In questa rubrica volta per volta tratterò di chi a mio giudizio
si è meritato i COMPLIMENTI. Non mi porrò limiti di
tempo o di occasione, i miei complimenti li porgerò a poeti, scienziati, eroi,
a chiunque insomma si è distinto ed ha contribuito allo sviluppo del pensiero,
degli ideali e soprattutto a chi ha veramente tracciato la sua orma sulla quale
passa il progresso.
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Ø
Giuseppe
Nacque nell'Alsazia il 14
gennaio 1875. Fu filantropo, umanista e pacifista. Una delle menti più fulgide
del secolo passato. Coltivò numerose facoltà dell'intelletto, esplorò molte
delle attività umane, sentendo nessuna come aliena. Dagli studi filosofici a
quelli teologici e biblici. Si dedicò alla musica studiando Bach e incise
alcune opere per organo. Fu medico, si dedicò all'attività missionaria
preoccupato del problema dei neri d'Africa, dove fondò un ospedale; agli studi
sulle filosofie orientali alternò quelli sull'apostolo Paolo. Premio nobel per
la pace, resta uno dei più eminenti umanisti tedeschi. Da una sua
autobiografia: « L'unica possibilità di dare un senso alla sua
(dell'uomo, n.d.r.) esistenza è quella di elevare il suo rapporto naturale
col mondo a un livello spirituale. In quanto essere passivo, egli entra in un
rapporto spirituale col mondo attraverso la rassegnazione. La vera
rassegnazione è quella dell'uomo che, nella sua soggezione agli avvenimenti del
mondo, raggiunge la libertà interiore dalle vicende che foggiano l'aspetto
esteriore della sua esistenza. Libertà interiore vuol dire trovare la forza di
superare le avversità uscendone interiormente più ricco e profondo, purificato,
pervaso di un senso di pace e serenità. La rassegnazione è dunque
l'affermazione spirituale ed etica della propria esistenza. Soltanto l'uomo che
è passato attraverso la rassegnazione è capace dell'affermazione del mondo. In
quanto essere attivo, entra in un rapporto spirituale col mondo astenendosi dal
vivere la sua vita per sé….» (Albert Schweitzer - La mia vita e il mio
pensiero - ediz. di Comunità, 1977 pagg. 207-208).
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"…Ci fu un uomo che a dodici
anni, con aste e cerchi, creò la matematica; che a sedici anni, stese il più
dotto trattato sulle coniche dall'antichità in poi; che a diciannove anni
condensò in una macchina una scienza che è interamente dell'intelletto…Il nome
di questo genio portentoso è Blaise Pascal" . Chateaubriand.
Fu pensatore, ingegno precoce
e scrittore; grande matematico e fisico. Da giovane si dedicò alle scienze
matematiche e fisiche; poi fu preso dalla grandezza del mistero religioso che
per lui divenne di importanza capitale. Aderì al giansenismo, che affermava una
teoria fatalista sulla predestinazione dell'uomo. Poi, dopo vita mondana, si
ritirò in un convento. Pascal seppe parlare al cuore e alla ragione dell'uomo,
affinché arrivi a Dio.
"Incomprensibile che
Dio esista e incomprensibile che non esista; che l'anima sia con il corpo e che
noi non abbiamo anima; che il mondo sia creato e che non sia tale; che il
peccato originale sia e che non sia", se con la scienza non si può
dimostrare l'esistenza di Dio, con la scienza non si può neanche negarla.
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Incontriamo Giuseppe nella
Bibbia, fu venduto dai fratelli gelosi dell'amore che il loro padre nutriva per
lui. Fu venduto ad una carovana di mercanti israeliti, condotto in Egitto e
comprato poi da un eunuco del re. La storia è nota, non la ricordiamo. Di lui
ne traccia un profilo Voltaire nel suo "Dizionario filosofico" per
citarlo come esempio di eroe. Proprio come eroe lo accogliamo nella rubrica dei
complimenti. Per il filosofo illuminista, eroe non è chi si guadagna una medaglia
magari su un campo di battaglia; non è chi conquista territori e domina i
popoli, e non è neanche chi vuole esserlo a tutti i costi. E' Voltaire stesso
che ce ne dà la definizione, chiarendo subito le idee sul concetto di
eroe:"…perché un eroe che perdona commuove più di uno che si vendica";
a questo punto allora dobbiamo necessariamente rivedere come si diventa eroe.
Sui banchi di scuola ne abbiamo incontrato di personaggi che son rimasti nella
storia; di taluni è stata la letteratura a celebrarne le gesta, perpetuandone
la memoria, magari col tocco del romanzo, tanto da colpire l'immaginazione
degli scolari. Voltaire sembra voler rovesciare i termini e propone il paragone
con l'eroe omerico per eccellenza: Ulisse. La storia di Ulisse è affascinante,
se ne ammira subito l'intelligenza, la sagacia e la mitizzata astuzia. Ma
mentre Ulisse si guadagna l'ingresso nella storia per aver ingannato, Giuseppe
rimane nella storia perché ha perdonato. Giuseppe resiste agli inganni e alle
lusinghe, non si lascia ammaliare dalle premure che la moglie di Putifar,
l'eunuco al quale fu venduto, gli prodiga. La donna rifiutata, si vendica ed
accusa Giuseppe di averle usato violenza. Ma Putifar riconosce l'innocenza
dello schiavo. Poi Giuseppe incontra i suoi fratelli, tralasciamo come fu e
come li accolse, come li abbia perdonati e come li arricchì. Nella sua storia
riconosciamo tutto del poema epico: intreccio, riconoscenza, disavventura e
meraviglia. Quali migliori ingredienti per rendere eroica una storia? dunque
eroe, eroe perché ha saputo perdonare. Perdonare come dimenticare le offese
ricevute, non come accettarle con superiorità. Un esempio ed un riferimento, se
vogliamo parlare di eroi.
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- ovvero la logica matematica
moderna -
Nel 1931 K. Gödel pubblicò
una memoria sulle proposizioni formalmente indecidibili. Con quest'opera
crollava l'edificio del formalismo matematico basato sul metodo assiomatico.
Sostanzialmente l'innovazione di Gödel consistette nel provare che in un
sistema formale esistono proposizioni che non possono essere dimostrate vere o
false usando assiomi di quel sistema. La scoperta è che una proposizione può
essere "vera", ma è impossibile dimostrarlo usando il formalismo del
suo sistema; col suo teorema G. ha dimostrato effettivamente che alcune
proposizioni matematiche sono indecidibili. Il punto di origine della sua
scoperta fu la traduzione in termini matematici del famoso paradosso di
Epimenide, il più antico paradosso conosciuto. Il paradosso (meglio
definirlo antinomia) di Epimenide è: "tutti i cretesi sono
mentitori", questa la proposizione storica, (ma sarebbe meglio
metterla sotto forma referenziale per renderla più efficace e dire:"un
cretese dice: io sono mentitore"). La proposizione non è mai
dimostrabile attraverso il formalismo stesso della frase (sistema linguistico):
se si ammette che è "vera" si dimostrerà "falsa"; se si
ammette che è "falsa" essa si dimostrerà "vera". Gödel
scopre che è impossibile costruire un sistema assiomatico capace di dimostrare
tutti i teoremi dell'aritmetica; se esistesse un tal sistema, esso sarebbe
completo; ma in un sistema completo ci sarebbe anche un teorema che nega un
altro teorema dimostrato vero; quindi un tale sistema completo sarebbe
contraddittorio: il paradosso del bugiardo, costruito da Epimenide era tale che
se afferma il vero è falso e se afferma il falso è vero; il teorema di G. è
tale che se si dimostra che un sistema è completo allora è contraddittorio.
Conclusione se un sistema è completo avrà tutti i teoremi e tra questi uno che
nega un altro dimostrato vero; se invece un sistema è tale da non generare
contraddizioni allora ci deve essere un teorema in esso che non potrà mai
essere dimostrato. Con Gödel la logica matematica (assiomatica) costruita da
Aristotele, perde nel 1931 la pretesa di essere capace di dimostrare qualsiasi
teorema.
per approfondire consiglio:
ü Hofstadter: Gödel, Escher, Bach
ü
Newman:
La prova di Gödel
ü
Crossley
e altri: Che cos'è la logica matematica
Link correlati:
Ø http://www.logic.tuwien.ac.at/kgs
Ø http://www.mathstat.usouthal.edu/
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detto il Mahatma (grande
anima)
" L'unico tiranno che
accetto in questo mondo è la « tenue voce tranquilla » di dentro ".
Nacque in
India a Porbandar nel 1869, morì a
Nuova Deli nel 1948. Si era laureato in giurisprudenza a Londra e dopo aver
esercitato la professione in India, incominciò la sua attività di
rivoluzionario in Sudafrica, dove soffrì il carcere. Nel 1921 promosse la
campagna di disobbedienza civile contro le autorità inglesi attuata di comune
accordo da Indù e Mussulmani; dopo oltre venticinque anni, portò l'India
all'indipendenza nel 1947, dopo sacrifici incredibili: patì la persecuzione, il
carcere, il digiuno per ventuno giorni. Morì per mano di un fanatico indù
proprio quando stava per iniziare la grande opera di ricostruzione dello Stato
indiano. La sua morte commosse il mondo intero: le sue ceneri furono sparse
alle foci del Gange.
La religione di Gandhi si
basava sulla fede in Dio ed in se stesso come strumento del volere divino e
sulla non violenza come mezzo per giungere alla pace ed al benessere. Dedicò
tutta la sua vita all'indipendenza della patria. Di lui restano famosi i
pensieri, ispirati alla libertà, alla pace, all'amore per la natura, alla lotta
contro l'ingiustizia ed il razzismo, alla verità, alla fede.
"Un uomo di fede
resterà fedele alla verità anche se il mondo intero dovesse apparirgli avvolto
dalla menzogna"
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Aggiornamento: domenica 24 giugno 2001