PELLICOLE E FILTRI

Fino ad ora abbiamo illustrato come avviene il processo di formazione dell'immagine e le tecniche di misurazione della luce, ma non ci siamo ancora occupati in modo specifico del supporto sul quale queste immagini verranno registrate.

Della pellicola fotografica abbiamo detto solamente che è composta da una sottilissima striscia di materiale plastico trasparente sulla quale sono stati depositati degli strati di materiale fotosensibile; abbiamo parlato dei formati in cui viene prodotta e commercializzata, ma nulla è stato detto sul suo 'comportamento' e corretto utilizzo.

Della reale composizione chimica e dei processi di sviluppo dell'immagine non ci occuperemo in modo approfondito, per non disperderci in descrizioni eccessivamente lunghe e tecniche, daremo solo una descrizione qualitativa della struttura fisica e le differenze fra pellicole in bianco e nero e pellicole a colori.

In figura 20 è rappresentata la sezione di una tipica pellicola in bianco e nero. E' facile osservare che il volume maggiore è occupato dal supporto fisico, il quale ha la sola funzione di offrire una superfice sulla adatta su cui depositare i veri composti fotosensibili. Le caratteristiche peculiari di questo materiale devono essere: l'elevata trasparenza ed omogeneità, alta resistenza e flessibilità, nonchè uno spessore ridotto. In genere questo supporto è totalmente trasparente ma, in alcuni casi, sembra assumere colorazioni scure. Ci riferiamo alle pellicole negative a colori o in B/N. In questi casi, infatti, la pellicola risulta colorata di marrone, per i negativi a colori, e di azzurro, per i negativi in B/N. Questa diversità è dovuta agli strati colorati (non tracciati nello schema di Fig.20) depositati fra pellicola e emulsione per fornire un filtraggio della luce utile ai successivi processi di stampa dei negativi. A riprova del fatto sono le pellicole diapositive che, utilizzando lo stesso materiale come 'supporto', risultano totalmente trasparenti ed incolore.

Le pellicole per fotografie a colori sono leggermente più complesse; queste possono essere viste come tre pellicole in bianco e nero sovrapposte, con dei filtri colorati che le separano. In figura 21 c'è la rappresentazione schematica degli strati principali e, in figura 22, viene proposto un dettaglio della parte che costituisce l'emulsione.

Per dare una prima classificazione possiamo dire che in commercio esistono fondamentalmente quattro tipi di pellicola:

- pellicole negative a colori

- pellicole diapositive a colori

- pellicole negative in bianco e nero

- pellicole diapositive in bianco e nero.

In realtà solo i primi tre tipi vengono comunemente usati a livello fotoamatoriale e, per questo motivo, le pellicole per diapositive in bianco e nero sono di difficile reperibilità, ma anche di scarso interesse.

Come è possibile osservare abbiamo una prima suddivisione fra colore e bianco e nero, le cui caratteristiche sono facilmente intuibili e sulle quali ritorneremo, vi è poi una seconda distinzione fra pellicole negative e diapositive (dette anche invertibili). Ai fini pratici la differenza fra pellicola invertibile e pellicola negativa è che la pellicola invertibile, una volta esposta e correttamente sviluppata, presenta l'immagine realmente ripresa con i corretti valori tonali sia in rapporto ai colori che alle luminosità; la pellicola negativa, invece, fornisce un'immagine 'rovesciata' : ciò che nella realtà era bianco apparirà nero e viceversa, il discorso si complica per le pellicole a colori oltre che la luminosità vengono invertiti anche i colori, che appaiono nei loro complementari.

Sensibilità delle pellicole

 

Tutte le pellicole, sia in bianco e nero sia a colori, hanno una peculiarità molto importante, cioè il grado di sensibilità.

La sensibilità di una pellicola è la sua capacità di reagire più o meno rapidamente all'azione della luce, perciò vi sono situazioni di ripresa in cui può essere indispensabile l'uso di una pellicola rapida ed altre in cui è sufficiente e spesso più conveniente l'impiego di una pellicola di sensibilità media o bassa.

Le pellicole ad alta sensibilità sono adatte in condizioni di luce scarsa oppure quando, anche in condizioni di luce medie, si voglia 'fermare' un movimento rapido, o ancora, quando sia richiesto l'accoppiamento di un tempo d'esposizione molto veloce e un diaframma stretto, come frequentemente accade usando a mano libera i teleobiettivi.

La valutazione della sensibilità delle pellicole, come già preannunciato, viene fatta attualmente in base ad una scala di valori denominata ISO. In base a questa scala, su molte pellicole si può ora leggere il valore di sensibilità espresso negli indici ASA e DIN separati da una barretta: per esempio, ISO 64/19o significa che la pellicola ha una sensibilità di 64 ASA, che equivale a 19 gradi DIN.

Nel sistema ASA il raddoppio dell'indice di sensibilità corrisponde realmente a una sensibilità doppia della pellicola, mentre nel sistema DIN il raddoppio di sensibilità è indicato con un aumento di 3 gradi: per esempio, una pellicola da 400 ASA/27 DIN ha una sensibilità doppia rispetto ad una pellicola da 200 ASA/24 DIN.

Si stabiliscono così dei rapporti molto precisi fra sensibilità della pellicola ed esposizione, che, a parità di condizioni di luminosità del soggetto, dev'essere dimezzata ad ogni raddoppio di sensibilità della pellicola.

Vi possono essere comunque delle situazioni particolarmente difficili in cui anche le pellicole più sensibili risultino ancora 'lente'. In questi casi è possibile esporre come se la sensibilità della pellicola fosse superiore alla sua sensibilità effettiva; lo scompenso introdotto sarà poi bilanciato in fase di sviluppo. Non è però consigliabile adottare questa tecnica se non dopo una lunga esperienza e un adeguato numero di prove; questo perchè non tutte le pellicole si comportano allo stesso modo se sottoposte a questi trattamenti e anche perchè i risultati ottenuti presentano un degrado della qualità dell'immagine.

Sensibilità e resa

 

Nelle pellicole la sensibilità, la grana, la nitidezza e, nel caso di quelle a colori, la resa cromatica sono in stretto rapporto tra loro. Se si richiede a una pellicola una maggiore prestazione relativamente a una delle suddette qualità, bisogna accettare la compressione di altre. In altre parole, la maggiore sensibilità si paga con una grana più grossa, una minore nitidezza e una minore saturazione dei colori. Al contrario, le pellicole a bassa sensibilità presentano sempre un'eccellente nitidezza, grana praticamente invisibile e colori molto saturi.

Soltanto recentemente si sono avuti miglioramenti assai rilevanti nelle pellicole a colori ad alta sensibilità, grazie all'introduzione di nuove tecnologie produttive che hanno consentito di realizzare una maggiore capacità di assorbire la luce da parte dei granuli d'argento, pur mantenendone abbastanza contenute le dimensioni. Anche i coloranti sono stati migliorati; quanto al maggiore o minore contrasto dell'immagine, oltre che dalle caratteristiche dell'emulsione, può dipendere da altri fattori, quali il trattamento di sviluppo, il contrasto che presentava il soggetto, anche in rapporto alle condizioni di illuminazione e l'esposizione più o meno corretta.

Pellicole in bianco e nero

 

In questa categoria esiste un'ampia possibilità di scelta della sensibilità, e perciò delle caratteristiche ad essa connesse. Le pellicole sono pancromatiche, cioè sensibili a tutti i colori visibili (vedremo poi parlando dei filtri cosa comporta tutto ciò). Quelle a bassa sensibilità (50 ASA ...e dintorni...) sono caratterizzate da grana minima e contrasto elevato: risultano particolarmente adatte per realizzare negativi da sottoporre a forti ingrandimenti in cui sia richiesta una notevole nitidezza anche dei minimi particolari.

Di uso universale sono le pellicole intorno ai 100-200 ASA. Accoppiano infatti a una sensibilità che consente di affrontare agevolmente la maggior parte delle situazioni di ripresa una notevole contenutezza della grana, con possibilità di ottenere soddisfacenti risultati negli ingrandimenti. Anche il contrasto, situato intorno a valori medi, può essere regolato con lo sviluppo.

Le pellicole con sensibilità di 400 ASA (cioè molto rapide) sono oggi largamente impiegate per la loro versatilità e per la resa sostanzialmente buona. La grana può evidenziarsi con ingrandimenti superiori al 18x24, ma i vantaggi complessivi sono notevoli. Il contrasto, generalmente basso, può essere corretto in fase di sviluppo e, sempre in sede di sviluppo, possono essere compensati delle volute sottoesposizioni di 1 o 2 e, a volte anche 3, diaframmi (tiraggio del negativo). Esistono sul mercato delle pellicole create in funzione di questa tecnica del 'tiraggio del negativo' che, mantenendo più o meno inalterate le caratteristiche della pellicola originale, permettono esposizioni con sensibilità elevatissime; nella totalità dei casi hanno comunque sensibilità intorno ai 400 ASA.

Pellicole negative a colori

 

Le pellicole negative a colori sono attualmente prodotte nei tipi a sensibilità media (100-200 ASA), alta (400 ASA), altissima (1000 ASA). Come per il bianco e nero, i materiali più sensibili sono quelli in cui compare con una certa evidenza la grana dell'emulsione, anche ad ingrandimenti non troppo esagerati.

Il trattamento di sviluppo e stampa sono normalmente eseguiti dai laboratori mediante apparecchiature automatiche che, se da un lato danno la garanzia di risultati nel complesso di buon livello medio a costi economici, dall'altro non consentono correzioni di inquadratura o di dominanti cromatiche più o meno volute.

I formati standard delle stampe sono di 9x13 e 10x15 cm. realizzate su supporti con superficie lucida o opaca.

Se si vogliono dei tagli dell'inquadratura o formati diversi, nonchè filtraggi particolari dei colori, si può chiedere la stampa con procedimenti non automatici, a costi decisamente superiori.

La resa cromatica, specie in caso di sottoesposizione, può non essere del tutto soddisfacente. Bisogna anche considerare che gli errori d'esposizione risultano più evidenti nel caso di forti contrasti dell'immagine. Infatti la contemporanea presenza di forti luci e di ombre profonde andrebbe a sommarsi alla sovra o sottoesposizione, dovuta all'errata valutazione, creando chiazze bruciate o completamente nere.

Dalla figura 22 è possibile osservare come, nel processo negativo-positivo, i tre strati di pellicola si impressionino selettivamente a seconda della tonalità di luce presente. Il loro annerimento si trasforma poi, durante la fase di sviluppo, nella colorazione comlementare al colore a cui quello strato era sensibile. Nella seconda fase, la stampa, i colori originali vengono ricostruiti mediante il filtraggio effettuato dalla pellicola. Lo strato intermedio visibile nella rappresentazione della pellicola è il filtrante giallognolo che conferisce quella tipica colorazione alle pellicole negative a colori; la sua presenza è necessaria al miglioramento della resa cromatica.

Pellicole invertibili a colori

Le pellicole invertibili forniscono direttamente, cioè senza il passaggio costituito della stampa, immagini positive a colori che possono essere osservate per trasparenza mediante visori anche molto semplici, ma soprattutto adatte a essere proiettate su uno schermo. A questo scopo servono appositi proiettori, che sono reperibili in moltissimi modelli automatici o a funzionamento manuale.

Alla diapositiva si perviene mediante un trattamento più complicato rispetto a quello del materiale negativo, ma perfettamente realizzabile da moltissimi laboratori.

L'emulsione delle pellicole invertibili è formata, come del resto quella delle negative a colori, da tre strati sensibili rispettivamente al blu, al verde e al rosso. Nell'invertibile, però, per ottenere sulla pellicola stessa l'immagine positiva, cioè con i colori corrispondenti a quelli del soggetto ripreso, si procede a un primo sviluppo in bianco e nero, che interessa tutti i tre strati, in ciascuno dei quali si forma un'immagine negativa. Quindi, anzichè fissare queste immagini, si esegue una nuova esposizione alla luce bianca che ha lo scopo di esporre le particelle sensibili non impressionate al momento della ripresa e presenti nei diversi punti dell'emulsione in quantità inversamente proporzionale alla luce ricevuta con la prima esposizione. La fase successiva consiste in un nuovo sviluppo che agisce soltanto sulle particelle impressionate dalla seconda esposizione e produce la colorazione complementare in ogni strato dell'emulsione.

Se la pellicola così trattata viene osservata in controluce, o in proiezione, i colori dei tre strati, sovrapponendosi e quindi sommandosi in proporzioni diverse secondo la loro densità nelle varie parti del fotogramma, ricostruiscono tutti i colori del soggetto fotografato.

I filri

Parlando di colori viene spontaneo ricondurre l'attenzione sui filtri colorati o apparentemente neutri che, sebbene possa sembrare un controsenso, risultano particolarmente utili nella fotografia in bianco e nero.

I filtri costituiscono un importante e pratico mezzo per modificare all'atto della ripresa l'immagine fotografica. Secondo i filtri impiegati si va dalla correzione delle tonalità di grigio delle fotografie in bianco e nero, alle correzioni cromatiche nella fotografia a colori, all'intervento 'creativo' o semplicemente arbitrario sulle immagini.

Fabbricati in vetro, gelatina o speciali plastiche, i filtri possono essere di forma circolare con diametro corrispondente a quello dell'obiettivo, e avvitabili su di esso, oppure rettangolari o quadrati, inseribili in appositi portafiltri da anteporre all'obiettivo.

I filtri nel bianco e nero

Nella fotografia in bianco e nero si usano principalmente filtri colorati, che servono per realizzare un controllo della qualità della luce da cui sono attraversati.

Ricordiamo che un filtro di un determinato colore lascia passare i raggi luminosi del suo stesso colore, mentre assorbe del tutto o in parte, secondo la sua densità, quelli che ne formano il colore complementare.

L'utilità dell'impiego dei filtri colorati nella ripresa di fotografie in bianco e nero consiste nella possibilità di modificare le percentuali di luce di diverso colore che raggiungono la pellicola, influendo così sulla densità del grigio con cui i colori stessi vengono tradotti in fotografia.

Per comprenderne meglio la funzione di questi filtri vedremo ora gli effetti prodotti dai più comuni.

Il filtro giallo

E' probabilmente il filtro più popolare. Esiste in tre gradazioni - giallo chiaro, medio e scuro - ma è soprattutto diffuso nella gradazione media.

Poichè il suo colore è complementare al blu esso produce un assorbimento di quest'ultimo, proporzionalmente all'intensità della colorazione gialla. Nelle riprese all'aperto con il cielo azzurro, fa risaltare le nuvole rendendo il cielo leggermente più scuro. Nei ritratti rende più chiari i capelli biondi e schiarisce leggermente la pelle. Nelle fotografie di paesaggio contribuisce ad uno schiarimento della vegetazione.

La gradazione chiara del filtro giallo offre, ovviamente, effetti più blandi.

Questo filtro può risultare utile anche sulla neve, con il cielo sereno, per mettere in evidenza i rilievi della superficie bianca.

La gradazione più scura provoca effetti intermedi fra il giallo medio e il filtro arancio.

Il filtro arancio

Assorbe il blu, il violetto e, in gran parte, il verde. Fa invece apparire più chiari i colori che vanno dal giallo al rosso. E' usato soprattutto quando si vuole ottenere un forte contrasto tra le nuvole e l'azzurro del cielo, che viene reso con una tonalità profonda di grigio.

Nel campo del ritratto serve a minimizzare eventuali lentiggini, ma rende le labbra con una tonalità molto chiara e dà alla carnagione un aspetto piuttosto innaturale. Nei panorami aiuta a ridurre l'effetto della foschia in quanto formata da minuscole particelle di acqua con tonalità azzurrognola; è perciò consigliabile nelle riprese con i teleobiettivi, dove l'effetto di compressione dei piani tende ad aumentare la velatura dell'immagine.

Il filtro rosso

Ha effetti analoghi a quelli del filtro arancio ma, logicamente, più accentuati. Assorbe completamente il blu e il verde, facendoli apparire di un grigio scurissimo. Consente perciò di creare vigorosi contrasti fra cielo e nuvole fino ad ottenere effetti quasi notturni. Schiarisce fortemente i colori rosso ed arancione. Nelle fotografie di tramonti accentua perciò i contrasti fra la parte alta del cielo azzurro e l'orizzonte di tonalità rossastre.

Nelle fotografie di panorami schiarisce le foglie gialle dell'autunno, ma può anche avere un effetto schiarente sul fogliame verde e sull'erba a causa del cosiddetto 'effetto Wood' dovuto alla clorofilla presente.

Il filtro rosso penetra la foschia meglio del filtro arancio, fornendo una straordinaria nitidezza anche alle grandi distanze, anche se, in tal modo, attenua l'effetto della prospettiva diminuendo lo stacco fra i vari piani.

Il filtro verde

E' di grossa utilità nelle fotografie di paesaggio, specie in primavera, quando le gradazioni di verde della vegetazione sono numerosissime. Consente infatti una buona differenziazione di queste tonalità, schiarite e rese mediante un'ampia gamma di grigi.

Il filtro verde assorbe in parte il rosso e, maggiormente, il blu, perciò si ha anche un discreto annerimento del cielo simile a quello ottenibile con un filtro giallo chiaro. Nei ritratti migliora la resa delle tonalità della pelle, ma ne mette anche in evidenza i possibili difetti.

Il filtro blu

E' impiegato soprattutto per migliorare la resa tonale dei ritratti con illuminazione artificiale al tungsteno. Eliminando l'eccesso di radiazioni giallo-rosse di questo tipo di sorgente luminosa, consente infatti una resa più plastica e naturale della carnagione, può però evidenziare eventuali difetti (specie le lentiggini).

Nelle fotografie di panorami accentua la sensazione di foschia e il cielo azzurro è reso con tonalità molto pallide in cui le nuvole perdono ogni evidenza.

Il 'fattore filtro'

Parlando di filtri colorati e delle diverse gradazioni che possono assumere, dobbiamo introdurre il concetto di 'fattor filtro'.

Un filtro colorato assorbe una certa quantità di luce, proporzionale alla sua densità, perciò l'esposizione dev'essere aumentata per compensare la perdita di luminosità del sistema ottico. Occorre quindi considerare il fattore del filtro, e per questo numero moltiplicare il tempo d'esposizione. Il fattore filtro è indicato sul foglietto delle istruzioni che correda ogni filtro in commercio e con esso vengono riportate anche delle tabelle dimostrative utili al calcolo esatto dei tempi e/o diaframmi. Naturalmente, anzichè moltiplicare i tempi è possibile agire sui diaframmi per ottenere lo stesso risultato.

Consideriamo, per esempio, che si sia scelta per eseguire una certa fotografia la coppia tempo-diaframma 1/250-f/11, e si decida di usare un filtro rosso con fattore 8. Volendo tenere esattamente conto di tale fattore, si dovrà moltiplicare 1/250 per 8 (= 1/30), ovvero aprire il diaframma di tre stop (= f/4). Quindi si potrà utilizzare, a scelta, una delle seguenti coppie tempo-diaframma equivalenti: 1/30-f/11; 1/60-f/8; 1/125-f/5,6; 1/250-f/4.

Filtri colorati nella fotografia a colori

E' possibile l'utilizzo dei filtri colorati anche per effettuare riprese con pellicole a colori. In questo caso l'effetto primario del filtro diventa trascurabile nei confronti dell'impatto visivo di immagini decisamente monocromatiche. In questo modo non otteniamo più fotografie a colori o in banco e nero, ma in rosso e nero, blu e nero, ecc. a seconda del filtro utilizzato.

L'effetto è puramente visivo e, non particolarmente interessante se non dal punto di vista dell'originalità.

Filtro skylight

Specifico per la fotografia a colori è il filtro skylight. Questo filtro, di colorazione rosata, viene impiegato generalmente in alta montagna per diminuire la dominante fredda che invade le zone in ombra a causa del riflesso del cielo azzurro. Rende più gradevole l'aspetto della carnagione facendolo apparire leggermente più abbronzato. Il suo effetto complessivo è comunque molto tenue e, per questo motivo, alcuni lo tengono costantemente applicato all'obiettivo, anche per protezione di quest'ultimo.

Un filtro analogo e di colorazione neutra è il filtro ultravioletto, il cui impiego non comporta nessun aumento dell'esposizione. Assorbe la radiazione ultravioletta ed è quindi utile sia al mare che in alta montagna, per eliminare dominanti fredde causate da un eccesso di radiazioni ultraviolette.

Anche questo filtro, a maggior ragione, viene utilizzato come protezione della lente frontale dell'obiettivo.

Filtro polarizzatore

La nostra carrellata sui filtri per uso fotografico si conclude parlando del filtro polarizzatore.

Quando la luce incide secondo un certo angolo su una superficie riflettente (purchè non metallica) viene polarizzata. Ciò significa che le oscillazioni delle onde luminose riflesse, anzichè essere dirette in qualsiasi direzione perpendicolare a quella di propagazione, come normalmente avviene, sono tutte disposte su uno stesso piano.

Il fenomeno della polarizzazione della luce può essere ottenuto anche facendo attraversare alla luce particolari filtri, detti appunto polarizzatori.

Consideriamo ora il caso in cui dei raggi di luce già polarizzati incontrino sul loro percorso un filtro polarizzatore. Secondo l'orientamento del filtro, la luce avrà via libera o sarà boccata del tutto o in parte, in rapporto al grado d'impedimento esercitato dal filtro.

Ruotando il filtro, dunque, si potrà controlare la quantità di luce riflessa, fino ad estinguerla.

In fotografia il filtro polarizzatore può avere dunque un'importante funzione: quella di eliminare o ridurre i riflessi indesiderati. Da ciò deriva, nella fotografia a colori, anche la possibilità di rendere più intense le tinte di superfici lucide mediante l'eliminazione parziale o totale dei riflessi, che ne provocano sempre un certo grado di desaturazione. Foglie, fiori, tetti, superfici brillanti, per esempio, sono resi con colori più vivi attraverso un uso accorto del polarizzatore.

Di grande utilità è poi il controllo delle superfici liquide, con la possibilità di ottenere variazioni delle tonalità di colore e della trasparenza. Anche la luce del cielo risulta parzialmente polarizzata in seguito alle particelle di pulviscolo e acqua normalmente presenti nell'atmosfera, per cui, cercando un opportuno orientamento del filtro, è possibile incupire l'azzurro, con effetto analogo a quello ottenuto con i filtri colorati nel bianco e nero: è questo l'unico modo, fotografando a colori, per mettere maggiormente in risalto la bianchezza delle nubi sullo sfondo del cielo.

Nel bianco e nero il polarizzatore può essere accoppiato anche ad un filtro colorato, aumentandone sensibilmente l'effetto.

L'uso del filtro polarizzatore è semplicissimo con le fotocamere reflex, in quanto basta porlo sull'obiettivo e, ruotandolo, studiarne l'adatto orientamento. Più difficile è l'impiego con apparecchi non reflex; in questo caso si dovrà valutare la posizione guardando attraverso il filtro stesso e poi mantarlo sull'apparecchio mantenendo l'orientamento scelto.

Per l'esposizione bisognerà tenere conto del fattore filtro che, nel caso dei filtri polarizzatori, non è unico ma varia da un minimo ad un massimo in ragione dell'azione svolta dal filro. La valutazione dovrà essere determinata caso per caso e potrà essere d'aiuto la lettura esposimetrica fatta attraverso l'obiettivo della fotocamera (anche se è sempre sconsigliabile effettuare misurazioni con i filtri montati sull'obiettivo; il metodo più corretto è quello di determinare l'esposizione senza alcun filtro e poi correggere il tutto utilizzando i fattori filtro).

Si tenga presente che, essendo il filtro polarizzatore di colore grigio, si ha sempre una perdita di luminosità anche in mancanza di effetto di polarizzazione.

La considerazione finale è riservata all'uso dei filtri in generale. Essendo aggiuntivi ottici la loro semplice presenza, anche se di modesti effetti come il filtro ultravioletto, degrada leggermente la qualità dell'intero sistema ottico, per cui il consiglio è quello di farne un uso limitato e, comunque, spendere qualche soldo in più ma acquistare filtri di qualità.