Tomo IV

ANNO 1266

Anni di Christo 1266 – della Religione 880

1 – [p. 718] Daremo principio felice a quest’Anno del Signore 1266 con due gloriose Vittorie riportate de’ Nemici di Dio, e della S. Chiesa, da’ due Cattolici Re, cioè a dire, d’Alfonso X Re di Castiglia, e da Carlo, già prima semplice Conte d’Angiò, e poi Re di Napoli, e di Sicilia. Raccontiamo prima brievemente la Vittoria di Alfonso, che poi riferiremo appresso quella di Carlo. Deve dunque sapersi, che essendosi ribellati al detto Alfonso Re di Castiglia, li due Re Mori, di Murcia e di Granata, li quali erano suoi Tributarj e Vassalli, et havendo questi di vantaggio chiamati in loro soccorso, molte grosse Bande di Saracini dell’Africa, il magnanimo Alfonso nulla temendo, uscì ben tosto in campagna anch’egli, con un grosso Esercito, e diede rotta tale a’ perfidi Ribelli, che uccisa la maggior parte dell’Esercitio nemico, sforzò que’ malvagi a sottoporre di nuovo i loro barbari colli al pesante giogo della soggettione, con aggiungerli però molte conditioni assai più dure e pesanti delle prime; così riferisce dal Mariana, e da altri, lo Spondano sotto di quest’Anno nell’Auttario. Carlo poi anch’egli, essendo già stato, come dicessimo nel fine dell’Anno scorso, creato Re di Napoli, e di Sicilia dal Legato Apostolico in Roma, alla per fine, si spinse con l’Esercito alla volta di Napoli, per incontrare l’inimico Manfredo, e giocare con esso, con una Battaglia, l’acquisto di que’ due bellissimi Regni, et in effetto come volle la sorte, o per meglio dire, come piacque a Dio, s’incontrò con esso vicino a Benevento, e così valorosamente il buon Carlo si diportò in quella Battaglia, che ucciso Manfredo, ben presto ancora ruppe, e disfece tutto l’Esercito, e così in un baleno divenne, come di nome, così anche di fatti, Re di que’ due ampj Regni, così riferiscono tutti gl’Historici della Chiesa, e del Secolo, e specialmente il Bzovio, il Rainaldi, lo Spondano, et altri.

2 – Habbiamo quivi fatta volontieri mentione di quest’ultima Historia, perochè in questa Battagli, vi restò ferito, quasi che a morte, come ne corse per ogni lato la fama, il Segretario dello stesso Manfredo, il quale era un Cavagliere di nobile nascita Siciliano da Termini, come molti vogliono, il quale era molto potente nella Corte del detto Re, e questo chiamavasi Matteo, e doppo poi facendosi nostro Religioso, chiamossi col nome d’Agostino, e riuscì un gran Servo di Dio, a segno tale, che in vita, et in morte, e doppo morte, havendo fatti molti stupendi Miracoli, acquistò il glorioso titolo di Beato, e questo appunto fu il Beato Agostino Novello, così chiamato, perche, quanto alla Santità, e quanto alla Dottrina, grandemente s’assomigliò al nostro Gran P. S. Agostino. In Siena nella nostra Chiesa di S. Agostino, sopra d’un Altare a lui medesimo dedicato, si vede; e s’adora da’Fedeli la di lui dipinta Immagine con Raggi di Beato, e con molti de’ suoi più principali Miracoli all’intorno effigiati.

3 – Ma, perchè la Conversione di questo grand’Huomo alla nostra Religione dal Secolo fu miracolosa, e’ fa di mestieri, che noi quivi la registriamo, tanto più, che non sappiamo di certo in che tempo precisamente ella succedesse, se bene teniamo per costante, che, o verso il fine di quest’Anno, o poco più tardi, ella seguisse, e tanto più volontieri ci accingiamo alla narratione di questa bella Historia, quanto che viene riferita da un Soggetto, e per Santità di Vita, e di Dottrina molto segnalato, e che visse nel tempo, che ancor viveva il detto [p. 719] Beato Agostino; è egli poi cotesto il nostro famoso, e Beato F. Giordano di Sassonia nel libro 2 delle Vite de’ Frati Eremitani al cap. 15, il quale appunto studiava qui nel nostro Convento di Bologna verso gli Anni di Christo 1324 e 1325, e forsi ancora nel 1326, et il Beato Agostino era morto del 1310. Dice dunque questo gravissimo Autore, che essendo uscito vivo fuori di quella gran Battaglia di nostro Matteo, che divenne Agostino, nascostamente si sottrasse all’inimico furore, e se ne passò nella Sicilia; e perchè anche di quel Regno era duvenuto Signore il Re Carlo d’Angiò, stava egli nascosto, e celato più che poteva, per non dare nelle mani del detto Re, il quale forse procurava d’estinguere tutti li più intimi Servitori e Famigliari del morto Manfredo; ma come Iddio lo voleva tirare fuori del Mondo, e farlo suo Cortigiano nella nostra sagra Religione, permise pertanto che indi a poco egli fosse assalito da una grave infirmità, per la quale temendo Matteo di non morire, pregò Iddio con grand'efficacia, che gli dasse la Santità, perché egli li prometteva di voler fare aspra penitenza de' suoi peccati passati in alcuna ben fondata Religione.

4 – Non così tosto hebbe egli fatta una tal promessa al Signore, che in breve si vidde fuori di pericolo, e poi ben presto sano; hor mentre stava ripigliando le forze, andava egli pensando in qual Religione dovesse entrare, e come era molto inclinato con l’affetto alla Religione del Glorioso P. S. Domenico, per ciò un tal giorno chiamati a sé due suoi Servitori, gli ordinò, che andassero a chiamare due Padri di quel sagro Ordine, con pregarli, che venissero da esso; questi andati per esequire il comando del loro Signore, s’avvennero in due Religiosi del nostro Ordine, e senza più oltre pensare, gli condussero dal Patrone, il quale non così tosto li vidde, che maravigliatosi della balordaggine de’ Servi, e lincentiati con buoni tratti que’ due Padri, doppo havere sgridati i Servi, gli ordinò di nuovo, che andassero a chiamare due Padri Domenicani; ubbidirono quelli, et usciti di Casa, incontratisi pure prestamente in due altri Religiosi di S. Agostino, quelli condussero dal loro Signore; il quale più che mai stupefatto del poco giudicio, com’egli stimava de’ suoi Servitori, licentiò di nuovo que’ due Religiosi con molta civiltà; indi fatta un’accerba ripassata a’ Servi, li comandò per la terza volta, che andassero a dirittura al Monistero di S. Domenico, e chiamassero il Priore, e lo pregassero da parte sua, acciò si compiacesse di prendere un Compagno, e venire in sua Casa, perchè haveva gran bisogno di favellare con esso; se ne vanno questi, e non sapendo dove fosse il luogo, e Monistero de gli Agostiniani, nulladimeno, guidati, come si stima piamente, da un’Angelo, non al Convento de’ Domenicani, ma a quello de gli Agostiniani si portarono, e fatto chiamare il Priore, et espostali la volontà, et il desiderio del loro Signore, il buon Padre preso un Compagno, insieme co’ Servi, alla Casa del detto Signore, s’incaminò; hor come vidde Matteo tornare per la terza volta, in vece de’ Domenicani, li nostri Eremiti, conobbe all’hora, che Iddio lo voleva Agostiniano, e così manifestando a quel Priore la brama, che haveva di farsi Religioso, e conoscendo quel buon Padre, che la di lui vocatione veniva veramente da Dio, senza molto pensarvi, l’accettò.

5 – Prima però, che egli l’Habito sagro prendesse, dispensò tutta la sua Robba, parte alla Religione in cui entrar voleva, e parte a’ Poveri, e celando la sua gran Dottrina, e Sapere, prese l’Habito di utilissimo Laico, e come tale era del continuo impiegato ne’ più vili esercitj del Monistero, con tanto suo gusto, e con tanta [p. 720] consolatione dell’Anima sua, che non si puole con humana lingua spiegare, godeva in estremo egli di vedersi in ogni cosa abbassato, et avvilito, perchè si ricordava, che la superbia del Mondo gli haveva per lungo tempo tiranneggiato il cuore nella Corte di Manfredo; così per qualche tempo ne’ Conventi della Sicilia s’andò trattenendo con gran profitto dell’Anima sua, fin tanto, che li venne volontà di partirsi da quel Regno, in cui si vedeva troppo honorato, e passarsene nelle rimote parti della Provincia di Siena, per potere ivi, come più incognito, così meno honorato, e prezzato, proseguire nella sua cara, et amata humiltà Religiosa. Ma perchè questo passaggio, ragionevolmente discorrendo, non successe se non verso l’Anno del Signore 1280, per tanto, sospendendolo per hora la narrattione dell’altre maraviglie, che Iddio benedetto operò, per esaltare questo suo humilissimo Servo, per quel tempo in cui successero, tralasciaremo di più favellare d’esso, e passaremo a raccontare alcuni segnalati favori, che fece in quest’Anno il Pontefice Clemente IV alla nostra Religione.

6 – Il Primo de’ quali fu che havendo inteso, che li nostri Padri della Provincia di Pisa erano molto travagliati, e molestati da alcuni poco, o nulla timorati di Dio, con pregiudicio altresì, anzi con dispreggio de’ loro molti Privilegi, et Indulti Apostolici, giustamente sdegnato per un così poco rispetto, che da que’ miscredenti, portavasi que’ poveri Servi di Dio, spedì sotto il giorno ottavo di Giugno di quest’Anno istesso, una grave, e rigorosa Bolla al Card. Riccardo di S. Angelo Protettore dell’Ordine, nella quale gli ordinò, che con Apostolica autorità, rafrenasse l’audacia di que’ malvagi oppressori de’ Servi di Dio, e non permettesse in conto alcuno, che fossero molestati da chi che sia, e si servisse, in occasione di contraditione, dell’Ecclesiastiche Censure, senza ammettere appellatione di sorte alcuna; ordinandoli però in oltre, che in quelle cose, che richiedessero cognitione della causa, o che non fossero contro gl’Indulti de’ predetti Padri, non si dovesse ingerire, e questa facoltà glie la diede per tre Anni soli; la Bolla poi è la seguente:

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

7 – Dilecto filio R. Sancti Angeli Diacono Cardinali, salutem, et Apostolicam benedictionem. Sub Religionis habitu vacantibus studio piae vitae, ita debemus esse propitij, ut in divinis beneplacitis exequendis malignorum non possint obstaculis impediri. Cum itaque dilecti filij, Prior Provincialis, et Fratres Eremitarum Ordin. S. Augustini Provinciae Pisanae, a nonnullis, qui nomen Domini recipere, in vacuum non formidant, graves (sicut accepimus) patiuntur molestias, et iacturas. Nos eorum providere quieti, et malignatium malitijs obviare volentes; discretioni tuae, per Apostolica scripta mandamus, quatenus dictos, Priorem, et Fratres pro divina, et nostra reverentia, favori opportuni praesidio prosequens, non permittas eos contra indulta privilegiorum Apostolicae Sedis ab aliquo indebite molestari; Molestatores huiusmodi per censuram Ecclesiasticam (appellatione postposita) compescendo. Attentius provisurus, ut de ijs, quae causae cognitionem exigunt, vel quae indulta huiusmodi non contingunt, te nullatenus intromittas. Nos enim si secus praesumpseris, tam praesentes Litteras, quam etiam processum, quem per te illarum auctoritate habeari contigerit, omnino carere iuribus, ac nullius fore decernimus firmitatis. Huiusmodi ergo mandatum nostrum, sic sapienter, et fideliter exequaris [p. 721] quod eius fines quomodolibet, non eccedas. Praesentibus post triennium minime valituris. Dat. Viterbij sexto Idus Iunij, Pontificatus nostri Anno secundo.

8 – Poco appresso spedì pur anche un’altra sua Bolla il benigno Pontefice diretta al Generale, et a tutti li Frati dell’Ordine di S. Agostino, nella quale, confirmando un’altra Bolla di Papa Alessandro IV suo predecessore, concede a’ Religiosi dell’Ordine nostro, che non debbano, né possino essere convenuti da chi si sia in cosa alcuna con Lettere Apostoliche Generali, se però in esse veramente e distintamente non si nomina il suddetto Ordine nostro; fu data anch’ella questa Bolla in Viterbo a’ 13 di Luglio, l’Anno secondo del suo Pontificato; e così questa, come la poco dianzi prodotta, si leggono nel nostro Bollario Agostiniano del Padre Empoli a carte 62; il tenore poi di questa è il seguente:

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

9 – Dilectis filijs, Generali, et universis Prioribus, atque Fratribus Eremitarum Ord. S. Augustini, salutem, et Apostol. benedictionem. Pacis vestrae quaerentes commodum, et quietis, libenter vobis ea concedimus, per quae materia sub mota gravaminis, status vestri tranquilitas procuretur. Cum igitur vix credatur ab ijs, qui contra vos litteras impetrant, vestri Ordinis titulus sine malitia subticeri. Nos et aliorum obviare fraudibus, et vestram innocentiam favorabiliter confovere volentes, ad instar fel. rec. Alexandri Papae Praedecessoris nostri, auctoritate vobis praesentium indulgemus, ut ne queatis universaliter, seu singulariter super aliquibus negotijs, per Apostolicae Sedis litteras, conveniri, quae de Ordine vestro specialem non fecerint mentionem. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc nostrae concessionis paginam infringere, vel ei ausu temerario contrairi. Si quis autem, etc. Dat. Viterbij tertio Idus Iulij, Pontificatus nostri Anno secundo.

10 – Et appena erano scorsi due soli giorni doppo la data della Bolla, pur hora da noi registrata, quando subito un’altra ne spedì diretta allo stesso Generale, et a tutti li Frati dell’Ordine di S. Agostino, nella quale confirmando due altre Bolle de’ due Sommi Pontefici Innocenzo IV et Alessandro IV, concede anch’egli, a loro imitatione, alli suddetti Padri dell’Ordine nostro, di potere celebrare solennemente nelle nostre Chiese, et Oratorj la Messa sopra gli Altari portatili, senza però alcun pregiudicio de’ Parochi nelle offerte et oblationi; fu data poi questa Bolla a’ 15 di Luglio in Viterbo l’Anno 2 del suo Pontificato; la Bolla poi d’Innocenzo, e quella d’Alessandro confirmate da Clemente, furono date, quella in Lione a’ 20 di Settembre nell’Anno del 1250 e quella d’Alessandro nel Laterano a’ 28 d’Aprile nell’Anno del 1257; le quali entrambi furono da noi prodotte negli Anni suddetti; la copia poi di questa di Clemente IV è la seguente:

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

11 – Dilectis filijs, Priori, et Fratribus Eremitis Ordin. S. Augustini, salutem, et Apostolicam benedictionem. Quasdam litteras felic. recor. Alexandri Papae praedecessoris nostri exhibitas nobis ex parte vestra inspeximus, et earum tenorem, ut de ipsis in posterum certitudo habeatur praesentibus de verbo ad verbum ad vestrae supplicationis istantiam fecimus adnotari, qui talis est. Alexander [p. 722] Episcopus Servus Servorum Dei. Dilectijs filijs, et Priori, et Fratribus Eremitis Ordinis Sancti Augustini, salutem, et Apostolicam benedictionem. In regesto felic. recor. Innocentii Papae praedeccessoris Nostri quarundam litterarum tenor inscribitur qui talis est: Innocentius Episcopus Servus Servorum Dei. Dilectis filijs, Priori, et Fratribus Eremitis Ordinis S. Augustini, salutem, et Apostolicam benedictionem. Devotionis augmentum vobis (Deo propitio) provenire confidimus, si super ijs quae pie cupitis. Nos benignos ad gratiam habeatis. Hinc est, quod Nos humilitatis vestrae precibus inclinati, auctoritate vobis praesentium indulgemus, ut in locis, et Oratorijs vestris cum viatico Altari possitis Missarum solemnia, et alia Divina Officia celebrare; omni Parochiali iure Parochialibus Ecclesijs reservato, et ne de iure huiusmodi possit aliqua quaestio suboriri illud circa oblationes, decimas, et primitias intelligimus, quae a Lacis exhiberi, quibus defraudari nolumus Parochiales Ecclesias occasione Indulgentiae suppradictae. Nulli ergo omnino hominum liceat, etc. Datum Lugduni 10 Kal. Octobris, Pontificatus nostri Anno 3. Nos autem vestris precibus annuentes, tenorem ipsum, ex eodem Regesto fideliter sumptum sub Bulla nostra de verbo ad verbum fecimus adnotari. Datum Viterbij Idibus Iulij, Pontificatus nostri Anno secundo.

12 – Bollivano in tanto, e più che mai ardevano le Liti, e le controversie, fra l’Ordine nostro, e quello di S. Guglielmo, massime ne’ Regni dell’Alemagna e dell’Ungheria intorno a’ Conventi del detto Ordine di S. Guglielmo, li quali s’erano incorporati, et uniti, in vigore della Bolla della Grande Unione all’Ordine nostro, e che tuttavia s’andavano giornalmente incorporando et unendo; perochè pretendevano i nostri Padri, che se bene li suddetti Guglielmiti havevano ottenuta facoltà da Papa Alessandro IV, quattro Mesi doppo la publicatione della predetta Bolla dell’Unione, di potere rimanere divisi dall’Ordine nostro nell’Habito solito, che era appunto come il nostro, mutando però la Regola di S. Agostino in quella di S. Benedetto, potessero nulladimeno essi, non solo ritenere i Conventi, che in vigore della Bolla dell’Unione, havevano di già all’Ordine loro incorporati, ma di poterne ancora di vantaggio incorporarne de gli altri, li quali non si curassero di valersi dell’Indulto concesseli dal detto Papa Alessandro, di restare cioè divisi da noi nell’Ordine loro antico, come havevano anco fatto. Ma non volendo ciò in verun conto ammettere li Guglielmiti, ricorsero più volte alla S. Sede, e si litigò molti Anni, senza però concludere alcuna cosa buona per essi Guglielmiti; alla per fine, come non cessassero di continuamente esclamare fino alle Stelle, parendo pur loro, che li fosse fatta una grande ingiustitia, et una grave ingiuria, il pietoso Clemente, volendo una volta quietarli per sempre, deputò per Giudice di questa gran controversia, et Auditore insieme, Giovanni Diacono Cardinale di Santa Maria in Cosmedin; et in effetto havendo di già ambe le parti prodotte hinc inde, le loro ragioni, e sperando ciascheduna d’esse d’haverne la sentenza favorevole, indi a non molto, vedendo l’una, e l’altra, che le cose andavano vie sempre più prolungandosi senza alcuna conlusione di proposito, si risolsero in fine, di commune accordo, di fare un compromesso nella persona di qualche Prelato di grande autorità, differente però dal suddetto Cardinale Giovanni; e quivi i nostri Padri, per dimostrare, quanta ragione pretendevano d’havere in questa causa; e per far conoscere alla parte contraria, [p. 723] che essi non amavano le Liti, ma cercavano semplicemente di diffendere, e di mantenere il loro Religioso Diritto, convennero con essi, anche con licenza del Card. Riccardo loro Protettore, di compromettere nella persona di Stefano Cardinale Prenestino, il quale era in questo tempo Protettore de gli stessi Guglielmiti, promettendo di stare a quel Giudicio, e sentenza, che egli data havesse sopra di questa Controversia, e Lite sotto pena di mille Marche d’argento, in caso di contraventione; il quale Compromesso, fu anche confirmato dal Sommo Pontefice Clemente Quarto, perochè appunto tutto ciò si fece in Viterbo, ove risiedeva in questo tempo, la Romana Corte.

13 – Fatto dunque, e costituito in questa guisa, il suddetto Vescovo Compromissario di queste due Religioni, spetialmente sopra d’alcuni Conventi, come habbiamo detto della Germania e dell’Ungheria, intorno a’ quali s’era precisamente ristretta la litigiosa Gara; doppo havere dunque molto bene, e con grande attentione considerate le ragioni delle Parti, come veramente vedesse, et apertamente conoscesse, che li nostri Padri havevano potuto con piena ragione incorporare que’ Conventi, non solo, sopra de’ quelli all’hora si piattiva, che erano in tutto sette, ma anche sopra tutti gli altri; nulladimeno, per terminare in fine una volta per sempre tutte le liti, et imporre perpetuo silentio ad ambi questi Ordini, e dare anche sodisfattione ad ambidue; giudicò, determinò, e decise, che di que’ sette Monisteri, due se ne dovessero restituire a’ Padri Guglielmiti, con tutte le loro Possessioni, et altre attinenze, imponendo intorno a ciò, perpetuo silentio al Generale, et all’Ordine del nostro Padre S. Agostino; con questo però, che se li Religiosi di questi due Conventi, che si dovevano restituire, fossero passati in altri Conventi del detto Ordine di S. Agostino, non siano necessitati di ritornare, contro sua voglia, al loro antico Ordine di S. Guglielmo, ma possino restare in quello di S. Agostino; e se vogliono ritornare, vuole, che siano incontinente accettati, dandoli un Mese di tempo, per ciò fare, doppo l’intimatione di questa sua Sentenza. E que’ Religiosi ancora, li quali havessero professato l’Ordine di S. Agostino, o fossero in altri Conventi passati, non possino essere sforzati a rimanere nel detto Ordine, ma possino ritornare, all’antico, o rimanere, conforme più gli aggrada. Quanto poi a gli altri Monisteri, intorno a’ quali vertiva la Lite, determinò, che restassero nell’Ordine istesso del Padre S. Agostino nel quale erano stati incorporati, con tutti gli altri, se ve n’erano, ne’ Regni d’Alemagna e d’Ungheria, con tutte le loro Penitenze, imponendo perpetuo silentio, e fine, intorno a ciò, alli Padri Guglielmiti, con tutte l’altre clausule come sopra, haveva determinato dell’Ordine Agostiniano.

14 – Di più ordinò il suddetto Cardinale Compromissario, che per l’avvenire, li Padri Eremitani di S. Agostino, sotto il pretesto della Bolla della Grande Unione, o sotto qual si sia altro colore, o causa, non debbano, né possino ricevere, od incorporare, et unire alcun altro Convento, o Casa del detto Ordine di S. Guglielmo, né intromettersi, od ingerirsi in verun conto, ne gli affari di quell’Ordine; né muovere, in alcun tempo, mai più per l’avvenire, alcuna Lite, o Questione, contro di quello, in riguardo della suddetta Unione; et in caso, che facessero alcuno di questi tentativi, ritornino all’Ordine di S. Guglielmo gli altri cinque Conventi di sopra nominati, de’ quali si litigava. [p. 724] Così all’incontro, se il Generale, et i Frati di S. Guglielmo contravverranno ancor essi già mai al tenore della detta Sentenza arbitraria, e compromissaria, perdino anch’essi li due Conventi restituiti, pagando in oltre ciascheduna delle parti contravenienti la pena pecuniaria di sopra accennata, rimanendo sempre però nel suo primo vigore la sua Sentenza, e Decreto.

15 – In oltre, affinchè si finisse di sradicare ogni causa anche rimota di futura Lite, decretò, che nissun Frate Guglielmita potesse passare dal suo Ordine a quello di S. Agostino, né in questo potesse essere ricevuto sotto pena di scomunica; et è contra, che nissun Frate di S. Agostino sotto la medesima pena potesse a quello di S. Guglielmo passare, dichiarando, il detto passaggio nullo fin dall’hora, necessitando i Frati suddetti, che fossero passati da un’Ordine all’altro, di ritornare ne’ loro Ordini primieri. Fu data questa Sentenza dal suddetto Cardinale nella Città di Viterbo l’ultimo giorno del Mese di Luglio nell’Inditione ottava, nell’Anno presente del 1266 e di Clemente IV il secondo, nell’Hospitio del detto Cardinale Compromissario, essendo ivi presenti F. Guido Priore Generale dell’Ordine di S. Agostino, e F. Guglielmo Priore Generale dell’Ordine di S. Guglielmo, e F. Giovanni di Luisem Procuratore del detto Ordine de Guglielmiti; et il tutto fu fatto di commune consentimento, e volontà loro. Vi si ritrovarono ancora presenti come testimoni Giovanni Arcivescovo di Manfredonia; F. Simone Canonico di S. Giovanni da Piazza Città Vetavense, Cameriero del detto Vescovo di Preneste Cardinale; Maestro Andrea Priore de’ Santi Apostoli di Spoleto; Maestro Paolo Archidiacono Cameracense nella Chiesa di Strigonia; Maestro Giovanni Romanutio Scrittore del Papa; F. Verinegna, e F. Gratia Religiosi dell’Ordine de’ Minori; et altri molti Testimonj chiamati, e Rogati, ad intervenire, etc. E tutta questa Sentenza fu scritta, pubblicata, e sigillata da un publico Notaio per nome Lombardo del già Vomuilano de Praedio Bonensi.

16 – Questa Sentenza poi essendo stata presentata, poco appresso, al Pontefice dal Generale de’ Guglielmiti, affinchè l’approvasse non solo, ma acciò altresì l’autenticasse, e corroborasse con una sua Bolla particolare; egli godendo, che pure una volta fosse finalmente terminata una così longa, e fastidiosa Tenzone, si compiacque di sodisfarlo di buona Voglia; et in effetto a’ 29 d’Agosto di quest’Anno medesimo spedì questa tanto bramata Bolla, nella quale inserendo la suddetta Sentenza, la venne con ogni maggiore solennità ad aprrovare, e confirmare in ogni miglior modo, e forma possibile; la copia poi, così della Bolla, come dell'Istromento in quella inserito, e questa è prodotta dal Marquez nel cap. 13, al § 14, a car. 193.

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

17 – Dilectis filijs, Generali, et alijs Prioribus, ac Fratribus Eremitarum Ord. S. Guillelmi, salutem, et Apostolicam benedictionem. Ea quae iudicio, vel concordia terminantur firma debent, et illibata persistere, et ne in recidivum conclusionis scrupulum relabantur, Apostolico convenit praesidio muniri. Exhibita siquidem nobis nova petitio continebat, quod dudum, a fel. Rec. Alexandro Papa praedecessore nostro Mandatum, ut dicitur, emanavit, ut de singulis domibus Eremitarum quarum quaedam S. Guilelmi, quaedam S. Augustini Ordinum, nonnullae autem Fratris Ioannis Boni, aliquae vero de Fabali, aliae vero de Brictinis censebantur, et apud homines ambiguis interdum nuncupationibus vacilibant, duo Fratres cum [p. 725] pleno mandato ad ipsius Praedecessoris mitterentur praesentiam, quod eius circa ipsos salubriter ordinaret dispositio recepturi. Cumque Fratres eiusmodi ad Sedem Apostolicam accessissent, dilectus Filius noster Riccardus S. Angeli Diaconus Cardinalis auctoritate mandati praedecessoris eiusdem vivo ad eum sermone directi universas Domos, et Congregationes eorundem Ordinum in unam Ordinis Eremitarum S. Augustini Professionem, et Regularem obsevantiam, perpetuo coniuvit idemque Praedecessor ipsius Cardinalis processum approbans illum auctoritate Apostolica confirmavit, et postmodum vestrae volens providere quieti vobis Apostolica auctoritate concessit, ut sub Regula B. Benedicti secundum institutionem B. Guilelmi possetis in habitu solito licete remanere, non obstantibus aliquibus litteris, gratijs, seu Privilegijs ab eadem Sede in contrarium impetratis, seu etiam impetrandis. Sane inter vos ex parte una, et Generalem, ac alios Priores, et Fratres Eremitarum eiusdem Ordinis S. Augustini ex altera super eo quod ipsi Domum de Porta S. Mariae de Ibisebornae, de Corona S. Mariae, et quasdam alias Domos ipsius Ordinis S. Guilelmi cum Fratribus Domorum ipsarum Alemaniae, et Hungariae Regnorum occasione huiusmodi Unionis (cui vos non consenseratis) in praedicto S. Augustini Ordine receperant, ac domos ipsas cum Fratribus suis incorporaverant eidem Ordini S. Augustini, in vestrum praeiuditium, et gravamen, materia quaestionis exorta, nos dilectum filium nostrum S. Mariae in Cosmedin Diaconum Cardinalem in causa huiusmodi partibus Auditorem, coram quo lite legitime contestata, factisque positionibus, et responsionibus ad causam; tandem partes ipsae viam pacis, et concordiae amplectentes, uzl. Frater Ioannes de Luisene Procurator vester pro vobis, a quibus habebat ad hoc speciale mandatum, ac idem Prior Generalis Eremitarum dicti Ordinis S. Augustini pro se, ac alijs Prioribus, ac Fratribus de quibus erat contentio, quorum Procurator erat ante Venerabilem Fratrem nostrum Praenestinum Episcopum, cui cura praedicti Ordinis S. Guilelmi, et personarum ipsius, est ab eadem Sede commissa in praesentia nostra de voluntate, et consensu ipsius Riccardi Cardinalis, cui curam praedicti Ordinis Eremitarum S. Augustini eadem Sedes commisit, tanquam in arbitrum arbitratorem, et amicabilem compositorem super causa huiusmodi, et omnibus eam contingentibus, alte, et basse sub paena mille Marcarum argenti compromittere, ac ipsius ordinationi, deffinitioni, laudo, arbitrio, et arbitratui totaliter se committere curaverunt, promittentes super hoc, praestito iuramento, se ratum, et firmum habituros, quidquid idem Episcopus super hoc statueret, arbitraretur, diceret, et etiam ordinaret. Dictus autem Episcopus a partibus accepto huiusmodi compromisso, et a nobis obtento vivae vocis oraculo consensu, et licentia, super praemissis, ordinandi, statuendi, deffiniendi, decernendi, et providendi, prout sibi expeditius videretur, super hoc fecit quandam ordinationem providam inter partes, prout in Istrumento publico inde confecto ipsius Episcopi sigillo munito plenius continetur. Nos itasque vestris supplicationibus inclinati, ordinationem ipsam ratam, et firmam habentes, ac defectum, qui erat in procuratione ipsius Prioris Gen. praedicti Ord. S. Augustini, ex eo quod ad compromittendum non habebat mandatum, et si quid aliud in procuratoribus partium ipsarum extiterat supplentes de Apostolicae plenitudine potestatis, eadem auctoritate Apostolica confirmamus, et praesentis scripti patrocinio communimus tenorem ipsius Instrumenti de verbo ad verbum praesentibus inseri facientes, qui talis est. [p. 726] In nomine Domini Amen. Praesidente rationis Imperio in animo iudicantis sedet in examine veritatis pro Tribunali Iustitia, et quasi Rex in folio iudicij rectitudo, cuius dissipatur intuitu propriae voluntatis arbitrium, et acceptio personarum, ex quo sit, ut parui, et magni pauperes, et divites potentes, et debiles absentes, et praesentes, aequo libramine iudicentur; sane prout Prior Generalis, alijque Priores, et Fratres Eremitae S. Augustini dicebant, dudum a fel. rec. D. Alexandro Papa IV emanavit mandatum, ut de singulis Domibus Eremitarum, quarum quaedam S. Guilelmi, quaedam S. Augustini Ordinum, nonnullae autem Fratris Ioannis Boni, aliquae vero de Fabali, aliae vero de Brictinis censebantur, duo Fratres cum pleno mandato, ad ipsius D. Papae mitterentur praesentiam, quod eius circa ipsos salubriter ordinaret dispositio recepturi. Cumque Fratres ipsi ad Sedem Apostolicam accessissent ipsi coram Venerabili in Christo Patri D. Riccardo Dei Gratia S. Angeli Diacono Cardinali, quem idem D. Alexander Papa negotio Unionis perficiendae deputaverat vice sua, ad id sufficientia exhibuerunt mandata, et in Generali eorum Capitulo tunc in Urbe celebriter congregato nomine eorum a quibus fuerant destinati, et de communi Capituli eiusdem assensu, se, et Domos easdem in unam Ordinis observantiam, et vivendi formulam uniformem redigi, unumque ex eis Ovile fieri Generalis Prioris praesidentia gubernandum unanimiter consenserunt, sicque ipse Cardinalis ipsius D. Alexandri Papae auctoritate mandati, vivo ad eundem sermone directi, necnon, et concordi, eorundem Fratrum, ac praedicti Capituli concessione sussultus, universas Domos, et Congregationes easdem in unam Ordinis Eremitarum S. Augustini professionem, et Regularem observantiam perpetuo counivit, idemque D. Alexander Papa ipsius Cardinalis processum approbans, illud auctoritate Apostolica confirmavit. Verum generosi viri Generalis, et alij Priores, et Fratres Eremitae ipsius Ordinis S. Guilelmi unione huiusmodi minime se consensisse, imo contradixisse potius asserebant, dicentes; quod praedictus D. Alexander Papa quieti eorum paterno volens providere affectu, eis Apostolica auctoritate concessit, ut sub Regula Beati Benedicti secundum Institutionem Beati Guilelmi possent in habitu solito libere remanere, non obstantibus aliquibus litteris, gratijs, vel Privilegijs ab eadem Sede in contrarium impetratis, vel imposterum impetrandis. Porro praedicti Priores, et Fratres ipsius Ordinis asserentes, quod dicti Generalis, et alij Priores, et Fratres Eremitae eiusdem S. Augustini Domos de Porta S. Mariae de Ibiseborne Moguntinentis Dioecesis, de Corona S. Mariae de Fuvisene Constantiensis Dioecesis, de Semninhuse de Valle Speciosa Ratisponensis Dioecesis, de Mindelhan Augustensis Dioecesis, Vallis S. Ioannis de Bivonia de insula S. Mariae Pragensis Dioecesis, de Lixtin Caminensis Dioecesis, et quasdam alias Domos praedicti Ordinis S. Guilelmi cum Fratribus Domorum ipsarum, Alemaniae, et Hungariae Regnorum occasione huiusmodi Unionis (cui, ut dictum est, Priores, et Fratres praedicti Ordinis S. Guillelmi se non consensisse, sed potius contradixisse dicebant) in praedicto Ordine S. Augustini incorporari fecerant, ac Domos ipsas cum Fratribus suis incorporaverant eidem Ordini S. Augustini, in eorundem Priorum, et Fratrum Ordinis S. Guilelmi praeiudicium, et gravamen, et inter eorum Priores, et Fratres ipsius Ordinis S. Guillelmi ex parte una, et praedictos Priores, et Fratres ipsius Ordinis S. Augustini, ac Domorum supradictarum super hoc ex altera parte materia, quaestionis exorta, Sanctissimus Pater D. Clemens [p. 727] Papa IV Venerabilem in Christo Fratrem Dominum I Dei gratia S. Mariae in Cosmedin Diaconum Cardinalem dedit in causa huiusmodi partibus Auditorem, lite igitur in ea coram eodem D. I, Cardinali legitime contestata, factisque; positionibus, et responsionibus ad causam, tandem partes volentes litigiorum vitare anfractus, ac viam pacis, et concordiae amplectentes, videlicet Frater Ioannes de Luisen Procurator praedictorum Generalis, Priorum, et Fratrum Eremitarum ipsius Ordinis S. Guilelmi pro eis, a quibus habebat ad hoc speciale mandatum, ac Frater Guido Prior Generalis Eremitarum dicti Ordinis S. Augustini, pro se, ac alijs Prioribus, et Fratribus sui Ordinis, et Dictis Dominibus, et Prioribus, et Fratribus ipsarum, de quibus erat contentio, quarum Domorum, et Priorum, et Fratrum ipsorum procurator erant ante Nos Stephanum miseratione Divina Praenestinum Episcopum, quibus cura praedicti Ordinis S. Guilelmi, et personarum ipsius est ab eadem Sede commissa de voluntate dicti Domini R. S. Angeli Diaconi Cardinalis, cui curam praedicti Ordinis Eremitarum Sancti Augustini eadem Sedes commissit tanquam in Arbitrum, Arbitratorem, et amicabilem Compositorem super causis, litibus, et quaestionibus eiusmodi, quae erant, vel esse possunt super praedictis, et eorum occasione alte, et basse sub paena mille Marcharum argenti compromittere, ac nostrae ordinationi, definitioni, laudo, arbitrio, arbitratui, totaliter se submittere curaverunt, promittendo super hoc praestito Iuramento, et sub paena mille Marchrum praedictarum, rarum, et firmum habituros, se dictasque Ordini Domos, et Priores, ac Fratres, eorundem Ordinum, et Domorum totum, eo quidquid super praedictis ordinaremus, statueremus, arbitrati essemus, vel etiam decerneremus, prout in publico Instrumento inde confecto per manus Lombardi Notarij infrascripti plenius continetur. Nos itaque a partibus accepto huiusmodi compromisso, et a Santissimo Patre D. N. Clemente Papa IV obtento vivae Vocis Oraculo consensu, et licentia, ordinandi, statuendi, definiendi, super his, pro ut nobis expeditius videretur, ac etiam arbitraria potestate Nobis a partibus ipsis concessa ordinamus, dicimus, statuimus, providemus, et arbitramur, quod praedictae Domus de Porta S. Mariae de Ibiseborne, et de Corona S. Mariae, necnon, et si quae aliae sunt in Regionibus diversis, exceptis praedictis Regnis Alemaniae, et Hungariae cum ipsorum Fratribus eorundemque possessionibus, et iuribus, ad dictum Ordinem S. Guilelmi totaliter redeant, et sub Regula S. Benedicti secundum Institutionem B. Guilelmi, remaneant in habitu solito antequam transirent ad S. Augustini Ordinem supradictum, quas Domos, cum iuribus, et pertinentijs suis, eidem Priori Generali Ordin. S. Guilelmi submittimus, easque ad Ordinem S. Guilelmi supradictum sententialiter, laudamus, et decernimus, omni tempore pertinere, et nullo modo dicto Priori Generali, alijsque Prioribus, et Fratribus Erem. Ord. S. Augustini debere subesse, ejsdem, Generali, alijsque Prioribus, et Fratribus Eremitarum S. Augustini super ipsis perpetuum silentium imponendo. Ita tamen, quod Fratres Domorum ipsarum, qui alia loca Eremitarum Ord. S. Augustini se forte transtulerunt ad Domos ipsas, vel ad ipsum Ordinem S. Guilelmi redire non compellantur inviti, sed illuc redeant, et ibidem admittantur si id de ipsorum Fratrum qui se transtulerint, processerit voluntate quem reditum eis concedimus intra mensem postquam hoc eis fuerit intimatum, illi etiam Fratres, qui medio tempore, in praedictis Domibus B. Augustini Regulam, et Ordinem sunt Professi, sive in ipsis morentur, sive ad alia loca ipsius [p. 728] Ordinis S. Augustini se transtulerint, inviti non compellantur in ipsis Domibus morari, sive ad ipsas Domos, vel ad Ordinem S. Guilelmi redire, sed infra dictum terminum in eorum voluntate consistat, reliquae vero Domus praedictae, et omnes aliae Domus, quae de praedicto Ordine S. Guilelmi ad praedictorum Eremitarum Ordinem S. Augustini in praedictis Regnis Alemaniae, et Hungariae transierunt; cum ipsarum Fratribus, et Iuribus, bonis mobilibus, et immobilibus, et pertinentijs universis permaneant, in praedicto Ordine S. Augustini omni tempore pertinere super eis dictis Generali alijsque Prioribus, et Fratribus S. Guilelmi Ordinis perpetuum silentium imponendo. Ordinamus etiam, et dicimus, laudamus, et arbitramur, de consensu, licentia, et potestare praedictorum, quod memorati Generalis, Priores, et Fratres Eremitarum S. Augustini pretextu unionis huiusmodi, vel alia quacunque causa, aliquas Domos eorundem Eremitarum ipsius Ordinis S. Guilelmi ad Ordinem suum de caetero non recipiant, nec se de ipsis aliquatenus intromittant, nec unquam ipsi Ordini S. Guillelmi, vel aliquibus de ipso Ordine moveant de Unione, vel subiectione aliquam quaestionem. Et si contigerit eos contrafacere, vel venire, volumus, et arbitramur, quod liceat Priori Generali, et alijs Prioribus, ac Fratribus Ordinis S. Guilelmi possessionem ingredi Domorum de quibus erat quaestio inter partes; si vero Generalis, Priores, et Fratres Ordinis S. Guilelmi contra praedicta facerent, vel venirent, aut aliquando de praedictis Domibus dicto Ordini S. Augustini adiudicatis, vel aliquas alias ad ipsum B. Augustini Ordinem pertinentes recepissent, vel imposterum recipere attentarent, liceat Priori Generali, et Provincialibus Eremitarum Ord. S. Augustini retentis Domibus, quae per hoc arbitramentum dedent eidem Ordini S. Augustini remanere ingredi in possessionem dictarum earumdem. Domorum, quae debent ad Ordinem S. Guilelmi redire, paena in compromisso contenta nihilominus exsolvenda a parte contrarium faciente, et nihilominus hac supra ordinatione, et laudo nostro salvo, in omnibus permanente; et quia intendimus omnem quaestionem a dictis Ordinibus removere, volumus, et mandamus sub paena excommunicationis de licentia Nobis concessa, quod deinceps nullus Frater praedicti Ordinis S. Guilelmi ad dictum Ordinem S. Augustini aliquatenus admittatur, vel modo aliquo recipiatur, et e converso, quod nullus Frater Professus dicti Ordinis S. Augustini ad dictum Ordinem S. Guillelmi aliquo modo recipiatur, vel admittatur, et si quid contra attentatum fuerit, receptionem ipsam refutamus, et pronunciamus irritam, et inanem, et receptus ad suum Ordinem redire compellatur, et decernimus irritum, et innane si secus contigerit attentari. His tamen quae supra de Fratribus Domorum, de quibus erat inter partes contentio, dicta sunt, in sua manentibus firmitate. In cuius rei testimonium praesens Instrumentum per infrascriptum Lombardum Notarium nostrum huiusmodi ordinationis laudi, et arbitrij nostri pronuntiationem praesentem scribi, et publicari mandavimus, ipsumque fecimus nostri Sigilli munimine roborari. Latum, et pronuntiatum est huiusmodi nostri arbitrij laudum, ordinamentum, et quidquid superius continetur, Viterbij in Hospitio nostro, in praesentia dicti Fratris Guidonis Prioris Generalis S. Augustini, et Fratris Guilelmi Prioris Generalis S. Guilelmi, et dicti Fratris Ioannis de Luisen dicti Ordinis S. Guilelmi Procuratoris, et de ipsorum voluntate; et plena concordia, ac praesentibus Venerabili Patre Ioanne Sipontino Archiepiscopo, Fratre Simone Canonico S. Ioannis de Platea Urbe Vetavensi Camerario nostro, Magistro Andrea [p. 729] Priore Sanctorum Apostolorum de Espoleto, Magistro Paulo Archidiacono Cameracensi, in Ecclesia Strigoniensi, Magistro Ioanne Romanutio D. Papae scriptore, Fratribus Verinegna, et Gratia, de Ordine Minorum Capellanis nostris, et alijs pluribus ad haec vocatis, et rogatis testibus, in continenti post compromissum in nos factum, videlicet in Anno Nativ. Domini 1266, Indictione 8, Mense Iulio, die ultima eiusdem Mensis, Pontific. D. Clem. Papae IV, Anno 2. Ego Lombardus quond. Vomuilani de praedio Bonensi Imperiali auctoritate Notarius publicus, prolationi, sive pronuntiationi huiusmodi laudi, arbitrij, ordinationis, et omnium quae superius continentur, una cum dictis testibus praesens interfui, omnia, et singula supra contenta, de mandato dicti Venerabilis Patris D. Stephani Praenestensis Episcopi, scripsi, et in publicam formam redegi, publicavi, et signo meo signavi. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae suppletionis, et confirmationis instringere, vel ei ausu temerario contraire; si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem Omnipotentis Dei, et Beatorum Petri, et Pauli, Apostolorum eius se noverit incursurum. Dat. Viterbij 4 Kal. Septembris, Pontificatus nostri Anno 2.

18 – Ben si conosce, da quanto habbiamo veduto fin qui contenersi in detta Bolla, e Sentenza, la poca ragione, che havevano, i Guglielmiti di dolersi dell’Ordine nostro, perchè non volesse restituire loro alcuni Conventi, che haveva in vigore della Bolla della Grande Unione, incorporati a se stesso, non solo prima, che essi cavassero la Bolla di potersi rimanere divisi sotto la Regola di S. Benedetto, ma anco di quelli, che havevano doppo, in vigore pur anche della stessa, incorporati, et andavano pur tuttavia incorporando, et unendo; perochè nella Bolla, che concesse loro Alessandro, quattro Mesi doppo quella dell’Unione, di potere restare con l’Habito solito senza unirsi all’Ordine nostro, sotto la Regola però nuova di S. Benedetto, non si prohibiva però, che non si proseguisse l’Unione, ma solo permetteva, e concedeva a quelli, che volevano restare nell’Ordine loro vecchio di poterlo fare, e non essere sforzati a tale Unione, com’erano prima; ecco qui quanto guadagnarono con questa Bolla, cioè non altro in vero se non di non poter essere necessitati da’ nostri ad unirsi contro loro voglia, et a dire la verità, crediamo noi, che se la seconda Bolla d’Alessandro havesse determinato, o preteso di determinare, che li Conventi uniti, non fossero bene uniti, e che per l’avvenire non se ne potessero, o dovessero unire di più; che non fosse dato l’animo allo stesso Alessandro di rimediarvi ben tosto in ogni miglior modo, che li fosse paruto? Certo, ch’io mi persuado, che sì. E quando egli havesse fatto il sordo, non l’havrebbero fatto gli altri Papi,che a lui successero, avanti de’ quali sempre seguitarono di strepitare contro di noi li Padri Guglielmiti, fin tanto, che Papa Clemente in quest’Anno finalmente, stordito da tanti clamori, come pur anche di sopra accennassimo, più per quietarli una volta ad impor fine a tante liti, che perchè conoscesse alcuna ragione dalla parte di detti Padri, operò, che si venisse a quest’amicabile, e compromissaria Sentenza, nella quale ben si conosce, che il Vescovo Prenestino, più per una certa compassione, che per altro fece restituire loro que’ due Conventi de’ quali appresso discorreremo. Hor legga questa Bolla, e Sentenza il P. Sansone Haio Guglielmita, se gli è più vivo, o pure qualche suo partiale, e conosca quanto inutilmente spese il tempo nel comporre quel suo Libro, ch’egli intitolò de Veritate Vitae, et Ordinis S. Guilelmi, massime in quella parte, dove [p. 730] egli va procurando nuovamente di dimostrare, che S. Guglielmo non fu Religioso di S. Agostino, che l’Ordine de’ Guglielmiti non fu compreso nella Grande Unione, che havendo tirannicamente levati alcuni Conventi de’ suoi li nostri Superiori, gli furono fatti a viva forza restituire da Papa Clemente IV per mezzo di Stefano Vescovo di Preneste; la torni dunque a leggere meglio, e troverà, che la cosa passò molto diversamente da quello, che egli se la finge.

19 – Ma vediamo hora, che Conventi fossero questi, che furono costretti li nostri a restituire, in vigore della suddetta sentenza, e come si chiamavano, come anche quelli, che restarono a' nostri per ragione della medesima. Già dicessimo più sopra che la Lite de' PP. Guglielmiti, in quest’ultimo tempo s’era ristretta alla pretensione di sette conventi posti nelle parti della Germania et Ungheria, col rimanente ancora di quelle parti; li sette dunque nominati nella bolla, sono primieramente, quello della corona di S. Maria di Fuvisene nella Diocesi di Costanza; la Porta di S. Maria d’Ibiseborne della diocesi di Megonza, e questi furono li due, che ordinò il Vescovo Prenestino, che si restituissero da’ nostri a’ Guglielmiti; se bene quel primo si dubita se fosse poi restituito, come appresso vedremo; il terzo fu quello di Seminuse, o Semansuasem; il quarto della Valle Speciosa ambedue della diocesi di Ratisbona; il quinto di Mindelano, o Mindelaimo nella Diocesi d’Augusta; il sesto di Lixtino nella Diocesi Caminense della Valle di S. Maria, nella diocesi di Praga, e S. Giovanni di Pivonia della stessa Diocesi.

20 – Di quello di Semansuasem, già n’habbiamo più volte favellato sotto diversi Anni per lo passato, come anche di quello della Valle Speciosa, per altro nome chiamato di Schontal, della medesima Diocesi di Ratisbona, il quale anch’egli, insieme con il sopranominato, fu giudicato doversi unire all’Ordine nostro fin dell’Anno 1263 da Leone Vescovo di Ratisbona, come all’hora vedessimo, e crediamo certo, che di fatto s’incorporasse all’hora, perochè in questo tempo del 1266 di già era con l’altro unito, ed incorporato, e così se ne rimase. Della sua antichità ne scrivessimo a bastanza sotto l’Anno 1161 nel Secolo passato, laonde non habbiamo per hora, che replicare di vantaggio, per l’avvenire ben sì, ci occorrerà parlarne molte altre volte.

21 – Del Convento di Mindelaimo posto nella Diocesi d’Augusta, pure n’habbiamo a suo tempo seriamente parlato, dicendo ancora il nostro sentimento circa l’essersi unito all’Ordine nostro, in vigore della bolla dell’Unione, mentre sappiamo, che questa fu data del 1256 e questo monistero fu fabbricato doppo, cioè nel 1260, per li Padri Guglielmiti; hir come poi potevasi incorporare del 1256 in vitù della bolla? Se forse dir non vogliamo, che doppo la sua fondatione, vedendo incorporare, et unirsi de gli altri Conventi, s’unisse anch’egli con quelli; siasi come si voglia, fosse in un modo, o in un altro, quest’é certissimo, che del 1266 egli era nostro, e fu decretato, che nostro pur anche fosse insieme con tutti gli altri Uniti per tutt’i Regni dell’Alemagna, et Ungheria, eccettuati que’ due soli di sopra nominati.

22 – Anche di quello di Lixtino, che dicessimo essere stato nella Diocesi Caminense replichiamo quello, che habbiamo detto de’ due primi, cioè a dire, che di esso altro non sappiamo, fuori che, egli essendosi con gli altri unito, in vigore della Bolla, all’Ordine nostro, fu decretato, che perseverasse nella detta Unione; quando poi egli fosse fondato, che huomini producesse, quanto tempo nell’Ordine durasse, non è noto.

23 – [p. 731] Restavi hora da discorrere del settimo, et ultimo Convento, nominato nella Sentenza, o Decreto del Vescovo Stefano, cioè di S. Giovanni di Bivonia, o Pivonia, nella Valle di S. Maria della Diocesi di Praga; questo dunque, come già scrivessimo nel Secolo ottavo, fu già fondato fin dell’Anno 1040 da Bretislao Duca di Boemia, in quel luogo, dove egli poco prima, haveva ottenuta una famosa Vittoria dell’Esercito d’Arrigo Terzo Imperatore, et in quello introdusse li nostri Frati di S. Agostino, dandoli grosse entrate, affinchè pregassero Iddio per que’ poveri Soldati, ch’erano ivi rimasti morti nella passata Battaglia, tanto scrivono l’Hagetio, et il Pontano, Historici di quel Regno, l’uno nell’Historie di Boemia, l’altro nella sua Boemia Pia, come all’hora più diffusamente scrivessimo, producendo ancora le loro proprie parole. Hor questo Convento venne poi a capitare in progresso di tempo, nelle mani de’ Padri Guglielmiti, li quali lo tennero fino a’ tempi della Grande Unione, nella quale, a guisa appunto de’ fiumi, tornò nel Mare Agostiniano, di dove era già uscito, e fu questo suo ritorno, o riunione confirmata dal Compromissorio Vescovo di Preneste tante volte nominato.

24 – Con l’occasione d’havere quivi ragionato qualche poco di questo Convento di Pivonia, gli è necessario altresì dire una parola d’un gran Servo di Dio, il di cui Corpo stà sepellito nel mezzo della Capella di S. Gio. Battista, chimato il B. Culmano, il quale fu un gran Servo di Dio, e fece un’asprissima penitenza in questo Monistero; di questo dicessimo alcuna cosa ancora nel cap. I della seconda Centuria del nostro Ristretto Agostiniano; se poi questo Servo di Dio fiorisce prima, o doppo ch’il Monistero cadde nelle mani de’ Padri Guglielmiti, o pure doppo, che tornò sotto i suoi primi Padri Agostiniani, non è così facile il dirlo, mentre gli antichi non ce n’hanno lasciata alcuna luce; basta a noi di sapere, che ivi visse, e morì con gran fama di Santità, et hora viene, come Santo, e Beato, regnante in Cielo con Dio, da tutti riverito, et honorato.

25 – In questo mentre Guglielmo di S. Amore, quel Teologastro, qual dicessimo già haver scritto un Libro pieno di calunnie, anzi pure d’Ereticali Proportioni contro de' sagri Ordini Mendicanti, col quale haveva preteso, il maligno, di mettere in odio al Mondo tutte quelle sagre Religioni, per la qual cosa, egli fu poi privo di tutti gli Ecclesiastici beneficj, ch’egli indegnamente godeva, e che fu anche (perchè non mai finiva di latrare con quella sua lingua canina) esiliato fuori del Regno di Francia da Alessandro IV, finalmente in quest’Anno, havendo composto un altro suo Libro, hebbe ardire d’inviarlo al Pontefice Clemente, con mostrare in quello, d’havere ritrattati i suoi errori passati, se bene in effetto non era vero. Perochè anche in questo haveva sparso molto veleno, e con questo Libro pensava lo sciocco, di captivare l’animo del Santo Padre, e così essere richiamato dal Bando, e ricuperare le perdute Prebende, e ritornare di nuovo a far peggio di prima; ma il prudente Pontefice, che molto bene conosceva l’ostinata perfidia di quel fellone, ricevuto il Libro, lo volle esaminare, perchè si diede a credere, e ben s’appose al vero, che qualche Serpe, come dir si suole, stasse sotto l’herba celato, e nascosto; intanto però si degnò di scriverli una Lettera tutta piena di sante ammonitioni, la di cui copia in forma di Bolla, viene prodotta dal Padre Vadingo nel Tomo secondo de’ suoi Annali sotto il numero 10 di quest’Anno, et è la seguente:

Magistro Guilelmo de Sancto Amore.

26 – [p. 732] Si circa veritatis indaginem elaboras, si cautelas Ecclesiae Colligis ex scripturis, dum tamen sobrius inquisitor existas, et actiuum evites scandalum, non te credimus arguendum, sed cavendum est tibi, ne vel praeteritorum tuorum tuo haereat animo nimis tenax memoria, et sub doctrinae specie detractionis colores insidias, vel illam obiurgationem merearis audire, qua Paulum tetigit Festus dicens: Te multae Litterae faciunt insanire. Sane libellum novum evolvere caepimus, quem misisti, qui licet interdum alias auras circinet, veterem tamen multum sapit, et cum excussus, et discussus licet colorationem in aliquo videatur habere, totam primi substantiam comprobatur retinere. Verum dum totum non legimus, nihil tibi possumus respondere, nisi quod provida diligentia cor tuum munias, ne sub boni specie ille te seducat, qui se, ut lateat, in lucis Angelum trasfigurat. Nos autem cum legerimus hoc opusculum, et alijs amatoribus veritatis, et eamdem intelligentibus communicaverimus, tunc quod nobis videtur tibi dabimus intimare. Sed quia res forsitan adibit in longum propter negotiorum instantiam, quae de Mundi diversis partibus nos solito acrius inquietant, dilectum filium Magistrum Thomam supradicti praesentatorem operis, ultra noluimus detinere. Datum Viterbij 15 Kal. Novembris, Pont. nostri Anno 2.

27 – E’ fama quasi certa, che in quest’Anno il glorioso S. Nicola da Tolentino, stando di stanza nel Convento di Cingoli, nella sua Provincia della Marca d’Ancona (dell’antichità del cui Convento, trattassimo fin sotto l’Anno di Christo 1244 al num. 32) s’ordinasse Sacerdote, havendo già terminato l’Anno 24 della sua età; se bene in questi tempi s’ordinavano i Religiosi al Sacerdotio, anche prima del detto Anno; prese poi quest’ordine sagro nella Città d’Osmo, et il Vescovo, il quale ad un così alto grado, e dignità l’ordinò, fu S. Benvenuto Scutoli Anconitano, tanto asserisce Giacomo Alberici nel cap. 10 della di lui Vita a car. 152, e lo conferma il P. Errera nel Tomo I dell’Alfabeto a car. 158.

28 – In quest’Anno medesimo ritroviamo, che il Re D. Alfonso Terzo di Portogallo, per la divotione, che haveva alla nostra Religione, concesse con un suo ampio Privilegio, facoltà, e licenza a’ Padri nostri di quella nobile Provincia, che potessero fondare tre Monisteri vicini, o dentro, o fuori di tre nobili Castelli, cioè a dire D’Estremoz, d’Aurantes, o Abrantes, e di Torrefuedras; fu poi dato questo Privilegio nella nobil Terra di Santaren a’ 4 di Dicembre nell’Era 1304, che viene ad essere quest’Anno di Christo 1266. Questo Privilegio si conserva nell’Archivio del nostro insigne Convento di Nostra Signora della Gratia nella gran Metropoli del suddetto Regno, Lisbona; e viene questo prodotto da P. Maestro Antonio della Purificatione nel Tomo 2 della sua Historia Provinciale Agostiniana di Portogallo a car. 181, la di cui copia e questa:

29 – Quoniam summa fuit ratio, quae Religionem adinvenit, quam Sancti, ac Religiosi viri contemnentes temporalia, et caduca, ac se ipsos exemplo Mariae in optimam contemplationis partem assumentes devotis mentibus amplexantur verum Deum oculis sanctae rectitudinis, ac piarum mentium considerationibus contemplando. Ideo ego Alphonsus Dei gratie Rex Portugalliae una cum Uxore mea Regina D. Beatrice Illustris Regis Castellae, et Legionis filia, et filiis et filiabus meis Infantibus, et Infantiss D. Dionisio, et D. Alphonso, et D. Blanca, et D. Sanctia, ad honorem [p. 733] Dei Patris Omnipotentis, et Beatissimae Virginis Mariae Matris eius, et Beati Augustini pio mentis affectu concedo Religiosis viris Fratribus Eremitis Ordinis S. Augustini, quod possint aedificare, et habere Monasteria iuxta Castellum de Estremos, vel infra terminos ipsius, et iuxta Castellum de Aurantes, vel infra terminos ipsius; et prope Castellum de Turribus Veteribus, vel infra terminos ipsius, absque iuris Dioecesani Episcopi, et cuiusquam alterius praeiudicio alieni. In cuius rei testimonium dedi Fratribus eiusdem Ordinis praesentem cartam mei sigilli robore signatam. Dat. Sancrarenae 4 Decembris, Rege mandante, per Cancellarium Iacobum Ioannis Not. Era 1304.

30 – In virtù poi di questa licenza, col consenso de gli Ordinarj furono fondati li Conventi di Torres Vedras, ed d'Estremoz; i terzo d’Aurantes non si sa di certo, se mai fosse in alcun tempo fondato; il primo poi, che si fondasse fu quello di Torres Vedras, il quale appunto fu fondato in quest’Anno vicino alla Terra, o Castello mentovato di Torres Vedras, in un luogo chiamato la Vargea grande; e nota il suddetto Padre della Purificatione, che fu gettata la prima pietra nelle Fondamenta della Chiesa di questo Convento a’ 29 di Decembre di quest’Anno presente 1266. Come poi, in progresso di molto tempo per la poco buona aria del sito, in cui fu fondato, fosse necessario il trasportarlo nella Terra, e quanti travagli si patissero per conservarlo, e mantenerlo, lo diremo a Dio piacendo, sotto gli Anni 1544 e 1559 l’altro poi nel Territorio d’Estremoz, fu fondato in un luogo chiamato Villavitiosa; ma perchè questa Fondatione non fu fatta, fuori che del 1267, però in quello ne tratteremo.

31 – Quantunque il Prevosto, et il Capitolo della Chiesa Cattedrale di Fano havessero di già concessa di commune concordia, con l’intervento ancora, e con il consenso di Pietro Rettore, la Chiesa di S. Lucia della stessa Città, a’ nostri Padri, e già anche datali l’Investitura, come vedessimo sotto li numeri 6 e 7 dell’Anno antecedente, nulladimeno, non ancor sodisfatti a sua voglia, vollero di nuovo in quest’Anno ratificare, e riconfirmare ogni cosa; che però Catio Canonico di Fano Vicario di Tomaso Prevosto, insieme con tutto il Capitolo della Chiesa Cattedrale sudetta, ancora essendo senza Pastore, donarono con il nuovo consenso di quel D. Pietro Rettore, e confirmarono un’altra volta a’ nostri Padri di Sant’Agostino la Chiesa predetta di S. Lucia con tutte le sue attinenze; Non ignari (dicono questi nella Donatione) quod Ecclesiae Sanctae Luciae de Fano, longe melius, et reverentius, per Fratres Eremitas Religiosos Ordinis B. Augustini, quam per Seculares Clericos cultu ipso fovebitur, et in oculis omnium tractabitur, et regetur.

32 – Aggiunge il Padre Gio. Michele Pio nell’Historia Domenicana, che indi a poco, cioè a dire a’ 5 di Aprile dell’Anno stesso, F. Morando da Fiorenza prma Vescovo di Cagli, e poco dianzi trasferito al Vescovato di Fano, ad istanza di F. Giacomo Priore di S. Stefano, ratificò e confirmò la sudetta Concessione, e Donatione fatta dal Capitolo, e di nuovo anch’egli concesse, e donò con tutte le sue Attinenze, la sudetta Chiesa, riservatasi però la Parocchia, et impostevi non so quali conditioni.

33 – Gli è certo parimente, che in quest’Anno fece la Religione acquisto del Convento di S. Andrea della Valle, già ne’ tempi andati, et hora di S. Agostino di Narni; il fatto poi in questa guisa passò. Due gran Cardinali di Santa Chiesa, cioè a dire, Riccardo di S. Angelo, et un altro per nome Gottifredo, essendo stati pregati dal nostro Padre Generale, et anche da’ Padri della Provincia dell’Umbria [p. 734] affinchè si degnassero d’operare con la loro autorità appresso il Vescovo di Narni, acciò volesse consegnarli qualche Luogo nella sua Città, da potervi fabbricare un Monistero; il che havendo eglino fatto, con molta benignità, e cortesia, il Vescovo, che Orlando si chiamava, per servire que’ due gran Porporati, et anche per la divotione, che forse portava al nostro P. S. Agostino, indusse due Preti della Chiesa di S. Andrea della Valle di Narni, a rinonciare nelle sue mani la suddetta Chiesa, il che havendo eglino fatto di buona voglia nel giorno 28 di Maggio, come appare per un’Istromento sopra della detta rinoncia, fatto nel giorno istesso di quest’Anno, Rogato per mano di Gaiferio Notaro Apostolico; egli altresì nel medesimo giorno consegnò il possesso della detta Chiesa di S. Andrea della Valle, annessavi la Cura d’Anime, a F. Geremia, e per esso a tutto l’Ordine di S. Agostino, con peso di pagare ogn’Anno sotto nome di Censo, una libra di Cera il giorno di S. Andrea, e ciò pur anche costa per un altro Istromento rogato nel medesimo giorno, et Anno dall’istesso Gaiferio, li quali amendue si conservano nel Convento di S. Agostino di Roma.