Tomo IV

ANNO 1270

Anni di Christo 1270 - del secolo XVII - della Religione 884

1 - [IV, p. 749] Era di già passato un'Anno, e più, doppo la morte del Santo Pontefice Clemente IV e nondimeno li Cardinali, con scandalo di tutto il Mondo, ancorchè giornalmente si radunassero per l'elettione del nuovo, già mai havevano, per le loro discordie, e passioni, alcuna cosa concluso; laonde non si può credere quanti disordini, e quante esorbitanze succedessero nella Chiesa di Dio, per questa loro troppo in vero ostinata durezza, e se bene ogn'uno sperava, che storditi da' continui clamori del Popolo Cristiano, et anche infastiditi da così lunga, e perniciosa dimora, finalmente venissero in quest'Anno del 1270 alla tanto sospirata elettione del nuovo Pastore universale della Greggia di Dio; nulladimeno vinse la solita durezza, perochè il Papa non si fece né meno in quest'Anno, e le pie menti de' buoni rimasero stranamente dalle loro concepite speranze delusi.

2 - Ma tempo è hormai, che andiamo a rivedere nel Regno di Sardegna il glorioso S. Luigi Re di Francia, il quale come scrivessimo nell'Anno scorso, soprafatto da una gran tempesta di Mare, fu forzato a ritirarsi in quello, et anche a svernarvi con la sua poderosa Armata. Gli è dunque da sapersi, che giunta la Primavera, fece porre all'Ordine, e bene allestire tutta la detta Armata, e poscia sul principio dell'Estate, in vece di proseguire le Navigatione verso la Palestina, torse a destra mano, e si portò nell'Africa vicina, et afferratosi con L'Armata sul Lido Cartaginese, e sbarcata tutta la Gente, al dispetto de' Mori, che cercavano a tutto loro potere d'impedirli lo sbarco, pose il piede in terra, e subito di primo tratto attacata una fiera Zuffa con l'Inimico, in poco tempo lo ruppe, e pose in fuga; indi tostamente spintosi con tutto l'Esercito sotto la Città di Cartagine, in termine di pochi giorni la prese. Ma poco doppo, essendo passato all'attacco della Città di Tunisi, e già stando in ultimo procinto di farne l'acquisto, volle Iddio, per suo occulto giudicio, che essendo entrata nel di lui Campo la Peste, et havendo di quello fatta una gran strage, restando anch'egli il glorioso Re ferito da quel pestifero malore, e poco appresso rendesse la sua Anima Santa nelle mani del suo Creatore a' 25 d'Agosto.

3 - Hor se bene li Padri Francescani dicono, che questo Santo Re fu Tertiario dall'Ordine loro, mercè, che portò l'Habitello, che sogliono portare gli altri Tertiarj del suo Ordine, e di ciò anche ne mostrano Bolle Pontificie, tuttavolta, perchè io ritrovo, che il P. Marco di Guadalaxara Carmelitano, nel Tesoro Spirituale del suo Ordine, scrive, che questo Re fu Tertiario, non solo dell'Ordine Francescano, ma etiamdio di tutti gli altri tre Ordini Mendicanti; e non sarebbe gran fatto, perochè scrive Sansone Haio Guglielmita, che come era a tutti quattro questi Ordini affettionato, così è fama, e lo scrivono molti, ch'egli fondasse tutti quattro li Conventi de gli Ordini stessi in Parigi, benchè ciò s'intenda, se si parla del nostro, non del primo, che già hebbe per titolo Santa Maria Egizziaca, dove stettero i nostri fino all'Anno 1261, né del terzo, posto nel luogo detto Cardineto; né tampoco del quarto, ove hora stiamo; ma ben sì del secondo, posto alla Porta de' Martiri, come scrivono il Padre Breul, et il Belleforestio; per tanto ho io occasione di quivi registrare un brieve saggio della sua Vita gloria, quasi come di nostro Santo, tanto maggiormente, ch'io ritrovo, che nel Capitolo Generale celebrato in Napoli del 1300 i nostri PP. decretarono, che si dovesse il suo Officio recitare sotto [IV, p. 750] Rito semidoppio, essendo egli appunto poco dianzi, stato Canonizzato da Bonifaccio VIII, ancor vivente; e questo sarei ancor tenuto di fare, quando ben'anche all'Ordine nostro nulla appartenesse, se non per altro, almeno, per debito di gratitudine, per esser stato di quello gran benefattore; e perchè anch'io tengo, benchè indegnamente, il glorioso suo nome.

Brieve e compendiosa Relatione della Vita, e gloriose imprese di S. Ludovico IX, Re di Francia, Tertiario di tutti quattro gli Ordini Mendicanti.

4 - S. Luigi Re di Francia, che fu uno Specchio tersissimo di tutte le più eroiche virtù, nel quale dovrebbero del continuo ispecchiarsi i Monarchi ed i Principi della Terra, per imparare a ben reggere, e Christianamente governare i Popoli alla loro cura e buona custodia, dalla Divina Mano commessi, fu figliuolo di Lodovico, o Luigi Ottavo, e di Donna Bianca figliuola di D. Alfonso Nono Re di Castiglia, il quale com'è noto nelle Storie, vinse il Miramolino alle Navi di Castiglia; quegli come fu ottimo Prencipe, così sortì una Moglie affatto Santissima; dicono d'esso, che fu, oltre modo casto a segno che altra Donna non conobbe già mai, che la Regina sua Moglie; e come fu grandemente ubbidiente e riverente alla Sede Apostolica, così per amor di Dio, e di quella, intraprese la difficilissima Guerra contro de gli Eretici Albigensi, che infestavano, et infettavano insieme tutta la Francia, e doppo haverne ottenute gloriose Vittorie, andò finalmente a triofarne eternamente nel Campidoglio dell'Empireo.

5 - Rimase il nostro S. Luigi, che fu poi il Nono di questo nome, doppo la morte del suo Serenissimo Genitore in età di 12 Anni, sotto la cura, e la regenza della Santa Madre Bianca; la quale subitamente sopra d'ogni altra cosa, hebbe cura di trovarli un Maestro Dotto e Santo, il quale insieme con le buone Lettere, e costumi, gli dovesse insegnare i più sublimi erudimenti della Santità, nel che fare, ella più d'ogn'altro grandemente s'affaticava, e perchè il Giovinetto Re, come uscito delle sue viscere, haveva portato seco un'Indole dolcissima, et ad ogni opera buona inclinatissima; ciò, che vedeva, ciò che sentiva, e gli era insegnato di bene, il tutto ben presto con suo gran gusto apprendeva; e perchè la Santa Regina Madre, ogni qual volta lo vedeva, li soleva sempre dire: figlio, io ti vorrei più tosto vedere morto cadere a' miei piedi, che macchiato d'un solo peccato mortale; vennero queste sante parole di tal sorte ad imprimersi nel suo Regio Cuore, che di tal maniera abborriva ogni qual si sia cosa c'havesse ombra di peccato, che più tosto commetterlo, sarebbesi nell'Inferno istesso precipitato; laonde tienesi per fermo, e lo scrivono certamente tutti gli Autori della sua Vita, ch'egli non commettesse mai nel lungo corso della sua vita, un minimo peccato mortale, cosa in vero degna di grande ammiratione in un così potente Monarca.

6 - Giunto all'età di 19 Anni, e per consiglio della buona Madre, e de' Prencipi del Regno, prese per sua Sposa Margherita figliuola del Conte di Provenza, della quale n'hebbe quattro Figli, a' quali attese sempre, per fin ch'ei visse, ad insegnare più con il vivo esempio de' fatti, che delle parole, il santo timor di Dio, ricordandoli anch'egli sovvente la Lettione salutifera di sua Madre, che si guardassero d'offendere Iddio mortalmente.

7 - [IV, p. 751] La vita, che ordinariamente menava non era vita, qual sogliono fare li Re, ma quale appunto sogliono menare i più mortificati, e Santi Religiosi; perochè egli faceva asprissime penitenze e digiuni, e portava quasi del continuo un'aspro Cilicio su la nuda carne, quale già mai deponeva se non per ubbidire al P. Confessore, che gli lo commandava, dispensando poi in quella vece, di più del solito, 40 Soldi di Francia il giorno a' Poverelli secretamente; digiunava tutti li Venerdì dell'Anno con rigoroso digiuno, et in quelli della Quaresima non mangiava né Pesce, né Frutti. Era pietosisissimo verso de' Poveri, a' quali faceva grandi elemosine; ogni giorno d'ordinario nel suo Palazzo mangiavano 120 Poveri, e ne' giorni festivi, arrivavano a 200 a' quali, prima ch'egli mangiasse, faceva dare da pranso ed egli medesimo con le sue mani Reali serviva loro con lieto volto e sereno; e ne' giorni di Sabbato molti ne faceva entrare in alcune Stanze secretamente, ed egli stesso, ad imitatione del suo Redentore, lavava loro, asciugava e baciava humilissimamente i piedi, e se alcuno per avventura gli diceva ciò non convenire alla Maestà d'un Re di Francia, rispondeva, che honorava in que' Poveri il Re de' Regi, a cui piedi, i Monarchi maggiori, gettano i Scettri e le Corone.

8 - Amava poi così svisceratamente, e riveriva insieme, tutti li Ministri di Dio, e massime li Religiosi Mendicanti, quali vedeva, quanto del continuo s'affaticassero per la Gloria di Dio, e la salute dell'Anime, che non contento d'haverli, a tutti quattro, fabbricati fino da' più profondi e cupi fondamenti, li Monasteri, gli dava poi del continuo copiosissime limosine, e carità, et arrivò a tal segno l'amor suo verso di quelli, che si ridusse, massime doppo che fu tornato la prima volta di Terra Santa, a vestire gli Habiti di tutti quattro, benchè forse nel di fuori egli portasse quello del Terz'Ordine di S. Francesco; e nel suo Testamento, ch'egli fece l'Anno 1269 prima di partire alla volta di Tunigi, nel Mese di Febraio, a tutti lasciò qualche cosa, come notassimo in quell'Anno. Portò grand'effetto, fra gli altri Religiosi, al nostro B. Egidio Colonna, il quale in que' tempi leggeva con gran fama, non meno di Santità, che di Dottrina, in quella famosa Metropoli delle Scienze, Parigi, il Maestro delle Sentenze; e se bene v'erano de gli altri Religiosi, e Santi e Dotti, a niuno però volle commettere la cura importante d'insegnare al suo Nipote Filippo detto il Bello, le Scienze e le Virtù, fuori che al B. Egidio suddetto.

9 - Fu egli in estremo divoto del Santissimo Sacramento, e v'hebbe tanta fede, che raccontasi da gli Autori, che una volta stando egli ascoltando Messa in una Chiesa, e dicendoli alcuni suoi Cortigiani, che nell'Ostia consagrata, che nella stessa Chiesa haveva in quel tempo alzata un altro Sacerdote, vedevasi Christo in carne visibilmente, che però si levasse, et andasse a vedere, rispose loro il fidelissimo e Christianissimo Re, vada pure a vedere questo Miracolo chi non lo crede, ch'in quanto a me, la Dio mercè, non ho bisogno di vederlo.

10 - Hebbe gran desiderio di sradicare dal suo Regno l'Eresia, e massime quella de gli Albigensi, che tanto piede haveva preso in que' tempi nella Francia, et il pietoso Iddio l'esaudì, perochè due Anni doppo, ch'egli haveva cominciato a Regnare, la vidde affatto annihilata, havendo prima fatto ritirare

11 - Con tutto ch'egli fosse patientissimo nel tolerare le proprie offese et ingiurie, a segno, che ad alcuni scelerati, che erano venuti a Parigi, per ammazzarlo, mandati dal Re Arsacida (il quale poi anche pentito, di sì gran tradimento glie l'avvisò) [IV, p. 752] doppo haverli fatti prendere, gli perdonò, e carichi di doni, via li mandò; nulladimeno nell'offese, et ingiurie fatte a Dio, era inesorabile, e massime contro i perfidi Bestemmiatori, di sorte tale, che fece senza alcuna remissione, marcare il volto con ferro rovente, ad un'Huomo molto nobile di Parigi, per havere bestemmiato il Nome di Dio, perchè così voleva una Legge, che egli haveva, poco dianzi, fatta publicare per tutto il Regno, et ad alcuni Signori, che dicevano esser stato quello un sovverchio rigore, rispose egli tutto acceso nel suo volto Reale di santo zelo: Io stesso vorrei di patto d'esser bollato nella mia Regia faccia, pure ch'io potessi sbandire affatto dal mio Regno e dal Mondo, i giuramenti, e le bestemmie.

12 - Fu grandemente, ed amato, e temuto insieme da' suoi Vassalli, cose di rado, e difficilmente s'incontrano in Personaggio Reale, ove cantò colui: Non bene conveniunt, neque in una sede moratur Maiestas et Amor; ma la Santità, che apertamente conoscevano albergare nel suo petto, ed il zelo dell'honor di Dio, e della conservatione della giustitia, che si scorgevano sfavillare nel volto, li facevano portare tanto amore, e timore insieme.

13 - Della S. Fede poi Cattolica, Apostolica e Romana, fu maravigliosissimo zelatore, e per dilatarla, passò due volte con poderosissime Armate alla volta di Terra Santa; e la prima volta havendo rotta l'Armata Navale de' Nemici, e presa poi anche, doppo lo sbarco dell'Esercito, la Città di Damiata, haveva già concepita una gran speranza di far ripatriare per tutta l'Asia, non che per la Palestina e per l'Egitto, in faccia dell'empio Maomettissimo, la Cattolica Fede. Ma Iddio, qual ne fosse il suo Giudicio seceto, ch'altrimente deliberato haveva, permise, che di repente, una Peste così fiera entrasse nell'Esercito suo, che di 32 mila Soldati, si ridusse ben presto a poco più di sei mila, laonde fu necessitato a restituire Damiata, et a riscattare se stesso, e l'Esercito con gran somma di danari, benchè poi li fosse malamente attesa la parola da que' Barbari; pure alla fine riscattatosi affatto, volle nulladimeno trattenersi in que' paesi, per lo spatio di cinque Anni, nel qual tempo non si può credere quanto bene egli facesse, quanti Infedeli ei convertisse, e quanti Schiavi Christiani, egli dalle mani di quegli empj ricomprasse; ma havendo poi intesa la dura nuova della morte della sua buona Madre, la Regina Bianca, fece nel suo Regno ritorno.

14 - Della Santa Romana Sede, e del Vicario di Christo, fu sempre ubbidientissimo figlio, et a gli altri Prelati minori portò egli mai sempre tanto rispetto, come fossero stati, come veramente lo sono, tanti Dei della Terra; quando vacavano beneficj, non voleva egli, come gli altri suoi Antecessori, conferirli, ma rimandava i Pretendenti a' Vescovi, dicendo toccare ad essi, non a lui simile funtione; et un giorno essendoli detto, che per concessione del Papa poteva egli ciò fare, egli fattasi dare la Bolla di detta concessione la gettò nel fuoco, dicendo, non farò poco se potrò ben disporre delle cose temporali, alle quali sono stato da Dio preposto. Attione in vero degna d'esser imitata da tutt'i Prencipi Christiani, che le cose della Chiesa sarebbero un poco meglio distribuite, e dispensate.

15 - Ma come ogni giorno più si sentissero le gravissime oppressioni, che facevano gli empj e scelerati Saracini contro de' poveri Christiani, così ne' Paesi della Palestina, come nell'Egitto, ed in tutte le coste dell'Africa, fece di nuovo risolutione il Santo Re, di tornare in que' Paesi a tentare la sorte di liberare que' miseri da tante calamità; laonde fatta Lega con li due Re d'Inghilterra ed Aragona, posta [IV, p. 753] in ordine una potentissima Armata, presi seco tre suoi figliuoli, Filippo, Giovanni, e Pietro, accompagnato ancora dal Re di Navarra, ed altri Signori, così Ecclesiastici, come Secolari, raccomandato il Regno alla Regina moglie, incaminossi alla volta di Tunigi, havendo dissegnato d'impadronirsi prima di quella Città, e Costa, perché i Mori, che ivi habitavano, infestavano grandemente l'Armate Christiane, che passavvano in Terra Santa, ed i soccorsi che a quella erano di Ponente inviati. Arrivati dunque con felice navigatione, e smontato in terra, mal grado d'un Esercito de' Mori, quali subitamente disperse, e dissipò; presa indi a poco la Città di Cartagine, andò con gran celerità a porre anche l'assedio a Tunigi istesso, ed in termine di poco tempo l'haveva ridotta a strettezza tale, che poco più poteva stare a parlamentare, et a rendersi; ecco, che per occulto giudicio di Dio, una gran Peste, che in quel Paese, poco dianzi haveva cominciato a fare gran strage, entrò anche nell'Esercito del buon Luigi, e di primo tratto, li portò via uno de' suoi diletti figliuoli, che fu Giovanni; e poscia, apertosi largo campo nel suo fiorito Esercito, in pochi giorni ne distrusse più della metà, e non portando rispetto né meno al Santo Re, di tal sorte l'assalse, che in brieve spatio lo ridusse al punto estremo; per la qual cosa, non turbandosi punto, si diede a ringratiare la Divina Bontà, che si degnasse pure una volta liberarlo dall'oscuro, e penoso carcere di questo Mondo; poscia armatosi de' Santissimi Sacramenti della Chiesa, lasciati salutiferi ricordi a' suoi figliuoli, ed in Particolare, a Filippo suo primogenito, tutto conformato nel Divino volere nel pronunciare quelle belle parole del Salmo 5: Introibo in Domum tuam, et adorabo Templum sanctum tuum, et confitebor nomini tuo; rese nelle mani del suo Signore, quella grand'Anima, che non haveva mai avuto, altro scopo, né altra mira, che la di lui gloria maggiore. Vanne pure Anima Santa dal Regno terreno della Francoa, a prendere il possesso eterno di quel immenso Regno del Cielo, ove senza più provare le varie vicende della Fortuna, e del tempo, come sempre in questo della terra facesti, goderai per tutt'i Secoli una felicità soda e massiccia, perpetua e invariabile, a cui mai non succede, nè si framischia disgratia, né miseria di sorte alcuna, ma fra tante tue gioie, non ti scordare de' tuoi Divoti, ma impetrali dal Gran Monarca Eterno il perdono de' suoi peccati, e mutatione di vita, con la perseveranza nel Bene fino al fine della loro vita mortale, per potere poi anch'essi venire colà su, a godere in tua compagnia, l'immensità di que' beni, che non havranno mai fine.

16 - La morte del Santo Re, come apportò infinito dispiacere e travaglio a' suoi Figliuoli, ed a tutto l'Esercito, così ricolmò d'estrema gioia, e contento i ferigni cuori di que' Barbari Mori, li quali entrarono subito in gran speranza, non solo di liberarsi da quell'assedio, ma di vantaggio di finire ben tosto di distruggere le reliquie di quel povero Esercito appestato, e di vero sarebbe forse riuscito il barbaro dissegno, se Iddio, senz'altro per l'intercessione del Santo Re morto, non havesse a que' Lidi fatta ben tosto arrivare l'Armata del Re Carlo d'Angiò, fratello del morto Re Luigi, la quale unitasi con l'avanzo dell'Esercito di Francia, strinse di tal sorte i perfidi Mori, ch'hebbero a gratia di chiedere humilmente la pace, la quale finalmente fu concessa loro, con patto però, che dassero incontanente la libertà a tutti li Schiavi Christiani, che tenevano; che lasciassero liberamente predicare la Fede per i suoi Stati a' Padri de' SS. Domenico e Francesco, et anche a tutti gli altri Mendicanti e religiosi; e che pagassero ogn'Anno [IV, p. 754] di Tributo al sudetto Re Carlo 40 mila Scudi. Di sorte tale, che ben potiamo dire, che il Santo Re Luigi, così morto vincesse i Mori, e che l'Armata, per mezzo delle sue orationi, riportasse la Vittoria, in quel tempo, che doveva necessariamente rimanere misero bersaglio delle Mauritane Saette. Successe la morte beata di questo glorioso Santo a' 25 d'Agosto di quest'Anno 1270, fu per all'hora portato il suo Santo Corpo in Sicilia, e poco appresso trasportato in Francia, e sepolto nel famoso Tempio di S. Donigio, poco lungi da Parigi, ove d'ordinario si seppelliscono i Re di Francia, et il Signore doppo la sua morte, come anche in vita haveva fatto, l'illustrò con molti insigni, e stupendi Miracoli, li quali poi indi a poco mossero Papa Bonifaccio VIII a riporlo nel Cattalogo de' Santi.

17 - Ma passiamo hoggimai a cose più proprie, e più sicure dell'Ordine; già motivassimo nell'Anno scorso la morte del Reverendiss. P. Generale F. Guido dalla Staggia, e soggiungessimo, che il di lui Successore non fu eletto fuori, che in quest'Anno; sapiasi dunque, che appunto in quest'Anno si radunarono li Padri Capitolari dell'Ordine, a' quali spettava di fare la detta Elettione nella Città d'Orvieto, ove pur anche congregati dimoravano li Cardinali, già più d'un Anno, e mezzo prima per creare anch'essi il nuovo Pontefice; e doppo alcune brievi pratiche Religiose, con più felice sorte de' suddetti Cardinali, elessero di commune accordo, ispirati certamente da Dio, a' 12 di Maggio, come scrive il Panfilo, per Generale di tutto l'Ordine, un Santo e Dotto Religioso chiamato F. Clemente da Osimo, non perché fosse veramente nato in questa nobile, et antica Città (perochè egli era nato nella Terra di S. Elpidio) ma, perché egli era figlio del Convento d'Osimo, qual dicessimo già, e provassimo altresì sotto l'Anno 1226, essere più antico di quell'Anno; e questo fu quel felice Predicatore, il quale (com'è commune traditione della Provincia della Marca) che con la sua santa Predicatione, aquistò per la Religione, il gran Taumaturgo dell'Italia, S. Nicola da Tolentino; e se bene egli fece ogni sforzo per iscansare una Carica così pesante, nulladimeno sforzato dalle preghiere de gli Elettori, l'accetto finalmente.

18 - Non ha dubbio, che in questo Capitolo si dovettero fare da que' Padri molti Decreti, e varie Deffinitioni, spettanti al giusto e retto governo dell'Ordine, ma noi non le potiamo in questo luogo scrivere e registrare, perché si sono smarrite insieme con altre cose innumerabili, ma però tutte importanti, le quali sole potrebbero forse riempire molti Volumi. Ringratiamo il Signore, che ha permesso, che ci restino queste poche, che andiamo noi di mano in mano, in questi Secoli registrando. Di questo glorioso Generale haveremo molto, che dire negli Anni a venire, imperochè non fu eletto Generale questa volta sola, ma altre volte ancora, se bene sempre quasi a viva forza accettò, in riguardo della sua grand'humiltà, della quale, come anche di tutte l'altre sue più cospicue virtù esattamente trattaremo nel tempo della sua beata Morte, che successe nel 1291, quando tesseremo la su gloriosa Vita.

19 - E' fama certa, che in quest'Anno santamente morendo nel sagro Eremo di Lecceto, andasse a trionfare per tutta l'Eternità nel gran Regno de' Cieli, il Glorioso e Beato Servo di Dio, F. Bandino della nobilissima Casa Scotti, o Balzetti da Siena, del quale gran cose in brieve parole scrivono communemente li nostri Scrittori, e spetialmente quelli del sopramentovato Convento di Lecceto, del quale egli fu figlio, le quali ancor noi quivi compendiosamente registraremo nella brieve epilogo della sua Vita.

Vita et Attioni più eroiche del Beato Bandino Scotti da Siena

20 - [IV, p. 755] Siena dunque Città gloriosa della Vergine, che fu sempre in ogni tempo Madre fecondissima d'Eroi, fu la Patria del nostro Bandino, e se bene egli trasse i suoi felici Natali dall'Illustre Prosapia della Casa Scotti, o Balzetti (che ambi furono sempre, e sono pur anche nobilissime) nulladimeno il buon Giovinetto, poco prezzando la Nobiltà del Sangue e della Carne, e solo desiderando di fare acquisto di quella dell'Anima, che solamente per mezzo delle Virtù s'acquista, e rende vero Nobile chi la possiede, si fece Religioso dell'Ordine nostro; come dunque per fin ch'ei stette nel Secolo, procurò con ogni suo sforzo d'esercitarsi in quelle, così poi, poco doppo ch'egli hebbe preso l'Habito della Religione nel Santissimo Monistero di Lecceto, ch'all'hora chiamavasi di Fultignano, ne radunò nel bell'errario dell'Anima in tanta copia, che nobilissimo sopra d'ogn'altro dell'età sua, ne comparve nel cospetto de gli Huomini, e di Dio.

21 - E perché chi è più de gli altri nelle Virtù, e nella Santità cospicuo ed eccellente, merita d'esser anche sopra de gli altri, come Maestro e Dottore di quelle innalzato, tanto per appunto fecero i Superiori dell'Ordine, li quali havendo molto ben conosciuto le sue rare, e Religiose Virtù sopra quelle di tutti gli altri maravigliosamente, come il Sole fra le Stelle risplendere, doppo che l'hebbero creato di quel sagro Monitero, nell'Anno 1227, Superiore, mai più li vollero dare un Successore fino a quest'Anno, nel quale egli morì, segno chiaro et evidente, quanto egli dovesse essere, e Santo e perfetto in grado eroico et eminente.

22 - Li digiuni, l'astinenze, le discipline, ed altre così fatte austrezze, e mortificationi, furono incredibili; l'oratione perpetua e continua, l'humiltà, l'ubbidienza, la povertà, e l'altre Virtù tutte ritrovaronsi in questo Santo Religioso in tanta perfettione, che recavano maraviglia per infino a gli Angeli del Cielo. Ma fra l'altre fu quasi in eccesso l'osservanza esattissima del Claustrale Silentio, che è una di quelle tre pietre, o basi sodissime, sopra delle quali, come dice S. Ambrogio, piantasi facilmente l'edificio nobile di tutte le Virtù: Silendo patientia, opportunitas loquendi, contemptus divitiarum, maxima sunt virtutum fundamenta.

23 - E se bene di questa, e dell'altre sue tante Virtù, potrebbonsi qui produrre molti esempj, e tutti maravigliosi, per brevità nulladimeno si tralasciano; solo d'uno, quasi incredibile, del suo Silentio esatto, non posso in verun conto tacere. Avvenne dunque, che un tal giorno, in tempo di Silentio, mentre egli se ne stava ritirato nella sua Cella, vidde per sorte un Ladro, il quale, havendo preso per la Capezza l'Asinello del Monistero, via tacitamente lo conduceva. Hor, che farà quivi il buon Priore Bandino? se grida dietro al Ladro, rompe il Silentio, se sta cheto, perde l'Asino; horsù dice egli, osservisi il Silentio, e l'Asino non si perderà; con questa risolutione parte di Cella, e se n'entra nella Chiesa, e quivi genuflesso, tacendo con la lingua del Corpo, e solo sciogliendo quella del Cuore, rappresenta al Signore la sua necessità, con tanto fervore e zelo, che incontanente Iddio esaudisse le sue giuste preghiere, rende immobile, e l'Asino, et il Ladro come due Statue, e passata l'hora [IV, p. 756] del Silentio, perdona al Ladro volontieri il suo fallo, e lo licentia, et il Giumento fa ricondurre nel Monistero.

24 - Alla per fine essendo giunto al tempo nel quale il Signore Iddio voleva premiare il suo B. Servo, per tante sue Virtù e Penitenze, come santamente haveva sempre per un lunghissimo corso d'Anni vissuto, così santamente ancora, in età molto decrepita, morì, non nell'Anno 1388, come senza fondamento scrive il P. Crusenio, ne meno nell'Anno 1391, come vuole il Panfilo, ma più tosto in quest'Anno del 1270, come di commune accordo scrivono tutti li Scrittori dell'Historie del sagro Convento di Lecceto. Il suo Beato Corpo riposa nella Chiesa dello stesoo Monistero, et ha sempre goduto fin dal tempo del suo beato passaggio, come pur tuttavia gode, e goderà in eterno, come in Cielo così in Terra, il glorioso titolo di Beato.

25 - Il Dottissimo Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto, a car. 200 , trattando del Real Convento di S. Agostino maggiore di Napoli, dice, che in quest'Anno Aiglerio Arcivescovo di quella famosa Metropli, insieme con il suo Capitolo, donarono in quest'Anno al Priore, et a' Padri del detto Convento un pezzo di terra contigua alla chiesa loro (ove appunto hora è la picciola chiesa di S. Luca) affinchè in quello vi potessero fare un Cemeterio per sepellirvi i Morti; e soggiunge, che di questa Donatione ne fu formato un publico Istromento Rogato per un tal Nicolò della Campana da Napoli Notaio; così dice, e così scrive il detto Padre, non accenna però di dove s'habbia cavata, od havuta una simile relatione.

26 - All'incontro noi habbiamo veduto e letto un Diploma del citato Arcivescovo Aiglerio, quale fra poco produrremo, in cui, dice, che quando li nostri Padri hebbero il Monistero di S. Vincenzo, hora chiamato di S. Agostino, quale li fu ceduto da alcune Monache, che prima vi stavano, benchè ciò fosse con buona gratia dell'Arcivescovo di quel tempo, e se bene essi li chiesero la comodità, e la licenza di fare un Cemeterio, nulladimeno non solo non l'ottennero, ma di vantaggio volle l'Arcivescovo di quel tempo, che Delfino, o Delfinate chiamavasi, che cedessero totalmente alla detta pretensione d'havere il cemeterio; e così essendo stati senza fino al tempo del mentovato Aiglerio, finalmente il Provinciale della Provincia di Terra di Lavoro, della quale fu sempre capo nobile il sudetto Monistero di Napoli, affidato forsi dalla benignità del detto Arcivescovo, si arrischiò insieme col Priore, e co' Padri del Monistero, di supplicarlo a volerli concedere di formare, in quel sito accennato, il tanto desiderato Cemeterio, atteso che molti divoti chiedevano d'essere sepelliti appresso di quel convento, e non havendo quello il Cemeterio, non potevano questi conseguire l'intento; per la qual cosa, mosso a pietà di que' buoni Padri, quel benigno et amorevole Prelato, li concesse in ogni più ampia forma, insieme con tutto il suo Capitolo, tutto ciò che bramavano; il Diploma poi di questa Concessione fu dato in Napoli non nell'Anno 1271 come scrive l'Erreran ma nell'Anno 1270, a' 24 d'Aprile, e fu scritto, non per mano di Nicolò della Campana, ma ben sì per mano di Stefano di S. Giorgio, Chierico e Notaio della Chiesa Metropolitana; la di cui copia è la seguente:

Ayglerius miseratione Divina Neapolitanus Archiepiscopus.

27 - Licet in bonis actibus misericordiae opera existant praecipua; tamen ea potius retinent, quae circa Religiosas personas, et Religiosa loca uberius exercentur. [IV, p. 757] Hinc est igitur, quod cum Religiosi viri Fratres Ordinis S. Augustini de consensu Venerabilis viri Domini Dalphinatis Neapolitani electi praedecessoris nostri, et Capituli Neapolitani, in Civitate Neapolitana Ecclesiam S. Vincentij, quae olim fuit Monasterium Monialium sine iure Caemeterij fuerint assecuti, in qua habitarent, et Dei cultui deseruirent perpetuo, in eadem, nec liceret eis hucusque uti praedicti loci Caemeterio, etiam propria sponsione, a quodam Fratre Tomasio Priore Provinciali eorum pro parte Ordinis tempore praedictae concessionis exacta. Nos attendentes nunc, quod praedicti Fratres propter Religosae Conversationis fructum sunt amplius honorandi permittimus cum consensu et consilio Capituli nostri Neapolitani Fratri N. Priori dicti loci, et Fratribus praedictis, in praedicto suo loco Neapolitano morantibus, et eorum successoribus nomine Ordinis S. Augustini in perpetuum, ut non obstante exceptione praedicti Caemeterij tempore eiusdem concessionis, per predictum praedecessorem, et Capitulum nostrum facta, et praedicta promissione eorum ijsdem exhibita, et sine eorum conniventia nequaquam Caemeterio uterentur, a modo valeant libere, et legitime uti Caemeterio in loco praedicto, salva Ecclesiarum, a quibus defunctorum corpora assumuntur, canonica portione. Ut autem praesens Indulgentia nostra robur obtineat firmitatis praesens Privilegium ijsdem Fratribus nomine Ordinis supradicti, per manus Stephani de Sancto Gregorio Clerici, et publici Ecclesiae Neapolitanae Notarij scribi fecimus suo signo signatum, sigillo nostro munitum, subscriptionibus, nostrae, et praedicti nostri Neapolitani Capituli roboratum. Actum Neapoli Anno Natitatis Dominicae millesimo ducentesimo septuagesimo, die Iovis vigesimo quarto Mensis Aprilis tertiae decimae Indictionis. Et ego Stephanus de S. Gregorio, Clericus, et publicus Ecclesiae Neapolitanae Notarius praedictis rogatus interfui, et de mandato praedictorum Dominorum Archiepiscopi, et Capituli praesens exinde scriptum, scripsi, et nostro consueto signo signavi.

Ego Ayglerius Neapolit. Archiepiscopus subscripsi.

Ego Riccardus Ecclesiae Neapolit. Archiprimicerius. Archiprimicerius suscripsi.

Ego Simon Ecclesiae Neapol. Archipresb. Can. subscripsi.

Ego Simon Ecclesiae Neapol. Archipresb. Can. Subscripsi.

Ego Simon Ecclesiae Neapol. Presb. Can. Subscripsi.

Ego Petrus Cimlliarcha subscripsi.

Ego Lucas Ecclesiae Neapol. Diac. Subscripsi.

Ego Ioannes Ecclesiae Neapol. Diac. Subsripsi.

Ego Petrus Ecclesiae Neapol. Diac. Subcripsi.

Ego Bartholomaeus Ecclesiae Neapol. Diac. Subscripsi.

Ego Thomas Subdiac. Subscripsi.

Ego Thomas Ecclesiae Neapol. Diac. Subscripsi.

Ego Bartholomaeus Ecclesiae Neap. Diac. Subscripsi

Ego Petrus Subdiac. Subcripti.

Ego Presb. Bartholomaeus Subdiac. Subscripsi.

Ego Rogerius Subdiac. Subscripsi.

Ego Presb. Sassus Subdiac. Subscripsi.

Ego Presb. Ioannes Subdiacon. Subscripsi.

Ego Presb. Petrus Subdiac. Subscripsi.

Ego Benvenutus Subdiac. Subscripsi.

Ego Petrus Subdiac. Subscripsi.

Ego Landulphus Subdiac. Subscripsi.

Ego Iacobus Subdiac. Subscripsi.

Ego Bartholomaeus Subdiacon. Subcripsi.

Ego Marcus Presbyter Subdiacon. Subscripsi.

Ego Ioannes Subdiac. Subsripsi.

Ego Landulphus subdiac. Subscripsi.

Ego Thomas Subdiac. Subcripsi.

28 - [IV, p. 758] Scrive il nostro F. Gioseffo Panfilo Veronese, Vescovo che fu di Segni, che in quest'Anno medesimo per quanto riferisce Gasparo Bruschio nel primo Tomo de' Vescovi della Germania, che ne dica il Crusenio, che dice esser ciò successo nell'Anno seguente del 1271, fu fondato il nostro già nobilissimo Convento di Argentina; il fondatore fu (come anco di commune accordo asseriscono Claudio, Roberto, Pietro Meiero, Cratepolio, Francesco Guillimano nel catalogo, che fanno tutti e tre de' Vescovi di Argentina) Arrigo Bario Vescovo di quella famosa città; questi dunque dice il Guillimano, come era grand'amatore e fautore d'Huomini dotti e di santa vita, trasse volentieri dentro della città li nostri PP. Agostiniani, li quali forse erano stati, per lungo tempo ne' contorni di quella e spetialmente ciò sappiamo, perché S. Abrogasto, S. Florentio, che furono poi Vescovi d'Argentina, con altri molti Eremiti, abitavano in un monastero di quella Diocesi, come nel suo tempo ampiamente scrivessimo et i Frati forse di questo Monistero, o d'altro simile di quel contorno, furono quelli, che trasse il detto Vescovo dentro della città in quest'Anno e con la sua gran liberalità, dice lo storico, grandemente li agiutò e li favorì. Quanto poi s'aumentasse e si rendesse illustre questo nobile Monistero nell'Ordine, lo vedremo ne' suoi propri luoghi, per l'avvenire; solo per ora notiamo, che questo Monistero fu incomparabilmente illustrato dal gran Tomaso d'Argentina, Dottore insigne di prima classe e fu generale dell'Ordine, per lo spatio di 12 anni.

29 - Riconosce altresì la sua Fondazione da quest'Anno, un illustre Monistero della Provincia d'Aragona in Ispagna, situato nel Regno di Valenza, nella nobil terra d'Alzira, promotore di questa fondatione fu un certo F. Raimondo Priore in questo tempo del convento dell'Acquevive nello stesso Regno di Valenza, e Provincia d'Aragona; fu dotato et arricchito coi molti beni stabili dal Santo Re D. Giacomo d'Aragona, detto il Debellatore, il quale, come a suo luogo vedessimo, ci aveva anco fondato e dotato, non solo quello di sopra accennato dell'Acquevive, ma anche quello di Valenza. Scrive il dotto Errera, che questo glorioso Re ebbe grand'affezzione a questo Monistero e non contento d'averlo fatto fabbricare con magnificenza veramente Reale, e dotato di grosse rendite, li fece poi anche altre grazie singolari per fino che egli visse, delle quali in qualche parte ancor noi faremo a suo tempo memoria.

30 - Scrive altresì il P. Errera nel tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a car. 32 che in quest'Anno medesimo fu consagrata la chiesa del nostro Monistero della Città di Lovanio nella provincia di Fiandra, da un tal Vescovo Otoricense, chiamato Pietro; e questa Consagratione fu fatta con ogni solenne pompa nel giorno festivo dell'Assontione della B.Vergine al Cielo. Di questo Monistero, e della di lui origine, e fondatione ne trattassimo a bastanza sotto l'Anno 1236, solo qui aggiungiamo, che nella Chiesa di questo Convento si conserva un'Ostia miracolosa, quale vi portò un famoso Figlio di quello, chiamato F. Giovanni Geest, il quale era confessore dell'Arcivescovo di Colonia; di questo poi, e d'alcuni altri soggetti di molta fama, li quali in varj tempi hanno illustrata questa gran casa, ne parleremo a Dio piacendo, ne' loro proprj tempi e luoghi.