Tomo IV

ANNO 1260

Anni di Christo 1260 - della Religione 874

1 - [p. 635] Daremo principio all'Anno di Christo 1260 con l'estintione totale della Casa empia, e malvagia del sceleratissimo, e sopra tutte le Fiere, non che gli Huomini, crudelissimo Ezelino; imperochè, essendo restato della sua Diabolica Progenie, un Fratello, che tiranneggiava anch'egli la Citta di Trevigi, chiamato Alberico, il quale essendosi ridotto nella sua Città per isfuggire l'ultime rovine, li fu così presto adosso il Legato del Sommo Pontefice con l'Esercito della Lega, che con intelligenza ancora de' Cittadini, che l'odiavano a morte, per le sue Tirannie, l'hebbe nelle mani, insieme con la Moglie et i Figliuoli, che erano sei, et havendoli fatti amazzare i Figli davanti a gli occhi suoi, fece poi abbruggiare viva la Moglie e le Figlie, et ultimamente fece morire con isquisitissimi tormenti lo stesso Alberico. Nello stesso tempo essendosi incontrate le due Armate Navali delle due Republiche di Venezia e di Genova, et havendo fieramente combattuto insieme, restò disfatta l'Armata Genovese, che diffendeva Michele Paleologo, e la Venetiana, che proteggeva l'Imperatore Balduino, restò vittoriosa, ma con poco profitto però dell'Imperatore suddetto. Il nostro Santo Pontefice Alessandro anch'egli, procurava di debellare con ogni suo potere, lo Scismatico Manfredo, che s'intitolava Re delle due Sicilie, ma essendo a questo inferiore di forze humane, hebbe per bene di credere al tempo per all'hora, ritirandosi a dare ordine, e sesto alle cose della S. Chiesa, una delle quali fu la Canonizatione della gloriosa S. Chiara d'Assisi.

2 - Quanto alle cose nostre, io ritrovo, che rese molto glorioso il principio di quest'Anno, la santa morte del glorioso, e B. Servo di Dio, Ugolino da Gualdo Cattanio, di cui alcuna cosa scrivessimo sotto l'Anno del 1258, con occasione di narrare la Fondatione del Convento di quella sua Patria di Gualdo; e se bene li nostri antichi, et anche moderni Scrittori dell'Ordine, non ne hanno lasciata nelle loro Historie né pure la memoria del semplice nome; nulladimeno non ha volsuto il Grand'Iddio permettere, che più resti occultata al Mondo la santa Fama di questo suo glorioso Servo; perochè ultimamente ha operato, che il Sig. Lodovico Giacobilli da Foligno, habbi presa la penna, e si sia posto a scrivere le Vite non solo de' Santi, e de' Beati della sua bella, et antica Patria, ma etiamdio quelle di tut'i Santi, e Beati della famosa Provincia dell'Umbria, fra le quali molte ve ne sono di varj, e diversi nostri Religiosi (perochè ne ha prodotti molti quella fortunata Provincia) et in ispetie vi si legge quella del nostro B. Ugolino, quale ancor noi quivi brievemente epilogata vogliamo dire:

Brieve saggio della Vita e Morte del B. Ugolino da Gualdo Cattanio.

3 - Abbenchè gli Antenati del nostro B. Ugolino trahessero la loro origine dalla nobil Terra di Bevagna nell'istessa Provincia dell'Umbria, nulladimeno questo Servo di Dio nacque in Gualdo Cattanio, Castello in quel tempo nobile, e popolato, della giuridittione di Foligno, et in Spirituale sotto la Diocesi di Spoleto. Fu da fanciullo allevato da'suoi Genitori, li quali grandemente amavano, e temevano Iddio, [p. 636] nello stesso amore e timore di S. D. M. e col vivo esempio loro, di tal sorte l'incaminarono nella strada della perfettione, e nell'acquisto di tutte le più eroiche e Christiane Virtù, che in brieve tempo, benchè fanciullo fosse, fu veduto, in quel nobile camino correre con passi più che da Gigante; il dispreggio di se stesso, e delle cose del Mondo, l'Oratione quasi perpetua, i Digiuni continui, le Penitenze incredibili, i Cilicj, le Discipline, et altre così fatte austerezze; una viva Carità, et Amore verso Iddio, e verso il suo Prossimo, erano quelle, che facevano maggiormente inarcare le ciglia, non meno a gli Angeli del Cielo, che a gli huomini della sua Terra.

4 - Fatto grande, et adulto, come egli desiderasse di viè sempre più crescere, et avanzarsi nella Santità, prese risolutione d'abbandonare il Mondo, e di ritirarsi in qualche ben fondata Religione; laonde, doppo essersi più volte raccomandato a Dio, com'è da credere, affinchè l'ispirasse, sotto lo Stendardo di quale de' suoi valorosissimi Capitani, era la volontà sua, che egli militar dovesse nel rimanente di sua vita; alla perfine, come in que' tempi sentisse molto commendare, e celebrare la Santità dell'Ordine nostro Agostiniano, massime in quella Provincia dell'Umbria, ispirato veramente da Dio, poco appresso prese l'habito della Religione in un Monistero di quella stessa Provincia, il quale nell'osservanza Religiosa notabilmente sopra de gli altri s'avanzava; e se bene il suddetto Giacobilli, non dice qual'egli si fosse questo Convento, nulladimeno potiamo probabilmente credere, che fosse per avventura uno di questi tre: o quello di Foligno, in cui viveva il B. Ugolino della detta Patria, Religioso in vero di rara Santità; o quello di Spoleto, in cui grandemente fioriva la Regolare osservanza; o finalmente quello di Perugia, nel quale, forse più che in verun'altro, e v'erano Religiosi di santi costumi, e la Vita e regolare Osservanza in sommo grado s'osservavano a tutto rigore.

5 - Vestito dunque del nostro sagro Habito Agostiniano, il B. Ugolino, non solo punto non s'allentò nelle sue consuete penitenze, ed austerezze, anzi di tal sorte, le moltiplicò e l'acrebbe, che pareva quasi cosa impossibile, come un'huomo mortale potesse a tanti patimenti resistere, e durare; passato alcun poco di tempo, intendendo li suoi Compatrioti continuamente celebrarsi da ogn'uno la rara santità di questo loro Concittadino, entrarono ben tosto in gran desiderio d'haverlo, e di goderlo più da vicino nella loro Terra; e perchè non v'era altro mezzo, o modo più opportuno, per conseguire l'intento, quanto che fondando un Convento della Religione nella loro Patria, perciò, doppo varie consulte fra di loro, publicamente tenute, si risolsero in fine di supplicare l'Abbate, et i Monaci di S. Pancratio di Roma dell'Ordine di S. Benedetto, affinchè si compiacessero di concederli, per tale effetto una Chiesa, e Convento, poco dianzi da essi abbandonato nel loro Castello, col titolo appunto di S. Benedetto. Alla quale richiesta, havendo facilmente acconsentito, e sodisfatto quel buon'Abbate, e Padri suddetti, come ancora nel citato Anno 1258 accennassimo, fu per tanto, ben tosto introdotto l'Ordine nostro nella detta Terra, o Castello, e posto altresi in possesso del mentovato Monistero; e fra gli altri Religiosi, che vi vennero a stantiare, uno fu il B. Ugolino, il quale appunto era stato il motivo principale di questa Fondatione.

6 - Non si puole hora, con humana lingua spiegare, quanto vivessero consolati li divoti Gualdesi, mentre non più per fama intendevano, o sentivano, ma con gli occhi proprj vedevano [p. 637] l'opere maravigliose, e stupende, che quel gran Servo di Dio faceva continuamente a maggior gloria et honore di S. D. M. e quello all'incontro, che altresì Iddio faceva, per la di lui intercessione, a pro e beneficio di tutti quelli, li quali, alle sue divote e fervorose orationi, si raccomandavano, et in ispecie de'suoi Compatrioti.

7 - Ma perchè in questo Mondo Iddio non ci vuole perfettamente consolati e felici, quindi non passò guari da tempo, che cessarono l'allegrezze et i contenti di Gualdo; imperochè appena era scorso poco più d'un Anno, doppo la venuta del Servo di Dio nella detta sua Patria, quando parendo hormai tempo al benignissimo Iddio di darli il premio eterno, in contracambio delle sue sante operationi, lo fece per tanto in quest'Anno, per mezzo d'una morte beata, passare a godere in eterno con esso lui, la sua Celeste Beatitudine. Successe poscia la beata morte di questo gran Servo di Dio nel giorno primo di quest'Anno presente; e se bene gli è da credere, che fosse accompagnata, come quella di tutti gli altri Santi, da molti miracolosi e prodigiosi Accidenti, tuttavolta, e per la scarsezza de' Scrittori, e per l'ingiuria de' tempi, e per la simplicità de gli huomini di quel Secolo, non sono alla nostra notitia pervenuti, e perciò non ne potiamo arricchire, come bramaressimo, questi nostri Annali.

8 - Doppo morte, fu sepellito in un Deposito separato e particolare, come appunto si costuma di fare de gli huomini, che sono vissuti con fama di gran Santità. E ben si conobbe poco doppo, in che concetto egli fosse stato tenuto in vita, et altresì, qual memoria fosse di lui rimasta appresso de gli huomini di quella Terra; imperochè, due Anni doppo, essendo stata consagrata la Chiesa Matrice di Gualdo, dal Vescovo di Spoleto, in compagnia di sei altri Vescovi, e dedicata in honore de' gloriosi Santi Antonio, et Antonino Martiri, li di cui Beati Corpi in quella Chiesa riposano, fu anche, con questa occasione trasportato (non contradicendo punto i nostri Frati, non so per qual loro melensaggine) nella stessa Chiesa il Corpo del nostro Beato, e posto sopra un'Altare dedicato a S. Gio. Battista. Altre cose poi, così ne' tempi andati et antichi, come ne' più moderni, intorno al B. Ugolino, doppo la di lui morte, le quali, per non confondere e per non sconvolgere l'ordine de' tempi, ci tratteniamo di raccontare in questo luogo, perché intendiamo di darne il compito ragguaglio in que' tempi ne' quali precisamente accadettero. Solo qui ci giova di soggiungere, che questo glorioso Servo di Dio, è stato fin'hora ignoto a tutto l'Ordine nostro, che però questa è la prima volta, ch'egli entra ad honorare le nostre sagre Historie Agostiniane; è però sempre stato così nota la di lui Santità in quelle parti dell'Umbria, che ha sempre fin dal tempo della sua Morte gloriosa, goduto il titolo di Beato, e come tale è sempre stato su de' publici Altari, da tutti riverito et adorato.

9 - Havendo in questo tempo inteso, per i rapporti d'una continuata Fama, il Pontefice Alessandro IV, che li nostri Padri del Convento di S. Biagio di Brettino, che fu già Capo ben degno della Congregatione de' Padri Brittinensi, erano da alcuni molestati, forsi a fine di farli abbandonare quel sagro Eremo, e introdurvi poi qualche nova Religione; spedì egli per tanto a loro favore, una graziosa Bolla, nella quale gli confirmò quello stesso Convento e in oltre comandò, che in quello non vi si potesse introdurre altra Religione differente da quella del nostro Padre Sant'Agostino, che era appunto la loro, la quale già prima, fin quasi dal principio della sua [p. 638] Fondazione, vi s'era introdotta, et hora molto più, essendosi già incorporato lo stesso Convento con tutti gli altri della detta Congregatione, nell'Ordine vero e antico di S. Agostino, in vigore della Bolla della Grande Unione, come nel suo luogo ampiamente dimostrassimo. Fu diretta questa Bolla al Priore et a' Frati dello stesso Convento e fu data in Agnani alli 7 di Luglio, l'Anno stesso del suo Pontificato e l'habbiamo registrata nel Bollario nostro Agostiniano a car. 33 nel seguente tenore :

Alexander Episcopus Servus Servorum Dei.

10 - Dilectijs filijs, priori, et Fratribus Domus Eremitarum de Brictinis Ordinis S. Augustini Fanensis Dioecesis, salutem et Apostolicam benedictionem. Solet annuere Sedes Apostolica pijs votis, et honestis petentium desiderijs favorem benevolum impartiri. Exhibita siquidem Nobis vestra petitio continebat quod Domus vestra et quia est ab hominum semota frequentia et ex suis situs aptitudine, locus Religioni conveniens est et aptus; unde cum in ipsa sub commodo pacis, et quietis silentio, devotum impendatis, et perpetuo desideretis impendere Domino famulatum. Nos vestris precibus inclinati, statuimus, ut in eadem Domo Vestra, vita Eremitica perpetuis temporibus observetur. Districtius inhibentes, ne in ipsa Domo de caetero alium Ordinem quisquam inducere, vel ipsam ad alium locum transferre praesumat. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae Constitutionis et inhibitionis infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem Omnipotentis Dei et Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum. Datum Anagniae nonis Iulij, Pontificatus nostri Anno sesto.

11 - Più memorabile, di lunga mano, fu un'altra Bolla, che spedì in quest'Anno medesimo, lo stesso Alessandro, a tutt'i Prelati della Provincia di Lombardia, a pro de' Monisteri, che la nostra Religione haveva in quella vasta Provincia; l'occasione poi di spedire questa Bolla, fu la seguente. Essendo stata fatta, per ordine dello stesso Sommo Pontefice Alessandro, la Grande Unione Generale di tutto l'Ordine del nostro Padre S. Agostino, et havendo determinato il detto Ordine nostro, con licenza non solo dello stesso Papa, ma ancora d'altri suoi Antecessori, d'accopiare, et unire lo stato Eremitico con quello di Mendicante, e d'agiutare anch'essi alla maniera delli due Ordini de' Santi Domenico, e Francesco, li Prelati della Chiesa di Dio nella Cura, e la Salute dell'Anime, mediante la santa Predicatione, e l'Amministratione de' Santi Sacramenti, era però necessario, ch'uscissero fuori de gli Eremi, e delle Solitudini (nelle quali, per lo piu, s'erano trattenuti, fino a quel tempo) e se n'entrassero nelle Città, Terre, Castella, et in altri somiglianti Luoghi popolati, si per attendere, con più commodità all'intrapreso, et importante maneggio della Cura, e Salute dell'Anime, come anche per potere di giorno, in giorno, mendicare il vitto, per sostentamento necessario delle loro vite; la qual cosa, havendo essi in ogni lato del Christianesimo, e spetialmente nella Lombardia, posto in esecutione; cominciarono per tanto, sul bel principio, li Prelati di questa provincia, non si sa da qual spirito mossi, ad impedirli quest'entrata, con dire, che essendo essi di Professione Eremitica, perciò non dentro delle Città, e de gli [p. 639] altri Luoghi popolati, ma ne gli Eremi, ne' Boschi, e ne' Deserti havevano da dimorare; per la qual cosa, non potendo li poveri Religiosi resistere alla violenza di Personaggi così autorevoli, e potenti, venivano perciò impediti di non poter porre in esecutione il loro giusto desiderio, insieme con santa mente del Sommo Pontefice, e della Chiesa istessa; laonde non sapendo, che altro fare, ricorsero a' piedi del Sommo Pastore, et espostali brievieramente la sostanza di così grande oppressione, l'infiammarono di sorte alla di loro giustissima diffesa, che incontanente fece spedire a que' Prelati della Lombardia la seguente Bolla, nella quale gli ordinò, e comandò, che non dovessero in verun conto li detti Religiosi impedire dall'ingresso della Città, et altri Luoghi popolati; anzi che più tosto li dovessero prestar favore, e braccio, per conseguire il loro intento. Si conserva poi questa Bolla nel nostro Archivio di S. Giacomo di Bologna, e fu data a' 13 di Decembre, nell'Anno sesto del suo Pontificato; e questa, che siegue, è la di lei copia:

Alexander Episcopus Servus Servorum Dei.

12 - Venerabilis Fratribus, Archiepiscopis, et Episcopis, et dilectis filijs Abbatibus, et Prioribus, Decanis, Archidiaconis, ac alijs Ecclesiarum Praelatis, ac Clericis per Lombardiam constitutis, salutem, et Apostolicam benedictionem. Ijs qui relictis divitijs, et gloriam Mundi huius in habitu, et spiritu Paupertatis, se in sui Creatoris obsequium converterunt, non infestos haberi vos convenit, sed potius favorabiles, et benignos. Sane dilecti filij Generalis, et alij Priores, et Fratres Eremitarum Ord. S. Augustini, Nobis significare curarunt, quod nonnulli vestrum afferentes, quod ijdem Priores, et Fratres debent in Locis dumtaxat solitarijs habitare. Eos in Civitatibus, et Castris, et Villis non permittunt morari, non considerantes, ut convenit, quod difficile foret ipsis, quos opportet diebus singulis sustentationis suae pabulum mendicare, in Locis habitare solitarijs, et remotis. Quia vero sunt ijdem Priores, et Fratres eo maioris favoris benevolentia confovendi, quo non minima paupertate gravati magis dignoscuntur aliorum benefitijs indigere. Universitatem vestram rogamus, monemus, et ortamur attente per Apostolica vobis scripta mandantes, quatenus ipsos Priores, et Fratres, non praesumatis impedire, quominus ipsi in Civitatibus, Castris, et Villis, libere possint, et debeant habitare; quin potius eis ad hoc, ob Christi Reverentiam, benigni favoris auxilium, et pie subventionis impendatis. Datum Laterani Ibidus Decembris, Pontificatus nostri Anno sexto.

13 - Questa Bolla per se stessa è tanto chiara, che non ha bisogno d'alcuna nostra espositione; solo mi reca grande amiratione, come fra tanti Prelati del Christianesimo, ed in particolare dell'Italia, questi soli della Lombardia cercassero d'impedire l'ingresso nelle Città, e ne gli altri Luoghi popolati a' nostri Religiosi, e pure gli è certo, che ciò facevasi da essi in ogni parte del Mondo; altra causa dunque, o motivo, di ciò rinvenire non sappiamo, se non forse quest'una, che in questa parte appunto, più che in qual si sia altra nel Mondo, voleva provare il grand'Iddio la patienza de' suoi Servi; imperochè essendo questa la più bella parte dell'Italia, e fors'anche del Mondo tutto, voleva ancora S. D. M. che più cara ci costasse; o pure ciò permise, che avvenisse il Signore, affinchè havessimo occasione di ricorrere al Patrocinio del Santo Pontefice, e [p. 640] così maggiormente sperimentare più che mai gli effetti consueti della di lui inarrivabile benignità, o finalmente ciò succedeva (e questa è la più certa, e sicura ragione) perochè il Demonio, che prevedeva l'utile grande, che doveva recare a' Fedeli, e massime in queste parti della Lombardia, l'entrata de' nostri religiosi ne' Luoghi popolati in riguardo della santa Predicatione, e del vivo esempio delle loro vite, procurava per tanto con ogni suo sforzo, e potere di frastornare, et impedire un così gran bene; ma finalmente il nostro benignissimo Padre, e Pastore Alessandro, lo fece rimanere deluso, e scornato, e noi sodisfatti, e consolati, e quegl'istessi, che ci perseguitavano, quando hebbero gli occhi della mente, per la Dio gratia aperti, manifestamente conobbero, quanto incauti erano stati, nel procurare d'impedire l'ingresso nelle Città, et in altri Luoghi popolati, a coloro, li quali con tanto vigore gli havevano d'aiutare a portare il gravissimo incarco della Cura di tante Anime, alla loro vigilanza da Dio raccomandate, sotto del quale, senza un così grande, ed opportuno soccorso, hormai erano quasi vicini a miseramente soccombere.

14 - Intorno a questo tempo ancora li nostri Padri, che stavano nell'antico Convento di S. Ginesio, alcune miglia fuori della città di Cartagine, o Cartagena, come hoggidì volgarmente si chiama in Ispagna, come in questi tempi fosse molto sottoposto il detto Convento all'ingiurie de' Mori circonvicini, qual'hora scorrevano per quelle campagne, si risolsero di inviare due Religiosi loro a Toledo, affine di supplicare il Re D. Alfonso Decimo di Castiglia, detto, per il suo gran sapere, il Savio, acciò che si degnasse, con la sua solita clemenza, di donarli un sito dentro, o fuori di quella sua Reggia Città, ove potessero fabbricare un nuovo Monistero dell'Ordine loro; et essendo questi arrivati davanti alla sua Reale presenza, non così tosto gli hebbero esposto il loro bisogno, che il Re, il quale era divotissimo dell'Ordine nostro, fece al loro memoriale, un grazioso rescritto, imperochè, comprò ben tosto dalle monache di S. Clemente, una certa loro heredità, et una vigna, nella quale eravi un'Eremitorio dedicato a S. Steffano nel primo Oliveto appunto, che si trova fra il Tago, e la strada, per cui si và a S. Bernardo, in un luogo detto la Solaniglia ; e lo consegnò poi a que' due nostri Religiosi, con patto però, e conditione, che in termine d'un anno dovessero havere ivi fondato il Monistero, in cui, per lo meno, dovessero stare di stanza dodici Frati. Tutto ciò costa da un Privilegio del suddetto Rè dato a quest'effetto a favore dell'Ordine nostro, in Toledo, alli 31 di Gennaio, nell'era di Cesare 1298, che viene appunto a cadere in quest'anno nel 1260, qual Privilegio nel nostro idioma, dallo spagnuolo tradotto, registraremo fra poco.

15 - Questo racconto succinto, che fin'hora abbiamo fatto, l'habbiamo cavato da uno squarcio dell'Historia manoscritta di Toledo del P. Girolamo Romano dell'Higuera della Compagnia di Giesù, portato alla Lettera dal P. Errera nostro nella sua Risposta Pacifica a carte 94, il quale appunto é di questo tenore: Cum duo fratres ex antiquo conventu S. Ginesij Cartaginensis, qui hodie est fratrum S. Francisci, Toletum venerunt, et petierunt a Rege D. Ildephonso sapiente, ut donaret illis Locum in quo possent aedificare Monasterium sui Ordinis S. Augustini, Rex autem qui devotissimus erat huius sacrae Religionis, emit a Monialibus S. Clementis quandam hereditatem, et Vineam, in qua erat Eremitorium S. Stephani in primo Oliveto, quod est inter Tagum, et viam, qua ducit ad S. Bernardum in loco dicto la Solaniglia; deditque illum [p. 641] fratribus sub ea conditione, quod intra annum, ibi construerunt monasterium, quod haberet duodecim fratres sui Ordinis, ut constat ex Privilegio etc. Lo stesso racconto fa parimente D.Tomaso Tamaio di Vargas cronista Regio di Filippo IV, Re delle Spagne di gloriosa memoria, appresso lo stesso Errera nel citato luogo come di sopra. Ma meglio sia, che registriamo quivi il suddetto Privilegio Reale, quale é per appunto questo, che siegue, fedelmente da noi tradotto dall'Idioma Spagnuolo nella nostra lingua Italiana, come lo produce il P. Errera nell'Historia del Convento di S. Agostino di Salamanca a car. 184.

16 - Sappimo quanti questo Privilegio vedrano, et udirano, come noi D. Alfonso, per la gratia di Dio Re di Castiglia, di Toledo, di Leone, di Gallitia, di Siviglia, di Cordova, di Murcia, di Iaen, d'Algarve, insieme con la Regina Donna Violante mia moglie, e con li nostri figli, l'infante D. Ferrante primo et herede, e con esso lui l'infante D. Sancio, per il gusto, che habbiamo di far bene, e di concedere Gratie alli Frati Eremitani dell'Ord. di S. Agostino, li quali habitano in S. Ginesio di Cartagena, e per l'anime del nobiliss. et honoratis. Re D. Ferrante nostro Padre, e della nobils. Regina Donna Beatrice nosta madre, e per l'anime de gli altri Re, da' quali noi discendiamo, e per la remissione de' loro, e nostri peccati; li diamo, e consignamo la casa, e la chiesa di S. Steffano, la quale é fuori della città di Toledo appresso il Tago, vicino al ponte di S. Martino, con una Vigna a quella unita, e con tutta l'Heredità, che ci diedero insieme con quelle l'Abbatessa, et il Convento di S. Clemente. E questa Casa, insieme con la Vigna, et Heredità stà su la ripa del Tago vicino alla strada per cui si va a Pollano, e l'altra via, che conduce alla Vigne. E tutto ciò gli diamo con tutte le Ragioni, che in quello havevano, l'Abbatessa, et il Convento di S. Clemente, quando ce lo diedero, che l'habbino libero, e quieto, per ragione di heredità per sempre, con tutte le sue entrate, et uscite, e con tutte l'appartenenze, così come l'hanno, e se devono havere la Casa, la Vigna, e l'Heredità suddetta. E per questo Bene, e per questa Gratia, che li facciamo, hanno da fare un Convento in questa Casa, nel quale, vi stiano di stanza 12 Frati in circa, che servino in quello perpetuamente a Dio, e preghino per noi, e per gli altri Re del nostro Lignaggio. E questo Convento deve esser fatto, dalla data di questo Privilegio, ad un'anno. E posto, che alcuno di questi Frati se n'andasse da questa casa, o se ne partissero per altra parte, che subito debbano porre de gli altri in luogo loro, di sorte, che sempre stiano dodici Frati in circa in quel Convento, e devono dire ogni giorno due Messe, una per noi, e per gli altri Re, che descenderano da noi, e Regnerano in nostro luogo; e l'altra per li Re morti, da' quali noi deriviamo. Et hanno da fare ogn'Anno la festa di S. Clemente, per honore di quello, nel cui giorno noi nascessimo. Et oltre di questo, hanno da fare un'Anniversario ogn'Anno, per l'Anima del Re D. Ferrante, nel giorno in cui egli morì. In oltre li Frati, che habitarono in questo Convento, come anche tutti gli altri del suo Ordine, che dimorano, o dimoreranno in tutto il nostro Dominio, devono fare in perpetuo questo Anniversario in quanti Conventi haveranno li Frati di quest'Ordine in tutti li nostri Regni. Però tutto il sopradetto li diamo, con conditione tale, che non lo possino dare, né vendere, né impegnare, né cambiare, né alienare, né porre sotto il potere d'alcun Prelato, né d'altro Ecclesiastico, o Secolare, di maniera, che si perdesse, o sminuisse questo nostro Diritto, o Ragione. [p. 642] E riteniamo il Dominio, o Iuspatronato per noi, e per tutti quelli, che regneranno doppo di noi in nostro luogo; e tutto ciò, che s'é detto di sopra siano obbligato ad osservarlo, et esequirlo ancora, così li primi Frati, che verrano in questo Convento, come tutti gli altri, che habitaranno in quello in perpetuo. E se per avventura non esequissero così, o facessero alcuna cosa contro di quello, che in questo Privilegio si dice, che noi, o qual si voglia di quelli, che regnaranno doppo di noi, glie lo potiamo togliere, e darlo a chi ci piacerà. Et anche per farli più bene, e maggior gratia, ci contentiamo, che tutto ciò, che li daranno, o li mandaranno gli Huomini buoni, e le buone Donne per le loro anime, o in vita, o nelle morti loro, lo possino havere, piacendo a quelle di Toledo. E questo lo facciamo per conservarli i Privilegi, che hanno ricevuti da noi, e da gli altri Re, che furono prima di noi. E comandiamo, e diffendiamo, che niuno abbia ardire d'andar contro questo Privilegio, né di romperlo, né di menomarlo in alcuna cosa. E se alcuno farà contro di quello, o in qualche maniera lo romperà, se farà del nostro Lignaggio, incorri nello sdegno di Dio, e quello, che farà nulla vagli; e se farà altro huomo provi lo sdegno, e l'ira nostra, e paghi a Noi o a quello che regnerà doppo di Noi, mille Maravedis; et alli Frati sopradetti paghi tutto il danno a doppio. Et acciò che questo Privilegio, sia fermo e stabile, ordiniamo che si sigilli con il nostro Sigillo di piombo. Fatto il Privilegio per ordine nostro in Toledo, Sabbato ultimo giorno del mese di Gennaio nell'era del 1298. E Noi il sopradetto Re D. Alfonso, regnando insieme con la Regina D. Violante mia moglie, e con i nostri figli, l'Infante D. Ferrante Primo, et herede, e con l'Infante D. Sancio, in Castiglia, in Toledo, in Leone, in Gallitia, in Siviglia, in Cordova, in Murcia, in Iaen, in Baeza, et in Algarve, consignamo questo Privilegio, e lo confirmiamo. Nel Sigillo all'intorno della Croce stanno queste parole: segno del Re D'Alfonso. E nell'Orlo del Sigillo quest'altre: l'infante D. Emanuelle fratello del Re, e suo Alfiere conferma. Il Maggiordomato del Re vaca. Doppo confermano per tal'ordine, e dispositione, che non si può commodamente segnare nello stampato, li personaggi seguenti: D. Alfonso di Molina conferma. D. Federico conferma. D. Filippo conferma. D. Giacomo Duca di Borgogna, vassallo del Re, conferma. D. Enrico Duca di Lorena, vassallo del Re, conferma. D. Guido Conte di Fiandra, vassallo del Re, conferma. Don Alfonso, figliuolo del Re. Giovanni d'Acre, imperatore di Constantinopoli, e dell'Imperatrice Donna Berenguella. Conte Do, vassallo del Re, conferma. D. Luigi figlio Imperatore e dell'Imperatrice sopradetti. Conte di Monfort, vassallo del Re, conferma. D. Giovanni figliuolo dell'Imperatore, e dell'Imperatrice sopradetti. Conte di Belmonte, vassallo del Re, conferma. D. Abiafar Re di Murcia, vassallo del Re, conferma. D. Gastone Visconte di Bearne, vassallo del Re, conferma. D. Guido Visconte di Limoges, vassallo del Re, conferma. D. Sancio Arcivescovo di Toledo, e cancelliere del Re, conferma. D. Raimondo, Arcivescovo di Siviglia, conferma. D. Aboabdille Abenazar, Re di Granata, vassallo del Re, conferma. D. Martino Gonzalles, eletto di Burgos, conferma. D. Ferrando, Vescovo di Palenza, conferma. D. F. Martino, Vescovo di Segovia, conferma. [p. 643] La chiesa di Siguenza vaca. D. Egidio, Vescovo d'Olma, conferma. D. Rodrigo Vescovo di Conca, conferma. D. Benedetto Vescovo d'Avila, conferma. D. Azenar Vescovo di Callaora, conferma. D. Ferrando Vescovo di Cordova, conferma. D. Adamo Vescovo di Plasentia, conferma. D. Pasquale Vescovo di Iaen, conferma. D. Pietro Vescovo di Cartagena, conferma. D. Pedrivagnez Maestro dell'Ordine di Calatrava, conferma. D. Nugno Gonzales, conferma. D. Alfonso Lopez, conferma. D. Simone Ruiz, conferma. D. Alfonso Tellez, conferma. D. Ferrando Roiz di Castro, conferma. D. Gomez Roiz, conferma. D. Gutier Suarez, conferma. D. Diego Gomez, conferma. D. Rodrigo Alvarez, conferma. D. Suero Telez conferma. D. Ferrando, conferma. D. Luigi, conferma. D. Giovanni Arcivescovo di S. Giacomo, e Cancelliere del Re, conferma. D. Abemmafoth, Re di Niebla, vassallo del Re, conferma. D. Martino Vescovo di Leone, conferma. D. Pietro Vescovo d'Oviedo, conferma. D. Suero Vescovo di Zamora, conferma. D. Pietro Vescovo di Salamanca, conferma. D. Pietro Vescovo d'Astorga, conferma. La chiesa di Cittàrodrigo vaca. D. Michele Vescovo di Lugo, conferma. D. Giovanni Vescovo d'Orense, conferma. D. Egidio Vescovo di Tui, conferma. D. Giovanni Vescovo di Mondogneto, conferma. D. Pietro Vesovo di Coria, conferma. D. F. Roberto Vescovo di Silva, conferma. D. F. Pietro Vescovo di Badalloz, conferma. D. Pellagio Perez maestro dell'Ordine di S. Giacomo, conferma. D. Garzia Fernandez, maestro dell'Ordine d'Alcantara, conferma. D. Martino Nugnez Maestro dell'Ordine del Tempio, conferma. D. Consalvo Gil. Adelandato maggiore di Leone, conferma. D. Roy Garcia ... Merino maggiore di Gallitia, conferma. D. Alfonso Ferrandez figliuolo del Re, conferma. D. Rodrico Alfonso, conferma. D. Martino Alfonso, conferma. D. Rodrico Gomez, conferma. D. Rodrico Froilaz, conferma. D. Giovanni Perez, conferma. D. Ferrando Ibagnez, conferma. D. Martino Gil., conferma. D. Ramiro Diaz, conferma. D. Pelagio Perez, conferma. D. Diego Sanchez Difines, Adelantado maggiore della frontiera, conferma. D. Roy Lopez di Mendoza, Almiraglio del Mare, conferma. Maestro Gio. Alfonso, notaio di Castiglia e di Leone, et Archidiacono di S. Giacomo, conferma. Millano Perez d'Alleone lo scrisse nell'anno ottavo, che il Re D. Alfonso Regnò.

17 - Questo Privilegio è tanto chiaro, che non ha bisogno d'alcuna espositione; solo osserviamo con l'accorto Errera, che da questo Privilegio [p. 644] evidentemente si convince la nostra grande Antichità nella Spagna; perochè, dice il Re in quello, che si contenta, che potiamo ricevere da' Cittadini di Toledo, Lasciti, et Heredità, così in vita, come in morte, da gli Huomini buoni, e dalle Donne buone, per l'Anime loro, etc. E ciò dice di fare, per conservarci, e mantenerci li Privilegi ottenuti da noi, così da esso, come altresì da gli altri Re suoi antecessori; hor dice quivi l'Errera, dunque, non solo il Re D. Alfonso X detto il Savio, haveva concessi Privilegi all'Ordine nostro, ma ancora, per lo meno, due altri Re prima di lui, altrimente non potrebbe dire, come fa. E esto fazemos, por guardarles los Privilegios, que tienen de Nos, y de los otros Reyes, que fueron ante que Nos. Hor li due Re, ultimi suoi, et immediati Antecessori, furono Ferdinando Terzo, et Arrigo Primo; questo poi morì l'Anno 1217 nel quale Ferdinando Terzo suo Figlio cominciò a Regnare; dunque conclude il dotto Errera, almeno primo del detto Anno 1217 l'Ordine nostro haveva ricevuti Privilegi dalli Re di Castiglia; dunque può da qui imparare il P. Pennotto, quanto egli scrivesse senza fondamento, che l'Ordine nostro Agostiniano havesse havuta origine da Gregorio IX, che fu creato Papa l'Anno 1226 e molto meno, come altre volte dice, da Innocenzo IV e d'Alessandro IV, li quali furono creati Pontefici, il primo nell'Anno 1243 et il secondo nel 1254.

18 - Io so, che quivi replicherebbe il suddetto P. Pennotto se fosse vivo, come sempre suole, quando si sente stringere da gli Argomenti convincenti, che per questi Agostiniani, a' quali in Ispagna da' Re di Castiglia, in que' tempi antichi furono concessi questi Privilegi, erano Guglielmiti; ma certo se ciò dicesse nulla concluderebbe, anzi che contradirebbe a se stesso, come molte volte fa, imperochè in sentenza sua, non possono li Guglielmiti essere intesi per Agostiniani; perochè egli procura in varj luoghi della sua Tripartita, di dimostrare con Renato Chopino, che li Guglielmiti non militarono mai sotto la Regola di S. Agostino, ma sempre sotto quella di S. Benedetto, se ben questo poi, per altro, è falsissimo, come habbiamo ne' suoi tempi, e luoghi, più volte dimostrato; hor come dunque in sentenza sua puol'egli intendere, che questi Re di Castiglia, chiamino Frati di S. Agostino, ne' loro Privilegi, li Guglielmiti, se punto non havevano, che fare, com'egli dice, con gli Agostiniani, e con la Regola di S. Agostino? Soggiungono, che il Convento di Cartagena, di donde erano venuti que' due Frati a Toledo, per prendere ivi, e per fondare un nuovo Monistero, a' quali il Re D. Alfonso concesse il presente Privilegio, era stato fondato, et habitato da' Frati di S. Agostino, alcune centinaia d'Anni prima, che S. Guglielmo nascesse, come a suo luogo bastamente provassimo. Dunque, alli veri Frati Eremitani di S. Agostino, havevano questi Re antichi di Catiglia, prima di D. Alfonso X concessi Privilegi, e non ad altri.

19 - Da questo Privilegio parimente si convince, quanto fosse poco prattico delle nostre Historie, il P. F. Melchiorre d'Huelamo Francescano, mentre nella Vita di S. Ginesio della Xara, dice, che intorno all'Anno di Christo 1490, havendo lasciato, et abbandonato li nostri Padri il suddetto Concilio di S. Ginesio, vicino a Cartagena, in cui havevano dimorato, per longhissimo tratto di tempo, per andare a fondare un nuovo Convento in Toledo, che in suo luogo, v'entrarono poi li suoi Padri di S. Francesco; ma in questo suo racconto egli si confonde, imperciochè, li nostri Padri mandarono a Toledo li due Frati accennati sopra, non intorno all'Anno 1490, com'egli dice, ma ben sì in [p. 645] questo del 1260, come evidentemente costa dal soprascritto Privilegio del Re D. Alfonso X. E se li nostri Padri abbandonarono il detto Convento di Cartagena intorno al detto Anno 1490, non fu per fondare il Convento di Toledo, quale già havevano fondato 130 Anni prima, ma per altra cagione, a noi per hora occulta.

20 - Dal discorso di questo Padre Però habbiamo di certo, che quando i nostri Padri fondarono il Convento di Toledo, non abbandonarono perciò quello di Cartagena, quale poco dianzi gli haveva, come notassimo sotto l'Anno del 1256, quasi da fondamenti rifatto tutto di nuovo, dopo che gli hebbe tolta dalle mani de' Mori la suddetta Città di Cartagena, il Re D. Alfonso sopramentovato; in fede di che vogliamo quivi registrare il Testimonio del P. Romano dell'Historia Giesuita, il quale appunto in un Trattato, che scrisse delle antiche Memorie dell'Ordine Agostiniano in Ispagna, così dice, parlando del Convento di Cartagena: P. M. F. Hieronymus Romanus mihi Codicem tribuit, quem ego habeo propria eius manu conscriptum, in quo ait, quod in montibus, prope Cartaginem Sparthariam extitere inter Mauros Eremitae S. Augustini, et quod infans Alphonsus, cum expugnavit Cartaginem Sparthariam, construxit illis Monasterium; ego habeo Instrumentum huius fundationis, et vocat eos Eremitas honorati Patris S. Augustini. Est autem datum Brihuega die 30 Maij. Era 1294, idest Anno 1256. Hassi però da notare, che questa fabbrica non fu nuova fondatione di Convento, ma più tosto ristoratione, se forse dir non vogliamo, che il Re, fatto totalmente atterrare il vecchio Convento, come troppo rovinoso e cadente, e come anche troppo esposto all'ingiurie de' Barbari, un altro nuovo gli ne fondasse sotto lo stesso Titolo, più vicino alla Città; e così poi si possa dire nel detto Privilegio, che li fondasse un Convento nuovo.

21 - Confermansi tutto ciò col Testimonio ancora di Francesco Cascales, il quale nella sua Historia delle Città di Murcia nel Discorso 20, capit. 7 a car. 453, volendo raccontare, come, e quando la nostra Religione fondò il Convento in Murcia, dice per appunto, che l'Anno 1397, F. Ferdinando Agostiniano, portò alcune Lettere al Magistrato della Città di Murcia, a nome di F. Domenico Lupo, Vicario Generale dell'Ordine di S. Agostino in Ispagna, nelle quali chiedevasi da'nostri Padri, luogo o sito, da potervi fondare un Convento, o dentro o fuori di quella Città, perchè il Convento di Cartagena era molto travagliato da' Mori; alle quali supplichevoli richieste, volentieri accudendo quella pietosa, e divota Patria, gli assegnò per tanto un luogo, et un sito molto comodo, fra la Porta di Molina, e l'Eremitorio di S. Antonio; dal qual luogo poi si trasferirono l'Anno 1579 all'Eremitorio antico di Nostra Signora d'Arrixaca, nel qual luogo, come scrive il P. dell'Higuera suddetto, è fama, che già ne' Secoli andati, ricevessero l'Acqua del S. Battesimo, li Gloriosi Santi, Leandro, Fulgentio, Teodosia, e Florentina: si che da questo Autore habbiamo, che li nostri Padri, benchè mandassero in quest'Anno a fondare un Convento in Toledo, non abbandonarono però il vecchio di Cartagena, come pare, che stimi il P. Marquez.

22 - Aggiunse però il sopramentovato Cascales, che il P. Marquez s'inganna parimente, mentre scrive, che in quest'Anno del 1260, li nostri Padri di Cartagena partissero di qui, et andassero a fondare poi un Convento in Toledo; e fonda quest'Autore il suo detto sopra d'un Privilegio dello stesso Re D. Alfonso X di Castiglia, detto il Savio, il quale ancor dura nell'Archivio del nostro Monistero di [p. 646] S. Leandro di Cartagena; nel quale quel pietoso Re, nell'Era di Cesare 1310, che viene ad essere l'Anno del Signore 1272, donò alli Frati Agostiniani di S. Ginesio la Casa di S. Giovanni, mezza Lega distante da Cartagena sopra il Mare, dandoli molte Possessioni, affinchè si potessero mantenere Religiosamente; et in questa Casa fermaronsi poi per lungo tratto di tempo, di dove poi ultimamente se ne passarono dentro della Città, ove fondarono il Convento di S. Leandro, in cui pur tuttavia dimorano.

23 - Già concediamo ancor noi, che il P. Marquez s'ingannò, all'hora che scrisse, che li nostri Padri abbandonassero affatto il Convento di S Ginesio, quando in quest'Anno del 1260, mandarono que' due loro Religiosi a fondare il Convento di Toledo; ma s'inganna poi molto più esso Cascales, mentre asserisce essersi ingannato il Marquez, mentre scrisse, che li Padri di Cartagena mandassero que' suoi Frati a fondare in quest'Anno, il tante volte mentovato Convento di Toledo; imperochè il Privilegio del Re D. Alfonso X di Castiglia, detto il Savio, di sopra da noi prodotto, fa conoscere espressamente, che non il Marquez, ma il Cascales, è quello, che nel suo giuditio s'inganna; furono dunque veramente, come racconta il Marquez, e gli altri Autori di sopra da noi citati, li nostri Frati di Cartagena, quelli, che mandarono que' due Religiosi a Toledo, a supplicare il Re D. Alfonso, per la Fondatione d'un Convento in quella sua Regia Città, con animo forsi d'abbandonare quel loro antico di Cartagena, per essere troppo soggetto alle continue scorrerie de' Barbari Mori; ma poi, doppo havere ottenuto quanto bramavano da quel buon Re, non lasciarono quell'antico lor Posto, sempre con pensiero, che dovesse quella tempesta cessare; ma vedendo poi essere vano il loro pensiero, ottennero di nuovo dal suddetto Re, il Monistero di S. Giovanni, molto più vicino alla Città; e con tutto, che io mi persuada, che per la maggior parte, si trasferissero i Padri a questo nuovo Convento, non stimo però, che mai affatto abbandonassero il vecchio di S. Ginesio, ma che, come in una Grancia, vi tenessero sempre qualche Religioso, fin tanto, che poi, intorno all'Anno di Christo 1490, lo lasciarono affatto, e v'entrarono finalmente li Padri Francescani Osservanti, li quali pur tuttavia vi dimorano.

24 - Divenne poi questo Convento di Toledo, in termine di poco tempo, molto insigne e famoso, massime doppo, che del 1311 fece passaggio dentro della Città, per opera del Santo, e nobile Cavaliero D. Gonzalo Ruiz di Toledo, da cui discendono li Conti d'Orgaz, il quale era Notaro maggiore di Castiglia, et Aio dell'Infanta Donna Beatrice; il quale li consegnò un Palazzo dentro della detta Città, che gli era stato donato dalla Regina Donna Maria, come appare da un suo Privilegio dato in Vagliadolid a' 30 di Decembre l'Anno 1311, quale in quel tempo produrremo ancor noi a Dio piacendo, che farà appunto in questo medesimo Secolo, e da questo ne sono usciti poi ne' tempi avvennire, huomini, e nella quantità, e nella qualità, oltre modo insigni, e famosi, tanto nella Santità, quanto nella Dottrina, e nel Sapere, de' quali, se volessimo render quivi un'anticipato ragguaglio, renderessimo più del dovere prolisso l'Anno presente; alcuni dunque ne accenaremo succintamente de' più celebri, e segnalati. Di questi, il primo farà lo stesso Fondatore D. Gonzalo Ruiz, il quale essendo santamente vissuto, volle poi anche verso il fine di sua vita, prendere l'Habito di S. Agostino, di cui era stato, in sommo grado, divoto; e n'hebbe bene, così da quello, come da S. Steffano Titolare della Chiesa, un segnalato [p. 647] guiderdone; imperochè raccontasi da gli Autori nostri, e da gl'Historici ancora di Toledo, che mentre stava il di lui Cadavere nella Chiesa, scesero dal Cielo li due Santi mentovati, Steffano et Agostino, et alla presenza, e vista di tutto il Popolo, presero, uno da capo, e l'altro da' piedi, e lo sepellirono, dicendo: Così tratta Iddio, chi serve ad esso, et alli Santi suoi.

25 - Fu parimente figlio et Alunno di questo Real Convento, il Ven. P. F. Diego Ortiz, che fu Martirizato con horribili tormenti, in Vilcabamba nel Perù l'Anno 1568, il di cui Corpo, con autorità dell'Ordinario, fu collocato in luogo decente nella Chiesa del nostro Convento di S. Agostino della Città del Cuzco, che fu già Metropoli del grande Imperio del Perù ne' tempi antichi; ne fu poi formato Processo, in ordine alla di lui Canonizatione. Furono parimente Martirizzati nello stesso Anno, due altri Figli di questo insigne Monistero, insieme con alcuni altri Religiosi, nel Convento di Guezixa, da' perfidi Mori, in una gran ribellione, che fecero que' Barbari al Re D. Filippo II, l'uno di questi, che chiamavasi F. Pietro di Vigliega, era Priore del detto Convento, e l'altro chiamavasi F. Giovanni d'Ardiglia. Di questo Convento pure fu figlio F. Diego Errera, che fu Provinciale dell'Isole Filippine; di cui alcuni raccontano, che patì Martirio anch'egli con altri Religiosi dell'Ordine, che conduceva in quella remotissima Provincia. Fiorì pur anche in Santità di Vita il P. F. Garzia Fernandez Barroso, il quale nel Secolo fu due volte accasato, e fu gran Signore di Parla, e di Calavazza, e fu Progenitore de' Marchesi di Malpica; e doppo, verso l'Anno 1430, si fece Religioso in questo nobile Monistero, a cui anche donò molte sostanze della sua ricca Casa.

26 - Riferisce il dottisimo Errera nell'Historia, che scrisse del famosissimo Convento di S. Agostino di Salamanca a car. 201, parlando di questo Regio Monistero, che oltre de gli accennati Servi di Dio, ha prodotti in varj tempi alla Religione et alla Chiesa, sette Arcivescovi, sei Vescovi, cinque Confessori di Re, e di Personaggi Reali, cinque Predicatori di Re, due Maestri di Principi Reali, e otto Provinciali di diversi Provincie. Fra gli Arcivescovi, li più cospicui sono stati, Maestro P. D. Alfonso di Toledo, e Vargas, il quale essendo stato Confessore del Re D. Pietro detto il Crudele, fu creato Vescovo prima d'Osma, e poscia di Badajoz, e finalmente Arcivescovo di Siviglia; fu dottissimo e scrisse sopra i Libri delle Sentenze, e sopra i Libri dell'Anima, e morì intorno a gli Anni di Christo 1366. Il secondo, fu Maestro Dionisio di Murcia, che fu Cattedratico nell'Università di Parigi, Maestro, e Capellano Reale de' Re di Sicilia, e fu poi eletto Arcivescovo di Messina, e morì l'Anno 1380. Fu pure Arcivescovo di Siviglia un altro Alfonso di Toledo gran Teologo e Filosofo; Maestro F. Giovanni di Castro Arcivescovo di Santa Fede nel nuovo Regno di Granata, che fu Predicatore di Filippo III, e morì del 1611, con fama di gran Santità; Maestro F. Pietro di Ribadeneira, fu Assistente di Spagna, e fu eletto Vescovo di Cortone, et anche dicono Arcivescovo di Monreale; Maestro F. Dionisio Vasquez gran Letterato, gran Servo di Dio, et eminentissimo Predicatore, di cui dice l'Errera, che fu Predicatore di Leone X e di Carlo V, et aggiunge, ch'essendo stato eletto Vescovo di Palenza, e poscia Arcivescovo del Messico, humilmente ricusò l'una, e l'altra dignità; Maestro F. Giovanni Mugnatones, fu parimente Predicatore di Carlo V; Maestro di D. Carlo Principe di Spagna, Confessore di due Infante di Casa d'Austria, e finalmente Vescovo di Segorve e d'Alvarradin; [p. 648] non parliamo de gli altri, perchè ci riserviamo di parlare di tutti più di proposito, ne' loro tempi e luoghi, più proportionati.

27 - Intorno a questo tempo ancora ritroviamo, che il Re D. Giacomo Primo d'Aragona, detto il Debellatore, concesse un Privilegio al Convento dell'Acquevive, già da esso fondato nelle Campagne d'Alzira, per la nostra Religione, fin dall'Anno 1239, doppo havere scacciati li perfidi Mori dalla Regia Città di Valenza, come anche in quel tempo puntualmente scrivessimo. Conteneva poi questo Privilegio la Donatione d'alcune Possessioni, le quali occupavano intorno a tre miglia di Paese: fu dato questo Privilegio nella Terra d'Oliva in quest'Anno del 1260, ma non si sa in qual giorno e Mese, perchè non ho potuto vedere il detto Privilegio, ma solo per relatione del dotto Errera, che ciò riferisce nel secondo Tomo del suo Alfabeto a car. 537, ho qui potuto trascriverne questa poca memoria.

28 - Si crede altresì, che in quest'Anno, terminasse il corso felice della sua santa Vita, un Religioso dell'Ordine nostro, chiamato Guglielmo Sengam, nato in Inghilterra, il quale essendo venuto da giovinetto in Italia, per quanto si può cavare da gli Autori, e massime dal Panfilo e dal Crusenio; et havendo preso l'Habito nostro in Roma, come mi persuado, et essendo altresì stato applicato da' Superiori allo Studio delle Lettere, fece in quelle un così grande e maraviglioso profitto, che doppo la Grande Unione Generale dell'Ordine, fu dal Beato Lanfranco generale, stimato degno, et atto da mandarsi nel suo Regno dell'Inghilterra, non tanto a dilatare, et unire la Religione in quel gran Regno, insieme con il B. Albertino da Verona, quanto per dovere insegnare a' Religiosi di quella Provincia, quelle Scienze, ch'egli haveva con tanta felicità apprese in Italia. Ubbidiente dunque il buon Guglielmo, se ne passò in Inghilterra, e cominciò ad insegnare con tanta applicatione a quella Gioventù, insieme con le buone Lettere anche la Santità de' suoi Angelici costumi, che in brieve tempo si riempì quel nobilissimo Regno di Dottissimi, e Santissimi Religiosi Agostiniani. E' fama ancora, ch'egli alcune Opere, molto erudite et insigni, componesse, le quali, dall'incuria de' nostri Antichi, e dall'ingiuria anche de' tempi ci sono state involate. Non si sa precisamente, né il Mese, né il giorno, in cui questo Santo e Dotto Religioso, terminasse il felice corso della sua beata vita; credesi però certamente, che succedesse in quest'Anno. Viene da tutti li Scrittori, et Autori, che di lui scrivono, honorato col titolo di Beato, e questi sono il Panfilo, il Crusenio, il Romano, l'Errera, et altri. Un'incognito Poeta Agostiniano, compose in sua lode questo sensato Distico, quale anche produce il dotto Errera: Anglia me genuit, formavit Roma, recepit Anglia, quo caperet, quae mihi Roma dedit.

29 - Stimasi ancora, che in quest'Anno entrasse ad illustrare la nostra Religione, il B. Agostino d'Ancona della nobile Famiglia de' Trionfi, il quale appunto, non meno con la Santità, che con l'eminenza della sua altissima Dottrina, sublime la fece trionfare al pari dell'altre, per non dire di vantaggio, in riguardo dell'Opere insigni, ch'egli diede alla luce, fra le quali è mai sempre stata stimata in sommo grado, la famosa Somma, ch'egli scrisse, e divolgò, de Ecclesiastica Potestate, la quale più volte, con gran gloria sua, e della Religione, è stata ristampata; della quale più sensatamente discorreremo nel suo tempo. [p. 649] Era egli in età d'Anni 17 quando l'Habito prese; et è fama, che a ciò fare grandemente lo stimolasse un suo Zio Paterno, che Guglielmo chiamossi, il quale anch'egli fu Religioso di santa vita, di cui, con più proposito parlaremo sotto l'Anno del 1275. Tanto scrivono l'Errera nel Tomo I dell'Alfabeto a car. 278, et il Romano nella sua Cronica manoscritta, il quale insieme con il Panfilo, dà all'uno, et all'altro, il titolo di Beati.

30 - Fu fondato parimente in quest'Anno, il Convento di Mindelaimo nella Svevia, sotto la Diocesi d'Augusta, lontano da questa gran Città, intorno a sette miglia del Paese, sotto il titolo glorioso del nostro P. S. Agostino, in un borgo chiamato, come scrive il Bruschio ne' suoi manoscritti Bedernovu; tanto raporta ne' suoi Annali della Svevia Martino Cruffio Eretico. Il Fondatore poi di questo Monistero, fu un nobile, e valoroso Signore per nome Schuvigero da Mindelbergh, Cavagliere Aureato, insieme con sua moglie Donna Elisabetta Baronessa d'Alcham. Aggiunge però il Crussio, che questo Convento fu fabbricato da principio per li Guglielmiti, ma che in quel tempo, ch'egli scriveva i suoi annali, vi stavano Canonici Regolari, cioè a dire nel 1592. E questo puol'essere, dice il dotto Errera nel suo Tomo 2 dell'Alfabeto, imperochè appunto si legge ne' Registri dell'Ordine sotto il giorno ultimo d'Aprile, e sotto il primo d'Ottobre dell'anno 1600, che il Generale di quel tempo, diede facoltà a Domenico Rochense di ricuperare il Convento di Mindelaimo, lontano una giornata dalla città d'Augusta. E lo stesso Errera tiene anch'egli, che fosse nella sua prima fondatione, per i Gulielmiti fabbricato, e che poi nell'Ordine Agostiniano s'incorporasse nel tempo della Grande Unione, il che se fosse vero, non potrebbe essere stato, per la prima volta fondato in quest'anno del 1260. Ma di questa difficoltà ci riserbiamo di parlarne più di proposito sotto l'anno 1266, e forsi ancora qualche cosa ne diremo sotto l'anno 1263, con occasione di trattare della sua Traslatione dentro della terra di Mindelaimo.

31 - Il sopradetto Errera nel suo Tomo primo dell'Alfabeto, fa parimente mentione d'un Monistero di Monache dell'Ordine di S. Agostino, le quali in questo tempo stavano fuori della Città di Bologna, fuori della Porta di S. Vitale, nella Chiesa e Monistero di S. Gregorio, ove appunto hoggidì sono le Donne de' Mendicanti; dubbita però il sudetto Autore, che queste non fossero Eremitane, ma più tosto Canonichesse, perochè dice egli, queste, intorno all'Anno di Christo 1354, allo scrivere di Carlo Sigonio ne' suoi Vescovi di Bologna, diedero il loro Monistero a' Canonici Regolari. Ma però la congettura di questo gravissimo Scrittore (e sia pur detto con buona pace sua) a noi pare molto debole; imperochè l'havere queste Monache ceduto questo Luogo a' Canonici Regolari, da ben qualche ansa di così sospettare, ma non convince la certezza del fatto; imperochè potiamo stimare, che non potendo, nè dovendo esse più stare in quella guisa fuori nella Campagna, e volendo entrare dentro nella Città, vendessero per tanto il detto luogo di S. Gregorio a' Canonici, et entrassero poi dentro a fondarne un nuovo; o pure s'unissero con quelle di S. Agostino, che stavano in Strada maggiore, così ancor noi, quando entrassimo dentro della stessa Città a fondare questo Convento di S. Giacomo di Strada S. Donato, vendessimo il Luogo vecchio di S. Giacomo di Savena alli Padri Humiliati; né per questo alcuno sarà così debole di spirito, che dica, che havendo noi ceduto il Convento antico alli suddetti Humiliati, noi ancora fossimo stati di quell'Ordine istesso; perochè la Cessione [p. 650] fu in vigore del pagamento; e quando anche fosse stata fatta gratis, non si potrebbe né meno fare somigliante conseguenza, senza manifesto rischio d'indovinare il falso.

32 - Non posso finalmente, nel fondo di quest'Anno, far di meno di non ragguagliare i miei cortesi Lettori, di due cose notabili successe in quest'Anno, come scrivono di commune accordo quasi tutti gli Autori; l'una fu la nascita, non so se dir mi debba fatale, o pur mortale per tutto il Christianesimo, di quella gran bestia di Ottomano, che fu il primo Progenitore de' Tiranni dell'Imperio Greco, anzi pure d'una gran parte dell'Asia, dell'Africa, e dell'Europa, Io parlo de' gran Signori di Costantinopoli. L'altra cosa è l'origine de' Disciplinanti, la quale incominciò nella Città di Perugia; e la cosa passò in questa guisa: havendo un Eremita di santa Fama, in un suo fervoroso Discorso fatto nella detta Città, risolutamente detto, con parlare serio, e grave, che non haverebbero mai fine li terribili, e spaventosi castighi, che Iddio, giornalmente diluviava, su la misera Italia, fin tanto, che così gli Huomini, come le Donne, con straordinarie, e pubbliche Penitenze, non cercavano di placare il di lui giustissimo sdegno. Per la qual cosa grandemente commossi i Perugini, bramosi di vedere una volta il fine di tanti mali, cominciarono, così gli Huomini, come le Donne, a flagellarsi con durissimi flagelli su le spalle ignude, e sotto Croci, e Stendardi, anche con la scorta del Vescovo, passarono in questa guisa, duramente flagellandosi alle vicine Città, le quali, dall'esempio de' Perugini, commosse, si diedero anch'esse a fare il medesimo; e così questo Penitente costume, in brieve tempo, quasi Celeste Incendio, s'attacò a tutte le Città, e Luoghi dell'Italia: così scrive il Sigonio de Regno Ialiae; e lo stesso, anche ben'a lungo, riferisse ne' suoi Ecclesiastici Annali, il Padre Bzovio Domenicano.