TOMO V - ANNO 1288

Anni di Christo 1288 – della Religione 902

1 – [V, p. 74] Erano già scorsi poco meno d’undici Mesi doppo la morte di Papa Honorio IV ed i Cardinali parte frastornati dalle lunghe infirmità cagionate in quasi tutti loro dall’aria pestifera Australe dell’Aventino, et anche dalla morte di qualcheduno di essi, e parte anche per la durezza d’alcuni; alla perfine, doppo 10 Mesi, 18 giorni di vacante, ispirati da Dio, elessero per nuovo Pontefice della Chiesa di Dio, il Card. F. Girolamo Ascolano, che prima era Religioso dell’Ordine di S. Francesco, il quale volle chiamarsi col nome di Nicola, e fu il Quarto di questo nome, essendo questo Vescovo Prenestino. Successe poi la sua Creatione alli 12 di Febraio, et indi a due giorni fu con gran pompa Coronato.

2 – Appena era egli stato eletto questo buon Pontefice, quando indi a poco giunsero alle di lui orecchie gravissime querele e doglianze de’ nostri Padri di Parigi per le violenze, che contro di loro il Vescovo di quella Città faceva; perochè egli di suo proprio capriccio e volontà, contro ogni termine di buona giustitia, et in dispreggio de’ loro Apostolici Privilegi, gli haveva prohibito il potere celebrare le Messe solenni negli Altari portatili in Chiesa loro; e questo forse lo faceva egli, perché si trovava molto sdegnato contro di quelli, in riguardo del nuovo Convento da essi fabricato nel luogo detto il Cardineto contro la sua volontà, non havendo egli mai volsuto dare la licenza, che però bisognò poi procurarla dalla S. Sede, come scrivessimo sotto l’Anno 1286.

3 – Ma a questo disordine providde ben tosto il Pontefice con una sua Bolla, diretta al Prevosto di S. Audomaro della Diocesi Morinense, et anche Cavaliere, e Maestro Rodolfo Aincuria Canonico di Parigi; a quali comandò, che dovessero esaminare le ragioni, ed i Privilegi di detti Frati, a' quali il Vescovo sudetto haveva inhibito, contro ogni giustitia, e di suo solo capriccio, il celebrare le accennate Messe nel sudetto Altare portatile. Fu data questa Bolla in Rieti alli 7 di Luglio l’anno primo del suo Pontificato, cioè di quest’anno 1288 e questa conservasi nell’Archivio nostro di Siena, ove noi letta l’habbiamo.

4 – In questo medesimo Anno, bramando li nostri Padri della Città d’Amelia di arricchire la loro Chiesa dedicata al nostro Padre Sant’Agostino, et al Glorioso Martire S. Pancratio, oltre l’antiche Indulgenze de’ Sommi Pontefici, di tutte quelle altresì, che possono concedere li Vescovi; procurarono per tanto, per mezzo di persone idonee d’ottenerle da varj Prelati, che si ritrovavano nella Romana Corte nella Città di Rieti, e questi furono 17 cioe, tre Arcivescovi, e 14 Vescovi, li quali concessero 40 giorni d’Indulgenza ciascheduno di loro a tutti li Fedeli, li quali in tutti li giorni Festivi, e nelle quarte e seste Ferie, [V, p. 75] di tutto l’Anno, et in tutti i giorni della Quaresima, pentiti e Confessati, visitaranno devotamente la detta Chiesa, e li somministrarranno qualche limosina. Fu dato questo Diploma d’Indulgenze nella medesima Città di Rieti in quest’Anno alli 8 d’Agosto, e nel fine di quello si sottoscrivono tutti li sudetti 17 Prelati, li nomi de’ quali sono anche registrati nel principio dello stesso Diploma; il quale si conserva nell’Archivio dell’accennato Convento d’Amelia; e noi non ne habbiamo ricevuta la coppia dal P. Bacciliere F. Nicola Gratiani d’Amelia, la quale è del seguente tenore:

5 – Universis Sanctae Matris Ecclesiae filijs praesentes litteras inspecturis. Nos Michael Archiepiscopus Antibaren., Andreas Episcopus Reatinus, F. Orlandus Episcopus Narniensis, F. Romanus Episcopus….. . Littuardus Episcopus Nepesinus, Ranbotus Episcopus Camerinen., Guillelmus Episcopus Calien., F. Guido Episcopus Tribunien., Perrronus Episcopus Laurinen., Petrus Episcopus Stanen., Iacobus Episcopus Castellan., Aegidius Episcopus Urbinan., Bonus Ioannes Episcopus Esculanus, F. Thomas Episcopus Interamnen., Iacobus Episcopus Forosinphrorien., Theotistus Archiepiscopus Andrinopolen., Ioannes Archiepiscopus Molisen., Salutem in Domino. Sanctorum meritis inclyta gaudia fideles Christi assequi minime dubitant, qui eorum patrocinia per condigne divotionis obsequia promerentur, illumque venerantur in ipsis quorum gloria ipse est, et retributio meritorum. Nos vero, ad consequenda praedicta gaudia, causam dare fidelibus affectantes, ipsis remissionem concedimus, et Indulgentias peccatorum. Cupientes itaque Ecclesiam, et Oratorium Fratrum Heremitarum Amelien; in honorem B. Augustini, et B. Pancratij, aliorumque Sanctorum constructum a Christi fidelibus, devotione congrua frequentari. Omnibus vere poenitentibus, et Confessis qui eandem Ecclesiam singulis diebus Dominicis, et Festivis, et quartis, et sextis ferijs, ac singularum Quadragesimarum diebus devote duxerint visitandum, et de Bonis sibi collatis a Domino aliquid contulerint, in eadem de Omnipotentis Dei Misericordia, et Beatorum Apostolorum Petri et Pauli auctoritate consisi singuli quadraginta dies de iniuncta sibi poenitentia misericorditer relaxamus. In quorum omnium testimonium paesentes litteras fecimus nostrorum Sigillorum munimine roborari. Datum Reate 4 Idus Augusti, Anno Domini millesimo ducentesimo octuagesimo octavo, indictione prima, Pontificatus Domini Nicolai Papae Quarti Anno primo.

6 – Sotto l’anno del Signore 1279 al numero 3 scrivessimo, che il Sommo Pontefice Nicola III creò in quel anno Patriarca di Grado F. Guido Salani dell’Ordine nostro, quale noi ragionevolmente dimostrassimo essere stato nostro Bolognese. Vero è però, che all’hora noi non notassimo, né il giorno, né il Mese, in cui fu data la Bolla della di lui promotione alla sudetta Dignità; e dicessimo ancora, che la sua morte seguì nell’anno di Christo 1282. Hor come mancassimo nel primo punto, così c’ingannassimo nel secondo; per correggere dunque l’uno, e l’altro mancamento, diciamo hora, che la sudetta Bolla della sua promotione al Patriarcato di Grado, fu data in Roma a 24 di Maggio, et è per appunto nel Regesto Pontificio di quell’anno all’Epist. 116. fol. 32. E la di lui morte poi seguì in quest’anno del 1288 e tutto ciò testifica l’Abbate Ughelli nel Tomo 5 della sua Italia Sagra colonna 1214, num. 46.

7 – In quest’anno medesimo celebrarono i nostri Padri della Provincia Romana il loro Capitolo Provinciale nel Convento di S. Nocolò dello Stretto, così lo chiama quell’antico Registro [V, p. 76] della sudetta Provincia, tante volte da noi mentovato, ed in questo Capitolo fu eletto Provinciale, per via di Scrutinio, F. Matteo del Collis; non sappiamo, se questo sia il suo Cognome, o pure la sua Patria; ma più tosto ci persuadiamo, che sia il Cognome, perochè se fosse la Patria, direbbe de Colle, e non de Collis; ci rimettiamo però al giudicio degli Eruditi.

8 – Lasciassimo già scritto sotto l’anno 1278, num 3, come essendosi fatto miracolosamente nostro Religioso il B. Agostino Novello in Sicilia, e ricevuto l’Habito d’humile Converso, per potere con maggior sicurezza attendere alla salute dell’Anima sua, e passarsene anche poco appresso dalla sua Provincia di Sicilia in quella di Siena, per vivere ivi più sconosciuto nel cospetto di tutti gli huomini, doppo havere fino a questo tempo, con incredibile sua consolatione, dimorato in alcuni Conventi più solitarj di quella, come di S. Barbara vicino a S. Flora, in S. Antonio di Valdaspra, o del Bosco, e finalmente in quello di Rosia, sempre però sotto il Priorato di un gran Servo di Dio chiamato F. Buono da Siena, di cui a suo tempo scrivessimo compendiosamente le sue sante Attioni; occorse in fine in quest’ultimo Convento un’accidente strano, per mezzo del quale egli fu conosciuto per quel grand’huomo, ch’egli era, laonde fu poi sforzato a mutar stato, e fortuna, et il caso appunto in questa guisa passò.

9 – Era stata mossa in Siena da non so chi, una gravissima Lite contro di quel Monistero, e se bene la parte avversa non haveva alcuna ragione, nulladimeno l’humana astutia havea saputo così ben fare apparire il nero per il bianco, che hoggimai stava il Giudice per pronunciare la sentenza contro di que’ poveri Religiosi. Consisteva la perdita in una delle migliori Possessioni, che quel povero Monistero si havesse, per la quale perdita gli ne sarebbe avvenuta gran miseria, laonde il buon superiore insieme con tutti i Padri stavano molto di mala voglia, benchè sempre stassero confidando, e sperando nella Divina Giustitia. F. Agostino scoprendo una così insolita malinconia, e mestitia nel volto di tutti i Religiosi, ne sapendo di donde originar si potesse, temendo però come in effetto era, che ella non venisse cagionata da qualche gran disastro occorso a qualche Convento, o fors’anche a tutto l’Ordine; santamente curioso s’arrischiò d’interrogarne segretamente il Procuratore, il quale, havendolo d’ogni cosa informato, egli all’incontro, che molto ben subito conobbe l’ingiustitia della parte avversa, pregò l’istesso Procuratore, che li volesse dar da scrivere; ma questi stimandolo scimonito, peroché non istimava, che egli né meno sapesse, che si fosse una penna, tanto facevasi egli nelle sue sante maniere conoscere per semplice, ed ignorante, ridendosi di lui con parole di disprezzo lo burlava; alla fine vedendo, che con grave sembiante seriamente perseverava in pregarlo, che li dasse da scrivere, lo compiacque; ed egli ritiratosi in disparte, scrisse sopra d’un foglio in diffesa della Causa del Convento una Scrittura, breve si, ma però tanto succosa, grave, et efficace, che essendo poi stata presentata al Giudice, che Giacomo Pagliaresi chiamavasi, rimase questi tanto stordito nel leggerla, conoscendo, che i Padri havevano più che ragione, che incontanente si diede per vinto, e disse al Procuratore, che presentata glie l’haveva; Padre, e che Scrittura è questa? certo o l’ha scritta un’Angelo del Cielo, o pure l’Eccellentissimo Messer Matteo da Termini, il quale studiò a mio tempo in Bologna, e fu Consigliere doppoi di Manfredo Re di Napoli, e restò poi anch’egli, come mi fu riferito, insieme col suo Signore ucciso sotto di Benevento; ma dicendoli il Procuratore, che quella Scrittura era stata fatta da un povero Fraticello Converso ben rozzo, ed ignorante; l’Avvocato [V, p. 77] rimase più che mai attonito, e confuso, poscia curiosamente richiedendo di che Patria ei fosse, e come in quel Convento egli era capitato; gli rispose quegli, che egli era Siciliano, e che erano molti anni, che dalla sua Provincia se n’era in questa Siena passato, e che era da tutti tenuto in molta veneratione per la sua gran simplicità, e bonta Religiosa.

10 – Da queste così fatte congetture venuto più che mai in cognitione, che altro essere non potesse fuori che l’accennato Matteo, si lasciò intendere di volersi trasferire al Monistero in propria persona; ove giunto, non così tosto egli vidde il glorioso, et humil Servo del Signore, che subito per quel ch’egli era in effetto lo riconobbe; laonde abbracciatolo strettamente, non cessava di caramente bacciarlo, diramando molte lagrime per allegrezza.

11 – Per lo contrario l’humilissimo Religioso, se ben’anc’egli grandemente si rallegrò di vedere quel suo antico Compagno, ed Amico; nulladimeno rimase sommamente soprafatto dal dolore di vedersi in quella guisa scoperto, da ciò pur troppo argomentando, che da’ Superiori sarebbe fra poco isforzato a mutare stato, e luogo; che però con grandissima istanza accompagnata da molte lagrime, pregò l’Amico a non volere iscuoprire, e manifestare a suoi Padri la sua conditione per non turbare in questa guisa la sua pace, e privarlo insieme d’una specie di Paradiso, che egli sotto quegli humili vestimenti di puro Laico, egli godeva; ma il tutto fu vano, perochè quanto più questi si raccomandava per rimanersi celato, tanto più quegli lo predicava a' Padri, che tutti erano corsi ad ascoltare, e vedere una tanta novità; dicendoli: oh Padri, voi havete un gran Tesoro, questo è il pù doto, ed il più saggio Huomo dell’Universo; riveritolo, honoratelo, pregiatelo, e sappiatelo riconoscere; la lite è già finita, e terminata, mercè il sapere di questo, che stimate un rozzo Fraticello, a favor vostro.

12 – Non si puole a bastanza spiegare, quanto rimanessero ammirati que’ buoni Religiosi per un così strano, e maraviglioso accidente; poscia in estremo dispiacendoli d’haverlo per lo passato havuto in poco preggio, se bene per altro l’havevano sempre tenuto in concetto di buon Religioso, cominciarono per tanto grandemente a riverirlo, et honorarlo con gran dolore dell’Anima sua, che meglio amava di vivere in quella guisa incognito negli occhi degli huomini, bastandoli solamente d’essere veduto ed osservato da Dio.

13 – Ma quivi non fermossi il suo travaglio; perochè, essendo in un momento volata la fama di questo fatto per tutta la Religione, pervenne anche ben tosto all’orecchie del Santo Generale Clemente, il quale fattolo a se venire, e conosciutolo per quel grand’Huomo, che veniva da ogn’uno celebrato, gli comandò subitamente, che passato dallo stato Laicale a quello di Chierico, prendesse incontanente gli Ordini Sagri, e si facesse Sacerdote; per il quale comando, non si può credere quanto fosse grande la mortificazione, che egli sentì, benchè non osasse di replicare pure una minima parola per non offendere né pure in un solo puntino la santa Ubbidienza.

14 – E perché Iddio, come una volta disse il nostro glorioso Patriarca S. Agostino ad un tale troppo curioso, ad altro non attende in Cielo, che ad abbassare i Superbi, et inalzare gli humili; accadde appunto in questo tempo istesso, che essendo stato creato, come habbiamo veduto nel principio di quest’Anno, Sommo Pontefice Nicola IV ordinò al nostro Generale, che gli dovesse trovare nel suo Ordine un Soggetto di gran sapere e bontà, perché voleva, che egli fosse Penitentiero Apostolico, e suo Confessore, volendo in questa guisa honorare la nostra [V, p. 78] Religione, alla quale, benchè egli fosse dell’Ordine de’ Minori, haveva sempre portato singolare amore, e dimostrata divotione non ordinaria; per la qual cosa il Generale, doppo havere ben bene esaminati quanti Soggetti più insigni militavano sotto la di lui disciplina, tutto che assaissimi ve ne fossero atti a così gran Ministero, niuno però gli parve più a proposito in tutti i conti, quanto il nostro Agostino, parendoli appunto, che Iddio l’havesse fatto in tempo così opportuno iscuoprire, per impiegarlo in così degno Ufficio per gloria di Dio, ed honore della Religione; fattolo dunque a se ben tosto venire, lo presentò davanti il Sommo Pontefice, et i Cardinali, alcuni de’ quali vedendo o vestito con così ruvidi panni, perochè andava sempre vestito rozzissimamente per humiltà, quasi che motteggiando dissero al P. Generale, e da qual Selva havete voi cavato, o Padre, così ruvido Romito? Ma quando poi il Papa gli pose le mani sul Capo per darli la Somma Potestà di Penitentiero, e lo viddero prorompere in un pianto così doloroso, che ben pareva li havesse in quel punto fatto qualche gran dispiacere, laonde così il Papa, come tutti i Cardinali, ne rimasero grandemente ammirati; ma poscia in progresso di poco tempo, havendo molto più di buon senno osservata la sua rara bontà e Dottrina, lo stimarono poi sempre, e lo riverirono per un Gran Servo di Dio, e per un’huomo di non ordinario sapere. Servì poi lo spatio di ben dieci anni in quel sovrano Ufficio di Penitentero, e Confessore del Papa, e non altrimente di Sagrista, come scrivono alcuni, et in ispecie il Panfilo, il Gelsomini, et altri; perochè questo nobile impiego di Sagrista non fu accoppiato a quello di Confessore fuori che nell’anno 1316 da Papa Giovanni XXII come in quel tempo esattamente scriveremo.

15 – Fu fondato in quest’anno un Convento nuovo nella Terra di Fusta in Boemia, che in lingua Tedesca chiamasi Taufs, ed in lingua Boemia Domazchliczy, ed è appunto distante dal nostro antichissimo Monistero di Pivonia poco più d’una lega. Fu il Fondatore di questo Monistero Venceslao Re di Boemia, e Marchese di Moravia concorrendovi il consenso ancora di Tobia Vescovo di Praga, sotto la di cui Diocesi stava quella terra; tanto scrivono il Milensio e l’Errera cavarsi dall’Historico di Boemia Hagetio. Soggiacque poi sempre questo povero Convento ne’ tempi a venire a varie peripezie delle quali ne’ suoi tempi andremo qualche cosa brievemente toccando.

16 – L’istesso Tobia Vescovo di Praga concesse anche in quest’anno alcune Indulgenze al nostro Monistero di S. Lorenzo di Melnick, o di Melnico in Boemia, quale dicessimo essere stato fondato nell’anno 1268 da que’ due Nobili Cavalieri di Zniclo di Cetovu, e Paolo di Luscenicz.

17 – Afferma altresì il Guarini Ferrarese, che fin da quest’anno habitarono già alcune Monache Agostiniane in un Monistero chiamato di S. Barnaba, poco fuori in quel tempo della Città, prima che fossero le di lei mura ampliate da Ercole Primo Signore di quella patria, nella quale ampliatione vennero anch’esse con la loro Chiesa, e Monistero a rimanere non più fuori, ma dentro. Come poi in progresso di tempo fosse questo Luogo loro dalla S. Sede confirmato, et in quello fosse seppellito il sagro Corpo di S. Bonmercato Martire ferrarese; come da quello si partissero, e s’unissero al Monistero di S. Agostino, con altre cose notabili a quello spettanti, lo diremo compitamente, a Dio piacendo, ne’ suoi proprj luoghi e tempi ne’ quali elleno occorsero.