La palla

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

PALLA: sostantivo di genere femminile e di probabile origine longobarda. Dicesi di oggetto di forma generalmente sferica, spesso cavo all'interno, atto a contenere aria od altri elementi che di solito gli conferiscono flessibilità ed elasticità. Attrezzo usato sin dai tempi più antichi nel gioco della p., sia tonda che ovale. Il genere femminile del termine e il costante riferimento alla forma geometrica della sfera rafforzano la ragione dell'uso di tale modello nella moderna chirurgia estetica che, facendo ampio uso del silicone, consegue risultati eccezionali spillando ingenti somme di denaro ad aspiranti attrici. Del tutto priva di cavità interna era invece la p. di granito posta sopra il pilastro sinistro all'ingresso del viale della villa dell'onorevole Carmine Negro: narrano le cronache che la p. gemella, situata sul pilastro di destra, cadendo casualmente sul piede del postino glielo ha letteralmente spappolato. E' altresì nota la curiosa p. di pelle di pollo di un tale Apelle, figlio di un altro non meglio identificato Apollo.

PALLE: sostantivo plurale, usato anche nella forma dialettale balle che, nonostante il genere femminile, definisce un attributo anatomico prevalentemente maschile, con qualche eccezione per la forma neutra. Molto usate le p. da tennis, quelle da golf e da biliardo. Altrettanto note quelle di Mozart che, a differenza di quanto si potrebbe malignamente intendere, caratterizzano gustosi prodotti dell'industria dolciaria austriaca, utilizzanti l'effigie del grande maestro salisburghese. Il termine identifica anche parti anatomiche, più o meno sferiche, appartenenti ai maschi della specie umana, messe a due a due (non sono note versioni trinate, eccezion fatta per quella puramente toponomastica attribuita al Comune di Trepalle, nell'alta Valtellina), fra loro diseguali nella dimensione e tendenti a diventare variamente pendule dopo un prolungato uso o per effetto del trascorrere degli anni. Questa caratteristica conferma la non staticità delle p. stesse, che sono sovente soggette a quei violenti moti rotatori meglio conosciuti come "giramento di p.". Le p. costituiscono anche un elemento identificativo ampiamente usato nella iconografia araldica. La quantità di p. poste sulle corone dei blasoni distingue fra loro i vari livelli nobiliari (conti, baroni, marchesi, principi, ecc.), anche se non è detto che tali attributi corrispondano sempre alle reali qualità o capacità dei titolati in questione. Ne faceva forse eccezione il Colleoni, del quale si ricordano più la durezza delle sue p. che non le gesta eroiche compiute nelle vesti di capitano di ventura.

SINONIMI :

"Marroni": dicesi anche di bacche o frutti alimentari di colore bruno scuro, prodotti dall'albero del castagno. Generalmente usato nell'Emilia-Romagna nella versione "maroni", senza alcuna allusione al Ministro degli Interni del primo governo Berlusconi.

"Coglioni": secondo un dizionario molto in uso nelle scuole di ogni grado, trattasi di "esclamazione plebea di meraviglia, che si attenua in corbelli! o anche in corbezzoli!". Francamente questa definizione non convince molto, sia per il tono certamente classista usato dall'estensore, che per lo scarso uso che viene fatto, anche con il miglior intendimento di attenuarne l'effetto, dell'espressione: "Mi hai rotto i corbezzoli".

"Gioielli di famiglia": sinonimo di dizione raffinata, ampiamente utilizzato - per restare in ambito classista - dal ceto più evoluto e che testimonia la preziosità universale degli oggetti cui ci si intende riferire, a differenza del sinonimo precedente, che è evidentemente destinato ad un più ampio consumo (ne é una palese testimonianza la breve durata in carica del citato Ministro).

"Santissimi": espressione certamente blasfema che enfatizza il valore attribuito alle p. (ved. sinonimo precedente), dando loro una forse eccessiva sacralità. Questa assonanza alla sfera religiosa la si ritrova - con caratteristiche altrettanto irrispettose, nella più antica tradizione goliardica, allorquando veniva recitato nei famosi "misteri gloriosi" di quel "Sant'Ilario che, con le p. sul binario, faceva deragliare i rapidi".

"Zebedei": restando in ambiente blasfemo, non si comprende come abbiano potuto, i figli dell'Apostolo, Giovanni e Giacomo, continuare a sopravvivere sino ai giorni nostri pur essendo continuamente "rotti" dagli scocciatori di turno.

"Scatole": viene usato soprattutto in virtù della loro capacità di contenere gli oggetti più disparati, ma anche della loro facile deperibilità, conseguente a non improbabili rotture, accidentali o non. Benché di forme tendenzialmente parallelepipedi, e quindi poco rassomiglianti a quelle geometriche originali, si prestano altrettanto bene a quei frequenti moti rotatori citati più sopra.

LOCUZIONI:

"Che p.!": espressione solitamente usata dalla figlia quattordicenne per commentare la richiesta di suo padre di sentirla rientrare a casa dalla discoteca prima delle tre del mattino.

"Avere le p. piene": situazione ottimale per un tennista "testa di serie" che si accinge a disputare un prestigioso torneo internazionale, o che si verifica in caso di prolungata astinenza sessuale. Succede, ancor più frequentemente, dopo due ore di forzato colloquio con il superiore diretto.

"Mi ha rotto le p.!": spiegazione che si fornisce agli amici a conclusione del racconto di un rapporto sentimentale finito con il ricovero dell'altro partner in una clinica per malattie nervose. Esiste anche la forma masochistico-intransitiva, "mi sono rotto le p.", che sintetizza l'orgoglio e il piacere di aver assistito all'intera esecuzione della Valkiria, magistralmente interpretata dall'Orchestra Filarmonica di Vienna.

"Quello/a ha le p.!": definizione elogiativa, usata soprattutto nei confronti di un uomo (ma spesso anche di una donna) che riscuote la generale ammirazione dei colleghi per aver sbattuto, prima del suo licenziamento in tronco, la porta in faccia "a quello stronzo del capo".

"Contaballe": dicesi di individuo addetto alla verifica quantitativa della materia prima usata nelle filature di lana o di cotone, ma anche attribuito al capo dell'esecutivo quando afferma che la nuova legge finanziaria non comporterà ulteriori aggravi contributivi a carico dei soliti lavoratori dipendenti.

"Cacciaballe": sinonimo di contaballe, ma con un maggior coinvolgimento affettivo nel cercare di convincere il contribuente a pagare le imposte con il sorriso sulle labbra.

"Rompiballe": colui che si diletta, non appena possibile, a mandare a monte il faticoso lavoro di ricostruzione delle proprie p. che ciascuno compie al mattino, prima di uscire di casa, appena dopo essersi sbarbato e pettinato.

"Avere due p. così": tipico caso patologico riscontrabile nell'elefantiasi congenita. Usato anche in sostituzione della frase: "avere le p. piene" di cui sopra. Circa quest'ultima locuzione, esiste anche una variante "da salotto", che preferisce utilizzare, quali contenitori, le tasche anziché le p.

DERIVATI:

"Pallino": diminutivo che conferma la caratteristica maschile del termine p. Anticamente adottato come sinonimo di abitudine o di innocua mania.

"Pallone": trattasi di un ampio contenitore in cui entrano tutti coloro che sono stati elargiti di un appassionato ed inatteso abbraccio della spogliarellista vicina di casa, incontrata casualmente in ascensore mentre era incidentalmente sola.

"Palloso": aggettivo usato dalla giovane 90-60-90 per definire il suo fidanzato, o il suo legittimo consorte, che abitualmente rimane in ufficio a fare gli straordinari, mentre lei si intrattiene con un amico in simpatici momenti di relax sul sedile ribaltabile di un'automobile parcheggiata nella zona meno illuminata di una solitaria e compiacente strada di periferia.

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