o, tutt'al più, si applica a quelle sole teste blasonate che ancora siedono su troni traballanti sostenuti soltanto da qualche abbondante mucchietto di carta-moneta. Il personaggio in voga chiede invece ai suoi scudieri che la stampa «Parli di lui e che ne parli sempre bene». Non mancando mai di far aggiungere il suo prestigioso nome nella lista delle partecipazioni al lutto che appaiono in calce ai necrologi di illustri defunti, confermando così anche la tesi poetica secondo la quale

"Non crepa un asino
che sia padrone
di andare al diavolo
senza iscrizione"
.

Per contro, il povero Giovanni Rossi potrà "finire sul giornale" solo se, preso da un improvviso raptus di follia omicida, sbudella la moglie, la suocera, i figli e quattro vicini di casa. Ma probabilmente a Giovanni Rossi non importa proprio niente di quel tipo di fama e, quindi, non convoca tre mesi prima il giornalista di turno per comunicargli in anteprima la notizia. Ma anche se lo facesse, susciterebbe solo un'irrefrenabile ilarità o tutt'al più farebbe solo accorrere a sirene spiegate l'ambulanza del più vicino ospedale psichiatrico.

E' comunque molto più probabile che il nostro Giovanni Rossi, armato di una semplice doppietta e muovendosi alla chetichella per evitare di incappare negli ambientalisti e nelle sempre attente guardie forestali, individui nel bosco il famoso orso, lo centri al primo colpo, lo scuoi sul posto e ne venda la pelle a un suo amico conciatore che ne ricaverà un discutibile scendiletto destinato alla villa di campagna di un noto regista.

Sulla fine dell'orso non ci sarebbe alcuno scoop, mentre potrebbe sorgere un altro interesse giornalistico se su quello scendiletto venissero un giorno a posarsi i graziosi piedini di un'avvenente diciottenne in caccia di successo e che in seguito, fortemente delusa per non aver conquistato la sua dose di notorietà artistica, denunciasse pubblicamente quel regista per averla insidiata, sedotta e abbandonata, dietro la solenne promessa di un prestigioso ingaggio.

Con beneplacito dell'orso che almeno post mortem potrebbe ammirare, si fa per dire, dal basso, le preziose grazie della fanciulla in questione.

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