Petali di rose

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

Un tempo il mese di maggio, dedicato a Maria di Nazareth, era anche noto per la fioritura dei narcisi, dei mughetti e delle rose. Ormai relegata Maria in "serie B", vietata per motivi ambientalisti la raccolta dei narcisi e dei mughetti, monopolizzata dagli Extracomunitari la vendita delle rose agli incroci cittadini, di queste ultime non restano che le spine, graziosamente donate ai contribuenti dal nostro beneamato Fisco.

Ieri sono stato convocato nell'ufficio di Gian Luca, il mio amico "ragioniere", nelle cui mani ho rimesso, da anni, i miei segreti patrimoniali, economici e finanziari. Lui ormai sa tutto di me: come e dove vivo, quanto guadagno, quante volte all'anno ceno in un ristorante "fuori porta", come uso l'automobile e dove vado, quanto ho speso per l'intervento chirurgico alle tonsille e, forse, come si chiama quella bionda della porta accanto alla mia, a cui faccio l'occhiolino ogni volta che ci incontriamo casualmente in ascensore. Lui è diventato il mio confessore, nonché il giudice silenzioso e inflessibile delle mie azioni quotidiane.

L'incontro si era reso necessario per la compilazione della dichiarazione annuale dei redditi che, come ho da tempo scoperto, è solo un modo di dire, in quanto le cosiddette dichiarazioni sono ben più di una e, mi sembra di capire, i redditi c'entrano ben poco. Non c'è infatti nulla di nuovo da dichiarare, essendoci solo da motivare degli incomprensibili pagamenti, dopo aver percorso una infernale gymkhana fra leggi, decreti, circolari, aliquote, pseudo-esenzioni, scadenze, anticipi, anticipi degli anticipi, saldi degli anticipi, saldi dei saldi, maggiorazioni e una tantum a favore degli alluvionati o dei terremotati che, come purtroppo si sa, in un Paese ecologicamente e finanziariamente sinistrato come il nostro costituiscono ormai una costante, simile ad una normalissima "una semper".

Gian Luca ha aperto un voluminoso fascicolo col mio nome in copertina, ha estratto ed esaminato una gran quantità di carte, ha acceso il suo personal computer ed ha cominciato a fare, come si suol dire, di conto.

Alla fine, con un sorriso di soddisfazione, mi ha tranquillizzato dicendomi: «Bene, quest'anno te la cavi con 3.735.475 lire che, come d'uso, si devono arrotondare a 3.735.000 lire»

Poi, senza lasciarmi il tempo di rallegrarmi anche per lo sconto imprevisto di 475 lire, ha aggiunto: «Questo, beninteso, in quanto hai già versato un primo acconto di 7.457.000 lire e un secondo acconto di 3.749.000 lire. Senza considerare le ritenute di legge alla fonte per altre 47.672.000 lire che ti hanno già trattenuto i tuoi datori di lavoro»

«Niente male», ho pensato dentro di me con una punta di sarcasmo, «si vede che, senza accorgermene, l'anno scorso ho guadagnato un mucchio di soldi»

A questo punto ritenevo che il nostro incontro fosse giunto al termine e, estratti dalla tasca il libretto d'assegni e la penna, stavo già compilando un assegno di 3.735.000 lire da lasciare al mio amico ragioniere perché provvedesse per mio conto a rimpinguare le casse dell'Erario, quando Gian Luca mi fermò con un tono che non ammetteva equivoci.

«Aspetta, non ho finito», disse, «questo è solo il calcolo delle imposte sul reddito dell'anno scorso. Adesso dobbiamo calcolare le altre». E, consultando altre carte dal solito fascicolo, riprese a picchiettare sui tasti del computer.

Quindi, cominciò ad elencare: «Alla cifra che ti ho appena detto, devi aggiungere l'importo del primo acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'Irpef, dovuto per l'anno in corso che, se non sbaglio, dovrebbe essere pari a sette milioni di lire. Poi, c'è la tassa sulla salute, che dovrebbe fare altre 650.000 lire.»

Cercai di riflettere sul significato di "salute", chiedendomi a cosa potessero servire i contributi che già mensilmente mi venivano trattenuti per l'ente statale che dovrebbe curare il benessere sanitario dei cittadini, nonché i ticket che mi vengono richiesti dal mio medico e dai vari farmacisti ogniqualvolta ricorro ai loro servizi. Nel frattempo, Gian Luca continuava imperterrito: «In aggiunta, dobbiamo considerare l'imposta comunale sugli immobili, l'Ici, che dovrà essere versata fra pochi giorni a saldo del corrente anno.»

Anche questa voce mi poneva alcuni interrogativi, non risultandomi del tutto chiaro a cosa servisse l'imposta che il mio amico aveva appena prima calcolato sui presunti redditi dell'appartamento in cui abito; senza tener conto della salatissima tassa sui rifiuti solidi urbani da me direttamente versata, a saldo, all'esattoria comunale due giorni prima.

Il dedalo delle imposte costituiva da sempre un rompicapo dal quale non riuscivo ad uscire con un quadro preciso. Iva, Irpef, Isi, Ici, Tosap, Ilor, e tante altre sigle dal significato ermetico, mi hanno sempre procurato enormi emicranie e talvolta mi è capitato di svegliarmi repentinamente nel cuore della notte, euforicamente sorpreso da un sogno maligno: il Ministro delle Finanze aveva attuato una riforma che semplificava le norme tributarie, introducendo un'unica imposta di facile interpretazione e d'immediata esazione, che colpiva equamente e inesorabilmente tutti i percettori di reddito, venditori di sigarette di contrabbando, prostitute e travestiti compresi.

Il Ragioniere proseguiva intanto i suoi complicati conteggi, aggiungendo ancora: «Devi anche versare l'acconto, sempre dell'Ici, per l'anno prossimo e, infine, una nuova imposta per gli alluvionati del Piemonte. Il tutto, sempre se non erro, fa .... aspetta, forse non ho calcolato tutto, .... esattamente altre 2.750.800 lire, da arrotondarsi a 2.751.000, che devi aggiungere a quanto ti avevo detto prima. Sempre che tutto questo venga poi accettato dagli uffici tributari che, come sai, possono sempre, o prima o poi, dire la loro»

Tralasciai di pensare a quei poveri alluvionati del Piemonte che ormai da lungo tempo attendono di essere risarciti dai danni procurati dallo straripamento di fiumi e dalle incurie di chi doveva essere preposto alla tutela dell'ambiente e, seppure con un certo tremolio nella mano, compilai il famigerato assegno, lasciandolo alle cure del mio fiduciario. Non mi fu tuttavia possibile evitare di ricordare quel venditore ambulante che aveva ricevuto, solo da due settimane, un rimborso di due milioni di lire a fronte di un danno di circa quindici milioni subito sedici anni prima, in occasione di un nubifragio scatenatosi all'improvviso su gran parte della nostra regione. La notizia l'avevo appresa casualmente, leggendo il quotidiano del mattino, e la redazione del giornale l'aveva relegata nella penultima pagina, appena sotto un articolo su quattro colonne che illustrava le prodezze calcistiche del centravanti Del Corno.

Quindi timidamente chiesi: «Dimmi, a che punto siamo con gli eventuali accertamenti dell'ufficio delle imposte sulle mie dichiarazioni degli anni precedenti?»

A questa domanda Gian Luca rispose con uno sguardo che non tradiva un certo stupore e poi, con la pazienza e la comprensione che si devono dedicare a un amico alquanto ingenuo, aggiunse: «Mio caro, nessuno lo sa. Se vuoi, faccio una verifica. Ma te lo sconsiglio, in quanto potresti svegliare, come si suol dire il can che dorme e la tua curiosità potrebbe risultare controproducente. Può darsi che prima dello scadere dei cinque anni ti dicano qualcosa, convocandoti per ridiscutere il tutto. Oppure, che non ti dicano più nulla e in questo caso potrai considerare il tutto come passato in giudicato. Sii comunque sereno, con me puoi stare tranquillo: le norme fiscali le conosco bene pur essendo, come noto, terribilmente complesse»

E con questo viatico rassicurante me ne tornai a casa ad osservare le rose fiorite sul balcone, felice di aver potuto, nel mio piccolo, ottemperare ai dettami della nostra beneamata Costituzione repubblicana, laddove sentenzia che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»

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