Una giornata molto impegnata

Avvertenza: questo breve racconto è stato scritto in forma provocatoria nei confronti di un certo "stile narrativo" alquanto diffuso fra giovani scrittori esordienti che frequentano la rete Internet e i relativi siti letterari. Mi era infatti capitato tempo fa di avviare una piccola discussione fra amici, nella quale sostenevo che non è assolutamente difficile esprimersi in quel modo e... ci ho voluto appunto provare. Per scherzo, naturalmente.
Gian Cesare Marchesi

Ieri non mi andava di fare un cazzo di niente. Non sapevo perché, e non me ne fregava neppure di saperlo, ma era proprio così. Avevo dormito, credo, fino alle undici del mattino, ma mi sentivo lo stesso tutte le ossa rotte. Hai presente? Come se fossi passato sotto il rullo di una schiacciasassi. Ma poi, in definitiva, che cazzo me ne fregava delle ossa, della schiacciasassi e di tutto il resto? Ero sveglio, mi ero già succhiato una scura, aspirato due Camel e scosso per bene il mio arnese nella tazza del cesso.

A proposito, ieri non c'era nemmeno quella stronza della Lella, che quando rimane a dormire da me - si fa per dire, perché in realtà non facciamo altro che scopare come mandrilli - poi mi rompe il cazzo con la faccenda che, secondo lei, io piscio sempre sul pavimento.

"Se proprio non ci riesci", mi dice, "con quel coso che ti trovi lì davanti, a centrare bene la tazza, almeno siediti, come facciamo noi donne. Così almeno eviti di imbrattare tutto in giro. Va bene che tanto non devo pulire io, ma mi fa schifo lo stesso."

Questo è uno dei vantaggi del vivere da soli: non è necessario chiudere la porta del bagno e nessuno ti rompe le palle con quel genere di stronzate. E poi, dove la metti la libertà?

La libertà. Già, sembra facile parlarne, ma poi in definitiva cosa significa? Sei libero se devi andare sei giorni alla settimana in quel cesso di negozio, a fare quel solito lavoro di merda, con una stronza di padrona che appena ti vede entrare ti sbranerebbe con gli occhi per la voglia che ha di assaggiartelo? Non è che sia tutta da buttare via, quella lì. Ci ha ancora un bel culo dove ci starebbero bene almeno venti centimetri di manico, e le tette le tiene ancora su anche senza le stecche, ma i suoi quarant'anni li ha passati tutti da tempo e se mette in fila tutti gli uccelli che ha preso sinora, arriva di sicuro fino in America.

Quel pirla del Max una volta le ha dato un po' di corda e quella non ci ha messo né due né tre a portarselo subito nel retrobottega, con la scusa di prendere le scatole della lana che stavano più in alto, e a farselo per bene. Si sentivano i loro miagolii fino sulla porta del negozio. Meno male che non è entrato nessun cliente. Pensa che quando lui è ritornato dietro al banco, con lo zip ancora abbassato e i jeans con una macchia di bagnato grande così, aveva una tale faccia da cane bastonato... Chissà cosa non gli avrà mai fatto, quella. Lei, invece, niente di niente. Come se nulla fosse. E' proprio vero che sulla figa non c'è il contatore. Quasi quasi la prossima volta se non ho altro da fare, ci provo anch'io con la padrona. Come dici? Ma dai, stavo soltanto scherzando; per ora posso ancora trovare di meglio! E poi, come ti ho detto, quella mi sta proprio sul cazzo.

E, ancora, sei forse libero quando te ne devi stare per venti minuti in coda allo sportello della Posta per spedire le raccomandate che ogni fine mese dobbiamo mandare a tutta la gente che non ha pagato i conti del negozio? Ma ti voglio raccontare una cosa, che però deve restare fra noi. La settimana scorsa la padrona mi aveva ordinato di andare alla Posta con il solito pacco di raccomandate e, sai io cosa ho fatto? Le ho buttate nel primo cestino che ho trovato per strada. Vaffanculo!

Poi mi sono fiondato nel bar della Giusy (che ha sempre due tette così e certe labbra da pompini ... che te le raccomando) dove mi sono fatto una bella bionda alla spina. Poi quando sono tornato al negozio ho preso le ricevute delle lettere spedite il mese prima e, come se niente fosse, le ho mostrate con un sorriso alla solita vecchia. Quella non si è posta nessun problema e sai che a momenti prendeva quel mio sguardo per un invito? Meno male che è entrato in quel momento un cliente, perché altrimenti avrei fatto anch'io la fine del Max.

E va bene, adesso parliamo d'altro. Ah, si, ti stavo dicendo che ieri mattina non avevo voglia di fare un cazzo. Era domenica, una domenica come tutte le altre. Io allo stadio non ci vado mai, perché quelle stronzate non mi interessano; e poi c'era anche anche il blocco del traffico, per cui non potevo nemmeno andare dai miei, che in questi giorni se ne stanno in campagna. E sì che questo mi avrebbe fatto comodo, perché magari rimediavo da mia madre anche qualche lira in più; che non guasta mai.

Così mi sono messo a mandare qualche SMS e finalmente ho trovato in giro la Monica. Come? Si, si, proprio quella che prima stava con il Gianni, fino a quando lui si è fatto beccare con due etti di erba in tasca ed è finito dentro. Con la Monica non c'è mai stato niente di serio, qualche bella sega, e due o tre sveltine in macchina e ... non ricordo altro. Ma sì, certo, l'ho chiavata sempre con il guanto: lo sai anche tu che io di solito non mi fido. E poi, dicono che forse la Monica, con tutte quelle canne che si è fatta, e per essere stata così a lungo con quel tossico del Gianni ... Sai, non voglio pensare male, ma l'AIDS è una cosa seria. Se te la cucchi, sei sistemato per sempre.

Bene, sai cosa abbiamo fatto ieri? Pensa un po': siamo andati a piedi fino al parco, come due bravi bambini. Ci siamo messi a sedere su una panchina e siamo rimasti lì per tutto il pomeriggio. A fare cosa? Niente, siamo stati là così. Insieme. A parlare, a fumare, a raccontarci le solite cazzate. Te l'ho detto, ieri non mi andava di fare un cazzo. Manco meno di scopare. Vaffanculo! Ah si, quasi mi dimenticavo, ci siamo anche scolati un paio di scure e ci siamo fatti un hamburger a testa. Tanto a noi della mucca pazza e di quel genere di stronzate messe in giro ad arte per vendere di più delle altre cose, non ce ne frega proprio niente.

Adesso ti devo proprio lasciare, perché devo lavarmi tutto, palle comprese, che fra un paio d'ore mi devo trovare al TuForMi con un po' di gente che avevo incontrato l'estate scorsa, forse a Sirmione o da quelle parti.

Come? Non conosci il TuForMi? E' una nuova disco da vero sballo che c'è in fondo a via Venini, verso la stazione dei pullman. No, non è cara, te la cavi con tre o quattro sacchi. Dai, forza, vieni anche tu. Ci troviamo là fuori fra due ore, appena poco prima di mezzanotte. Ciao.

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