TOMO V - ANNO 1287

Anni di Christo 1287– della Religione 901

1 – [V, p. 64] De gran sceleraggini in quest’Anno comisero li scelerati, e sempre perfidi Ebrei, l’una in Vuefalia di Treveri vicino al Reno, e l’altra in Praga nobilissima Metropoli della Boemia. La prima dunque fu, che havendo con varie lusinghe tirato in casa loro alcuni Ebrei, un Fanciullo innocente, e di santissimi costumi, per nome Vuernero, il quale anche soleva farli qualche servigio, serrate le Porte lo presero, e postosi per forza in bocca una gran palla di piombo, affinchè non potesse gridare, cominciarono con aghi, e coltelli a tormentarlo per rinuovare in esso la Passione, che già diedero li suoi antichi Padri al Salvatore, gli apersero tutte le vene, ed insomma ne fecero un'orrenda carneficina; accortasi di questa gran barbarie una loro Fante di Casa, che Christiana era, andò subito ad avisare il crudele misfatto, al Giudice, il quale volando in quella Casa, trovò essere più che vero ciò che la Donna detto gli haveva, ma fu assalito dalli malvagi Assassini con tanta copia d’Oro, che non ostante, che il povero Fanciullo si raccomandasse alla sua pietà, egli nulladimeno corrotto dal danaro, lo lasciò empiamente morire; essendo poi stato in campagna seppellito, fu mediante un splendore Celeste scoperto, e portato nella Città, e con grandissima pompa fu seppellito, et il Signore per manifestare la realtà del suo Martirio, fece molti Miracoli al suo Santo Sepolcro. Tritemio, Genebrardo, e Bzovio.

2 – Nella Città di Praga parimente, (e questa sia la seconda scelerragine accennata) in Boemia nel giorno del Giovedì Santo, chiamarono in una Casa un pover huomo, il quale haveva in quel sagro giorno ricevuta la Santissima Communione, sotto spetie di commetterli non so qual servigio, conforme era solito di fare alle volte; essendo dunque il buon huomo semplicemente entrato, afferratolo que’ miscredenti in un baleno lo sospendono per i piedi, e con molti colpi nel petto, e nella schiena, procurarono di farli vomitare la Sagratissima Hostia, per [V, p. 65] esercitare anche in quella la loro innata empietà, ma non li riuscendo il sacrilego pensiero, lo distaccano, e spogliatolo, lo flagellano duramente, e doppo mille altri tormenti, come un altro Christo, crudelmente in fine, sopra d’una Croce l’inchiodano, godendo in questa guisa i perfidi Cani, di rinuovare in un membro di Christo, la sua atrocissima Passione; ma poco durò questa loro allegrezza, perochè risaputo il gran misfatto da’ Christiani, a furia di Popolo furono cacciati da quella Città, con haverne ammazzati non pochi, scampando, per gran ventura, gli altri dal meritato castigo. Doppo di ciò presero il Corpo scarnificato di quel Santo Crocefisso, e come a vero Martire di Dio, gli diedero sontuosissimo Sepolcro, et appresso li fabricarono in suo honore due Chiese, adorandolo ivi come Santo.

3 – Ma lasciamo da parte gli accidenti generali del Mondo, e diamo principio a quelli, che più propriamente spettano alla nostra Historia; e di primo tratto riferiamo la morte del Sommo Pontefice Honorio IV il quale doppo havere regnato con somma rettitudine, e giustitia per il brieve spatio di due anni soli, e tre giorni, terminò finalmente i giorni suoi, disfatto da una continua e molestissima podagra, che giorno e notte non cessò mai di tormentarlo fino all’ultimo periodo di sua vita; et è fama, che per guarire di così grave malore facesse venire da Bologna a Roma un Medico famoso, a cui per tale effetto facesse dare 100 libre d’Oro, perochè gli è da sapersi, che costui era così avido di quel pretoso metallo, che quando curava qualche Principe voleva per sua mercede tre libre d’Oro il giorno; tanto per appunto asserisce il Bzovio sotto di quest’anno. Fu poi egli questo Pontefice di gran bontà dotato, e se bene pativa, come habbiamo poco dianzi accennato, eccessivi dolori di gotta, a segno, che naturalmente egli non poteva celebrare; nulladimeno egli fu così divoto e religioso, che egli la volle sempre dire ogni giorno, havendo fatti fare alcuni artificiati ordigni, li quali, alla sua vita addattati, lo sostenevano in guisa che egli poteva, benchè con suo estremo dolore, sodisfare alla sua devota pietà; fu gran difensore della Pontificia Dignità, e della Libertà Ecclesiastica, che però egli non solo Scommunicò Pietro Re d’Aragona per havere occupato il Regno di Sicilia senza licenza della S. Sede, che è la Signora Sovrana di quel Regno; ma di vantaggio lo stesso fece contro Giacomo suo figlio, per non havere voluto cedere quello stesso Regno al Re di Napoli, come gli haveva egli intimato. Ricuperò anche la Romagna alla Chiesa per la morte di Guido da Montefeltro, che per prima la teneva occupata; ed altre cose grandi operò, le quali saranno per tutti i Secoli memorande.

4 – Fu altresì molto affetionato e benefico alla nostra Religione, alla quale concesse molti Privilegi, e Gratie singolari, come habbiamo veduto nell’anno scorso, e torneremo anche a vedere, non andrà molto, quando tratteremo delle Fondationi, che si fecero in quest’anno. Doppo la di lui morte, vacò la S. Sede, secondo il Cavallerio, Mesi 10 e giorni 18 e questa gran lunghezza fu cagionata dalle gravi infirmità, dalle quali furono oppressi li Signori Cardinali nel Conclave per l’Aria insalubre del Monte Aventino, in cui appunto è situato il Monistero di S. Sabina, nel quale fecesi il sudetto Conclave.

5 – Hor mentre dunque li Cardinali stanno attendendo, con tanto discapito della salute loro, a fare l’elettione del nuovo Pontefice, passiamocene noi nella bella Metropoli della Toscana a vedere ciò, che trattassero, e concludessero li nostri Padri nel Capitolo Generale, che in quella in quest’anno si congregò. Radunatisi dunque i Padri nel Capitolo insieme con il Santo Generale F. Clemente, mentre questi, conforme il suo solito costume, procura, con [V, p. 66] ogni industria di pesuadere a' Padri, che liberando lui da quel grave incarco del Generalato, sotto di cui e per l’età, e per la sua inhabilità, si sentiva affatto soccombere, e venir meno, volessero un altro soggetto, che non ve ne mancavano de’ migliori di lui, in sua vece sostituire, e lasciarlo una volta gire a ritirarsi in una Cella a piangere quelle colpe, che in gran numero sapeva pur troppo havere comesse in quel vastissimo impiego; ecco che di nuovo li sudetti Padri, di commune consenso lo confermano, con suo incredibile dispiacere, per un altro triennio, laonde gli convenne di accettare per non opporsi manifestamente all’impulso dello Spirito Santo, et al volere di Dio; e ciò successe appunto a' 25 di Maggio secondo il computo del Panfilo nella sua Cronica.

6 – In questo Capitolo furono fatti Decreti e Deffinitioni molto notabili, fra le quali tre delle più principali mi piace di quivi registrare. La prima fu, che stante l’applauso universale con il quale veniva approvata e comendata e ricevuta da tutti i Letterati l’eccellente Dottrina del nostro famoso Egidio Colonna, già fatto Maestro in Parigi, ove in questo ancora con grandissima fama leggeva la sagra Teologia, dovessero per tanto i nostri Lettori, e Studenti tutti dell’Ordine seguirla in ogni cosa, tanto in quelle materie che di già erano fuori divolgate, quanto in quelle, che dovevansi in avenire divolgare, e diffenderla ancora con ogni maggiore efficacia e calore; e perché questo Decreto è molto degno, vogliamo qui trascriverlo alla Lettera, come l’habbiamo negli antichi Registri di quel tempo veduto e letto, quale appunto è il seguente:

7 – Quia Venerabilis Magistri nostri Aegidij Doctrina Mundum universum illustrat, deffinimus, et mandamus inviolabiliter observari, ut opiniones, positiones, et sententias scriptas, et scribendas praedicti Magistri nostri, omnes nostri Ordinis Lectores, et Studentes recipiant, eisdem praebentes assensum, et eius Doctrinae omni, qua poterunt solicitudine, ut et ipsi illuminati alios illuminare possint, sint seduli defensores.

8 – Da questo gravissimo Decreto ben chiaro si conosce, quanto fosse grande, in questo tempo la fama di questo fondatissimo Letterato, mentre per infino i suoi medesimi Religiosi, con publici Decreti, lo proponevano per Maestro e Dottore universale a tutti li suoi Studenti. Ma, che maraviglia se la stessa stima facevano della sua Dottrina li Secolari, e fra questi l’istesse Teste Coronate? Fu insomma così grande il conto, che di esso tenne quella famosa Sorbona, che per la sodezza della sua Dottrina, gli diede il titolo dignissimo di Dottore Fondamentario.

9 – Quindi anche possono hormai conoscere que’ poco aveduti, che dicono, che l’Opere d’Egidio non siano d’Egidio, quanto mal fondato sia il loro cieco giuditio; perochè se Egidio non ha composto, o scritto alcuna cosa, come i nostri Padri dell’Ordine 29 anni prima, che egli morisse, ed otto prima, che ei fosse Arcivescovo, decretano e comandano, che da’ nostri Religiosi si debba seguire la sua Dottrina, la quale manifestamente scorgevasi, che illustrava il Mondo tutto? Dunque gli è ben segno, che egli haveva scritte e divolgate molte Opere, e si sperava anche, che ne divolgasse dell’altre; che però dicono: Deffinimus, et mandamus inviolabiliter observari, ut opiniones, positiones, et sententias scriptas (ecco, che di già haveva scritto) et scribendas (ecco, che stava pur anche attualmente scrivendone e componendone dell’altre, come poi n’uscirono in gran copia) omnes nostri Ordinis Lectores, et Studentes recipiant, etc.

10 – Il secondo Decreto notabile fatto in questo Capitolo, fu di costituire e creare quattro Studj Generali in Italia, a' quali da tutte le Provincie dell’Ordine [V, p. 67] si potesse mandare uno Studente per Provincia, sufficiente et idoneo, in quella guisa appunto, che si costumava di fare a Parigi, e che poi anche si fece doppo in Ossonio, e Cantabrigia, e Canterburi in Inghilterra. Li luoghi destinati per questi quattro Studj furono questi: di Roma, Bologna, Padova, e Napoli, ove si deve osservare, che doppo Roma si pone Bologna prima di Padova e di Napoli, affinchè conoschino i Reggenti della nostra Italia, che quando vengono da Superiori mandati da Padova, o da Napoli a Bologna, non stimino punto di degradare, perochè essi in effetto acquistano di grado, e s’avanzano.

11 – Ma bisogna, che qui si sappi di che conditione havevano da essere, e che parti dovevano havere, e quel che havevano da fare quelli che pretendevano d’entrare in uno di questi quattro Studj. Primieramente e bisognava, che havessero per lo meno studiato cinque Anni continui ne’ Studj inferiori delle loro Provincie, e che fossero ben istrutti; doppo gli era necessario, che si presentassero nel Capitolo Generale, per dover essere publicamente esaminati, o per lo meno, fuori di quell’occasione di Capitolo, davanti il Padre Generale pro tempore; nel quale esame, se riuscivano, ottenevano uno di que’ Studj, e venivano subito dichiarati con titolo di Lettori. Li Studenti poi di Provincia, o de’ Studj delle Provincie, havevano anch’essi da essere eletti da' Deffinitori, e da' Provinciali de Capitoli assoluti delle Provincie, od anche de' Capitoli presenti, et havevano da studiare in que’ Studj cinque anni, come habbiamo detto di sopra. Ma qui vuò per maggior sodisfatione di chi legge, distendere il Decreto, come l’ho io cavato dall’antico Registro della Romana Provincia, nel fine del quale Registro vi sono distesi molti Decreti e Deffinitioni fatte in molti e varj Capitoli Generali, de’ quali andremo noi sempre registrando i più principali e rilevanti; questo dunque è del seguente tenore:

12 – Secundo statuimus, et ordinamus, ut quatuor Studia Generalia ad minus sint in Italia … in curia Romana, Bononiae, Patavij, et Neapoli, ad horum, quodlibet, quaelibet Provincia mittat studentem unum sufficientem et idoneum; intendimus enim quod illi qui pro Studentibus ad praedicta studia mandabuntur, in Generali Capitulo examinari debeant, vel coram Generali Priore; et si sufficientes reperti fuerint in toto Ordine pro Lectoribus habeantur. Deputantes omnes Studentes in ipsis Studijs Provinciarum omnium usque ad quinquennium. Volumus tamen, quod hi Studentes eligantur per Deffinitores, et Provinciales Provincialis Capituli, praeteriti vel instantis, etc.

13 – Fu finalmente il terzo un Decreto spettante alla Carità verso i Religiosi dell’altre Religioni, nel quale fu determinato, che in tutto l’Ordine si dovessero alloggiare ne’ nostri Monisteri, e trattare, con ogni carità, li Padri dell’Ordine de’ Predicatori, e de’ Minori, ed anche i Monaci, et insomma qual si sia altro religioso, che vorrà allogiarvi, o chiedere d’albergare ne’ nostri Conventi; così dice il Decreto: deffinitum fuit, quod per univesum Ordinem nostrum, cum ad loca nostra Fratres Predicatores, Minores, Monachos et alios Religiosos, divertere contigerit, quod fratres nostri Ordinis ipsos benigne recipiant hospitio, et charitative pertractent.

14 – In quest’anno istesso, doppo il Capitolo Generale, fu celebrato ancora il Capitolo Provinciale della Provincia Romana nel Convento di Magliano nella Sabina, et ivi per via di Scruttinio, fu eletto per Provinciale F. Maffeo da Spoleto Lettore; era questi senz’altro quell’istesso F. Maffeo, o Masseo, il quale, come vedremo più a basso, quando tratteremo del nostro Convento di Terni, era Provinciale della Provincia dell’Umbria in questo [V, p. 68] medesimo anno; ma come poteva essere Provinciale dell’Umbria, et essere eletto anche dalla Provincia Romana? Molto bene, perochè forse colà finiva il suo Ufficio, onde ben poteva, libero da quello, essere assunto, et eletto al Provincialato della Romana Provincia.

15 – Stavano in questo tempo li Padri nostri di Roma con gran desiderio di fondare un altro Monistero in luogo più comodo dentro il Corpo della Città, tutto perché, essendo il Monistero loro antichissimo di S. Maria del Popolo attaccato alla Porta Flaminia, e perciò molto lontano dalla Corte del Papa, il quale habitava nell’antico Palazzo de’ Signori Savelli vicino a S. Sabina, ben’intorno a due miglia buone, ed anche più lontano, e perciò molto scomodo al Procuratore Generale dell’Ordine, et altri Superiori; et anche perché bramavano d’havere un luogo da tenervi li Padri Studenti, li quali havessero maggior campo di studiare, acciò le loro virtuose fatiche havessero potuto essere più da vicino, e con più comodo osservate dal Secolo; e perché a buoni e Santi desiderj sempre suole Iddio essere propitio, mosse per tanto S. D. M. il cuore d’un Nobile Cavaliere Romano, chiamato Egidio Lufredi, e lo dispose a fare gratioso dono d’alcune sue Case poste in vicinanza della Chiesa antica, e Coleggiata di S. Trifone, poco distante dall’un de’ lati del Campo Martio, e dall’altro la Piazza Agonale, hora volgarmente detta Piazza Navona, affinchè ivi potessero, e la Chiesa ed il Convento tanto bramato, fabricare.

16 – Havendo in questo mentre il Sommo Pontefice inteso il dissegno, che havevano i nostri Padri, e conoscendo molto bene, che difficilmente haverebbero potuto fare cosa di rilievo per la loro povertà; mosso di loro a pietà, per l’affetto, che sempre a quest’Ordine haveva portato, generosamente pensò di farli libero dono della sudetta Chiesa di S. Trifone, con tutto ciò, che quella possedeva in perpetuo; il che pose ben tosto in esecutione con una sua ampia Bolla, data in Roma appresso Santa Sabina a 20 di febraio l’Anno 2 del suo Pontificato, e per conseguenza in questo del 1287, e non 1286, come ad occhi chiusi, scrivono tutti li nostri Autori, anche più occulati; perochè questo Papa fu eletto il giorno primo d’Aprile dell’anno 1285 et appunto a 20 di febraio del 1287 correva ancora l’anno secondo, e non del 1286, che solo correva il primo; la Bolla poi è la seguente:

Honorius Episcopus Servus Servorum Dei.

17 – Dilectis filijs Priori et Fratribus Eremitarum Ecclesiae S. Mariae de Populo Urbis Ord. S. Augustini, salutem, et Apostolicam Benedictionem. Meritis vestrae Religionis inducimur, ut ea, quae ipsius Religionis profectum, et augmentum perspiciunt, quantum cum Deo possumus, solicito animo procuremus; ex parte siquidem vestra fuit propositum coram nobis, quod nobilis vir Aegidius de Lufredis Civis Romanus quasdam Domos tunc ad ipsum spectantes infra Parochiam Ecclesiae S. Trifonis de Urbe sitas, vobis, pro construendis ibidem Ecclesia, et Claustro ad usum Fratrum vestri Ordinis, pia et provida liberalitate donavit. Nos autem incongruum aestimantes duas Ecclesias praesertim disparis professionis, et diversorum Collegiorum existere sic vicinas, cum ex earum propinquitate nimia, potest dicta Ecclesia S. Triphonis sustinere in suis Iuribus detrimentum, ac inter personas in Ecclesijs ipsis degentes suboriri dissensio, et scandalum suscitari, et intendentes dispendio huiusmodi obviare, ac turbationi cuilibet, quae inde provenire valeret, viam praecludere, paci quoque ac quieti vestrae consulere, vobis in hac parte specialem gratiam faciendo, praedictam [V, p. 69] Ecclesiam S. Triphonis cum omnibus Domibus, Vincis, Terris, Possessionibus, aliisque Iuribus, et pertinentijs suis, vobis, et Ordini Vestro, de Fratrum nostrorum consilio, auctoritate Apostolica, duximus concedendam, ut vos, seu alij eiusdem Ordinis Fratres, qui in dicta Ecclesia S. Triphonis per vos, vel Successores vestros fuerint collocati, perpetuo sub dicti Ordinis Observantia possitis libere virtutum Domino famulari, eiusque bona omnia supradicta licite retinere. Ne vero Parochiani eiusdem Ecclesiae S. Triphonis defectum patiantur aliquem in Divinis, eadem auctoritate decernimus, ut Ioannes Archipresbyter ipsius Ecclesiae Sancti Triphonis eisdem Parochianis administret Ecclsiastica Sacramenta, donec in alia Ecclesia provisionem habuerit, Prior vero, qui pro tempore fuerit, per se, vel per alios Fratres eiusdem Ordinis, prout sibi expedire videbitur, Curam animarum eidem Ecclesiae imminentem, gerere teneatur. Volumus autem, quod per huiusmodi Concessionem vobis factam, praedicto Archipresbytero, et Clericis eiusdem Ecclesiae Sancti Triphonis, qui nunc sunt, quoad perceptionem fructuum ipsius Ecclesiae nullum praeiudicium generetur, sed quod ipsi more solito fructus eosdem percipiant apud Capellam S. Stephani ad eandem Ecclesiam S. Triphonis spectantem, ubi permaneant quousque contigerit alibi provideri. Cedentibus vero, vel decedentibus dictis Archispresbytero, et Clericis, seu aliquibus, vel aliquo eorumdem, huiusmodi fructus, quos tales percipiebant, in usus Fratrum Eremitarum, qui morabuntur in ipsa Ecclesia S. Triphonis, libere convertantur. Interdicimus insuper vobis, et praefatis vestris successoribus omne genus alienationis de possessionibus, et alijs rebus, et Iuribus ipsius Ecclesiae S. Triphonis quomodolibet faciendae. Statuentes, ut si vos seu praefatos Successores derelinquere dictam Ecclesiam S. Triphonis contingat, ex tunc eadem Ecclesia, cum praefatis Possessionibus, ac alijs omnibus suis bonis, et iuribus in libera dispositione Apostolicae Sedis persistant. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae Concessionis, et Constitutionis, ac nostri Interdicti infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit indignationem Omnipotentis Dei, et Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum. Datum Romae apud Sanctam Sabinam, decimo Kalendas Martij Pontificatus nostri Anno 2.

18 – Questa è per appunto la Bolla gratiosa, con la quale il generoso Pontefice Honorio IV quaranta giorni prima di morire, donò alla nostra Religione l’antica Chiesa di S. Trifone con tutte le sue attinenze, affinchè appresso di quella potesse fondare un nuovo Monistero, come poi fece, non molto grande in que’ principj, ma però molto comodo per i Superiori, et anche per gli altri Religiosi, per essere situato, si può dire, nel cuore di quell’Alma Città. Come poi in progresso di molti Anni si fondasse una nuova Chiesa molto vaga e maestosa, e lasciato il vechio titolo di S. Trifone, a quella dassero il titolo più proprio del nostro Gran P. S. Agostino, et anche fondassero un Convento più grande, capace di numerosa Famiglia, con i grossi soccorsi e limosine del gran Cardinale Guglielmo d’Estoutevilla, lo diremo, a Dio piacendo, ne’ suoi proprj tempi, e luoghi. Ha poi questo Convento sempre servito fino a tempi nostri, come capo della Religione, di residenza e di stanza a' Reverendissimi Padri Generali, et a gli altri Superiori maggiori di quella.

19 – Molti Huomini Illustri ha poi prodotto questo insigne Monistero d’ogni sorte, così nella Santità, come nelle Dignità e nelle Lettere, che troppo m’allungherei, se di tutti qui volessi farne memoria; solo dunque alcuni [V, p. 70] pochi ne produrrò, li quali però sono de’ più gravi, e de’ più degni. Il primo è il Beato Agostino Favaroni, il quale fu creato Generale dell’Ordine nel Capitolo celebrato in Asti l’anno 1419 e fu poi anche Vescovo di Cesena, et anche Arcivescovo Nazareno in Puglia, e morì poi con gran fama di Santità nella Città di Prato in Toscana. Il secondo fu Giacomo Vescovo Andrense l’Anno 1396. Il terzo fu F. Pietro di Santi Vescovo Cumanatense l’anno 1403. Il quarto F. Francesco Vescovo di Terralbia l’anno 1411. Il quinto fu Clemente Vescovo di Veruli l’anno 1427. Stimasi anche essere stato figlio di questo nobile Monistero, benchè per ordinario habitasse in quello del Popolo, il Vener. Servo di Dio F. Cesario Orsini Nobilissimo Romano, Baciliere in Sagra Teologia, che fu quasi sempre costituito da’ Padri Generali del suo tempo sopra l’Oservanze d’Italia, e specialmente della Perugina, la quale nel suo tempo molto fioriva; fu anche creato Rettore delle Mantellate Agostiniane, che furono per la prima volta vestite in Roma per opera di una divota Signora, chiamata Margherita Tomai, che anch’essa a quelle s’incorporò, e ciò fu intorno all’anno 1431. Fu altresì ne’ nostri tempi figlio di questo nobile Convento il Reverendiss. P. Maestro Girolamo Ghetti famosissimo Predicatore, il quale fu anche gran limosiniere, e fece altresì gran beneficj così alla Chiesa, come alla Sagrestia; e specialmente fece adornare l’Altare maggiore, ove sta collocata la divotissima Immagine di Maria sempre Vergine, dipinta da S. Luca, la quale è una delle sette principali di Roma, che ogni 22 anni vengono Coronate con Corone d’oro; et il detto ornamento insieme col Ciborio, costò intorno a dodeci mila Scudi; ben’è vero, che non fece egli tutta la spesa, ma vi concorse ancora il Monistero.

20 – Ma già, che così per accidente siamo tornati a favellare di questa nobilissima Chiesa, gli è bene, che parliamo un poco ancora delle insigne Reliquie, che in quella si conservano, fra le quali, le più principali sono: li Corpi de’ Santi Martiri Trifone, Respicio, e Ninfa; e quello, che più precisamente spetta alla nostra Religione, vi si conserva, con gran veneratione, in una grande e maestosa Capella, il Corpo della nostra Santissima Madre Monica, il quale per opera di Maestro Pietro Affalbiti Vescovo d’Apamia, e Sagrista del Gran Pontefice Martino V fu trasportato dalla Chiesa di S. Aurea d’Ostia nella sudetta nostra Chiesa di Roma l’anno del Signore 1430, nella quale solennissima Festa si compiacue il sudetto Pontefice di celebrare le lodi della sudetta S. Madre, con un eloquentissimo Sermone, quale, col Divino volere, in quel tempo produrremo. Vi si conserva ancora un Braccio del nostro P. S. Guglielmo, il quale prima era nella Basilica di S. Pietro, e fu a noi concesso, con darli in contracambio un Braccio di S. Longino Martire, che prima possedevamo noi. Vi sono molt’altre Reliquie insigne, delle quali per hora non parliamo, riserbandoci a favellarne in altri luoghi più di proposito.

21 – In questa Chiesa vi sono seppelliti quattro cardinali dell’Ordine nostro, li quali erano stati prima Generali dell’Ordine, cioè Bonaventura Badoari da Padova, Alessandro Oliva da Sassoferrato, Egidio da Viterbo, e Gregorio Petrochini da Mont’Elparo, e tre di loro sono tenuti appresso dalla Religione in concetto di Beati, e specialmente Bonaventura vien stimato per Martire, perochè fu ucciso con un strale, mentre passava per il Ponte di Castel S. Angelo, per commissione di Francesco Carrarese, come fu fama certa, per l’Immunità della Chiesa, che poi però, come testifica l’Errera nel Tomo primo dell’Alfabeto, a car. 95, fin dal tempo della sua beata Morte, la di lui Imagine fu dipinta con i Raggi di Beato, e col titolo [V, p. 71] di Martire in una Capella antica del Palazzo Vaticano. Alessandro Oliva et Egidio da Viterbo, furono anch’essi due gran Servi di Dio, et Alessandro viene quasi communemente chiamato col titolo di Beato. Io non faccio qui memoria del gran Cardinale et Arcivescovo Bituriciense F. Egidio Colonna; sì perché essendo morto in Francia non è sepolto in questa Chiesa; sì anche, perché non fu figlio di questo Convento, ma di quello più antico di Santa Maria del Popolo; gli è ben vero però, che se bene, non ne fu figlio, li portò nondimeno grandissimo affetto, e li fece gran beneficj; in prova di che io ho letto nell’antico Registro della Romana Provincia, più volte da me negli anni scorsi citato, e specialmente sotto l’anno 1328 ove precisamente si legge, che questo gran Porporato mandò di Francia in dono alla Chiesa e Sagrestia di S. Trifone molti pretiosi Doni, e ricche Suppellettili, quali ascendevano al valore di mille fiorini, la qual somma di danari in quel tempo era molto grande; e queste poi nell’accennato anno 1328 furono empiamente date in balia a scelerati Scismatici, che seguivano le parti sacrileghe di Lodovico Bavaro Imperatore, e di Pietro Corbario Antipapa, chiamato da’ suoi col nome di Nicola V et il Traditore, che comise un così gran sacrilegio fu un certo F. Andrea da Reccanati, il quale da PP. Romani era stato con somma carità affigliato a questo loro Convento, il quale poi, per guiderdone d’un così sacrilego tradimento, fu creato dal pessimo Antipapa falso Vescovo della sua patria; dalla quale poi, indi a poco, doppo l’estintione del Corbario, fu dal vero Papa vergognosamente scacciato. Ma lasciamo per hora di favellare delle grandezze di questo insigne e celebtre Monistero, e passiamo nella nobile Provincia dell’Umbria a riferire la Fondatione d’un altro Convento, due picciole giornate, lontano da questo di Roma.

22 – E' egli poi cotesto il Convento di S. Pietro della Nobile Città di Terni nell’Umbria, quale di certo costa, essere stato fondato in quest’anno, da un’Istromento autentico, il quale ancora infin’al giorno d’hoggi si conserva nel sudetto Monistero, rogato appunto alli 8 di Gennaio nel Palazzo Episcopale; in questo dunque, F. Tomaso Vescovo della Città alla presenza di F. Bonaventura Capellano del Vescovo, e F. Giacomuccio dall’Amatrice, e di F. Francesco da Catelvitaldo tutti i Frati dell’Ordine, concesse a F. Maffeo all’hora Provinciale dell’Umbria, una certa Parrocchia, che dovette appunto essere questa di S. Pietro, la quale è ancor ella Parocchiale, per ivi fondare e fabbricare un nuovo Convento dell’Ordine suo, come fece, ed è sempre poi stato uno de’ più cospicui Monisteri di quella Provincia, ed ha prodotti per la Religione alcuni Huomini singolari, così nella Santità, come nella Dottrina, et altre virtù più rare; Lodovico Iacobilli da Foligno nel Tomo 3 delle Vite de’ Santi e Beati dell’Umbria alla pag. 381, num. 4, dice che il Convento di Terni hebbe due Beati, li quali fiorirono intorno a gli anni di Christo 1400 l’uno per nome Cirillo stimato della Nobil Casa Paradisi; e l’altro Antonio, li quali entrambi, con licenza de’ Superiori, come certamente si suppone, vissero con gran Santità in un picciolo Eremitorio intitolato di S. Maria Maddalena, lontano dalla Città un solo miglio. Soggiunge poi il sudetto Giacobilli, che il B. Cirillo morì nel detto Eremitorio l’Anno del Signore 1420 a' 22 d’Agosto, e fu sepellito nella Grotta nel detto Eremitorio; e dice il Giacobilli d’havere tutto ciò cavato dall’antiche memorie della Città di Terni. Hoggidì l’imagine del B. Cirillo si vede dipinta con i Raggi e Titolo di Beato, nella Chiesa Cattedrale dell’istessa Città di Terni. Fu figlio altresì di questo Monistero Mestro F. Agostino Faccioni, che fu Generale [V, p. 72] dell’Ordine intorno a gli anni di Christo 1500 e ne’ nostri tempi ha dato alla Religione il P. Maestro Gioseffo, il quale doppo essere stato Reggente in varj Studj d’Italia, e specialmente in Pavia (ove io hebbi sorte d’essere suo Discepolo l’anno 1639 e 1640) Priore di Perugia, e Provinciale della sua Provincia; fu poi anche eletto Assistente d’Italia nel Capitolo Generale, celebrato in Roma l’anno 1661 il quale poi morì finalmente in questo nostro Convento di S. Giacomo di Bologna l’anno 1663 essendo io di quello Priore, mentre andava visitando i Conventi dell’Italia insieme con il Reverendiss. P. Generale Lanfranconi d’Ancona, che fu poi dignissimo Vescovo di Terni.

23 – Da questo racconto si cava con evidenza l’antichità de’ due Conventi dell’Amatrice, e di castel Vitalbo, o Vitaldo, perochè, se bene del primo favellando il P. Errrera nel primo Tomo dell’Alfabeto, dice alla pagina 75 che egli stima di certo, che sia più antico dell’Anno 1387 nel quale, lo trova nominato ne’ Registri dell’Ordine; qui bisogna aggiungere, che egli è anche più antico di quest’anno 1287 non tanto per gli Huomini Illustri, che costa havere prodotto prima di quell’anno assegnato dal P. Errera, quanto maggiormente per il Testimonio di questo Frate dell’Amatrice mentovato nell’Istromento. Lo stesso anche dire si deve dell’antichità del Convento nostro di S. Martina di Castel Vitalbo, o Ritaldo, come hora communemente si chiama, del quale parla il P. Errera sotto l’anno 1391 nello stesso primo Tomo a carte 171, quanto poi più antichi di quest’anno eglino si siano questi due Conventi, mentre altro non vedo di più chiaro, non lo posso togliere ad indovinare.

24 – Fu ristorato anche in quest’anno il Monistero nostro di Beiterleia posto nel Contado d’Eborac nella provincia d’Inghilterra da un tal Giovanni Othm, come riferisce il Cattalogo de’ Monisteri dell’Inghilterra, insserto nell’Opera Cronologica di Nicolò Arpsfeldio. Da chi poi fosse fondato il detto Convento, lo dice il P. Errera per relatione, come anche mi credo dell’istesso Arpsfeldio, perochè furono due Nobili cavalieri l’uno per nome Guglielmo Liketon, et Arrigo Vuinghton, ma quando ciò succedesse, non lo dice.

25 – Cominciò parimente in quest’anno a crescere, ed augumentarsi notabilmente l’antichissimo Monistero di S. Agostino; già prima detto di S. Andrea, poco tratto fuori della Real Città di Burgos nella Vecchia Castiglia, specialmente col favore della Signora Donna Bianca figlia del Re di Portogallo Alfonso Terzo, Monaca Cisterciense del Real Convento di Lorvano, nello stesso Regno di Portogallo (che già fu fondato per Religiosi dell’Ordine nostro Agostiniano, come più ampiamente vedessimo, e provassimo nel secondo, e terzo Tomo di questi nostri Secoli) la quale poi passò ad essere Abbatessa del nobilissimo, ricchissimo, e privilegiatissimo Monistero, detto de las Huelgas della mentovata Città di Burgos del sudetto ordine Cisterciense. Questa Signora dunque essendo molto divota del Santiss. Crocefisso tanto miracoloso, che sta nella Chiesa del detto Convento di S. Agostino, del quale habbiamo altrove ampiamente scritto, e compatendo grandemente all’angustia del sudetto Convento, e volendo ampliare con fabrica più magnifica, si dispose di comprare un sito vicino al detto Monistero; ma non volendo alcun Notaio rogarsi di tal compra, e vendita per esser già stato quel sito del Re Don Sancio di Castiglia Zio della detta Signora, scrisse ella per tanto al sudetto Re a voler restar servito d’ordinare alli detti Notari, che facessero la Scrittura di tal vendita, e compra conforme il beneplacito suo; e subito il Re volendo sodisfare al desiderio della detta Signora sua Nipote, li mandò uncluso in una Lettera responsiva l’Ordine, e Comissione, [V, p. 73] che bramava, diretta al Merino, et altri Officiali, e Scrivani della Città, con darli licenza di fare la Scrittura di vendita e di compra del sudetto Sito. Ma diamo hoggi mai la copia della detta Commissione, la quale tuttavia si conserva nell’Archivio dell’Accennato Monistero di S. Agostino di Burgos; e fu data nella Città di Toro a 14 d’Agosto nell’Era di Cesare 1325, cioè in quest’anno del 1287 et è questa, che siegue:

26 – Noi D. Sancio per la gratia di Dio Re di Castiglia, di Toledo, di Lione, di Galitia, di Siviglia, di Cordova, di Murcia, dell’Algarve, alli Governatori, et al Merino di Burgos, salute e gratia. Sappiate, che l’Infanta Donna Bianca mia Nipote, figliuola del Re di Portogallo, m’ha scritto che voleva comprare un’Heredità in questa nostra Città di Burgos di Don Clemente, e degli Heredi suoi, che è dell’Heredità Reale, che passò all’Abadengo, il quale Don Habraen, el Baraylo hanno hereditato da me, e per questa ragione, non hanno ardire li Scrivani di far Scrittura di vendita, e di compra. E l’Infanta Donna Bianca mia Nipote mi pregò, che ce lo comandasse, e me ne compiacessi; per la qual cosa io vi comando, alla vista di questa mia Lettera, che se l’Heredità, che ella vuol comprare, che è di quello che passò dall’Azienda Reale all’Abadengo, facciate, che li Scrivani facciano Scritture di vendita e di compra, come havete costumato fin’hora a beneplacito d’ambe le parti. Habraen mi lasciò il Ius petendi totale, che haveva contro questa Heredità per la ragione, che fu spettante all’Azienda Reale, e passò a l’Abadengo. E non lasciate di farlo in nissuna maniera, e se non lo faceste, e non lo poneste in esecutione, non poco mi sdegnarei, e mi daresti disgusto. Data in Toro a' 14 Agosto nell’Era 1325 cioè, l’Anno del Signore 1287.

27 – Questa è la copia fedele del sudetto Diploma Reale del Re D. Sancio di Castiglia fatto a favore del nostro Monistero di S. Agostino di Burgos, da noi sinceramente e fedelmente trasportato dall’Idioma Spagnuolo nel nostro d’Italia. Havendo dunque l’Infanta D. Bianca, in virtù del detto Diploma comprato il sito accennato, ampliò il Monistero notabilmente nella Fabrica, benchè non molto magnifica; ben’è vero poi, che ne’ tempi a venire col favore, e con l’aiuto d’alcuni Re di quel Regno grandemente s’avanzò nella fabrica e nelle ricchezze, a segno, che hoggidì è uno de’ migliori Conventi della Nobilissima Provincia di Castiglia.

28 – Concessero in quest’anno alcune Indulgenze Episcopali alla Chiesa del nostro Monistero di Marchek nell’Austria, li seguenti Prelati, cioè Siffrido Arcivescovo di Colonia, Arnoldo Vescovo di Bamberga, Federico Corense, Corrado d’Argentina, Siffrido d’Augusta, Remboto Estadiense, Corrado Tolense, e Buono Brixense.

29 – Li medesimi Prelati ancora, allo scrivere del Padre Milensio nel suo Alfabeto Germanico, concessero in quest’anno istesso altre simili Indulgenze al nuovo Convento di Bada, affinchè più efficacemente venisse agiutato d’elemosine per la Fabrica da’ pietosi Fedeli. Né alcuno, come ci pare anche d’havere altrove avertito, maravigliar si deve, se in questi tempi così facilmente li Vescovi concedevano Indulgenze alle Chiese, poste fuori delle loro Diocesi, perochè questa era una lodevole usanza universale, che non s’esercitava però mai senza il consenso espresso del Diocesano; laonde havendo l’occhio a questo costume, stupisce il P. Errera della semplicità d’alcuni Autori, per altro gravi, et autorevoli, li quali pare, che quando nell’Historie s’incontrano in somiglianti racconti, li tengono per falsi ed appocrifi, quasi che non sia più che noto a chi rivolge [V, p. 74] l’antiche Scritture de’ più Classici Archivj del Cristianesimo, che fra quelle si vedono a dozene li Diplomi di dieci o dodici Vescovi, che tutti di commune accordo, in un sol foglio, concedono varie Indulgenze a questa e quella Chiesa, sottoscrivendo i loro nomi, ed anche appendendovi i proprj Sigilli in cera, come specialmente alcuni n’habbiamo ancor noi in questo nostro Archivio di S. Giacomo di Bologna.