LA MADONNA NELL'ORDINE AGOSTINIANO

dal

Bollettino di S. Nicola da Tolentino, n. 5, giugno 1995

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LA MADONNA NEGLI SCRITTI DI S. AGOSTINO

Maria è l'esemplare perfetto della redenzione operata da Cristo. Cristo ci ha redento liberandoci dalle tristi conseguenze del male: dal peccato, dal dominio delle passioni, dalla morte. Questa è la libertà cristiana, che il Signore realizza in noi secondo un piano misterioso della sua provvidenza: dal peccato nel battesimo, dal dominio delle passioni disordinate mediante la continua elargizione della grazia, dalla morte quando questa nemica sarà sconfitta definitivamente alla fine dei tempi.

Anche Maria è stata liberata da questi mali, ma in maniera più alta, più sublime. E' stata liberata dal peccato perché la grazia ha impedito che lo contraesse; è stata liberata dalle passioni disordinate perché è la vergine perpetua; e finalmente, in maniera più radicale, è stata liberata dalla morte.

Nel Cielo Maria è a fianco di suo Figlio in anima e corpo, esemplare della redenzione. Quello che la Chiesa aspetta, lei lo ha già avuto: la pienezza della grazia, la vittoria sulle passioni, la vittoria sulla morte, sulla corruzione del sepolcro.

Ora Maria è madre corporalmente del nostro Capo e spiritualmente di tutte le sue membra, perché ha cooperato con l'amore affinché nascessimo nella Chiesa. Come membro eminente, modello e madre della Chiesa, Maria è fonte della nostra speranza e della nostra gioia. Noi speriamo ciò che Maria è, e lo raggiungiamo con la mediazione del suo amore materno.

Maria è madre, cioè bontà, amore, misericordia. La madre ama per amore, ama per amare. Se vogliamo entrare nel circolo di questo amore materno, dobbiamo ripercorrerne le modalità amando come Maria ha amato ed ama. Un amore illuminato dalla fede, forte, fedele. Un amore fondato sull'umiltà, con cui ci riconosciamo creature insignificanti nelle mani di un Padre misericordioso che tutto dona e tutto perdona. Un amore sostenuto dalla gioia di essere figli di Dio: quella gioia che esplose in Maria quando, incontrando Elisabetta, intonò il canto del Magnificat. Un canto di gioia, un canto di umiltà, un canto di fiducia, un canto di trionfo. Il Vescovo d'Ippona non ha scritto un commento al Magnificat. Peccato! I sentimenti che Maria esprime nel suo cantico sono così familiari ad Agostino, che il commento sarebbe riuscito stupendo. Ma possiamo raccogliere alcune idee di S. Agostino -ad esempio il tema della lode, quello dell'esultanza in Dio salvatore, quello dell'umiltà-, e commentare con esse il cantico di Maria.

Se noi ci abitueremo a cantare insieme a Maria il Magnificat ogni giorno della nostra vita, credo che la gioia sarà il nostro retaggio quotidiano anche in mezzo a difficoltà e dolori, come lo fu per Maria nella sua vita terrena.

Le espressioni di preghiera che Agostino ci ha lasciato sono tutte rivolte verso l'Essere supremo. Nei confronti di Maria manifesta un'attonita contemplazione per il miracolo compiuto in Lei da Dio.

Agostino Trapè osa

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MARIA

Antologia di espressioni tratte dalle opere di S. Agostino

Celebriamo con gioia, o Maria, il giorno in cui hai partorito il Salvatore: tu, sposa, il creatore delle nozze; tu, vergine, il principe dei vergini. Felice perché, ancor prima di dare alla luce il Cristo, hai accolto il Maestro, hai ascoltato la parola di Dio, e l'hai messa in pratica. Hai accolto la verità nella mente più che la carne nel ventre. Beata per averlo concepito, ma ancor più beata per averlo accettato con la tua fede. Con la carità fervente della tua fede hai meritato che in te sbocciasse quel santo Germe, Egli il Creatore che ti ha eletto e ti ha eletto per essere tua creatura. In te si è formato Colui che ti ha creato; in te si è fatto carne il Verbo di Dio. Il Verbo si è congiunto alla carne, ed è il tuo grembo il talamo del grande connubio. Vergine ti ha trovato nel suo concepimento; vergine ti ha lasciato nella sua nascita. Ti ha concesso la fecondità, ma non ti ha privato dell'integrità. Sei vergine, sei santa. Molto è quanto hai meritato, perché molto hai ricevuto. Hai meritato di dare alla luce il Figlio dell'Altissimo, ma eri umilissima. Hai fatto la volontà del Padre, e l'hai fatta per intero. Per questo sei santa, per questo sei beata! Ascolto il saluto dell'angelo e riconosco che in te è la mia salvezza. Ave, piena di grazia!

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L'ORDINE AGOSTINIANO E LA MADONNA

Negli Agostiniani l'amore e la teologia di S. Agostino

Senza dubbio la devozione alla B. V. Maria appare nel corso dei secoli come una delle note caratteristiche della tradizione dell'Ordine. Pensiamo con gioia ai nostri grandi teologi i quali, dietro l'esempio del S. P. Agostino, hanno illustrato con i loro scritti le meraviglie che Dio ha compiuto nella sua umile serva. Si sa infatti che il S. P. Agostino parlò diffusamente, tenendo in considerazione i tempi in cui visse, della Beata Vergine, ne difese con grande pietà l'immunità dal peccato, ne esaltò la perpetua verginità e la maternità spirituale verso tutti i fedeli, e ne propose i privilegi e la vita come esemplare e modello della Chiesa, la quale, come Maria, è vergine e madre.

Sono molti i nostri i quali, dopo Tommaso da Strasburgo, hanno difeso il privilegio dell'immacolato concepimento. Agostino Trionfo, primo tra i maestri della nostra scuola, scrisse un trattato Super Magnificat e un altro, ancora più prezioso, De salutatione angelica. Il beato Simone da Cascia dedicò un intero libro, cioè il secondo, della sua grande opera De gestis Domini Salvatoris alla vita di Maria. San Tommaso da Villanova può essere a buon diritto chiamato "dottore mariano" per la bellezza dei suoi sermoni. Negli scritti del beato Alfonso de Orozco si incontrano espressioni di particolare pietà e devozione verso la B. Vergine; Luis de Leòn ci ha lasciato, tra l'altro, la splendida ode "A Nuestra Señora", non meno ricca di spirito poetico che di teologia. Bartolomeo de los Rìos compose per primo un trattato sulla schiavitù mariana con l'opera De Hierarchia Mariana che illustra i fondamenti teologici della schiavitù mariana, quella cara devozione che ci aiuta a conquistare la libertà dei figli di Dio. Il ven. Giacinto da S. Maria scrisse molto bene sui motivi per i quali si deve amare la Vergine Maria. Ma la lista si prolungherebbe eccessivamente se volessimo ricordarli tutti.

La nostra tradizione della devozione mariana

Da segnalare la grande pietà filiale che i nostri Padri nutrirono verso la Vergine Maria. Sin dai primi tempi della Grande Unione, ogni giorno, oltre all'ufficio divino, recitavano il piccolo ufficio della B. Vergine e all'alba, dopo la Messa conventuale, recitavano l'antifona "Ave Regina coelorum, Mater Regis angelorum" con la preghiera con cui si invoca la protezione sulla famiglia agostiniana. A sera recitavano la preghiera "Benedicta tu", che un tempo veniva anche chiamata "Vigiliae B. M. Virginis" dove, nelle lezioni attribuite al S. P. Agostino, si leggevano le seguenti parole piene di commovente fiducia nella Mediatrice di tutte le grazie, certamente non indegne del Vescovo di Ippona: Accetta ciò che offriamo, concedici ciò che chiediamo, perdona ciò per cui temiamo: perché tu sei l'unica speranza dei peccatori. Per te aspettiamo il perdono dei peccati, ed in te, beatissima, è la speranza del nostro premio.

Più tardi, probabilmente quando cessò di essere obbligatorio il piccolo ufficio, fu introdotta la recita della corona della B.M.V. di Consolazione, cioè la meditazione quotidiana, tanto bella e fruttuosa, degli articoli del Credo, intercalati con la recita di tredici Poter e Ave.

Ci sembrano degne di essere ricordate le parole con le quali i Padri del Capitolo Generale del 1318 prescrivevano la recita dell'antifona "Salve Regina" dopo le singole ore dell'ufficio. Eccole testualmente: Poiché l'onore della madre viene considerato come se fosse del figlio, desiderando, come dovere, onorare per quanto possibile con la sua grazia il Figlio, che per esaltarci soffrì l'ignominia della croce, e desiderando avere per noi e per tutto l'Ordine come assidua e fedele avvocato la sua piissima Genitrice davanti al suo Figlio, definiamo e chiaramente ordiniamo che tutti i frati dell'Ordine, sia in comune che in privato, sia in chiesa che fuori, al termine di ogni ora dell'ufficio divino, eccettuate prima e terza quando segue immediatamente la Messa cantata, recitino l'antifona 'Salve Regina' con il versetto 'Ave Maria' e con la preghiera 'Concede misericors Deus fragilitati...' ecc.

Nè dobbiamo dimenticare gli esempi dei nostri santi, da S. Nicola da Tolentino (entrato probabilmente nell'Ordine nello stesso anno della Grande Unione, quasi come un dono di Dio per quell'opera di carità fraterna e di zelo apostolico, il quale amò tanto la B. Vergine da meritarne una apparizione confortatrice in punto di morte), al beato Stefano Bellesini il quale, all'ombra del santuario di Genazzano, fece della devozione alla Madre del Buon Consiglio la forza segreta della sua santificazione, per cui diventò un modello di Cristo buon pastore.

A noi quindi incombe il dovere di conservare gelosamente, anzi di accrescere questa preziosa eredità teologica e devozionale.

Ed auspichiamo che vengano promossi nell'Ordine gli studi di mariologia e che vengano pubblicate delle opere scelte, tra quelle che ci hanno lasciato in questa materia i nostri Padri.

Per merito di Maria ci viene la luce

Il S. P. Agostino ha esaltato in modo particolare le relazioni tra la verginità di Maria e la nostra consacrazione a Dio. La dignità verginale trae origine dalla Madre di Dio, egli scrive (Serm. 51, 16) e, rivolto alle anime consacrate, esclama: Non vi considerate sterili per il fatto che rimanete vergini. Poiché la stessa pia integrità della carne appartiene alla fecondità della mente. Fate ciò che dice l'Apostolo..., pensate alle cose di Dio, a come piacere a lui in tutto, affinché possiate avere l'animo fecondo di virtù... Rallegratevi, o vergini di Cristo: la Madre di Dio è vostra sorella. (Serm. 192, 3-4).

Nello stesso discorso esorta le anime consacrate a sentire profondamente la gioia della loro vocazione con queste parole: Rallegratevi, o vergini di Cristo: la Madre di Dio è vostra sorella.

Quasi a commento di queste parole, il beato Alfonso d'Orozco chiama Maria fondatrice della verginità e S. Tommaso da Villanova esclama: Tu dunque, Vergine regale, hai il primato tra le vergini... tu, prima maestra e guida delle vergini, tu, forma della verginità, tu, istitutrice e autrice della verginità, tu, prima fondatrice di questo sacro istituto. O vergini, quale maestra avete!

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BENEDICTA TU

E' una forma sempre usata nel nostro Ordine per celebrare la Madonna della Grazia. Veniva detta anche celebrazione vigiliare (Vigiliae B.V. Mariae) perché si recitava ogni venerdì, dopo compieta, o subito di seguito all'antifona finale della Madonna.

Enunciata l'antifona 'Benedicta tu', si recitavano tre Salmi:

Salmo 8: Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universo terra.

Salmo 18: Caeli enarrant gloriam Dei, et opera manuum eius annuntiat firmamentum.

Salmo 23: Domini est terra et plenitudo ejus: orbis terrarum et universi qui habitant in eo.

Al termine si recitava l'intera antifona 'Benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui'; seguiva il versetto 'Ave Maria, gratia plena' cui si rispondeva 'Dominus tecum'. Venivano poi proclamate tre letture desunte dal Discorso 19 di S. Agostino in appendice alla sua opera:

1. O Beata Virgo Maria...

2. Admitte nostras preces...

3. Sancta Maria, succurre miseris...

Si concludeva con il versetto 'Divinum auxilium maneat semper nobiscum: Amen', e poi si recitava il Padre nostro, l'Ave Maria e il Credo.

Nel nuovo Rituale del 1986 (p. 89) è riportata la 'Benedicta tu', ma in forma ridotta che ne sminuisce la validità e la continuità con una nostra venerata e affermata tradizione.

In antico era spesso cantata con melodie caratteristiche sia nei salmi, previsti a cori alterni tra canto modulato e tono retto, sia nelle letture che risultavano molto espressive.

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MADONNA DELLA GRAZIA

Scheda storica

Questo è davvero un titolo raro, forse perché teologicamente tanto raffinato quanto esatto per celebrare il dono fondamentale che Dio in Cristo fa di se stesso all'umanità che magari, come dice S. Agostino, è molto più desiderosa dei doni del Signore, che non del Signore dei doni.

Comunque questo è un titolo mariano agostiniano e con ogni probabilità da ritenersi il più antico, il più originale e il più ricco di significato.

Se a Maria si addicono tanti titoli, in modo tutto particolare le va riconosciuto quello di Madre di Gesù, da cui viene la salvezza, dono amoroso e gratuito del Padre, espresso appunto con la parola teologica "Grazia" che condensa gli avvenimenti dell'Incarnazione e della Redenzione.

Questo titolo l'Ordine Agostiniano lo ha adottato fin dalla sua origine perché corrisponde a una sensibilità teologica rintracciabile nella Chiesa già dal sec. XIII. In passato ha certamente avuto maggior fortuna che nei tempi moderni; per gli Agostiniani offre anche familiari e gradite risonanze nella più alta teologia di S. Agostino, il quale ha trattato estesamente e con insuperata profondità il tema della Grazia che si identifica con la salvezza donataci e realizzata in Cristo morto e risorto. Maria, onorata come Madre della Grazia o della divina Grazia, offre l'opportunità di coniugare la cristologia con la mariologia.

Tra gli Agostiniani la devozione a questo prestigioso titolo si è subito sviluppata trovando adeguate espressioni in alcune antifone, preghiere e inni sempre raccomandate dalle nostre Costituzioni e tuttora presenti nei nostri libri liturgici come la Benedicta tu, detta anche Vigiliae B. M. Virginis perché si recitava o cantava alla sera; l'Ave Regina coelorum, Mater regis angelorum, che ancora si canta nella prima metà del giorno, generalmente dopo l'Ora Media, o anche l'inno Maria Mater Gratiae, che si cantava al termine della nostre processioni e che ancora si usa nella nostra chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna e in tutta la diocesi.

Scheda liturgica

Liturgicamente il titolo Madonna della Grazia è quello che è stato più sentito fin dalle prime generazioni dell'Ordine, trovando affermazione in alcune celebri formule tuttora a noi ben note e care.

Nel 1284 il Capitolo Generale di Orvieto raccomanda la recita del Benedicta tu per onorare la Madonna della Grazia. L'espressione Tu Gratiae Mater... è contenuta nell'Ordinario del B. Clemente da Osimo (+1291) fin dal secolo XIII. Nel 1327 il Capitolo Generale dispone: "...stabiliamo che in tutto l'Ordine dopo l'inno Memento salutis auctor, si dica il versetto Maria Mater gratiae"; la stessa ingiunzione appare nel 1385 e nel 1388.

Così anche veniva recitato in onore della Madonna della Grazia l'inno Ave Regina coelorurn, Mater regis angelorum, che appare già nell'Ordinario del Beato Clemente da Osimo, in quello del 1549 e nelle Costituzioni del 1551; il Capitolo Generale del 1575 ripete che tale inno, da recitarsi dopo la Messa Solenne, mai si deve omettere nelle chiese del nostro Ordine, in nessun tempo.

Nel 1582 il Registro del P. A. Fivizzani, Vic. Generale, contiene l'ingiunzione di cantare detta antifona; altrettanto si trova nelle Costituzioni del 1681. Nel Capitolo Generale del 1695 di nuovo si dice di cantare l'antifona Ave Regina Coelorum come anche si legifera in tal senso nelle Costituzioni del 1850. Nel Cerimoniale del 1785, con qualche variante nel versetto e nell'orazione, rimane integra l'antifona.

Nel 1806, per interessamento del Ven. G. B. Menochio, l'Ordine ottenne dalla Sede Apostolica la Messa e l'Officio di questo titolo mariano. La festa venne fissata per il 1° di giugno.

Nelle Costituzioni del 1895 ancora è riportata l'indicazione di recitare o cantare ogni giorno tale antifona, che nell'appendice viene ricordata nella sua relazione con il titolo della Madonna della Grazia.

Nelle Costituzioni del 1926 ritorna l'ingiunzione di onorare la Madonna della Grazia con la Benedicta tu e relativi salmi e letture, come dal Breviario dell'Ordine.

Nel 1962 la revisione dei nostri libri liturgici spinse a far coincidere tale festa con quella dell'Annunciazione, spegnendo così una tradizione fortemente qualificata nel suo contenuto teologico e agostiniano. Oggi anche tra di noi si sta affermando una rinnovata sensibilità a questo titolo che, oltre ad essere celebrato dalle Litanie lauretane, è onorato nella nomenclatura di conventi, chiese e anche di qualche Provincia dell'Ordine. Nel nuovo Libro delle Messe della Beata Vergine Maria è presente la titolazione "Madre di Grazia - Mediatrice di Grazia" al n. 30 (p. 99) del Messale pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1987.

Scheda iconografica

Difficile una valutazione iconografica di questo bellissimo titolo mariano perché alla ricchezza dei testi liturgici si contrappone una impressionante povertà di espressioni figurative.

Recentemente lo studio di questo titolo ha spinto anche a una possibile ricognizione iconografica, ma per ora si può citare solo un grande e bel quadro seicentesco nella Collegiata di Visso (MC), opera del Pellegrini. Questo quadro celebra Maria con il titolo "Madre della Grazia", come ben evidenziato dal cartiglio posto al centro e sorretto dagli Angeli. L'opera è di sicura provenienza agostiniana, sia perché fu commissionata dal Priore del convento di S. Agostino, sia perché circondano la Vergine 4 figure agostiniane: S. Agostino, S. Nicola, S. Chiara da Montefalco e S. Rita da Cascia.

Nelle immaginette popolari o santini, benché non molto frequenti, è tuttavia possibile trovare esemplari dedicati a Maria Madre della Grazia.

In ogni caso gli elementi essenziali di questo tema si possono ricondurre alla persona di Maria nel gesto di mostrare il suo Bimbo per lo più in un atteggiamento che ne sottolinea la vitalità e l'espressione di comunicare la sua divina forza.

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TESTI LITURGICI

Ave Regina Caelorum,

Mater Regis Angelorum,

o Maria flos Virginum

velut rosa velut lilium

funde preces ad Filium

pro salute fidelium.

O Beata Virgo Maria,

tu veniae vena,

tu gratiae mater,

tu spes mundi,

exaudi filios tuos

clamantes ad te!

(Antifona al Magnificat dell'antica officiatura)

Porta coeli et stella maris es Virgo Maria!

Regis aeterni mater gratos nos redde Filio tuo.

Quia omnis virtus et decor et gloria ex te resplendet.

(Responsorio alla lettura)

Sub tuum praesidium confugimus, clementissima Virgo,

Suscipe nos unica spes nostra et nostris delectare laudibus

quibus indigni omni te laude dignissimam collaudamus.

Aufer a nobis iniquitates nostras

ut digni canamus tibi gloriae melos.

(Responsiorio alla lettura)

Maria Mater Gratiae, Mater Misericordiae, tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe.

Iesu, tibi sit gloria qui natus es de Virgine cum Patre et almo Spiritu in sempitema saecula. Amen

(Antico inno)

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MADONNA DELLA CONSOLAZIONE

detta anche

DELLA CINTURA

Nota storica

Questo titolo nella sua duplice formulazione, che ne fissa anche la impostazione e la tradizione iconografica, dice riferimento alla materna tenerezza di Maria nei confronti di S. Agostino e di S. Monica e, attraverso loro, di tutto l'Ordine Agostiniano, oltre che all'abito proprio degli Agostiniani, raccolto ai fianchi da una cintura di cuoio.

L'origine è da collegare a una tradizione riconducibile al secolo quindicesimo, epoca in cui gli Agostiniani stavano fissando i termini della loro devozione a Maria. Un testo - formatosi verso il sec. XVI e che va letto con i criteri della valutazione simbolica e di una nota tradizione devozionale - va ricordato perché offre inequivocabili elementi di valutazione e di riferimento a fatti obiettivi della storia e della vita religiosa. Si narra che S. Monica nella sua afflizione per la perdita del marito Patrizio e per il disorientamento spirituale del figlio Agostino, si rivolge alla Madonna per trovare in lei conforto e consolazione e per avere una risposta che può sembrare curiosa ma che indica contemporaneamente l'intento ideale della narrazione. Monica infatti chiede a Maria in che modo si sarebbe vestita dopo la morte di S. Giuseppe. I connotati di lutto e di afflizione ma anche di nuova realtà esistenziale considerati nell'abito sono ben evidenti. La Madonna accondiscende benevolmente al desiderio di Monica apparendole vestita di abito nero, raccolto ai fianchi da una cinta di cuoio, invitandola a vestirsi in modo simile e assicurandole che quanti l'avessero imitata avrebbero avuto garanzia della sua protezione e consolazione (altro elemento che dice riferimento al devoto proselitismo). Ovviamente, una volta che Agostino fece proprio il proposito di consacrarsi al Signore si sarebbe adeguato con i suoi a questa stessa indicazione.

Abbiamo riscontro che fatti relativi all'abito nero e alla cintura di cuoio per gli Agostiniani sono registrati fin dal 1253 sotto Innocenzo IV e nel 1255 con Alessandro IV. E' chiaro che la lettura di detta tradizione - ben connotata da elementi religiosi, devozionali e di interesse di gruppo - va intesa tenendo presente la situazione storica: gli Agostiniani, organizzati nel 1256 con le caratteristiche di Ordine mendicante e di fraternità apostolica, tendono a nobilitare la propria tonaca fino a farla risalire a una apparizione e disposizione della stessa Vergine Maria, come d'altronde vantano, con altrettante tradizioni, gli altri grandi Ordini.

Alcune date ci sono di aiuto per rintracciare nella storia elementi che testimoniano, attraverso la realtà e il simbolo della "cintura" aspetti di vitalità dell'Ordine e il suo rapporto con Maria.

Già nel secolo XV tra gli Agostiniani del Nord Italia era venerato il titolo di Nostra Signora della Consolazione. Nel 1473 a Genova sorgeva una Congregazione di Osservanza con il titolo Santa Maria della Consolazione.

Nel secolo XV esisteva anche una Confraternita della Consolazione che si affermò fortemente nella nostra chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna.

Nel 1439 Andrea Montecchio, vescovo di Osimo e Vicario Generale di Eugenio IV, il 14 agosto emanava il Decreto Solet pastoralis sedes, con il quale si approvava la fondazione della Confraternita dei Cinturati: il Priore Generale dell'Ordine, Gerardo da Rimini (+1443), ebbe confermata la facoltà di istituire confraternite della cintura tanto per gruppi maschili che femminili.

Nel 1575 si consoliderà ancor più il titolo di Nostra Signora della Consolazione quando la Confraternita esistente a Bologna si fuse con la Confraternita dei Cinturati di S. Agostino, pure a Bologna, dando origine all'Arciconfraternita dei Cinturati di S. Agostino e di S. Monica sotto l'invocazione di Nostra Signora della Consolazione.

Nel 1576 Papa Gregorio XIII dispose che l'Arciconfraternita bolognese potesse aggregare a sé ogni Confraternita che sorgesse in qualsiasi altro luogo e nel 1579 stabilì che fosse il Priore Generale dell'Ordine Agostiniano a emettere il documento di aggregazione, favorendo l'associazione di molti privilegi e abbondanza di indulgenze.

Lungo il secolo XVIII si assiste a una grande diffusione di Confraternite aggregate a quella di Bologna, sparse in Italia, Europa e anche fuori.

Nel 1922 la sede dell'Arciconfraternita viene trasferita nella chiesa di S. Agostino in Roma. In questo nostro secolo le diffuse Confraternite presso quasi tutte le nostre chiese hanno subìto un affievolimento dovuto a mancata animazione interna e a una carente capacità di inserirle all'interno della forte impostazione del nuovo impegno dei laici e dei movimenti ecclesiali. Recentemente sono emersi segni di ripresa per recuperare l'autentica tradizione di spiritualità agostiniana contenuta in questa associazione.

Scheda iconografica

Lo schema iconografico più affermato è quello che si sviluppa su elementi che evidenziano con immediatezza il simbolo della cintura intesa come parte che completa l'abito religioso. La Madonna siede al centro in trono con in braccio il bambino, ai lati sono in ginocchio e in devoto atteggiamento di accogliere il dono S. Agostino, normalmente alla destra, il quale riceve la cintura dalla Vergine, e S. Monica, alla sinistra, che la riceve dal Bambino Gesù.

Alcune varianti ricorrono sovente: gli angeli che sovrastano la Madonna e che tengono altre cinture da distribuire, intendendo la volontà di estendere questo segno ai seguaci e ai devoti del Santo; oppure nello sfondo è inserita la presenza di altri santi, per lo più agostiniani, come S. Nicola, S. Rita o altri.

L'impostazione iconografica è quella che si rifà al modello della Madonna di Pompei dove però l'elemento dono è il Rosario. Altre volte, meno frequente nei dipinti, ma più diffuso nelle sculture e nelle immaginette popolari (santini), si ha soltanto la Madonna in piedi, col Bambino o senza, che lascia pendere dalla mano la cintura di cuoio.

Tutte le chiese agostiniane in passato avevano un altare con un quadro o una statua in riferimento a questo titolo, e le varie Confraternite si onoravano di avere il loro stendardo processionale con l'immagine della Madonna della Consolazione o con un ornato stemma agostiniano completato in modo molto evidente dalla Cintura.

Nota liturgica

Quanto all'espressione liturgica del culto alla Madonna della Consolazione abbiamo come prima annotazione la data del 1575 che iniziò la consuetudine di celebrarne la festa nella prima domenica di Avvento; allora fu il Papa stesso con il suo seguito a presenziare alla processione in onore della Madonna. In seguito, anche per ovvi motivi di opportunità liturgica, la Sede Apostolica fissò la festa alla prima domenica dopo la solennità del S. P. Agostino e nel 1914 si dispose che la festa si celebrasse il sabato immediatamente successivo alla solennità del S. P. Agostino.

Già nel 1724 gli Agostiniani di Spagna ottennero per la loro nazione una maggiore solennità ottenendo la qualifica di "doppio di prima classe", cosa che nel 1805, per richiesta del Sacrista Pontificio Ven. Mons. Giuseppe Bartolomeo Menochio osa., fu estesa a tutto l'Ordine Agostiniano.

L'Ufficio e la Messa propria di questo titolo mariano furono riformati sotto il pontificato di S. Pio X.

La festa della Madonna della Consolazione comportava anche la solenne processione dei Religiosi Agostiniani e dei Cinturati, i quali riaffermavano la loro devozione con la processione che si ripeteva ogni quarta domenica del mese.

La stessa pietà quotidiana era segnata nel nostro Ordine da questa particolare devozione in quanto tutti, religiosi, professi e confratelli laici avevano il dovere di recitare la celebre "Coroncina della Madonna della Consolazione".

Nell'attuale Calendario e Messale Agostiniano la festa è fissata per il 4 settembre. Il nuovo Rituale OSA prevede il titolo e la particolare devozione della Coroncina nella nuova forma dove l'enunciato degli articoli del Credo è seguito da tre testi alternativi di commento presi dagli scritti del S. P. Agostino. Il titolo della Madonna della Consolazione, con Messa propria presa dal nostro Messale, è inserito (n. 41, p. 133) nel Messale Mariano emanato dalla CEI nel 1987.

 

 

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TESTI LITURGICI

CORONCINA DELLA SACRA CINTURA

E' la formula classica e tradizionalmente radicata nell'Ordine Agostiniano per onorare la Madonna della Consolazione. Ricca di particolari indulgenze concesse via via dai Sommi Pontefici, essa consiste nel recitare per 13 volte il Padre nostro e l'Ave Maria concludendo con la Salve Regina. I singoli Padre nostro e Ave Maria erano introdotti da un articolo del Credo seguito da un "Consideriamo..." e una breve supplica a Maria: "Vergine santissima aiutateci... !" (questa parte poteva essere omessa e si indicava così la formula ridotta prevista dal Rituale).

Interessante appare, nei suoi elementi richiamanti, la fede cristiana e la specifica devozione "agostiniana", l'introduzione che il Rituale del 1930 premetteva (a p. 50): "Reciteremo tredici Pater ed Ave in memoria e venerazione di nostro Signore Gesù Cristo e dei dodici Apostoli, i quali composero il Credo, ricordando in essi i misteri della Santa Fede. Imploriamo, adunque, per essere esauditi, l'aiuto della B. V. Maria, Madre di Consolazione, del Padre Sant'Agostino e della Madre Santa Monica".

Terminati gli articoli del Credo, si recitava la preghiera per la Chiesa e per la società, per i vivi e per i defunti; seguivano la Salve Regina, le Litanie lauretane, l'antifona Sub tuum praesidium, l'invocazione alla Madonna della Consolazione, a S. Agostino e S. Monica e si terminava con un duplice Oremus: il primo con riferimenti alla Madonna della Grazia, collegato solitamente all'antifona Ave Regina coelorum, Mater regis angelorum...; il secondo, proprio del titolo della Consolazione.

Questa pratica caratterizzò nel nostro secolo la pietà mariana dei religiosi agostiniani e dei laici appartenenti al Terz'Ordine.

Il nuovo Rituale dell'Ordine, emanato nel 1986, a p. 80 ne propone la nuova formula consistente nell'enunciazione dei 12 articoli del Credo, seguiti da un testo (da scegliersi su tre) di commento preso dagli scritti del S. P. Agostino; quindi si propone una pausa di silenzio e la recita dell'Ave Maria. La conclusione prevede la recita della Salve Regina e il tradizionale Oremus dal Proprio della Madonna della Consolazione.

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MADONNA DEL BUON CONSIGLIO

Scheda storica

Dei titoli con i quali l'Ordine Agostiniano onora Maria quello del Buon Consiglio è quello che ha avuto più successo e maggior diffusione tra il popolo. L'origine di questo titolo è dato dal Santuario agostiniano di Genazzano (Roma) ove dal 1467 è molto venerato un pregevole affresco raffigurante la Madonna teneramente stretta al collo dal Figlio Gesù. Gli inizi si riferiscono a un fatto in qualche modo prodigioso: una devotissima immagine della Madonna che si impone all'attenzione di tutti. Abbiamo la testimonianza del P. Ambrogio da Cori, provinciale agostiniano di Roma e poi Priore Generale, il quale ci dice che il 25 aprile 1467 all'ora del Vespro "quaedam imago Beatae Virginis in pariete dictae ecclesiae miraculose apparuit". Da questo testo si formò una suggestiva tradizione che si sviluppa anche su elementi storici.

Gli Agostiniani erano a Genazzano fin dal 1278 in un eremo esterno all'abitato, fuori di Porta Romana; nel 1356 furono chiamati dai Principi Colonna entro il paese per condurre una parrocchia che aveva sede nella chiesetta detta di S. Maria del Buon Consiglio. Passato un secolo la chiesa era ormai fatiscente e si rendeva necessaria una radicale ricostruzione. Chi si fece carico di questa opera adoperandosi anche per reperire i necessari fondi presso il popolo fu la Beata Petruccia, terziaria agostiniana, la quale, giunta all'esaurimento dei fondi di cui disponeva, continuava ad avere e a infondere agli altri viva fiducia, sicura che la Beata Vergine e S. Agostino sarebbero intervenuti per portare a termine la costruzione. Le preghiere furono esaudite e l'attesa fu premiata. Ed ecco che la sera del 25 aprile 1467, festa di S. Marco, all'ora del Vespro avveniva qualcosa che colse tutti di sorpresa e che fu subito interpretato come fatto prodigioso. La tradizione poi, fiorita su un dato di

fatto sicuro ma non meglio precisato, si esprime raccontando che il dipinto di Genazzano proviene da Scutari in Albania al tempo dell'invasione dei Turchi e che, portato dagli angeli fino al Santuario, vi giunse la sera del 25 aprile accompagnato da due devoti che, sempre guardando in alto verso l'immagine sacra, senza accorgersi dell'ampio spazio di mare e di terra percorso, giunsero nella cittadina laziale stabilendovisi e dando origine a due famiglie che vi trasmisero l'onore di questo singolare privilegio.

Anche questa tradizione va letta nel suo preciso contesto sociale e culturale, ma certamente giustifica il fatto che Genazzano si è andata affermando sempre più come uno dei maggiori centri del culto mariano: ne sono prova l'ininterrotta serie di pellegrini che vi giungono da ogni parte, le visite fatte dagli stessi Pontefici e l'esistenza di una Associazione e Pia Unione, che accoglie i tanti devoti della Madonna del Buon Consiglio.

Scheda iconografica

Dal punto di vista iconografico l'immagine base è quella di Genazzano, un pregevole affresco definito da alcuni esperti "opera di pura arte romana del sec. XIII" e da altri "opera tardo-gotica-bizantina con influssi della scuola veneta". Indubbiamente una raffigurazione con un profondo ed evidente senso religioso e sacro, espresso tanto nel vigore del volto del Bambino quanto nella dolcezza dei lineamenti della Madre.

L'immagine si sviluppa su un tema: l'intenso abbraccio del Figlio alla Madre, ove appare con chiarezza che la fonte di energia è nel Dio incarnato, dal quale la Madre attinge forza e luce. Sono questi gli elementi che anche nella impostazione iconografica rispettano le linee del più corretto rapporto tra cristologia e mariologia.

L'iconografia di questo titolo ha avuto lungo i secoli una diffusione enorme, tanto da poter essere ritenuta l'immagine più diffusa a livello popolare con due caratteristiche: la sostanziale fedeltà all'immagine fondamentale e una infinita varietà negli elementi secondari. Comunque sempre e ovunque una immagine della Madonna del Buon Consiglio è da tutti immediatamente riconoscibile per i tratti fondamentali e costanti.

Altra caratteristica è che normalmente le raffigurazioni pittoriche sono di piccole dimensioni, rispettando anche in questo l'immagine originale di Genazzano.

La devozione popolare ha dato diffusione a una estesa quantità di immaginette e santini. Questi in realtà nel loro insieme esprimono una maggiore libertà di fantasia e di interpretazione, producendo disegni spesso simpatici, espressivi e molto raffinati.

Scheda liturgica

Il culto della Madre del Buon Consiglio, favorito dai Sommi Pontefici, diffuso dagli Agostiniani e sempre sostenuto dai fedeli, trova la sua espressione più elevata nella Liturgia che via via si andò formando. Nel 1727 papa Benedetto XIII concedeva al clero di Genazzano Messa e Ufficio propri fissando la data della festa il 25 aprile. A conclusione del processo condotto per verificare il fatto storico dell'apparizione, nel 1779 la Sacra Congregazione dei Riti approvò per il Santuario e il Convento di Genazzano l'Ufficio e la Messa dell'Apparizione dell'immagine del Buon Consiglio con Letture e Preghiere e altri testi propri ribadendo per la festa la data del 25 aprile e la qualifica liturgica di "rito doppio di prima classe con ottava". Nel 1781 il Priore Generale P. Francesco Saverio Vasquez chiese e ottenne che l'Officio venisse esteso a tutto l'Ordine Agostiniano con rito doppio maggiore; in tale circostanza la data della festa fu spostata al giorno successivo, come rimarrà poi in seguito e cioè il 26 aprile. Nell'edizione del 1782 del Breviario dell'Ordine appare fissata tutta la liturgia propria della festa della Madonna del Buon Consiglio. Nel 1788, su richiesta del P. Generale Stefano Bellesini, l'Officio di N.S. del Buon Consiglio è fissato a "doppio di seconda classe" per tutto l'Ordine. Nel 1884 l'Ordine Agostiniano ottiene da Leone XIII l'approvazione di un nuovo Officio con Messa in onore della Vergine del Buon Consiglio; seguirà una riforma del tutto rinnovata nel 1914 e infine quella attuale che porta la data 1976.

Nel 1903 Papa Leone XIII, che più volte manifestò la sua tenera devozione alla Madonna di Genazzano, dispose che nelle Litanie Lauretane dopo l'invocazione Mater admirabilis si invocasse la Vergine con il titolo Mater Boni Consilii. Nel Messale proprio dell'Ordine edito nel 1976 sono formulati i nuovi testi liturgici che mettono in evidenza questo titolo nel suo riferimento cristologico e mariologico. Nell'attuale Rituale dell'Ordine del 1981 il titolo mariano del Buon Consiglio è ricordato tra quelli ufficiali dell'Ordine. Il Messale Mariano edito dalla CEI riporta la Messa in onore di Maria Vergine Madre del Buon Consiglio (n. 33, p. 108).

 

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MADONNA DEL SOCCORSO

Scheda storica

Titolo caratteristico soprattutto nel riferimento iconografico affermatosi per la committenza agostiniana. Questo titolo inizia col secolo XIV a partire da ambienti agostiniani della Sicilia e si diffonde prima nell'Italia centrale e insulare, poi anche in altre zone dell'Europa e del mondo, sempre tramite la devozione popolare promossa dall'Ordine Agostiniano. Molti nostri conventi e chiese ebbero questo titolo e anche quando furono abbandonati proseguì tra i fedeli la devozione alla Madonna invocata con questo appellativo. L'origine si basa su tre fatti verificatisi a Palermo, sempre in relazione ad ambienti agostiniani. Chi ce li riferisce è lo scrittore agostiniano B. Attardi in un testo del 1741.

1. La prodigiosa guarigione di p. Nicola Bruno da Messina, priore del Convento di S. Agostino in Palermo. Il religioso nel 1306 si ammalò gravemente ed essendosi rivolto fiducioso alla Vergine Maria, la cui immagine era affrescala nella cappella di S. Martino della propria chiesa, ottenne che la Madonna gli apparisse nelle sembianze di quella immagine; concessa la guarigione, gli raccomandò di diffonderne la devozione con il titolo di "Madonna del Soccorso".

2. Il soccorso di Maria a favore di una mamma e di un bambino, minacciato dal diavolo. Una donna che viveva a Palermo, piuttosto iraconda, aveva la triste abitudine, quando si impazientiva con il proprio bambino, di imprecare; e un giorno, più sdegnata del solito, giunse addirittura ad invocare il demonio perché si prendesse quel fastidioso figlio: subito si presentò l'invocato spirito maligno con l'intento di avventarsi sull'innocente creatura. A questa vista la collerica mamma tanto si impressionò che, pentita, si mise a invocare: "Soccorso, Vergine Maria!" E prodigiosamente la Madonna intervenne presentandosi minacciosa con un bastone allo scopo di fugare il demonio, mentre il bimbo, riavutosi da tanta paura, si rivolge alla Vergine quasi a farsi scudo del suo manto per sfuggire al maligno. All'apparizione della Vergine il demonio subito disparve. La donna, recatasi alla chiesa di S. Agostino per ringraziare la Madonna, riconobbe nell'immagine venerata nella cappella di S. Martino la sua celeste soccorritrice e riconoscente si diede a celebrare i prodigi dovuti alla materna bontà di Maria.

3. Guarigione prodigiosa di una giovane inferma. L'avvenimento, sempre ambientato a Palermo, è di qualche anno più tardi, esattamente del 1315. Una giovane donna era da tempo gravemente inferma per una forma di irrimediabile paralisi, che la obbligava a rimanere fissa e dolorante nel suo letto. La sua preghiera venne accolta dalla Beata Vergine: apparsale in sonno, la destò per soccorrerla in un modo singolare, che ripropone l'ambiente agostiniano in cui si svolge il prodigioso intervento. La Vergine cinge l'inferma con la sua cintura d'argento, dicendole che non si sarebbe potuta sciogliere da quella cintura se non in quella chiesa ove avrebbe trovato un'immagine che somigliasse alle sembianze con cui le appariva al momento. Il volto cui alludeva la Vergine fu in seguito identificato con quello affrescato nella cappella di S. Martino della chiesa di S. Agostino in Palermo. Davanti a questa immagine la giovane inferma riuscì a sciogliersi la cinta guarendo istantaneamente.

Questi tre episodi - ambientati nello stesso luogo, riferiti alla stessa immagine e orientati allo stesso titolo - furono alla base di quella predicazione con la quale gli Agostiniani diffusero il titolo di Madonna del Soccorso, che però nella tradizione iconografica vede decisamente privilegialo il secondo episodio.

Questa serie di racconti con gli evidenti punti di confluenza permettono di tirare alcune conclusioni che danno il senso pieno di tutti gli elementi sia storici che tradizionali. Maria Vergine con il titolo di Madre del Soccorso è espressiva del senso devozionale degli Agostiniani di ambiente siciliano. Questo titolo ebbe molta fortuna essendo fatto proprio dall'Ordine Agostiniano.

Qualche considerazione a parte merita il secondo episodio, in quanto determina in modo preciso e sicuro la tradizione iconografica attraverso la quale emergono elementi educativi del popolo cristiano: mai permettersi, né per scherzo né per superficialità, di nominare e tanto meno invocare il demonio; il devoto popolo cristiano sa però che dal maligno ci si può liberare e che la Madre di Gesù è il rifugio più sicuro dalle sue insidie. Infine l'esempio di frati pellegrini e predicatori come il B. Giacomo da Napoli, che nel 1500 porta a Cartoceto (PS) questa devozione e vi intitola un convento, è prova di come gli Agostiniani furono gli zelanti diffusori di questo titolo che onora Maria nella sua bontà soccorritrice nei confronti dei mali che affliggono l'umanità.

Scheda iconografica

Anche se nella tradizione del culto mariano si trovano titoli iconografici che si rifanno in vari modi al tema del "Soccorso", va subito precisato che il senso agostiniano di questo titolo ha un'unica e costante espressione iconografica, ben connotata nei suoi elementi: la Vergine Maria, una mamma, un bimbo e il diavolo. La distribuzione dei vari personaggi si pone nella logica di una tesi con intenti teologici e pedagogici ben evidenti.

- La Madonna sempre domina la scena, o scendendo dall'alto avvolta in un glorioso nimbo che ne sottolinea l'evento di apparizione, o imponente in primo piano in modo che giganteggi di fronte agli altri personaggi. L'atteggiamento è quello di brandire un bastone a minaccia del demonio, mentre l'altra mano dà senso di sicurezza e di protezione al bimbo malcapitato.

- La mamma, responsabile della presenza del demonio, è pentita e cosciente del suo errore; normalmente inginocchiata ai piedi della Vergine, a volte in atteggiamento supplice, altre con i segni evidenti di chi disperatamente invoca aiuto.

- Il bimbo, disposto per lo più in basso alla scena, il più delle volte in piedi, in atto di cercare rifugio presso la Vergine che gli dà sicurezza proteggendolo dal diavolo; qualche volta è invece piccolo, deposto nella sua culla, quasi non si renda conto dell'avvenimento in cui è coinvolto.

- Il demonio, sproporzionatamente piccolo in confronto alla Madonna, brutto e ridicolo, a volte in fuga e umiliato, altre in atteggiamento di un ultimo disperato tentativo di contendere il bimbo alla Vergine.

La scena è composta su uno sfondo più o meno sviluppato e spazioso sia che si tratti di ambienti architettonici che paesaggistici. Raramente è dato vedere l'inserimento nella scena di qualche santo agostiniano; in questo caso il preferito è S. Nicola da Tolentino. Quando il quadro è commissionato per un interesse particolare, può contenere elementi più specifici, come nell'ultimo espressivo dipinto di Fulvio Del Vecchio (1994), dove è inserito in preghiera, come per sostenere la mamma nell'attesa dell'intervento celeste, il Beato Giacomo da Napoli che fu all'origine del Santuario di Cartoceto, e naturalmente il convento che ne ripropone ancora il titolo.

Scheda liturgica

Gli elementi che permettono rilievi liturgici di questo titolo e la venerazione che ne propagò l'Ordine Agostiniano mettono in evidenza come la devozione popolare abbia avuto più risalto di quanto non ne avessero i testi della preghiera ufficiale. Il 4 febbraio 1804, per intervento del Sacrista Pontificio Ven. Giuseppe B. Menochio, viene approvato e concesso ai Religiosi della Provincia Agostiniana di Sicilia l'Ufficio proprio con Messa in onore della B.V. Maria detta "del Soccorso", con la qualifica di "rito doppio maggiore". Per lo stesso intervento, con decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 24 marzo 1804, il Papa Pio VII estendeva a tutto l'Ordine Agostiniano l'Ufficio e la Messa propria della Madonna del Soccorso. In tutti i libri liturgici dell'Ordine la venerazione a questo titolo è fissata al 13 maggio.

Nell'ultima edizione del Messale e del Libro delle Ore la memoria di questa tradizione tanto radicata tra gli Agostiniani è incomprensibilmente scomparsa.

Negli ultimi decenni il titolo, la storia e l'iconografia della Madonna del Soccorso, ritornata in auge per una serie di studi e ricerche, ha risuscitato la sensibilità di molti agostiniani d'Italia. Sono in corso lodevoli tentativi di riproporne la festa liturgica. Nell'ultima edizione del Rituale Agostiniano la Madonna del Soccorso è indicata tra i quattro titolo agostiniani mariani.

 

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LA MADONNA DELL'UMILTA'

Una immaggine diffusa nell'Ordine agostiniano

Gli Ordini Mendicanti sono i più strenui banditori di figurazioni della Vergine quanto mai commoventi e pregne di significato e di efficacia salvifica. Ma una rappresentazione mariale, in particolare, appare legata al contesto culturale dei Mendicanti tanto dottrinalmente quanto figurativamente. E' questa la Madonna dell'umiltà seduta a terra, immagine che costituisce una visualizzazione, un esempio figurativo quanto mai icastico della virtù della umiltà peculiare della regola mendicante. La dottrina mendicante considera, infatti, l'umiltà la prima e indispensabile virtù avente il potere di perfezionare ogni altra, la radice di tutte le virtù. Il modello per eccellenza di questa virtù, feconda di ogni bene e di ogni grazia, è connaturalmente Maria, la donna del Magnificat. Ecco rinvenuta l'immagine che meglio di ogni altra esprime lo spirito di umiltà, di obbedienza e di carità della famiglia mendicante, l'immagine nella quale tutti i suoi esponenti desiderano riconoscersi e che amano fare propria, l'icona avente il potere di placare gli interiori dissidi. Per quanto riguarda la genesi iconologica di queste immagini Bene Parronchi ha individuato che alla formazione della figura della Madonna in umiltà hanno contribuito gli scritti del dottore agostiniano Agostino Trionfo (Ancona 1243-Napoli 1328). Maria infatti lo ha dato alla luce "non adorna di corona regale, non su di un letto d'oro, ma indossando appena una tunica non per ornamento ma per coprire la nudità", quale si conveniva alla moglie di un povero falegname. Orbene, la Madonna in umiltà che allatta il Bambino al suo seno è rappresentazione oltremodo eloquente della direttiva perseguita dal Trionfo, ordinata a sottolineare la condizione di creaturalità della Madonna per meglio esaltare in lei la pienezza della grazia divina. Il trattato di Agostino Trionfo già nel 1326 toccava connaturalmente anche il tema della Immacolata Concezione, confermando, secondo la direttiva egidiana-tomista, la tesi maculista o della santificazione della Vergine nell'utero materno. Numerosi esponenti degli Eremitani si schierano così col nutrito gruppo francescano sostenitore e predicatore sistematico a largo raggio della dottrina immaculista propugnata dall'oxonense Duns Scoto.

Nelle Marche, sulla base delle nostre attuali conoscenze, sembrerebbe che i maggiori committenti dell'immagine siano stati gli Agostiniani. Ben tre delle immagini marchigiane della Vergine glorificata - di cui si conosce con certezza l'origine - provengono da chiese agostiniane: Ascoli Piceno, Corridonia e Montegiorgio. E' lecito supporre, quindi, che non solo l'Ordine agostiniano sia stato sul territorio il committente più alacre della raffigurazione immaculista, ma abbia anche svolto il ruolo di fervido predicatore della dottrina del cui significato l'immagine è portatrice. Sotto questo riguardo molto interessante ci appare la notizia che i fabrianesi Allegretto Nuzi e Francescuccio Ghissi - il più prolifico pittore di questa iconografia - siano contemporanei di due illustri predicatori agostiniani e uomini di cultura, anch'essi fabrianesi: i BB. Giovanni e Pietro della famiglia dei Becchetti. E particolarmente significativo ci appare il ragguaglio che, dei due, Giovanni ha studiato e ricevuto il magistero in teologia a Oxford, nell'ambiente, cioè, dove la dottrina dell'Immacolata Concezione proclamata dallo scotismo era tenuta grandemente in onore.

Questa informazione può essere assunta quale indizio che l'Ordine agostiniano locale era interessato alla formazione di predicatori i quali diffondessero nella regione la dottrina immaculista. Di conseguenza il contributo della famiglia agostiniana alla plasmazione della stessa si configura senza dubbio rimarchevole.

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

S. AGOSTINO, Maria "dignitas terrae". Introduzione e note a cura di Agostino Trapè, pp. 240, Roma, Città Nuova ed., 1988. [Piccola Bibl. Agostiniana, 12].

GIACOMINI A. M., L'Ordine Agostiniano e la devozione alla Madonna, in Sanctus Augustinus vitae spiritualis magister, II, Roma 1959, pp. 77-124.

ERAMO A., Mariologia del Vaticano II in S. Agostino, Roma 1973.

MENENDEZ VALLINAS M., El culto liturgico de la Virgen en la Orden de San Agustin, in "Archivo Agustiniano", 58 (1964), pp. 5-52, 205-245, 329-374.

MAROZZI TIZIANA, Gli Agostiniani e l'iconografia della Madonna del Soccorso, Tesi di Laurea Università di Macerata, a.a. 1993-1994.