Ma se rinasco

(Racconto di Gian Cesare Marchesi)

Durante la sua esistenza terrena Calogero Conti ripeteva spesso la frase: «Se nasco un'altra volta, faccio il prete, perché sono stufo di questa vita piena di fatiche e di sacrifici che non mi hanno portano mai a nulla».

Ed aveva di che lamentarsi, il povero Calogero Conti. Metalmeccanico a tempo pieno alle officine Falck di Sesto San Giovanni, aveva trascorso più di trent'anni fra i fumi pestilenziali dell'acciaieria e la ruggine delle lamiere accatastate nei piazzali, fino al giorno infausto in cui l'acuirsi di una delle prime crisi siderurgiche e una malcurata lussazione a una spalla non l'avevano costretto al pre-pensionamento e a trascorrere le sue giornate fra i periodici litigi con sua moglie, la sosta ai giardini pubblici per la lettura del solito quotidiano politico e le serate al bar a giocare a scopa d'assi con alcuni ormai attempati ex-colleghi.

I figli, due maschi e una femmina, avevano preso il largo da tempo, sposandosi, mettendo al mondo alcuni marmocchi e disperdendosi qua e là per l'Italia, in posti dai quali ogni tanto inviavano una cartolina "ai cari genitori", su cui stava scritto: «Noi stiamo bene, vi pensiamo spesso e vi mandiamo tanti baci».

«Uno schifo di vita», pensava Calogero Conti nei momenti di particolare tristezza, «ben diversa da quella che avevo sognato da giovane, quando mi sembrava di toccare il cielo con un dito e credevo di poter avere tutto ciò che volevo. Ma se rinasco un'altra volta, allora tutto cambierà. Andrò in seminario e farò il prete: vitto e alloggio garantiti per tutta la vita, un lavoro per nulla faticoso, niente tasse e ... nessuna moglie, né figli ufficiali!».

Poi, riflettendo meglio, gli succedeva anche di ipotizzare ulteriori alternative: «Potrei anche nascere in Svizzera, avere un passaporto con la croce bianca sulla copertina e un ricco conto corrente in banca. Oppure, potrei venire al mondo a Torino, in casa Agnelli e un giorno ereditare due o tre ville al mare e, perché no, anche tutta la Fiat!».

Il 18 novembre 1962, in una uggiosa mattina caratterizzata da una tipica pioggerella autunnale, gli fecero un modesto funerale a cui si accodarono la moglie in lacrime, alcuni vicini di casa e i compagni della locale Sezione del Partito Comunista. Calogero Conti se ne era andato così, alla chetichella, senza lode né infamia, e di lui se ne perse a poco a poco anche la memoria.

Poi, un bel giorno, alla Clinica delle Rose di Frascati, la signora Maria Teresa Bertuccelli, coniugata Mascheroni, mise al mondo un bel pargoletto di tre chili e mezzo, a cui venne dato il nome di Luca. Nessuno, neppure il neonato, sapeva che si trattasse in verità di Calogero Conti, puntualmente rinato, come auspicato varie volte.

Il pupo crebbe in salute, nutrito a base di latte in polvere e di omogeneizzati, coccolato e vezzeggiato da tutto il parentado. Frequentò più o meno con gioia l'asilo d'infanzia e le scuole elementari delle Sorelle Santissime della Misericordia; quindi, con discreto successo, le medie e le superiori; sinché non si diplomò in odontotecnica e fu assunto presso un laboratorio di Roma dove si produceva la famosa pasta adesiva "Funarina", utilizzata per fissare le dentiere.

L'anima di Calogero Conti, la sola apparentemente al corrente dell'avvenuta trasmigrazione, cercava disperatamente di mettersi in contatto con il giovane odontotecnico, ripetendogli con assiduità: «Visto che non hai avuto la fortuna di nascere né in Svizzera e neppure in casa Agnelli, cerca almeno di fare qualcosa di buono nella vita e di non ripercorrere le strade infelici della mia. Pianta allora tutto, entra in un seminario e mettiti a fare il prete: vedrai che non te ne pentirai».

Ma in un'epoca ormai caratterizzata da strumenti comunicazionali di stampo altamente tecnologico, i messaggi telepatici di Calogero Conti non riuscivano a penetrare nella calotta cranica di Luca Mascheroni, che continuava così ad ignorare del tutto i suoi trascorsi, vivendo al di fuori di qualsiasi condizionamento extrasensoriale. D'altro canto, non aveva ancora alcun motivo di lagnarsi della sua esistenza, visto che godeva di buona salute, aveva un discreto lavoro, alcuni amici che condividevano la sua passione per la squadra di calcio della Lazio e qualche ragazza con cui trascorrere piacevoli momenti di tranquilla intimità.

Della carriera ecclesiastica, poi, non gliene importava più di tanto, in quanto i tempi erano decisamente cambiati e "fare il prete" non costituiva più, nemmeno per le classi meno abbienti, un obiettivo di tranquillità, né certamente di successo. Inoltre, si era persa ormai da tempo l'usanza popolare di esprimere, nei momenti di sconforto, la frase: «Se nasco un'altra volta faccio il prete», preferendo in tali occasioni sfogare il malumore allo stadio, accodarsi a qualche manifestazione sindacale o rintanarsi nella propria casa a seguire una puntata di un esilarante gioco televisivo.

Contravvenendo alle peraltro per lui sconosciute raccomandazioni trasmessegli da Calogero Conti, all'età di 26 anni Luca Mascheroni prese in moglie Marisa Barbini, una morettina tutto pepe conosciuta sul luogo di lavoro e della quale si era immediatamente invaghito.

Tutto procedeva dunque per il meglio, sintantoché non giunse notizia, guarda caso proprio dalla Svizzera, che un giovane ricercatore locale aveva inventato un prodotto che consentiva di produrre un nuovo tipo di dentiere che non necessitavano più di alcun collante per essere mantenute saldamente al loro posto.

I datori di lavoro di Luca Mascheroni inizialmente reagirono con un convinto scetticismo alla notizia del nuovo prodotto, ritenendo che lo stesso avrebbe avuto una vita breve e che il loro adesivo "Funarina", invece, avrebbe continuato a mantenere le sue ricche quote di mercato. Fu un grandissimo errore, in quanto ci si mise di mezzo una pubblicità ben orchestrata, aiutata da alcune controfigure che in abiti da dentista apparivano almeno dieci volte al giorno sui ventiquattro canali della televisione, e così nel breve volgere di un anno le nuove dentiere di "tipo svizzero" soppiantarono qualsiasi altro tipo precedentemente usato. Con grande soddisfazione anche delle persone anziane che alla sera non avevano più la preoccupazione di doversi togliere la dentiera prima di coricarsi per deporla sul comodino dentro l'immancabile bicchiere d'acqua.

Per la ditta di Roma fu il completo tracollo e per il giovane sposino l'inevitabile licenziamento.

Ad aggravare la situazione ci si era messa anche una non meglio chiarita vicenda legata alle tangenti che avevano coinvolto alcuni esponenti del Ministero della Salute Pubblica. Luca Mascheroni aveva infatti letto sui giornali che il suo datore di lavoro era stato accusato di aver fatto "addomesticare" una gara d'appalto dei Pubblici Spedali Riuniti, indetta per rifornire di pasta adesiva per dentiere tutti i degenti del principale nosocomio dell'Urbe e di aver corrisposto, ovviamente "in nero", una lauta ricompensa a due o tre alti funzionari che avevano favorito il successo della pasta "Funarina".

Per Luca e Marisa cominciarono così tempi alquanto difficili, conditi anche di strane e prolungate assenze da casa della giovane sposina, che davano lo spunto a vivaci battibecchi familiari. L'odontotecnico non era tendenzialmente geloso, ma la comparsa di un paio di orecchini d'oro, «...regalati dalla mamma», e di due o tre borsette di gran marca, «... comperate di liquidazione a Porta Portese, per poche lire», fornivano elementi sufficienti per alimentare qualche vago sospetto.

Disoccupato e forse anche tradito negli affetti, il Calogero Conti reincarnato non trovò di meglio da fare che trascorrere i suoi pomeriggi sulle panchine dei giardini pubblici di Frascati, ripetendosi spesso: «Che schifo di vita; ben diversa da quella che avevo sognato da giovane, quando mi sembrava di toccare il cielo con un dito e credevo di poter avere tutto ciò che volevo. Ma se rinasco un'altra volta, allora tutto cambierà. Mi iscriverò a un partito politico e magari diventerò anche deputato: un lavoro per nulla faticoso, tanti favori e tante ricompense. Non avrò più bisogno di sposarmi perché le donne non mi mancheranno mai, e ...».

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