GRAMAGLIE
La terra che copre il tuo sonno
sbrecciando va sotto la pioggia battente.
Le raffiche tormentano il tuo nome,
le date impresse sulla pietra del varco.
Dovrò darti un lenzuolo di marmo o granito,
aggiungere altro peso alla scorza
dell’essere tuo sfinito. Io,
per te vorrei l’ala azzurra dell’alba
aperta alla tua nuova vita
e un mare di cielo,
tutto il cielo che l’uomo allettato
dagl’influssi terrestri,
non ha mai posseduto.
Debbo invece piegarmi al costume,
smentire il mio essere una volta ancora:
Non qua, al soffoco del grembo buio
vengo a cercarti. La città dei morti,
cieca alla veglia dei cipressi,
tace al mio cuore.
Tu sei per me nell’essenza che emana
l’acqua, quando tocca la terra e s’alza
all’origine. Spio squarci di nubi
ed avanzo cautamente tra tumuli.
Millenovecentonovantanove
sette agosto. Sette come le spade
inflitte in cuore al Grembo benedetto.
Mi chino e accendo un cero, mentre
plana, e quasi mi sfiora
l’ala d’un rondinotto.