Eros Stivani

La presenza agostiniana a Bologna nel medioevo

(Bologna, 1999)

La presenza dell'Ordine agostiniano in Emilia Romagna ha inizio con le origini dell'Ordine stesso. E' infatti da Butriolo, a pochi chilometri da Cesena, che nasce nel 1217 circa la congregazione dei Giamboniti, che, assieme alle altre congregazioni, farà parte della Grande Unione nel 1256. In questo momento di formazione per agglomerazione tutte le congregazioni già esistenti avevano almeno un loro convento nelle immediate vicinanze delle mura bolognesi. Gli Eremiti di Toscana erano presenti a Fossa Cavallina, ad est di Bologna; i Guglielmiti nei pressi di Porta Mascarella; i Brettinesi in Val di Pietra, appena fuori Porta Saragozza, e fuori Porta S. Isaia; ed i Giamboniti nelle adiacenze di Porta S. Vitale, in S. Giacomo di Sàvena. Da allora ad oggi la presenza certa dei conventi dell'Ordine in Emilia Romagna è di 105 case, ma con ogni probabilità ve ne sono state anche altre.

Analizziamo ora quelle presenze da cui ebbe inizio nella fase medievale il cammino di questo ordine nella zona di Bologna.

S. Giacomo di Sàvena

E' questo il convento in cui i frati Eremitani si riunirono per costituire il primo nucleo sotto la comune regola ed appartenendo allo stesso Ordine nel 1256. Di esso non si hanno molte notizie. Il nome di tale luogo era S. Giacomo di Sàvena, ed apparteneva inizialmente ai Giamboniti che risultano essere già lì presenti nel 1247. Gli Eremitani di S. Agostino si trasferirono definitivamente in S. Giacomo Maggiore, dentro le mura, abbandonando S. Giacomo di Sàvena nel 1285. Testimonianze iconografiche di questo luogo non se ne conoscono, se non un affresco, Staccato e conservato altrove, che però è successivo alla partenza degli agostiniani(1).

S. Agostino a Fossa Cavallina

Poche centinaia di metri fuori Porta Maggiore, lungo la via Emilia ad est di Bologna, è documentata la presenza di una comunità di Eremiti di Toscana già dal 1250. Questi frati lasciarono tale convento per unirsi ai confratelli di S. Giacomo di Sàvena a seguito della Grande Unione. Infatti nel 1259 questo luogo si trasformò in monastero femminile(2).

S. Paolo di Ravone

Fuori dalla Porta S. Isaia, a ovest di Bologna, è presente tuttora la chiesa parrocchiale di S. Paolo di Ravone. Di questo luogo si sa che nel 1271 era sottomesso ai padri di S. Giacomo Maggiore, anche se si trovano date diverse sulle origini(3). Qui gli agostiniani rimasero fino al 1652(4).

S. Maria Maddalena in Val di Pietra

Questo convento subito fuori Porta Saragozza, dove ora è presente la chiesa parrocchiale di S. Giuseppe, prende il nome dalla valle in cui si trovava, Val di Pietra o Val Preda. In origine vi abitarono frati eremiti che praticavano la regola di S. Benedetto. Questi poi si unirono alla congregazione dei Brettinesi le cui origini furono nei pressi di Fano. I frati di questo convento, con la Grande Unione, passarono al convento di S. Giacomo di Sàvena(5).

S. Guglielmo

Gli statuti di Bologna nel 1252 ci hanno tramandato memoria che il Comune di Bologna soccorse i religiosi Guglielmiti che vivevano nei pressi di Porta Mascarella. Non si conosce quando si collocarono qui questi frati, ma di essi si dice che seguivano la regola di San Benedetto e che traevano il loro nome da S. Guglielmo di Malavalle. Nel 1257 passarono ad abitare in S. Giacomo di Sàvena(6).

S. Giacomo Maggiore

Questa chiesa è tuttora una delle più importanti sedi dell'Ordine agostiniano(7), e la sua fondazione è del 1267.

In essa si registra la presenza di un altare dedicato a S. Nicola da Tolentino sin dal 1328(8).

In S. Giacomo si conserva una delle più importanti opere pittoriche medievali: il polittico di Paolo Veneziano (nella foto in alto).

Anticamente erano qui presenti due polittici di altrettanti maestri veneziani del '300. Uno di essi, firmato da Lorenzo da Venezia, rimarrà dal 1368 al 1491 sull'altare maggiore ed ora, però non è più presente in questa chiesa(9). L'altro è quello di Paolo Veneziano la cui datazione è da ritenersi anteriore al 1344, data nella quale venne consacrata la chiesa nel secondo giorno di maggio. Nel documento che ricorda tale evento vengono elencati gli altari consacrati ed in particolare, oltre al maggiore, dalla parte sinistra quello dei SS. Pietro e Paolo, di S. Giovanni battista e dei SS. Giacomo e Filippo, dalla parte destra quello della santa Croce e di S. Giovanni evangelista. Secondo quanto espresso dal Volpe(10), questo polittico avrebbe potuto trovarsi in occasione della consacrazione, collocato nell'altare dei SS. Pietro e Paolo o in quello della S. Croce. Questo per il motivo che nella parte centrale dell'opera è collocata una reliquia lignea della S. Croce e, per altro motivo, che nelle due posizioni centrali del registro intermedio sono rappresentati i SS. Pietro, da un lato della reliquia, e Paolo, dall'altro lato.

Molte sono le manomissioni che quest'opera ha subito nel corso degli anni. Tra queste si supponeva vi fosse l'asportazione dell'immagine della parte centrale. Dal recente restauro è emerso che la doratura della parte centrale è contemporanea alle altre parti, quindi la reliquia lignea della S. Croce non fu una aggiunta avvenuta posteriore. Ciò fa pensare che questa opera fosse la pala dell'altare della S. Croce consacrato il 2 maggio 1344. Tra le modifiche avvenute con certezza vi è la perdita delle cimase costituite da una immagine centrale raffigurante probabilmente una crocifissione e due cuspidi disposte lateralmente, che potrebbero essere identificate con quelle presenti presso il Wadswuorth Atheneum di Hartford, attribuite appunto a Paolo Veneziano e provenienti dalla antica collezione bolognese Gozzadini. Esse rappresentano l'Angelo annunziante e la Vergine annunziata. Una ulteriore manipolazione avvenne quando il registro superiore fu disposto alla base del polittico per poter sovrapporre a quest'opera il polittico di Jacopo di Paolo (datato 1420 c.) creando così un insieme privo di uniformità e stilisticamente sgrammaticato. Non si può escludere che sia stato in occasione di questa modifica che si siano eliminate le cimase.

E' questa l'opera più elevata di Paolo Veneziano nella quale è possibile riscontrare la purezza del classicismo bizantino ravvivato da rinascenti vene di temperamento gotico. All'interno di questo insieme, la raffigurazione di S. Giorgio è sicuramente il migliore brano di tutta l'opera di questo autore.

Infine un'ultima considerazione sulla iconografia, che è qui fortemente agostiniana, non solamente per la presenza di S. Agostino posto nel registro intermedio a sinistra ed a corpo intero, ma in particolar modo per la presenza fondamentale di S. Nicola da Tolentino. Questo santo agostiniano domina il registro inferiore essendo presente in ben tre scene disposte centralmente. In esse sono ripresi tre miracoli descritti nel processo di canonizzazione avvenuto nel 1325 e rappresentano la liberazione di un prigioniero legato mentre viene derubato, la rianimazione di pernici arrostite con le quali i confratelli volevano nutrirlo durante la malattia ed in fine S. Nicola che celebra la Messa in suffragio delle anime del purgatorio e delle quali è intercessore particolare. Altri sono le opere medievali in S. Giacomo Maggiore, come le Storie di S. Maria Egiziaca, la Battaglia di Clavijo e le pitture delle arche sepolcrali esterne, ora staccate e conservate all'interno nel peribolo(11).

S. Cecilia

S. Cecilia è la chiesa parrocchiale nel territorio della quale si edificò a partire del 1267 il complesso di S. Giacomo Maggiore. Fu quindi un evento naturale che gli agostiniani entrassero in possesso di questa chiesa nel 1323. La fondazione di S. Cecilia non è nota, ma sicuramente è precedente alla fondazione di S. Giacomo e tuttora è gestita dai padri agostiniani, anche se non è più parrocchia dal 1806. In essa si conserva un preziosissimo ciclo di affreschi dei primi del '500 sulla vita di S. Cecilia tra i cui autori figurano il Francia, il Costa e l'Aspertini(12).

Per completezza occorre dire che altre due furono le chiese agostiniane occupate in Bologna e appartenute dai padri agostiniani della Congregazione di Lombardia: la prima è S. Maria della Misericordia, dal 1473 al 1796, e l'altra è S. Biagio, dal 1557 al 1796.

Un luogo del quale è stato scritto nella storiografia bolognese considerandolo come convento degli Eremitani di S. Agostino è la chiesa di S. Michele in Bosco. Era qui nata una comunità nel 1217, che viveva in uno stile eremitico e che aveva scelto come regola quella di S. Agostino. Questi frati, però, non aderirono alla Grande Unione del 1256 e non ebbero nulla a che fare con l'Ordine agostiniano, tant'è che continuarono la loro esperienza di vita in quel luogo fino al 1359 quando si estinsero(13).

S. Bartolomeo in Castel S. Pietro

Castel S. Pietro è un paese a 25 chilometri circa ad est di Bologna, lungo la via Emilia, ed in esso si trova la chiesa di S. Bartolomeo, ora ridotta a cinematografo, e che è una delle chiese più antiche del luogo. Gli agostiniani ne presero possesso nel 1368, provenendo dalla Castellina nel Medesano(14). Nel 1845 i proprietari della chiesa erano i frati di S. Giacomo Maggiore di Bologna.

Questo intervento non vuole essere la presentazione di un risultato di una ricerca compiuta, ma piuttosto un punto di partenza per studiare e analizzare la presenza agostiniana nell'intero territorio della regione Emilia Romagna. In esso infatti si registra un intensificarsi di conventi eremitici sin dai primi decenni del XIII secolo nelle zone del forese delle principali città. Si lasciò questa collocazione all'esterno delle città per entrare nel nucleo abitativo a partire probabilmente dal momento della Grande Unione del 1256, e forse già da prima. E', oltre al caso di Bologna, il caso di Ferrara dove gli agostiniani si trasferirono nella chiesa di S. Andrea nel 1256 provenendo da S. Antonio in Polesine(15). In una ulteriore fase tardo-medievale dalle città principali le comunità si espansero nelle località del forese più importanti, come accadde nel territorio modenese per Mirandola a partire dalla metà del XV secolo, per Spilamberto nel 1470, provenendo da S. Agostino di Modena e da S. Maria della Misericordia di Bologna(16). Così pure accade a Carpi nel 1448 e a Finale Emilia nel 1494(17), sempre nella provincia di Modena.

Note:

(1) M. Fanti, Gli Agostiniani a Bologna e la chiesa di S. Giacomo. Gli inizi (1247-1315), in Il tempio di S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1967, pp. 4-5.

(2) Statuti di Bologna dall'anno 1245 all'anno 1267, a cura di L. Frati, Bologna 1869, I, pp. 47 e 53.

(3) Il Ghirardacci ci riferisce che nell'anno 990 Clemente era vescovo di Bologna ed in tale riferimento afferma: "Attestano gli Annali della Religione Augustiniana, che nel tempo di questo Pastore l'anno 1008. Li frati di S. Giacopo habitavano fuori dalla città di Bologna presso il fiume Savena, dove fecero due Cogregazioni, o Capitoli, si come nelle scritture dell'Archivio di Milano, & di Bologna di detta Religione appare. Nel medesimo tempo li suddetti Frati anco havevano l'Oratorio di S. Paolo di Ravone fuore della circla di Saragozza." (C. Ghirardacci, Epitomi o tavola de' vescovi della città di Bologna, in Della Historia di Bologna, Bologna 1596, I, n.29). Questo anno 1008 è stato in seguito ripreso da più scrittori come inizio della presenza agostiniana nella città di Bologna. Anche l'anno 990 è stato ancora recentemente individuato come inizio degli agostiniani a S. Paolo di Ravone (G. Tanteri, San Paolo di Ravone 990-1990, Bologna 1967, pp.10-12). Queste sono date che sucitano grosse perplessità e sarebbe indispensabile verificarle sui documenti originali da cui il Ghirardacci ha tratto le notizie. In mancanza di essi noi possiamo solo constatare che non ci è pervenuta nessuna notizia documentata circa la presenza di un vescovo della città di nome Clemente in quegli anni. Infatti nella più recente lista episcopale pubblicata (Storia della Chiesa di Bologna, a cura di P. Prodi e L. Paolini, Bergamo 1997, I, p.385) si registra il nome di Alberto vescovo fino al 16 luglio 983 e, dopo una lacuna di documentazione, Giovanni (III) vescovo dal 997 fino a prima del 20 luglio 1017. Non era quindi presente un vescovo di nome Clemente nel 1008. Pare quindi evidente che il Clemente Pastore a cui si riferiscono i documenti citati è in realtà papa Clemente IV (papa dal 5 febbraio 1265 fino al 29 novembre 1268). Possiamo quindi asserire che in S. Paolo di Ravone gli agostiniani erano presenti nell'arco degli anni che vanno dal '265 al '268.

(4) Per S. Paolo di Ravone vedi in G. Tanteri, S. Paolo di Ravone 990-1990, Bologna 1989; e anche in Le chiese parrocchiali della diocesi di Bologna ritratte e descritte, Vol. I, Bologna 1844, n. 15, qui si dice che una comunità agostiniana esistesse qui fin dal 1123.

(5) G. Guidiccini, Miscellanea storico-patria bolognese, Bologna 1872, pp. 122-124.

(6) G. Guidiccini, Cose notabili della città di Bologna, Bologna 1870, vol. III, p. 205. Si noti che il Guglielmo è di Malvalle, vicino a Castiglione della Pescaia in provincia di Grosseto, e non, come dice il Guidiccini, di Malacappa nelle Marche.

(7) Per la chiesa di S. Giacomo Maggiore vedi in Il tempio di S. Giacomo Maggiore, op. cit., come anche in F. Cruciani, S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1971 e in M. Fanti, C. Degli Esposti, E. Stivani, La chiesa di S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1998.

(8) Cf. Regesto, a cura di D. Lenzi, in Il tempio di S. Giacomo Maggiore, op. cit., all'anno 1328.

(9) Alcune tavole del polittico di Lorenzo da Venezia sono ora conservate alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Per questa opera vedi in C. Volpe, Il Polittico di Lorenzo Veneziano in Il tempio di S. Giacomo Maggiore, op. cit., p. 92.

(10) C. Volpe, Il Polittico di Paolo Veneziano in Il tempio di S. Giacomo Maggiore, pp.87-91.

(11) Per queste e per le altre opere di S. Giacomo si rimanda alla bibliografia citata.

(12) E. Stivani, L'Oratorio di Santa Cecilia, Bologna 1998.

(13) Cf. M. Fanti, S. Michele in Bosco in Bologna, in Monasteri Benedettini in Emilia Romagna, a cura di G. Spinelli, Milano 1980.

(14) Medesano, oggi S. Michele di Medesano, si trova a sinistra del torrente Sillaro, tra Castel Guelfo e Medicina.

(15) Cf. G. Medri, Chiese di Ferrara nella cerchia antica, Bologna 1967, pp. 231-235.

(16) Cf. A. Albertini, Memorie storiche spilambertesi, Modena 1911, pp. 5-24.

(17) Cf. E. Rovatti, Finale Emilia mille anni di storia, Modena s.a., pp. 143-145 e pp. 236,237,242; ed ancora in V. Tarulli, Gli agostiniani a Finale Emilia, in Bollettino di S. Nicola da Tolentino, Tolentino Novembre 1992.