Tomo V

Anni di Christo 1329 - della Religione 943

1 - [V, p. 453] Lodovico di Baviera afferto Imperatore, essendo stato più volte dal Pontefice Scommunicato, per la di lui empia ribellione al Sagrosanto Vicario di Christo, e per le horrende malvagità da esso lui commesse, così nell'Alma Roma, come in una buona parte d'Italia, et anche nella Germania; e mancandoli altresì le forze, et i danari, e vedensosi finalmente quasi da tutti odiato, et abbandonato, prese risolutione di partirsi d'Italia, e di fare nella Germania ritorno, ove hebbe altresì molto che fare, per sedare alcuni gravi moti, e turbolenze, che si erano contro di lui suscitate. Cosi suole il giusto Iddio trattare coloro, che perfidamente si ribellano alla sua Chiesa.

2 - Partito il Bavaro d'Italia, scrivono molti Autori, de' quali è capo Giovanni Villani, che l'Antipapa Corbario fosse fatto prigione da' Pisani, li quali poi con due Galere l'inviarono al Pontefice in Francia. Il Vadingo però nel Tomo 3 de' suoi Annali sotto l'Anno 1330 chiaramente dimostra, con certissimi documenti di Bolle Apostoliche, che il sudetto Antipapa, non prigione, ma libero, per concerto già passato fra il Sommo Pontefice, et esso, volontariamente a suoi Santissimi Piedi in Avignone si portò.

3 - Essendo già passato il triennio del Generalato del B. Guglielmo da Cremona, si celebrò per tanto il nuovo Capitolo Generale nella gran Città di Parigi, nel quale alli 8 di Novembre da' Padri vocali, con applauso universale, fu acclamato, e poi rieletto di nuovo per un altro triennio, lo stesso Guglielmo. In questo Capitolo poi fra l'altre Deffinitioni, che si fecero per il buon governo, et il publico bene dell'Ordine, una fu, che li Religiosi dovessero piegare le ginocchia a quelle parole del Simbolo Apostolico: Et Homo factus est. Si decretò parimente nel detto Capitolo, che i Libri, che erano stati della buona memoria di Maestro F. Pietro da Narni Arcivescovo di Reggio in Calabria, debbano essere del Monistero di Narni di cui era quegli stato figlio; se però li Padri di S. Agostino Maggiore di Napoli, che li pretendevano, non produrranno prima della Santa Pasqua futura qualche ragione grave in contrario. Era poi morto il sudetto Arcivescovo nell'Anno antecedente del 1328 come scrive Ferdinando Ughelli nel Tomo settimo della sua Italia Sagra.

4 - Giunsero in quest'Anno alla meta felice delle loro sante, e gloriose vite, due gran Servi di Dio nella Germania, uno Sacerdote, e gran Letterato, e l'altro Converso, chiamavasi quello F. Ermanno de Allis, et era Bacciliere, e questi Federico di Ratisbona Converso; e perchè entrambi furono Religiosi di santa Vita, che però vengono [V, p. 454] communemente da nostri Autori fregiati col glorioso titolo di Beati, perciò ne dobbiamo noi tessere, conforme il nostro solito, in questo luogo di amendue le gloriose Vite: in primo luogo dunque daremo quella di F. Ermanno Sacerdote, et appresso quella di F. Federico Laico.

Vita del Beato Ermanno de Allis di Natione Tedesco.

5 - Trattano di questo Servo di Dio quasi tutti li nostri Autori, e specialmente de' moderni il Ven. F. Alfonso d'Orosco, Gioseffo Panfilo Vescovo di Segni nelle loro Croniche Agostiniane, il Crusenio nel suo Monastico pure Agostiniano, il Milensio, e l'Errera ne' loro Alfabeti, li quali quanto scrivono, e dicono di questo Beato, tutto l'hanno cavato, e preso dalle Vite de' Frati, che scrisse il B. Giordano di Sassonia nostro, il quale non solo visse nel tempo di questo Servo di Dio, e lo vidde, e lo conobbe, ma di vantaggio ancora fu suo discepolo, et hebbe sorte di servirlo nell'ultima sua infirmità.

6 - Gli è ben vero però, che il detto B. Giordano non ci da raguaglio alcuno della Patria, e de' Parenti del Beato Ermanno, come nè tampoco dell'Anno, e del giorno in cui egli nacque; ed esso lui nè meno favella seguitamente, ma in varj Capitoli della sua Opera conforme le virtù delle quali in quelli trattava. Solo dunque ci dice, che questo Servo di Dio, fuit Lucerna ardens, et lucens, cioè, che fu Lucerna ardente per la gran carità, che nel suo cuore sfavillò mai sempre verso Iddio, e verso il Prossimo: e fu poi questa Lucerna tutta lucida, e risplendente per la di lui alta Dottrina, quale egli acquistò più per mezzo dell'oratione, che per mezzo dello studio, attesochè egli studiò per poco tempo; e quando voleva studiare così di notte, come di giorno, sempre andava prima nel Choro, e poscia allo studio si applicava, e faceva poi in quello grandissimo profitto; anzi che si stima, che egli havesse la Scienza infusa, il che facilmente si può dedurre da una Visione, ch'egli hebbe una notte, mentre era giovine, quale poi confidentemente palesò, per sua edificatione, al sopramentovato B. Giordano, come egli stesso riferisce nel lib. 2 cap. 23 delle sue Vite de' Frati: la Visione fu la seguente:

7 - Mentre una tal notte stava egli in Choro, secondo il suo solito divotamente orando, soprafatto dal sonno si adormentò; e mentre stava in questa guisa dormendo, parveli di vedere, che la Beatissima Vergine della quale era svisceramente divoto, se n'entrasse nella Chiesa, accompagnata da un numeroso drapello di Sante Vergini et havendo ella un Calice nelle mani, cominciò a dare con quello da bere a tutte le sudette Vergini; la qual cosa vedendo il B. Ermanno, con sua grande allegrezza cominciò anch'egli a bramare d'essere abbeverato con quella soave bevanda; et ecco, che facendoli cenno la Santa Madre di Misericordia, che si accostasse, andò e bevè anch'egli, e parveli, che quella bevanda fosse d'acqua pura. Sparita poi la Visione, e risvegliatosi anch'esso, cominciò attentamente a pensare, che cosa significar volesse la detta bevanda, e finalmente li sovenne quel detto della Sagra Scrittura Aqua Sapientiae salutataris potavit eos; che però non è poi maraviglia se con poco studio in brieve tempo egli divenne un gran Letterato.

8 - Fa di mestieri ancora, che questo Servo di Dio fosse molto humile, attesochè, essendo egli riuscito così dotto, e sapiente, nulladimeno non si legge, nè si sà, ch'egli fosse condecorato con [V, p. 455] la Laurea Magistrale, già che il B. Giordano, etiamdio doppo la morte di quello, non li da altro titolo, che di semplice Bacciliere, segno chiaro, et evidente, che egli per pura humiltà non si curò di passare all'altro più honorevol di Maestro, quale haverebbe certamente ottenuto nel suo dovuto tempo, se l'havesse volsuto.

9 - Quanto poi amasse la Religiosa Castità, di cui haveva fatto voto nella sua Professione, lo potiamo evidentemente argomentare da ciò, che pure di lui racconta il sopracitato Giordano nel lib. 2 cap. 30 che quantunque egli fosse peritissimo nella Medicina, non fu però mai possibile, che volesse toccare il polso d'alcuna Donna, tutto che fosse a ciò fare pregato: et in questo pare a me, che si avantaggiasse nella custodia della Castità al Beato Agostino da Vicenza, il quale, come già notassimo nella sua Vita sotto l'Anno del Signore 1302 in questo Tomo istesso, essendo anch'egli perito nell'arte della Medicina, se bene non si arrischiò mai di toccare il polso d'alcuna Donna con la mano ignuda, lo tocco però ogni qual volta, che occorse con la mano coperta dalla manica dell'habito.

10 - Fu oltremodo devoto della Beatissima Vergine, e lo potiamo argomentare dalla bella Visione più sopra da noi narrata; e ben ragionevolmente credere si puole, che molte altre gratie da quella gran Signora ricevesse, se bene di quelle non ne parla il B. Giordano, perché il buono Ermanno, per humiltà, non glie le volle manifestare; attesochè se bene li palesò quella di sopra motivata, lo fece egli di certo, affinchè il detto Giordano, che all'hora studiava sotto la di lui disciplina, si affettionasse alla divotione di quella gran Madre di Dio, onde potesse anch'egli sperare d'ottenere la gratia, che haveva egli per il di lei mezzo conseguita, et altre maggiori ancora: il che poi abbondevolmente successe, come a Dio piacendo faremo vedere, quando scriveremo la Vita del sudetto B. Giordano.

11 - Divotissimo altresì si fece mai sempre conoscere per tutto il tempo di sua vita fino all'estremo punto della sua beata morte, dell'Officio Divino, e della Santa Messa; attesochè non solo mentre era sano non tralasciò già mai per qual si voglia importantissimo affare, di recitare l'uno, e di celebrare l'altra; anzi che di vantaggio nè meno mai le lasciò nel tempo delle sue infirmità: onde nota il B. Giordano nel lib. 2 nel cap. 13 che nell'ultima infirmità, che fu longa quasi un Anno intiero, e fu molto penosa, come si fece sempre conoscere per un vivo ritratto del patientissimo Giobbe nel sopportarla con una esemplarissima patienza, così non tralasciò già mai alcun giorno di recitare anche ne' maggiori rigori del male il Divino Officio, e di celebrare altresì, fin che egli hebbe vigore di levarsi dal letto, la S. Messa: e quando più ciò fare non puote, la fece sempre celebrare nell'infermaria, proseguendo sempre però a recitare il sopradetto Officio sino all'ultimo giorno inclusivè in cui lo disse fino al Vespro.

12 - Essendo poi arrivata l'hora felice, in cui doveva questo Beato Religioso far passaggio da questa bassa valle d'ogni miseria, ripiena, all'altissimo Olimpo della Gloria in cui si godono l'eterne delitie del Paradiso, fece egli chiamare i Religiosi del Monistero, e con profetico Spirito li disse, che già era giunta l'hora tanto da esso bramata, et aspettata, di partirsi da questo Mondo, che però li pregava a volere raccomandare l'Anima sua al benedetto Iddio, secondo il rito della S. Chiesa; ma rispondendo quegli, che il Rituale era stato portato da un Religioso nella Città per fare una simile funtione con un altro infermo, che però haverebbero in tutta diligenza mandato a prenderlo; soggiunse egli, che si mandasse per esso, attesochè haverebbe aspettato a morire fin tanto, che il Libro fosse [V, p. 456] stato riportato; come che o fosse posto in sua mano da Dio il morire a beneplacito suo, o pure, perché prevedesse l'estremo punto del suo santo passaggio. Riportato il Libro fece leggere la solita raccomandatione, e di quando in quando rispondeva egli ad ogni Oratione conforme il bisogno, e terminata che fu quella pia, e devota funtione, supplicò li Padri a farli leggere la Passione di Nostro Signore; laonde fu tostamente letto il Passio di S. Matteo; e tenendo il Religioso, che leggeva il Libro sul letto, il Santo Padre andava di quando in quando con la mano toccando il Libro, per potere contemplare i più pietosi Misteri della dolorosa Passione, con tanto sentimento, come se fosse stato perfettamente sano. Finito poi, che fu di leggersi il detto Passio di S. Matteo, fece anche leggere quello di S. Marco, e giunto il Lettore a quelle parole, che si leggono nel Capitolo quintodecimo del sudetto Evangelista, nelle quali si dice: Iesus emissa voce magna expiravit; anche quell'Huomo di Dio nel proferire quelle sante parole spirò la sua Anima Santa, come piamente si crede, nelle mani del suo amorosissimo Iddio. Et il B. Giordano, che ivi presente si ritrovò, e l'haveva anche servito in quella sua lunga, e mortale infirmità, rende chiara, et indubitata testimonianza di tutti questi religiosi, e divoti avenimenti, con queste formali parole: Et qui vidit, testimonium perhibuit, nam fui servitor ipsius in tota illa infirmitate, Deo gratias. Così havesse pure testificato ancora, o palesate molte altre virtù, che risplendettero a maraviglia in questo Santo Religioso, acciò noi havessimo potuto havere maggior campo di tessere la di lui Vita più copiosa, che fatto non habbiamo, o per lo meno ci havesse addittato il giorno, e l'Anno in cui morì, la Patria in cui nacque, et il Monistero di cui fu figlio, ma ringratiamo Iddio di quanto ha lasciato scritto questo divoto Scrittore, e condoniamoli la santa simplicità, con la quale egli si compiacque di scrivere quel suo divoto Libro delle Vite de' Frati, essendo egli stato per altro un dottissimo Religioso, come col divino volere, nel suo tempo, e luogo vedremo.

Vita, Virtù, e Morte gloriosa del B. Federico da Ratisbona Converso.

13 - Fu anch'egli questo glorioso Servo di Dio di natione Alemano, attesochè egli nacque nella famosa Città della Ratisbona nobolissima Metropoli della Provincia di Baviera: se bene niuno Autore, che di lui scrive, riferisce quali fossero li di lui Genitori, né in qual'Anno precisamente egli fosse dato alla luce questo Santo Religioso; nulladimeno potiamo noi piamente persuaderci, che quelli fossero buoni Christiani, e molto timorati di Dio; e che perciò educassero il loro Figlio così Christianamente, che poi egli giunto all'età proportionata per farsi Religioso, come bene assuefatto alla pietà, et alla divotione, non fu poi gran fatto, che egli per impiegarsi tutto quant'era nel solo servitio di Dio, chiedesse con grande istanza, al Superiore del nostro antico, e nobile Monistero di Ratisbona, di essere ammesso all'Habito di humile Converso di nostra Santa Religione.

14 - E se bene gli è da credere, che non fosse così subito accettato, ma per qualche tempo sperimentassero il fervore del suo spirito, e se veramente la di lui vocatione veniva dal Cielo, o pure si originava da qualche giovanile capriccio; nulladimeno vedendo il Superiore, che il buon Federico stava sempre più che mai costante nella sua santa richiesta, alla perfine, con grande [V, p. 457] applauso e giubilo di tutta quella Religiosa Comunità, fu vestito con l'Habito Agostiniano, nel quale poi fece tali progressi in poco tempo, in tutte le virtù, che ben tosto previdero que' buoni Padri, che doveva riuscire un gran Servo di Dio. E se bene egli in tutte le virtù si fece conoscere molto perfetto, nulladimeno perfettissimo oltremodo riuscì in quelle tanto importanti, e tanto necessarie ad ogni Religioso, della santa humiltà, et obedienza; attesochè, come sempre per tutto il corso di sua vita, con incredibile allegrezza dell'Anima sua, s'impiegò ne' più vili esercitij, e ne' più bassi servigi del Monistero; così nell'eseguire i comandi del suo Superiore era tanto pronto, che subito tralasciando ogni altra facenda, benchè per altro grave, et importante, correva veloce a porre in esecutione ciò, che dall'obedienza imposto gli era; laonde cotanto si compiacque il benignissimo Iddio di questapronta obedienza, che la volle honorare con alcuni Miracoli stupendi.

15 - E fra gli altri uno specialmente ne riferisce il B. Giordano nel lib. 2 capit. 3 delle sue Vite de' Frati, e se bene ivi non si specifica se parlasse del Beato Federico, o d'altro divoto Laico, nulladimeno il P. Errera, et altri prudenti Autori stimano, che parlasse di Federico. Il caso poi fu, che essendo egli Canevaio, e stando una tal volta nella Cantina a riempire un Vaso di Vino sotto la Botte, ecco, che di repente sentendosi chiamare dal Superiore, subito con lo Spinello in mano veloce se ne corse a ricevere i comandi di quello; ma il Priore vedendo lo Spinello nelle mani dell'obediente Converso, s'imaginò, che havesse lasciato la Botte aperta, e che perciò il Vino, riempito già il Vaso, scorresse per la Cantina; laonde prestamente scendendo, trovò ben sì il Vaso pieno, e la Botte aperta, ma però il Vino erasi miracolosamente fermato nella Botte, e fuori non usciva; laonde il buon Priore ascrisse il sudetto Miracolo alla pronta obedienza del divoto Federico.

16 - Un'altra volta pure stando egli occupato nel Legnaio del Monistero per ordine del Superiore, e non potendo egli andare in verun conto a ricevere la Sagra Communione nella Chiesa, come era costumato di fare ogni giorno, con buona licenza de' Superiori, e stando perciò egli molto mesto, e sconsolato, ecco, che il pietoso Iddio, mosso di lui a pietà, ordinò ad un Angelo, che l'andasse tostamente a Communicare nel luogo istesso dell'obedienza, il che ben tosto fece con estrema consolatione, et allegrezza del buon Servo di Dio; in cui ben si venne a verificare ciò, che disse lo Spirito Santo per bocca del Saggio ne' Proverbj, a gloria d'un'Anima obediente, cioè, Parvulus obediens loquetur victorias; già che questo perfetto obediente, con la sua pronta obedienza, ottenne questa gloriosa vittoria dal Cielo, da cui fece scendere un Angelo, acciò li portasse il Santissimo Sacramento, che è il Pegno della Gloria Eterna.

17 - E non fu questa la prima volta, che il nostro B. Federico fosse, per ordine di Dio, honorato, e favorito, anzi pure servito da gli Angeli; imperciochè, mentre un'altra volta stava adornando un Altare nella Chiesa, nel che fare oltremodo del continuo s'impiegava, ecco, che all'improviso scese un Angelo dal Cielo, il quale li presentò un Baccile di freschissime Rose, essendo all'hora la più fredda stagione del Verno, dando in questa guisa opportuna occasione al divoto Laico di sodisfare compitamente alla sua divotione, che era di fare comparire i sagri Altari ornati, e politi nel miglior modo, che poteva.

18 - Tralascio hora di riferire a minuto la riverenza grande, che portava verso tutti i Religiosi massime Sacerdoti, quali riveriva, et honorava, come fossero stati Angeli del Paradiso. Io punto non parlo della sua gran carità [V, p. 458] verso de' Poveri, a quali dispensava tutto ciò, che egli lecitamente poteva, come parimente di quella con la quale serviva gl'Infermi Religiosi, perochè era così grande, che non si puole con humana lingua spiergare, quanto poi meno con la mia rozza penna descrivere; solo qui mi giova di concludere, che havendo egli per lo spatio di molti Anni atteso a servire la Divina Maestà con purità di cuore, e continuato fino all'ultimo di sua vita il perfetto esercitio delle più eroiche virtù, terminò finalmente il beato corso di sua mortale carriera, nel giorno solenne dell'Apostolo S. Andrea in quest'Anno del Signore 1329 dal qual tempo fino a questa nostra età ha poi sempre goduto il glorioso titolo di Beato; et il di lui Corpo sta esposto al publico Culto sopra d'un Altare nella Capella del Santissimo Corpo di Christo nella Chiesa del sopramentovato Monistero nostro di Ratisbona, e sopra il medesimo Altare vi è l'Immagine del Beato, all'intorno della quale si scorgono dipinti dodici suoi Miracoli principali, e sotto vi si legge un Epitaffio, quale vi fece porre F. Corrado Scheleier Priore del detto Convento nell'Anno del Signore 1481 del seguente tenore:

Anno Domini 1329 obijt F. Fridericus / Laicus devotus in die S. Andreae, cuius / meritis haec Divina potentia peregit Miracula, / cui sit laus in Aevum.

Quanto poi habbiamo quivi scritto, e notato di questo Glorioso, e Beato Laico, tutto l'habbiamo cavato dalli seguenti Autori, cioè da Felice Milensio nel suo Alfabeto Germanico Agostiniano, da Nicola Crusenio nel suo Monastico pure Agostiniano, da Andrea Gelsomini Vescovo d'Ascoli dell'Ordine nostro nel Tesoro della Divotione di Maria sempre Vergine, da Tomaso Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a car. 224 e finalmente da Matteo Radero Giesuita nella sua Baviera Santa.

19 - Alfonso Re d'Aragona havendo supplicata in quest'Anno la Santità del Sommo Pontefice Giovanni XXII a volere restar servita, di ordinare a tutti li Superiori de' Monisteri, così dell'Ordine di S. Domenico, e di S. Francesco, come degli altri Ordini Mendicanti, che per l'avenire non dovessero riconoscere per loro immediati Superiori Maggiori, fuori che li Provinciali de' Regni d'Aragona, e di Catalogna, essendo egli ancora Re delle dette due Isole di Sardegna, e di Corsica: il Pontefice per tanto volendo far cosa grata al sudetto Re, spedì in quest'Anno una Bolla data in Avignone alli 29 di Giugno, nella quale conforme il desiderio dell'accennato Re, strettamente ordinò così alli due Ordini mentovati de' SS. Domenico, e Francesco, come a gli altri Mendicanti, e specialmente al nostro, et al Carmelitano, che in avenire dovessero totalmente soggiacere all'ubbidienza de' Padri Provinciali de' Regni sopradetti d'Aragona, e Catalogna, con questa riserva però, che non intendeva di punto pregiudicare con questa sua Costitutione alla Maggioranza, et al Dominio, che sopra li detti Monisteri di Sardegna, e di Corsica li Generali delli detti Ordini Mendicanti havevano. La Bolla poi leggesi nel Regesto del Tomo 3 degli Annali del P. Vadingo a carte 196 et è la seguente:

Ad perpetuam rei memoriam.

20 - Ad illa sollicitudines Apostolicae studium libenter impendimus, et partes diligentiae nostrae sollicite adhibemus, ex quibus in Regnis fidelium, quietis bonum proveniant, et pacis tranquillitas, et securitas conservetur. [V, p. 459] Cum igitur charissimus in Christo filius noster Alfonsus Aragonum, et Sardiniae, ac Corsicae Rex illustris pro pacifico, et securo Statu huiusmodi Regnorum suorum prudenti ductus consilio desideret, ut Superiores Fratrum Praedicatorum, et Minorum, ac aliorum Mendicantium Ordinum per Sedem Apostolicam approbatorum, infra dictum Regnum Sardiniae, et Corsicae existentium subijciantur Ordinum suorum Superioribus, qui pro tempore in Aragonia, et Catalonia ordinantur. Nos eiusdem Regis supplicationibus inclinati, volumus, et Apostolica auctoritate decernimus, quod Superiores dictorum Fratrum Praedicatorum, et Minorum, ac aliorum Ordinum Mendicantium, videlicet Conventuales Priores, ac Custodes, et Guardiani Ordinum Praedicatorum, qui sunt, et erunt pro tempore in Regno Sardiniae, et Corsicae praelibato, Superioribus ipsorum Ordinum, videlicet Prioribus Provincialibus Praedicatorum, et Ministris Provincialibus Minorum Fratrum Ordinum, necnon alijs Prioribus Provincialibus, seu Praelatis quocumque nomine censeantur, aliorum Ordinum Mendicantium in Aragonia, et Catalonia consistentibus, qui sunt, et erunt pro tempore sint subiecti, eos a subiectione aliorum quorumcumque Superiorum suorum Ordinum praedictorum extra dictas Provincias Aragoniae, et Cataloniae consistentium auctoritate praedicta totaliter eximentes. Volumus tamen quod praesens exemptio ad Magistrum, et Ministrum, vel Priorem, seu Priores Generales Ordinum praedictorum nullatenus extendantur, sed eis sint subditi sicut prius. Nulli ergo, etc. Nostrae Constitutionis, exemptionis, et voluntatis, etc. Datum Avinione 2 Kalendas Iulij Anno 13.

21 - Nell'Anno scorso scrivessimo, che l'Antipapa Corbario creò alcuni Frati nostri Vescovi, o per meglio dire Antivescovi d'alcune Città dell'Italia, e fra gli altri ne creò uno d'Osimo nella Marca d'Ancona, di natione Tedesco per nome F. Corrado, et un altro di Sinigallia chiamato F. Tomaso della Rocca da Mattellica: hora in quest'Anno, essendo già partito disperato d'Italia il Scismatico Lodovico di Baviera, e ritrovandosi le cose dell'Antipapa ridotte all'ultimo esterminio, furono perciò questi, et altri molti di varie Religioni, e Stati, spogliati giustamente dal vero, e legittimo Pontefice Gio. XXII delle occupate Dignità, nelle quali erano stati sacrilegamente intrusi dal pessimo Antipapa: tanto per appunto dice il nostro Errera costare in molte Bolle, che sono nel Regesto Vaticano.

22 - Testifica parimente il nostro Milensio nel suo Alfabeto Germanico Agostiniano a car. 77 che Carlo Re d'Ungheria confirmò con suo ampio Privilegio alcune notabili Donationi, che havevano fatte alcuni Re suoi antecessori al nostro Convento di Sarus, chiamato anche di Kuche, più antico dell'Anno 1274 e specialmente quelle, che fatte gli haveva Ladislao nel detto Anno 1274 e furono poi anche confirmate dal Re Lodovico successore di Carlo: e li Privilegi di questi Re, dice il Milensio sudetto, che tutti si conservano nell'Archivio del nobilissimo Monistero di S. Tomaso di Bruna nella Moravia.

23 - Quando la nostra Religione prese Convento nell'antica Terra di Montefalco nella Provincia dell'Umbria, lo fondò in un sito poco lontano da un Convento di Suore Francescane, dette di S. Maria Maddalena, le quali havevano fondato il loro Conveto dieci Anni prima, cioè nell'Anno del Signore 1269 hora havendo poi queste indi a sessanta Anni, cioè in questo del 1329 fatto passaggio dalla loro antica Regola a quella di S. Chiara, li nostri Padri pretesero, che fossero diventate d'un'altra Religione essentialmente diferente dalla prima, e però pretesero, che non potessero in quel luogo [V, p. 460] restare; attesochè fra l'uno, e l'altro Convento non v'era la dovuta distanza delle 140 Canne, secondo il Privilegio concesso all'Ordine nostro da Bonifacio VIII ma essendo ricorse le sudette Religiose alla pietà del Sommo Pontefice Giovanni XXII la Santità Sua, quantunque i nostri Padri havessero somma ragione, nulladimeno compassionando la gran povertà di quelle povere Madri, li concesse licenza di potere liberamente rimanere nel loro Monistero non ostante il Privilegio de' nostri; con patto però, che non potessero fabricare li PP. Francescani habitatione alcuna vicina, o attaccata al sudetto Monistero loro; e che ne tampoco potessero ampliare il sudetto loro Convento verso la parte del Monistero nostro di S. Agostino. Fu data poi questa Bolla in Avignone alli 26 di Novembre l'Anno del suo Pontificato 14 la copia della quale registrata si legge nel Tomo 3 degli Annali del Vadingo nel Regesto a car. 198 et è la seguente:

Ioannes Episcopus Servus Servorum Dei.

24 - Dilectis in Christo filiabus Abbatissae, et Conventui Sororum Monasterij S. Mariae Magdalenae de Castellario de Montefalco Ordinis Sanctae Clarae Spoletan Coelestia quaerentibus, terrenis contemptui derelictis libenter illud spirituale praesidium favoris impendimus, quod eis pacis, et quietis producere gratiam sentiamus. Sane petitio vestra nobis exhibita continebat, quod olim iam sunt sexaginta Anni, et amplius, Monasterium vestrum per Sorores, quae vos in dicto Monasterio praecesserunt, Canonice fuit fundatum, post cuius fundationem, vel constructionem, elapsis decem Annis, vel circa, quidam Fratres Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quemdam Locum prope dictum Monasterium receperunt, et extunc usque ad haec tempora vobis vicinitus permanserunt, quodque pro eo, quod nuper Beatae Clarae Regulam recepistis ijdem Fratres afferentes ex hoc vos personas alias fore effectas, et per consequens dictum Monasterium in alias personas fore translatum, contra Privilegium eis super hoc ab Apostolica Sede concessum, ac pridem se ex hoc indebite gravari, ad Sedem Apostolicam appellarunt, ac super appellatione huiusmodi dilectum filium Bertrandum de Sancto Ginesio Decanum Ecclesiae Engolismen. Capellanum nostrum, et earum Causarum primi gradus Palatij nostri Auditorem, cum potestate citandi in Romana Curia, et ad partes, nos ad eorum instantiam dedimus auditorem, qui ad requisitionem dictorum Fratrum vos in partibus per litteras suas citare fecit, et ad aliquos alios actus ulterius in huiusmodi causa processit. Quare pro parte vestra fuit nobis humiliter supplicatum, ut cum Monasterium vestrum magna prematur inopia, vosque oporteat mendicare, nec habeatis unde sumptus litis huiusmodi contra vos motae per Fratres praedictos supportare possitis, providere vobis super hoc de opportuno remedio dignaremur. Nos igitur paterno vobis in hac parte compatientes affectu, auctoritate Apostolica de Fratrum nostrorum consilio ordinamus, et volumus, ut praemissis nequaquam obstantibus, in dicto Monasterio, in quo estis, possitis libere permanere, ita tamen, quod dilecti filij Fratres Ordinis Minorum, si Locum ibidem non habeant, non possint vobiscum in dicto Monasterio habitare, quodque vobis non liceat a parte dictorum Fratrum Eremitarum aedificare, vel Locum vestrum etiam ampliare. Nulli ergo omnino hominum, etc. nostrae ordinationis, et voluntatis, etc. . Datum Avenione 5 Kalendas Decembris Anno 14.