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"Uno scolaro nell'ERBA"

Capitolo 12

La conclusione dell'Autore

Gli afidi

 

Il 22 marzo dell'anno successivo, il geometra Franco Lechi, autorevole membro del Consiglio di Gestione dell'Ente per le Ricerche nella Biotecnologia Agroalimentare, prese carta e penna ed inviò una lettera raccomandata al Presidente dell'Ente, rassegnando le dimissioni dal suo incarico.
Mi diede, in seguito, una copia di tale scritto, che io desidero ora inserire in questa narrazione a compendio e conclusione del puntuale racconto di quanto ebbe a riferirmi circa le sue esperienze.
Tale lettera recitava testualmente:

"Al Dott. Riccardo G. Tagliarami
Presidente dell'E.R.B.A.
Viale del Rinascimento, 37
Città

Caro Presidente,
non Ti sorprenda troppo questa mia lettera di dimissioni, che Ti giungeranno inaspettate e forse non del tutto comprensibili, ma per evitare possibili malintesi voglio chiarirTi subito i motivi che mi hanno spinto a questo passo.
Ieri ho compiuto il mio sessantesimo anno d'età e, senza considerare il periodo di giovanile apprendistato, anche il mio quarantesimo anno di attività professionale, o lavorativa che dir si voglia.
In un certo senso, se mi consenti l'irriverente paragone, ho sempre considerato il lavoro più o meno come un gravoso mutuo passivo da rimborsare con regolarità e correttezza sino alla sua naturale scadenza che, nel mio caso, avevo a suo tempo fissato esattamente in 40 anni.
Da questo punto di vista, sono certo di aver ormai corrisposto tutte le rate, nonché gli interessi maturati nel periodo e, quindi, ritengo sia mio diritto (se non addirittura mio dovere) cessare l'attività lavorativa vera e propria e dedicarmi a quei passatempi che da tempo avevo in animo di coltivare in tutta tranquillità e serenità.
Riordinerò e completerò la collezione di francobolli che avevo iniziato in età giovanile; leggerò finalmente i numerosi libri accumulatisi nella mia libreria (compresi quelli che mi ha fatto avere il dottor Maci) e vedrò, se mi sarà possibile, di riprodurre su tela alcuni stupendi paesaggi tropicali che per lunghi anni sono rimasti incisi nella mia memoria in attesa di riemergere alla luce, così come li avevo a suo tempo ammirati e goduti.
Forse potrà risultarTi alquanto strano che un Membro del Consiglio si dimetta in questo modo, senza un motivo - per così dire - usuale (nessuna divergenza di opinioni, nessun conflitto d'interesse, nessuna nuova e più importante carica da ricoprire altrove, ecc.), ma l'umanità è composta anche di individui bizzarri e curiosi, che talvolta amano andare controcorrente, non tanto per mettersi particolarmente in mostra, quanto per sentirsi vivi e indipendenti.
E la mia bizzarra curiosità ha trovato, in tutti questi anni, sufficienti spunti di interesse e di soddisfazione, fuori e dentro l'Ente da Te presieduto. Ora mi posso ritenere soddisfatto e anche un tantino fisicamente stanco.
Le mie dimissioni sono pertanto irrevocabili e Ti prego di volerne dare debita comunicazione in occasione della prossima riunione del Consiglio di Gestione, alla quale - se lo riterrai opportuno - potrò presenziare, unicamente per un cordiale e breve saluto a Te e a tutti i Colleghi.
Non mi resta quindi che ringraziarTi della collaborazione e della fiducia che mi hai voluto accordare in tutti questi anni e rinnovare a Te e all'E.R.B.A. i migliori auguri di prosperità e di successo.
Sinceramente Tuo,

Franco Lechi"

***

In questo strano modo, uno degli "scolari del '44", "uscì dalla comune".
Certamente la sua era stata un'esperienza interessante, seppure forse non sempre vissuta ed interpretata nel migliore dei modi. Le sue sistematiche critiche agli uomini e al sistema, anche se contenute, erano talvolta simili a quelle del Misantropo di Molière e quindi non del tutto, o da tutti, facilmente condivisibili. E anch'io avevo qualche perplessità a considerarle sempre valide.
Essendosi volontariamente ritirato a vita privata, non mi fu più possibile attingere direttamente da lui quelle informazioni "di prima mano" che così puntualmente mi forniva in merito alle vicende dell'E.R.B.A., e di quest'ultima - da allora - non seppi nulla di più di quanto si potesse conoscere attraverso le notizie occasionalmente riportate dai giornali. Ma, comunque, non è che me ne interessasse poi molto.
Quello che invece mi incuriosiva, era il modo in cui il mio amico avrebbe trascorso le giornate, considerando che quando mi aveva raccontato della conversazione avuta con il suo collega Bianchi (o, forse, Manzonini; purtroppo non ricordo bene), mi era parso che condividesse il timore di dover trascorrere le giornate seduto su una panchina del parco a leggere il giornale.
Ebbi comunque modo di frequentarlo spesso, per via delle nostre comuni vacanze montane, e un giorno lo trovai tutto intento a spruzzare un insetticida sul rosaio che teneva in giardino.
«Come sarebbe comodo», mi disse, «potere usare un semplice insetticida anche per allontanare tutti quegli insetti che infestano il nostro mondo politico, economico, finanziario, artistico, sportivo e, chi più ne ha più ne metta».
Lechi non voleva quindi mai mancare di immedesimarsi nel ruolo di Arpagone o, forse, come per quest'ultimo, cominciavano a manifestarsi anche in Lechi gli effetti di un'incipiente arteriosclerosi.
«Lascia perdere, almeno per un momento, le tue solite frecciate», gli dissi, «e raccontami come passi veramente il tempo. Conoscendoti, non credo che tu ti possa ritenere soddisfatto limitandoti a mettere in ordine la tua raccolta di sputi internazionali, o che tu possa trascorrere le giornate facendo i dispetti ai pidocchi delle rose».
Franco interruppe per un momento la sua guerra personale contro i suoi piccoli nemici verdi e con un risatina, rispose:
«Quando, parecchi anni fa, lavoravo come semplice impiegato e timbravo regolarmente il cartellino, avevo un "capo" che era universalmente ritenuto un vero e proprio genio e a cui si attribuivano grandi meriti, frutto di geniali intuizioni. A quel tempo aveva quasi raggiunto l'età, per così dire, pensionabile e tutti si aspettavano che, dopo un anno o due, si ritirasse a godere il frutto del suo lavoro. Ma si sbagliavano. Superata ampiamente l'età del congedo, rimase imperterrito al suo posto per molti anni ancora, lavorando come sempre aveva fatto. Io, nel frattempo, avevo cambiato aria e me n'ero andato in Sud America a cercare nuove esperienze. Ma anche laggiù mi arrivavano puntuali le cronache giornalistiche che parlavano di lui e delle complicate operazioni che aveva ideato e realizzato di bel nuovo. In realtà, mi disse più tardi un ex-collega che era rimasto in quell'azienda, il "capo" non contava più nulla ormai da parecchio tempo, ma il suo nome e, soprattutto, la sua fama, servivano per mantenere un alone di genialità a tutte quelle operazioni che, forse, tanto geniali non erano più e che erano ideate e realizzate dai suoi effettivi successori. Uomini che, quanto a capacità, valevano in realtà molto meno di lui. In sostanza, gli si faceva credere di essere ancora importante e lo si utilizzava come paravento per una serie di nuove avventure, più o meno entusiasmanti, che venivano spacciate in nome della sua ormai passata genialità. E i media più accreditati del momento, andavano a nozze.
Il "capo" non sapeva far altro, o credeva di non sapere fare altro che il capo e, evidentemente, era terrorizzato dall'idea di essere dimenticato da Dio e dagli uomini e di dover fare il comune pensionato. Se fosse stato costretto a tornarsene a casa a coltivare le sue rose, ammesso che ne avesse anche lui, molto probabilmente sarebbe morto nel giro di un paio di mesi.
Io non sono mai stato, e non mi sono mai sentito un "capo", ma soltanto un individuo che ha sempre cercato di essere libero, nei limiti della "libertà" che ci è consentita dalla società in cui viviamo. Ho voluto accumulare una serie di esperienze che mi consentissero, come cantava ai miei tempi la grande Edith Piaf, di non avere né rimorsi, né rimpianti. Ed anche ora non smetto di accumulare nuove esperienze. Vedi, per esempio, questi maledetti pidocchi non si decidono a scomparire. Ho provato con vari tipi di insetticidi, ma gli afidi se ne vanno per un po', poi ritornano regolarmente. Ma io sono più cocciuto di loro e ... la prossima volta proverò con l'estratto di tabacco».

f i n e

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