Tomo IV

ANNO 1273

Anni di Christo 1273- della Religione 887

1 - [IV, p. 773] Habbiamo in quest'Anno, per quanto spetta alle cose del Mondo, e della Chiesa, grandissimi accidenti occorsi. Primieramente Gregorio X, vedendo, che li Principi della Germania, Elettori dell'Imperio, non si sapevano risolvere d'eleggere l'Imperatore, con maschia risolutione, li fece egli intendere, che se ben tosto non havessero fatta la detta Elettione, n'haverebbe egli creato uno con la sua sovrana autorità. La qual cosa intesa da' sudetti Elettori, elessero subito Ottacaro Re di Boemia, il quale non volle accettare quella gran Dignità, con dire, che egli era più grande, e più potente del Romano Imperatore, la qual sciocchezza intesa da que' Principi, convenendo di nuovo insieme, elessero finalmente Rodolfo Conte d'Auspurgh, il quale era stato Maggiordomo del suddetto Re Ottacaro; e fu il primo della Serenissima Casa d'Austria, che conseguisse l'Imperio.

2 - In questo medesimo Anno morirono tre gran Re Christiani, cioè a dire, Stefano Re d'Ungheria, a cui successe Ladislao; Arrigo Re d'Inghilterra, a cui successe Odoardo suo figlio; e finalmente Aitone Re dell'Armenia, Principe Christianissimo, il quale, doppo havere per lungo tempo regnato, e sempre Guerreggiato contro de' Tartari, de' Persiani, e del Califa di Babilonia, e del Soldano d'Egitto e riportate in cinque generali Battaglie, altrettante gloriose Vittorie, alla perfine satio delle cose del mondo, rinunciato il Regno, e passatosene in quello di Cipro, divenne Canonico Regolare Premonstratense, e finalmente in quest'Anno, con una santa Morte, impose glorioso fine alla sua esemplarissima Vita.

3 - Ma torniamo al Pontefice Gregorio, il quale in quest'Anno medesimo si partì dall'Italia, e se ne passò in Lione di Francia, ove fu con grand'honore, e solennissima pompa incontrato, e ricevuto dal Re Filippo; e poco doppo il di lui arrivo in quella gran Città, intimò a tutto il Christianesimo un Concilio generale, da doversi celebrare nella suddetta Città di Lione, nell'Anno seguente del 1274 nel quale voleva seriamente trattare di riunire le due Chiese, Greca, e Latina. Fece altresì in quest'Anno Cardinale il Glorioso Dottore S. Bonaventura, come scrive, e prova il P. Lungo Capuccino nel suo Breviario Cronologico, et anche il P. Vadingo sotto di quest'Anno alli numeri 10 et 11, e se bene alcuni vogliono, che questo fosse il primo Cardinale, che havesse l'Ordine Serafico, nondimeno il detto Padre Luca Vadingo, dice nell'accennato numero 11 che il primo fu Vicedomino de' Vicedomini, Nipote dello stesso Gregorio Sommo Pontefice.

4 - In quest'Anno pure havendo inteso lo stesso Pontefice, e ricevute altresì infiniti Memoriali ripieni di mille querele, e doglianze da tutti li Prelati, e da tutti li Superiori delle Chiese, e de' Conventi, e Monisterj del Regno di Portogallo, contro il Re Alfonso Terzo, per i grandi aggravj, e per le grandi oppressioni con le quali angariava, e tiraneggiava tutti gli Ecclesiastici di quel suo Regno, tanto Secolari, quanto Regolari di tutti gli Ordini, sdegnato al maggior segno, doppo haverlo ammonito a volere desistere da così gran malvagità, né desistendo quegli, spedì due Bolle, una appresso all'altra, al Priore de' Predicatori, et al Custode, o Guardiano de' Frati Minori di Lisbona, l'una data in Orvieto, prima di partire per la Francia a' 28 di Maggio, e l'altra pure in Orvieto a' 2 di Giugno [IV, p. 774] nella prima delle quali li manda un'altra sua Bolla da presentarsi da essi al detto Re, di nuova ammonitione, ordinando a' detti Padri, che se quella havesse prodotto qualche effetto buono nell'animo del detto Re, dovessero essi sospendere per sette Mesi l'Interdetto posto da tutt'i Prelati in quel Regno, e se no, facessero di nuovo proseguire il detto Interdetto, etc. Queste due Bolle poi sono registrate dal Vadingo nel Regesto del Tomo 2 de' suoi Annali de' Minori a car. 116 la copia delle quali è la seguente:

Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

5 - Dilectis Filijs, Priori Praedicatorum, Custodi, et Guardiano Minorum Fratrum Vlixbonen. Cum Charissimus in Christo filius noster Rex Portugalliae Illustris, Venerabiles Fratres nostros Episcopos, et alios Prelatos, Capitula, Conventus Clericos, et Ecclesias, et Populum Regni Portugalliae gravibus, sicut accepimus, afficiat iniurijs, et praessuris, nosque sibi super hoc sub certa forma nostras Litteras dirigimus, discretioni vestrae, de qua plenam in Domino fiduciam obtinemus, in virtute obedentiae districte praecipiendo, mandamus, quatenus praedictas Literas nostras eidem Regi fideliter praesentetis, ac responsum ipsius Regis, et quicquid super his duxerit faciendum, nec non locum, et diem in quibus, et coram quibus personis Literas praedictas Regi praesentabitis memorato, per vestras patentes Literas harum, et praedictarum Litterarum directarum eidem Regi seriem continentes, nobis intimare curetis. Non obstante, etc.. Quod si non omnes, etc. Dat. Apud Urbemveterem 5 Kal. Iunij, Anno 2. La copia della seconda Bolla, diretta a' medesimi come sopra, è questa, che siegue:

Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

6 - Dilectis filijs, etc. Volumus et praesentium vobis auctoritate mandamus, quatenus ad Charissimum in Christo Filium Illustrem Regem Portugalliae accedentes, ipsum ut desuper ijs, quae in nostris Literis sibi directis, et articulis, a Praelatis Regni Portugalliae coram Nobis propositis, et per vos sibi praesentandis continentur, ex parte nostra moneatis, et efficaciter inducatis, et si ad illorum correctionem voluntarium se obtulerit, vel ex ipsius responsione, et alijs circumstantijs apparuerit, quod praemisa velit corrigere, interdictum in eodem Regno ab eisdem Praelatis positum usque ad septem Menses a receptione praesentium computandos suspendere procuretis. Ita tamen quod solemnes Nuntij dicti Regis, cum sufficienti mandato, infra quatuor Menses, a tempore suspensionis Interdicti huiusmodi computandos, iter arripiant ad nostram praesentiam veniendi. Caeterum si dictus Rex iuxta mandatum nostrum corrigere praedicta contempserit; praedictum Regnum ipso iure post praedictos septem Menses in Interdictum pristinum redigatur. Non obstante Indulgentia Sedis Apostolicae, qua Fratribus vestrorum Ordinum dicitur esse concessum, ut de causis, seu negotijs, quae ipsis a Sede committuntur eadem, inviti se intromittere minime teneantur per litteras Apostolicas, quae de Indulto huiusmodi expressam non fecerint mentionem. Quod si non omnes, etc. Datum apud Urbemventerem 4 nonas Iunij, Anno 2.

7 - Ma passiamo hoggimai alle cose, che più precisamente spettano alle nostre Historie primieramente dunque costa, che certi Religiosi Eremiti, come mi credo, che habitavano in una Chiesa vicina alle mura di Modona, sotto il titolo di S. Domnino, essendo [IV, p. 775] senza Regola, e senza Titolo, supplicarono il Vescovo della Città, che all'hora chiamavasi Matteo, che volesse degnarsi di darli qualche Titolo, e sottoporli a qualche Regola, et anche Ordine approvato dalla Chiesa, e li concedesse, che nella loro Chiesa potessero sepellire Secolari, o chiunque volesse essere in quella sepellito, et ancora Predicare, o far Predicare nella sudetta Chiesa, con la licenza però del Vescovo di Modona, che li concedesse altresì qualche tesoro Spirituale d'Indulgenze, affinchè fosse la loro Chiesa maggiormente frequentata; alle quali giuste, e divote istanze, volendo sodisfare il sudetto Vescovo, li fece in quest'Anno a' 17 di Aprile, un'ampio Privilegio, nel quale li concede quanto addimandato gli havevano, ed è per appunto questo, che siegue:

Matthaeus miseratione Divina Mutinensis Episcopus

8 - Dilectis in Christo filijs, Fratri Vetulo Priori, et Fratribus S. Domnini super circlam Civitatis Mutinensis, salutem, et orationem in Domino fructuosam. Requirit, et debitum Pastoralis officij, et sollicitudo Pontificalis etiam Dignitatis ad ea diligenter intendere praecamina subditorum, quae quidem aequitati consona fore videtur, et eos in salutis proposito faciant promptiores, exhibita siquidem nobis vestra petitio continebat, quod cum prae multitudine eorum, qui his temporibus diversos variosque Religionis Habitus assumpserunt, qui Apostoli seu Fratres Apostolorum vocantur, si nomen illud, seu denominatio illa, in confusionem deducta, cum temerarium sit talibus huiusmodi nomen Apostolicum usurpari, praedictis denominatione, et nomine derelictis vobis alicuius Sancti vocabulum, a quo tam vos, quam vester locus, et Ecclesia denominemini, sub Ordine, et Regula B. Augustini concedere dignaremur. Nos vero vestris devotis supplicationibus annuentes, vestro etiam adveniente consensu vocabulum B. Domnini vobis concedimus, atque damus insinuatione praesentis paginae decernentes, ut vos vesterque locus, et Ecclesia, Prior, Fratres, Locus, et Ecclesia de Sancto Domnino debeatis de caetero nuncupari. Cupientes etiam, quod dictus locus, qui nostris temporibus, ex nostra concessione sumpsit exordium in posterum augmentetur vobis, et ipso loco morientium concedimus Sepulturas. Ita videlicet quod deinceps fidelium corpora, qui penes ipsum locum Sepulturam duxerint eligendam, salvo iure debito cuiuscumque personae recipere valeatis. Praeterea vobis vestrisque successoribus singulisque vestris Fratribus concedimus de gratia speciali, ut vobis vestrisque Successoribus liceat apud vestam, vel maiorem Mutinensem Ecclesiam, seu alium locum, penes quem potius videritis expedire campanae sonu, vel voce praeconis Congregationem Populi convocare, et convenientibus annunciare, vel annunciari facere Verbum Dei. Nos vero de Omnipotentis Dei misericordia, et meritis gloriosae Mariae Virginis, necnon gloriosi Geminiani Confessoris, et Episcopi patrocinio confidentes, omnibus vere paenitentibus, et Confessis, qui in Festo B. Domnini Martiris, vel infra eius octavam Ecclesiae vestrae vocabulum, ad ipsam Ecclesiam devote convenerint, ac etiam qui in 5 Feria ad vestram, vel maiorem Ecclesiam Mutinensem, seu alium locum penes quem convocationem feceritis memoratam humiliter accesserint de suis bonis, vobis, et aedificationis ipsius Ecclesiae erogantes subsidia charitatis unum Annum, et quadraginta dies de iniuncta sibi paenitentia misericorditer in Domino relaxamus. Datum apud Castrum Francum, 15 Kalen. Maij 1273 Indictione prima.

9 - [IV, p. 776] Da questo Privilegio si cava con evidenza, che questi Religiosi, se bene non havevano Regola particolare approvata, havevano però alcune loro Costitutioni non approvate, secondo le quali Collegialmente vivevano sotto d'un Superiore, altrimente non haverebbero potuto in quella guisa stare sotto l'obbedienza di quello. Ma, perché in questi tempi erano usciti fuori molte Religioni nuove, le quali havevano preso varie, e diverse denominationi, e non erano state dalla S. Sede approvate, laonde s'andava dicendo, che dovevano ben presto essere abolite nel Concilio; il che poi avvenne per l'appunto, come vedremo nell'Anno seguente; quindi per avventura, temendo questa tempesta li suddetti Frati di S. Donnino, saggiamente procurarono di prendere la nostra Regola, ed anche d'appoggiarsi all'Ordine nostro, che però il Vescovo non solo dice nella Patente di soggettarli alla Regola, ma ancor all'Ordine: sub Ordine, et Regula B. Augustini; et in questa guisa, con questo scudo protetti, vennero poi a scansare la sua rovina, che sarebbe senz'altro successa nel Concilio di Lione. Come poi di questo Monistero fosse eletto in progresso di tempo, verso l'Anno del Signore 1292, o per meglio dire nominato Priore per compromesso, un F. Lorenzo Pizzigotti da Bologna dell'Ordine nostro Eremitano di S. Agostino, e questo indi a poco, con il consenso commune, e del Vescovo, e de' Frati suddetti di S. Donnino, incorporasse il detto Monistero a quello di S. Agostino della stessa Città, ci riserbiamo a dirlo in quell'Anno, nel quale appunto questa Incorporatione si fece.

10 - Successe in quest'anno quel stupendo miracolo del Santissimo Sacramento nella Città di Lanciano nella provincia d'Abruzzo, nel quale, perché v'hebbe gran parte un buon Servo di Dio dell'Ordine nostro, e perché ancor l'Ostia miracolosa si ritrova nella nostra chiesa d'Offida, per tanto ci par bene di raccontare puntualmente la cosa come passò. Nella suddetta Città di Lanciano in questo tempo appunto vivevano due Accasati di bassa conditione insieme in un'istessa casa, ma l'anime erano molto d'amore, e d'affetto maritale disgiunte, perochè il marito, che Giacomo si chiamava, o fosse per l'austerezza della sua poco meno, che barbara natura, o pure, perchè veramente moglie, che Ricciarella nomavasi gli fosse a tedio venuta, continuamente la strapazzava, la vilipendeva, l'aborriva, la batteva, né mai parola gli diceva, che aspra, e dura non fosse, laonde la misera, che per altro, ardentemente l'amava, menava una vita cotanto infelice, che stava con continui pensieri di presta disperatione; e se bene usò, e, si servì d'ogni arte più affettuosa, che li seppe somministrare, e suggerire lo sviscerato amore, che li portava, et il desiderio ancora, che haveva di modificare quel cuore adamantino, nulla però mai ottenne, anzi ogni giorno viè più fiero, e crudele diveniva. Hor ciò vedendo la sfortunata donna, non potendo havere più patienza, istigata fieramente dal Demonio, si risolse di gire a ritrovare una scelerata incantatrice di professione Giudea, affinchè con le pessime, e diaboliche arti sue, li sommistraasse qualche opportuno rimedio al suo gran male: inteso il travaglio di Ricciarella, quella femina rea, con molte parole soavi, e dolci, prima la consolò, e poscia li disse, che se si ritrovava pronta di fare quel tanto, ch'ella detto, ed insegnato gli haverebbe, si sarebbe senz'alcun dubbio, mutato l'animo fiero, e crudele di suo marito, in amoroso, e piacevole; e la dove per lo passato l'haveva come nemica trattata, per l'avvenire l'haverebbe come cara, e diletta consorte teneramente amata: al tuono di queste dolci [IV, p. 777] offerte, promise subitamente Ricciarella di essere prontissima a fare quanto ella fosse per dirli. Hor vanne dunque, disse l'empia megera, alla chiesa, mostra di volerti communicare, conservava l'Ostia, portala a casa, abbruciala, e della polvere di quella, danne, o nel vino, o nel brodo, o in altra maniera, a bere a tuo marito, e vedraie meraviglie: oh empia, e scelerata consigliera! oh sacrilegio horrendo, che suggerisci a questa povera dissennata Donzella?

11 - Appena hebbe inteso il malvagio consiglio di quella furia infernale, l'adolorata Ricciarella, che subito partitasi, s'avviò alla volta della Chiesa del nostro P. S. Agostino di quella Città, et ivi giunta, fattosi chiamare un padre confessore, finse di di volersi confessare; ed in effetto dette alcune bagatelle, chiese la Sagra Communione, la quale essendoli ben tosto data dal sacerdote, non così presto l'hebbe ella in bocca ricevuta, che con la sua sacrilega mano, fuori la trasse, e la nascose in guisa, che niuno se n'accorse. Indì a poco partita, se ne torna velocemente a Casa, e posta una tegola in ben'acceso fuoco, la fece bene infuocare, indi trattala fuori, vi gettò dentro l'Ostia sagratissima per ridurle nella desiderata polvere, e darla poi al marito: ma ecco, oh miracolo stupendissimo! non così tosto toccò quel venerabilissimo sacramento l'infuocato Imbrice, o Tegola, quando subitamente una parte di quella in carne si tramutò, restando l'altra sotto li primieri accidenti di Pane, e nello stesso tempo cominciò a scaturire da quell'Ostia sagra in tanta copia il sangue, che subito ne ricoperse tutta la Tegola. Atterrita di così stupendo prodigio la sacrilega Ricciarella, non sapeva, che si fare, perchè dall'un de' lati la spaventava la giustitia di Dio, che tanto offeso, ed oltraggiato haveva; dall'altro canto, non meno timore haveva della giustitia del mondo, dalla quale sapeva di certo, che se si fosse scoperto il suo nefando Sacrilegio, n'haverebbe ricevuto il condegno castigo; procurò dunque, e con cenere, e polvere, d'asciugare quel sangue, che così copioso scaturiva dal sagro Corpo del Redentore, per lavare forsi di nuovo le macchie delle colpe horrende di colei, ma in vano vedendo riuscire ogni sua diligenza, perchè il Sangue sempre più scaturiva, pensò con un'altra empietà più grande di ricoprire questa prima.

12 - Prende dunque la meschina una tovaglia, o sciugatoio rosso e turchino, e con quello involge la tegola con ciò, che dentro v'era, cioè, l'Ostia, Carne, e Sangue, et ogni cosa porta a sepellire nella più sozza, e laida parte della stalla, ove il marito teneva un suo asino, o mulo, col quale si procacciava il vitto; ed oh gran patienza del clementissimo Iddio! Non isdegnò l'humilissimo Signore, ed insieme pietosissimo, per confondere la nostra incomparabile alterigia, di lasciarsi da una femina rea sepellire in una stalla, come anco isdegnato non s'era un'altra volta di nascere pure in una stalla, con questa differenza però che l'amor suo Divino lo fece in una stalla nascere, e quivi la malitia, e perfidia di quella donna, l'haveva in una stalla sepolto; ma sì come volle in una stalla nascere, per ritornare nella sua prima forma d'huomini li peccatori, quali per lo peccato erano divenuti tante bestie, conforme l'oracolo del Regio Vate: Homo, cum in honore esset non intellexit, comparatus est, Iumentis insipientibus, et similis factus est illis, così quivi permise d'essere in una stalla sepellito, per poter poi, a suo tempo dalla stalla del vitio, cavare tanti, e tanti peccatori, quanti, é nella sua inventione, e scoprimento, e doppo fino a' nostri giorni alla sola vista di quell'Ostia miracolosa, sono stati dalle stalle infernali disotterrati. Come poi quel Sagratissimo Sacramento [IV, p. 778] stasse in quel sozzo luogo indegnamente nascosto lo spatio di 7 anni intieri; come la femina pentita si confessasse da un Religioso nostro d'Offida priore del convento di Lanciano, il fatto li scoprisse, e quello, cavato dal luogo indegno quel pretioso tesoro, alla sua Partria lo portasse, con tutti gli altri accidenti, gravissimi, e miracolosissimi, che in quel tempo, e doppo successero, lo diremo con ogni esattezza nell'anno 1280 nel quale tutte queste cose occorsero.

13 - Da questo racconto ne caviamo, che in questo tempo il Convento di Lanciano, era già fondato fors'anche d'un pezzo prima, benchè non si possi assegnare, il suo primo principio, per l'incuria de' nostri antichi; ben'é vero però, che in questo tempo soggiaceva alla Provincia della Puglia, la quale poi si divise, e d'una Provincia se ne fecero due, cioè quella della Puglia già vecchia, e dell'Abruzzo, sotto della quale rimase Lanciano; fecesi questa divisione sotto il Generalato dell'acutissimo dottore, e maestro Gregorio Ariminense, come a suo tempo ampiamente dimostraremo.

14 - Se bene io mi persuado, che questo Convento di Lanciano habbia prodotti alla Religione molti uomini illustri, e degni di memoria, per esser egli molto antico, nulladimeno, perchè non ne ritroviamo la memoria appresso d'alcun autore, né meno noi ne potiamo fare alcuna mentione, solo ben sì ci giova di dire, che nella Chiesa vi si conservano, con molta veneratione, molte Sante Reliquie, fra le quali, le più principali sono, un Braccio d'uno de' Sant'Innocenti; una Mola di S. Apolonia Vergine e Martire; tre Spine della Corona di Christo nostro Salvatore; il Capo et un Braccio di S. Simone Apostolo, et la Croce di S. Guida Tadeo, le quali due ultime reliquie, come scrive l'Ughelli nel Tomo 6 della sua Italia Sagra alla col. 979 e 980 in Ecclesia Ansanensi, seu Lancianensi, furono levate furtivamente dalla Chiesa di S. Simone Apostolo di Venetia, da un certo prete chiamato Giacomo di Clemente, e furono portate da esso a Lanciano, e donate alla sudetta nostra Chiesa, e ciò successe nell'anno di Christo 1434. Io però stimo, che il P. Ughelli s'ingannasse nel dire, che anche la Croce di S. Tadeo fosse portata dal detto prete da Venetia, a Lanciano, imperochè nella Lettera Ducale, che scrisse nello stesso anno al vescovo di Città di Chieti, Francesco Foscari Doge di Venetia, per ricuperare le involate Reliquie, non nomina, né fa mentione, salvo, che del Capo, e del Braccio di S. Simone. Questa Lettera la produce il suddetto Ughelli nell'accennato luogo, e noi altresì la produrremo a Dio piacendo, nel detto anno 1434. Avvertiamo parimente, che il P. Errera s'ingannò anch'egli nel Tomo 2 del suo alfabeto Agostiniano, mentre a car. 35 trattando di questo questo Monistero, e delle sudette Reliquie, dice, che furono trasportate tutte dall'Altar maggiore dentro la grata ferrata di S. Simone, l'anno del 1372 e fra queste vi conta il Capo, et il Braccio di S. Simone; il che non puol'essere, perchè come habbiamo detto di sopra, queste due Reliquie non furono portate in questa chiesa, fuori che nell'anno mentovato 1434, sì che la traslatione della quale parla il P. Errera, fu dell'altre reliquie di sopra nominate, e non di queste ultime.

15 - Attendevano intanto li nostri Padri di Trento con buona scorta, e vigilanza del loro Priore F. Antonio da Padova, a proseguire la Fabbrica della nuova Chiesa, e Convento, già incominciata, ma perché havevano bisogno di maggior sito, per compire più perfettamente la detta Fabbrica, per tanto, mossi a pietà de' modemi Religiosi due divoti Cittadini di quella nobilissima Patria, l'uno de' quali [IV, p. 779] Danielle Ghistoldo chiamavasi, e l'altro Pietro Seiano, benignamente donarono a' sopramentovati Padri, Priore, e Convento, et a tutta la Religione, due loro Case contigue, acciò potessero maggiormente allargarsi nella Fabbrica della Chiesa, massime, come costa per due publici Istromenti, entrambi rogati in quest'Anno nel giorno primo di Febraio, per Varino de Dono Notaio.

16 - Havendo poi indi a tre giorni gl'istessi Padri humilmente supplicato il Vescovo a voler gettare la prima Pietra nelle Fondamenta della nuova Chiesa, che stavano per ergere, egli, che vecchio era, e molto cagionevole di sua persona, concesse facoltà a F. Bonaventura Provinciale della Provincia della Marca Trivigiana dell'Ordine nostro, che ivi si trovava, affinchè gettare dovesse in sua vece la suddetta prima Pietra nelle Fondamenta dell'accennata Chiesa; in conformità della quale licenza, il detto Provinciale alli 4 dello stesso Mese di Febraio, con solenne pompa fece il motivato getto della prima Pietra con le solite cerimonie, il che tutto chiaramente costa per un brieve Istromento fatto a nome del mentovato Vescovo da Facheo Notaio del Sagro Palazzo, nel quale concesse altresì il Vescovo un'Anno d'Indulgenza a chiunque veramente pentito, intervenuto fosse a quella sagra funtione; la copia del detto Istromento è la seguente:

17 - Anno Domini, millesimo ducentesimo septuagesimo tertio, Indictione prima, die Sabbati 4 intrante Februario. In Bozzano in Palatio Episcopatus in P. S. Petri de Seiano praesentia de Castro Tridentino Federici Spigricoris, et Ioannis de Boc, et aliorum, etc. Ibique Dominus E. Dei Gratia Episcopus Tridentinus, primarium lapidem ponendum in locum ad honorem Dei, ac Beati Marci Evangelistae incaeptum situm in Civitate Tridentina in ora portae de Aquila, ante Domum Magistri D. Pizoli per Ordinem Fratrum Eremitarum Sancti Augustini, et quia magna debilitate suae Personae ad ipsum locum accedere non valet occasione dicti lapidis ponendi ibidem prout moris est, comisit discreto Viro Religioso Fratri Bonaventurae Provinciali Priori Fratrum Eremitarum Ordinis S. Augustini in Marchia Tarvisina. Et praelibatus Dominus Episcopus omnibus de misericordia Omnipotentis Dei, et B. Mariae Virginis, ac Beati Vigilij Matyris omnibus accedentibus ad dictum locum in die positionis dicti primarij lapidis, vere poenitentibus, et confessis, concedit Indulgentiam unius Anni. Ego Zacheus Sacri Paltij Notarius huic interfui, et scripsi.

18 - Così fu ad honore di Dio, e del Glorioso Evangelista S. Marco, eretta col Monistero la Chiesa, che indi poi a 90 Anni, cioè del 1363 a' 14 di Novembre essendo stata ristorata, od ingrandita, fu da F. Agostino Vescovo Salobricense Agostiniano nostro, e Suffraganeo del Vescovo di Trento, consagrata. Si che dunque, fra gli altri Huomini Illustri, che sempre in ogni tempo ha partoriti alla Religione questa nobil Casa, sono stati li due Vescovi Suffraganei, Michele et Agostino; et un altro Vescovo altresì Bolonense, o Bosanense, chiamato Bonifaccio, fiorì verso il 1285 che fu anch'egli Suffraganeo di Trento. Illustrò pure mirabilmente questo Monistero Maestro Nicola Scudellio con la sua rara Dottrina e Sapere, verso il 1540 et hora attualmente fiorisce Maestro Matthias Pardo dalla Casta di natione Spagnuolo Aragonese, ma figlio del detto Convento, il quale pubblicamente legge con sua gran lode, e decoro dell'Habito, la Metafisica nella primaria Catedra dell'Università di Pavia, ove pur è Teologo di quel nobilissimo Collegio; [IV, p. 780] di questi Soggetti ci riserbiamo di favellare, e di scrivere più di proposito, e con maggior esattezza ne' tempi precisi ne' quali essi illustrarono la Religione, et il loro Monistero.

19 - Habbiamo altresì in quest'Anno per lo meno fondati due nobili Conventi nell'Inghilterra, cioè dire quello d'Ossonia, e quello di Liteleio, o Lietoluogo. Fondatore del primo fu, allo scrivere di Gio. Speed nel suo Cattalogo de' Monisteri dell'Inghilterra, Arrigo Terzo Re di quel Regno, il quale appunto, come scrive l'Errera, regnò dall'Anno 1217 fino al 1273. Divenne poi questo un nobilissimo ridotto de' più bell'ingegni dell'Ordine, li quali da tutte le parti del Mondo andavano a studiare in quella dottissima Università, prima, che l'empio Arrigo Ottavo, affascinato da scelerati Amori d'Anna Bolena, abbandonato Iddio, e la sua vera Fede, distruggesse tutt'i Monisteri dell'Anglia, e ne cacciasse tutti li Sacerdoti e Religiosi; lo pone veramente l'Errera nell'ultimo Anno del suddetto Arrigo Terzo, ma forse fu da esso fondato nel primo, o poco doppo.

20 - L'altro parimente di Litteleio, o Lietoluogo, fu pure fondato, a senso dello stesso Autore suddetto, nel medesimo Cattalogo, dal Re predetto Arrigo Terzo, e da un tal Pietro dalle Rupi vicino alla Città di Soutamptonia sotto il Titolo di Santa Maria, e di S. Odoardo; questo poi anch'egli, insieme con tutti gli altri, rimase di fatto nel tempo dell'Apostasia del sopraindicato Re Arrigo Ottavo.

21 - Il P. F.Girolamo Romano nella Centuria 9 delle sue Storie Agostiniane, scrive, che in quest'Anno hebbe principio il devoto Convento di Casarubbia nella Provincia di Castiglia, per quanto si cava da un un'Istromento antico, che nell'Archivio di quello si conserva, e che li suoi Fondatori furono Diego Gomez, figlio, che fu di Gomezio Perez, Alcade maggiore della Città di Toledo, insieme con Donna Agnese d'Aiala; aggiunge però, che dove il notaro scrisse Fondatione, errò, dovendo dire Dotatione, perochè nell'Istromento suddetto si fa mentione di D. Varco Arcivescovo di Toledo, il quale fiorì al tempo di Pietro Re di Castiglia; fu dunque questa Dotatione, e non Fondatione, perochè alcun tempo pima alcuni nostri Religiosi, col favore c'hebbero dalla Chiesa Matrice, fondarono il Convento in quella Terra. Dice in questo luogo l'Errera, che non può egli dare il suo giudicio, avvegnachè il sudetto Istromento del quale parla il Padre Romano, più non si ritrova, communque sia, questo Convento è per lo meno antico di quest'Anno, e nella Chiesa v'è una bellissima, e divotissima immagine della Beatissima Vergine, che ha fatto grandissimi Miracoli e Gratie, a pro de' suoi Fedeli, e tutta via non cessa di farne, a chi divoto ricorre al suo Celeste agiuto.