IL TEMPO DEL PANE
Qui il settembre trasuda sentore d’autunno.
Le ombre precipitano dalle vette quando
il sole appena trasmigra dallo zenith
verso l’occaso: sono gli afrori del fieno
e della segale così pungenti da pizzicare
il sangue.
È il tempo del pane.
La sagra si dipana all’insegna
di un lavoro frenetico incrinato
di pause di canti e di lepido
narrare, quando il rito non impone
silenzi quasi monastici.
Le famiglie,
a turno, si susseguono
al forno comune.
Nel preparare l’infornata,
ogni nucleo la propria,
cinquanta o più pani rotondi,
secondo le bocche. Devon bastare
nell’arco di un anno. Benché
riposti, diventano duri
come pietre, ammorbiditi nel latte
e nel brodo risultano
gradevoli.
Il pane
caldo, quello nuovo, va dato
anche a chi è povero,
con gesto avvertito come dovere.
Come atto di giustizia
che, non soddisfatto, richiede
espiazione nell’eternità.