Tomo V

Anni di Christo 1339 - della Religione 953

1 - [V, p. 513] Le cose del Sommo Pontefice, e di buona parte della Christianità molto felicemente passarono in quest'Anno; attesochè li Romani, che si erano ribellati al Pontefice, e seguivano le parti del Scismatico Lodovico di Baviera, pentiti del loro errore, ritornarono all'ubbidienza del loro legittimo Principe: così scrive il Biondo. Li Christiani altresì della Grecia, e quelli della Spagna, diedero due grandissimi rotte a nemici della nostra Christiana Fede, quelli a' Turchi, che [V, p. 514] devastavano la Tracia, e questi a' Saracini, li quali in grandissimo numero si erano traghettati dall'Africa nelle Spagne. Gregora, Mariana, et altri Autori di quelle parti.

2 - Tutti gli Autori così dell'Ordine nostro, come anche d'altro Istituto, che hanno scritta la Vita del B. Servo di Dio, e grande Alunno del nostro antichissimo, e santissimo Eremo di S. Salvatore di Lecceto, il B. Giovanni degl'Incontri, scrivono, che egli in quest'Anno del Signore 1339 con una morte da Santo terminasse il corso della sua beata vita: e ciò specialmente scrive Ambrogio Landucci Vescovo di Porfirio, il quale haveva rivoltate tutte le Scritture antiche del sudetto Venerabile Monistero, così nella sua Selva Leccetana a car. 99 come nella brieve Cronica, che dello stesso Convento compose a car. 21 laonde se gli è così, fa di mestieri, che quivi raccogliamo in un brieve compendio tutto ciò, che di più cospicuo egli vivendo, fece a maggior gloria di Dio.

Vita, Virtù, e Morte Santa del B. Giovanni di Guccio Molli

degl'Incontri da Siena Leccetano.

3 - Nacque dunque questo glorioso Servo di Dio, per gran beneficio, et honore, così della sua Patria, e Casa, come molto più della nostra Santa Religione, nell'Anno del Signore 1275 e se bene habbiamo certa, e sicura cognitione del di lui Genitore, che fu Guccio Molli degl'Incontri, Casa molto Nobile, et Illustre, nondimeno non habbiamo mai potuto rivenire qual fosse il nome della di lui Madre, e di qual Casa ella fosse; ci diamo però probabilmente a credere, che ella fosse di Nobiltà uguale al Genitore.

4 - Da tenero Fanciullo fu da sudetti Parenti non meno allevato nelle buone creanze convenienti allo stato suo, che santamente educato nel Divino Amore, e Timore, che sono li due poli sopra de' quali si sostiene la vita del buon Christiano. Giunto poi il buon Fanciullo ai primi Anni dell'adolescenza, come più volte havesse veduti, così nella Città, come fors'anche fuori, alcuni Religiosi del mentovato Convento di Lecceto, et havesse altresì osservati li loro ben composti costumi; alla perfine innamoratosi a poco a poco di quel santo modo di vivere, e sentendosi nello stesso tempo nell'interno del cuore, con gran voce, chiamare da Dio alla loro Beata Religione, si risolse d'ubbidire alla divina voce, e sodisfare insieme alla di lui santa inclinatione.

5 - Così dinque havendo palesato il suo magnanimo pensiero al suo Genitore, tutto che a questi molto rincrescesse di privarsi della compagnia d'un così buon figliuolo, nulladimeno, come era molto timorato di Dio, non volle impedirli l'esecutione di una così santa risolutione, anziché condottolo al Monistero, e palesato il buon pensiero del Figlio al Priore, et ai PP. di quella Santa Casa, con molta istanza li supplicò a volerlo ricevere nella loro beata Compagnia: a cui essi, che molto bene conoscevano le qualità, così dell'uno, come dell'altro, facilmente condescesero alla richiesta sua.

6 - Era Giovanni in età di quindici Anni, quando fu dal mentovato Priore, con l'Habito Santo della Religione Agostiniana vestito: e di vero il buon Giovanni in quel principio cominciò con tanto fervore ad esercitarsi nelle rigorose penitenze, et altre rigide austerezze, che si praticavano in quel beato Eremo, che gran stupore, e maraviglia recava a tutti que' buoni Padri, li quali molte gratie rendevano alla Divina Bontà, che proveduti gli haveva d'un così buon Soggetto, quale [V, p. 515] certamente speravano, che dovesse riuscire un gran Santo: una cosa sola però dava gran travaglio al Santo Novizzo, questa era la grosezza, e la rozzezza de' Cibi, de' quali si cibavano que' penitenti Religiosi, e specialmente il Pane, che era molto nero, e di poco buon sapore, grandemente lo tormentava, e giunse la cosa a termine tale, che dandosi hoggimai a credere di non potere più avanzarsi in quella vita così aspra, ed austera, cominciò per tanto di far ritorno, benchè con suo grandissimo dispiacere, alla Paterna Casa.

7 - Un tal giorno dunque, in cui determinato haveva di fare la sudetta partenza, prima di ciò fare, volle prendere licenza nella Chiesa dal suo Bene detto Signore, a cui, doppo havere rappresentata la debolezza della sua complessione, dall'uno de' lati, e dall'altro l'austerezza della vita, che facevano que' buoni Eremiti, e specialmente la rozzezza de' grossolani cibi, et in particolare del nerissimo Pane, che mangiavano, che più tosto ad esso lui riusciva di nausea, che di solievo; finalmente supplicò sua Divina Maestà a volerli perdonare, per la sua poca costanza, promettendoli, che nella Casa paterna havrebbe, col suo divino aiuto, procurato di servirlo, et amarlo nel miglior modo, ch'egli havesse potuto, e saputo.

8 - Ciò detto, con gran passione d'animo, dirottamente piangendo, se ne uscì dalla Chiesa, e dal Convento, et entrato nel Bosco, s'incaminò alla volta di Siena: ma ecco, che appena haveva fatti pochi passi, che s'incontrò, e si avenne nel Celeste Pastore Giesù Christo, il quale appunto in Habito di Pastore, andando in traccia di questa sua smarita Pecorella, erasi dal Cielo partito, e sceso in Terra, per ridurla di nuovo al poco dianzi abbandonato Ovile della Religione. Così dunque placidamente arrestatolo, li chiese dove andasse così smarrito; a cui havendo riposto il buon Giovanni che conoscendo di non potere resistere all'asprissima vita, che menavano li Santi Habitatori di quel sagro Eremo, tutto pieno d'affanno, e di dolore, se ne tornava egli alla Casa de' suoi Parenti. All'hora il Buon Giesù, che non voleva, che la Religione perdesse un così gran Soggetto, scopertosi all'improviso per quel ch'egli era, e tramandando dal suo Divino Volto un diluvio di Celesti Splendori, li riempì l'Anima di tanta consolatione, et illuminò il di lui intelletto di tanta chiarezza, che ben tosto conobbe quanto traviato n'andasse, et havendoli poi comandato il pietoso Pastore, che dovesse ritornare nel Monistero, nello stesso tempo mostrandoli la Piaga del suo Sagratissimo Costato, li disse: "Vanne Giovanni, e quando, così il Pane, come gli altri Cibi ti pareranno aspri, e rozzi, imergili nel Sangue, che sgorga da questa Piaga, e ti sembraranno all'hora più saporiti, e più dolci del Nettare, e dell'Ambrosia" ; il che detto, tostamente sparendo il benignissimo Iddio, si dileguò in un momento dagli occhi del fortunato Novizzo.

9 - Corretto dunque Giovanni in questa così amorosa guisa dal Benignissimo Pastore Eterno Giesù Christo, tutto ripieno di allegrezza nel cuore, e tutto altresì pentito della sua incostanza, e leggierezza, se ne ritornò ben tosto nel Monistero, e prostratosi a' piedi del Superiore, alla presenza di molti Padri, dirottamente piangendo, confessò il suo giovanile errore, e glie ne chiese humilmente perdono, pregandolo instantemente ad imporli una penitenza, che fosse uguale alla sua gravissima colpa; et havendo così il Priore, come i Padri, ammirata la grande humiltà del pentito Giovanni, restarono grandemente maravigliati, et edificati insieme; et il Priore fattale una buona correttione, e poscia consolatolo, lo consegnò di nuovo al Maestro de' Novizzi.

10 - [V, p. 516] Giovanni poscia, volendo emandare il suo passato mancamento, il quale haveva havuta origine dalla nasuea, che li recavano il Pane nero, e gli altri Cibi vili, e grossolani, de' quali si cibava quella penitente Famiglia, innanimito dal Sangue della Piaga del Costato del suo Signore, si diede ad un'astinenza così grande, et ad un digiuno così rigoroso, che stava alle volte un'intiera settimana, che non si cibava, fuori che del Santiss. Sacramento; e quando mangiava sentiva tanta dolcezza da que' Cibi, quantunque rozzi, e vili, come se cibato si fosse di delicatissime vivande, tutto perché non prendeva mai boccone in bocca, che mentalmente non l'immergesse, giusta il precetto del Celeste Pastore, nella Beata Piaga del suo Sagratissimo Costato.

11 - E perché sapeva, che la santa Oratione è il vero condimento, anzi pure il totale mantenimento del cibo dell'Anima, che perciò hebbe a dire l'Apostolo: Oportet semper orare, et nunquam deficere; perciò il buon Giovanni stava quasi sempre orando, e meditando. Fu poi molto zelante della regolare Osservanza, e specialmente grande amatore, et osservatore del Religioso Silentio, quale sapeva essere non solo il decoro de' Chiostri, come lo chiamò S. Bernardo, ma di vantaggio ancora il vero Padre di tutte le virtù più eroiche. E di questo fu così zelante, che vedendo, che il Popolo Sanese, e gli altri de' vicini contorni frequentavano molto la Chiesa, e Convento di Lecceto, per le continue gratie, che impetravano da Dio, per le orationi non solo de' Religiosi viventi, ma molto più per le efficaci intercessioni de' Beati, già Defonti di quel sagrato Eremo, e conoscendo, che un tal concorso, benchè divoto, frastornava non poco quella Santa Communità dalle sue divote orationi, e dal rigoroso Silentio, che in quel religioso Monistero si professava, ispirato da Dio, come credere si deve, e lo notassimo più sopra nel suo luogo, essendo Priore, vestitosi all'improviso con gli habiti Sacerdotali, accompagnato da tutti i Religiosi, comandò a' que' Beati Defonti, che non dovessero più impetrare alcuna gratia da Dio per alcuno.

12 - Fu insomma così grande la Santità del B. Giovanni, che, volandone la fama per ogni lato della Christianità, da tutti era sommamente amato, e riverito: e fra gli altri il Generale Guglielmo da Cremona, il quale non era men Santo di lui, l'amò, e stimò sempre in sommo grado, a segno tale, che essendosi decretato nel Capitolo Generale celebrato in Venetia nell'Anno del Signore 1332 che si dovesse fare una gran colletta di danari per tutto l'Ordine, per la nuova fabrica del Monistero di Pavia, non volle, che altri fosse Depositario de' sudetti danari, fuori che questo buon Servo di Dio; perché sapeva, ch'egli era oltremodo fedelissimo, e anche, perché forse lo conosceva più di ogn'altro divoto amatore del Commun Padre S. Agostino, e del di lui honore in sommo grado zelante.

13 - Così dunque ricco oltremodo, e dovitioso, il B. Giovanni, di meriti, e di virtù incomparabili, acquistate nello spatio di 49 Anni di sua vita religiosa, e penitente, e 64 di età, finalmente in quest'Anno di nostra salute 1339 essendo, come certamente si stima, Priore del sudetto Convento di Lecceto, fu per mezzo d'una beata morte chiamato da Dio in Paradiso a ricevere dalle sue mani divine la Corona immarcessibile dell'Eterna Gloria. Riferisce Ambrogio Landucci più sopra citato, che concorsero al di lui Santo Funerale, non solo il Provinciale di quella Provincia Sanese, con i Religiosi del Monistero di S. Agostino di Siena, ma di vantaggio, la maggior parte del Popolo della detta Citta; e se bene tutti si rallegravano per il di lui felicissimo passaggio al Paradiso, ove speravano d'haverlo per intercessione appresso a Dio, nulladimeno piangevano poi [V, p. 517] anche amaramente per la perdita, che fatta havevano d'un così Santo Religioso.

14 - E' fama poi, che Nostro Signore, per i meriti del suo Servo Giovanni, operasse molti Miracoli, a prò, e beneficio di coloro, che implorarono la di lui efficacissima intercessione. Questo è certo, che fin dal tempo della sua beata Morte, ha sempre goduto, e pur tuth'hora gode, non solo il nome, ma etiamdio il Culto di Beato. Di sorte tale, che 100 Anni doppo la di lui beata Morte, fu edificata una Chiesa in suo honore: e nel luogo medesimo, in cui è fama, e traditione insieme, che Christo gli apparisse in forma di Pastore, fu pure edificata una Santa Capella, su l'Altare della quale vedesi espressa al vivo la sudetta Apparitione. E racconta di vantaggio il mentovato Landucci,e quasi tutti gli Autori, che hanno scritto di questo Beato, li nomi de' quali riferiremo più a basso. Che ritrovandosi in Siena nell'Anno di Christo 1459 il Sommo Pontefice Pio II Cittadino di questa Patria, volle alli 4 d'Aprile, giorno festivo di questo Beato, portarsi a visitare la detta Capella, accompagnato da sei Cardinali, e quasi da tutta la Città, con la qual visita venne molto ad autorizare il Culto di questo gran Servo di Dio, la di cui morte appunto successe nel giorno quarto d'Aprile dell'Anno sudetto 1339.

15 - Trattano poi di questo Beato glorioso molti gravi Autori, così antichi, come moderni, non tanto dell'Ordine nostro, quanto anche d'altro Istituto, e Professione. De' nostri in primo luogo elegantemente ne parlò il Card. Egidio da Viterbo nel Panegirico, che scrisse del sagro Monistero di Lecceto, e de' Suoi Santi Alunni; in cui precisamente del nostro Giovanni hebbe a dire le suguenti parole: Offert mihi se divinus Puer, ut constet nullius ist hic aetatis genus non mirifice profecisse; Age tam elegantissime puer omnis exigue gratia hac Divina amicitia maxime clarissime illustrissime. Accipite bonae spei adolescentes adolescentis, etc. Il Card. Girolamo Seripandi ne' Comentarj dell'Ordine sotto di quest'Anno. Gioseffo Panfilo nella sua Cronica Agostiniana a carte 72, Andrea Gelsomini Vescovo d'Ascoli in Puglia nel suo Tesoro della Divotione di Maria Vergine a carte 250 fino al 253, Tomaso Errera nell'Alfabeto Tomo primo a carte 371, Simpliciano di S. Martino nel suo Santorale Agostiniano a carte 434, Girolamo Bonsignori nel suo Memoriale Leccetano a carte 67, Atanasio Fulonicense a carte 25, Raffaele Pasini ne' suoi Huomini Illustri Agostiniani a carte 120. Degli Esteri, il Rappi nella sua Lima Spirituale a carte 32, l'Ugurgieri nel Cielo Sanese, il Bisdomini nell'Historia manoscritta di Siena; et altri molti, quali per brevità si tralasciano.

16 - Essendo vacata la Chiesa Cattedrale di Monopoli in Puglia, per la morte di Pasquale, secondo Vescovo della detta Città nacque gran controversia fra Canonici nell'elettione del Successore di quello; imperciochè essendosi divisi in tre Fattioni, cinque di loro elessero Maestro F. Dionigio dal Borgo Sansepolcro, insigne Letterato dell'Ordine nostro; quattro altri elessero Bisantio Canonico della Cattedrale di Bari; e tre altri rimisero li loro voti nelle mani del Sommo Pontefice Benedetto XII il quale, doppo havere considerata con maturo giudicio la qualità di questo gravissimo affare, e veduto haver havuto miglior partito il sudetto Dionigi, finalmente dichiarò, e creò Vescovo questo della mentovata Città; tanto per appunto dice l'Ughelli costare per una sua Bolla, data in Avignone nell'Anno sesto del suo Pontificato a 17 di Marzo, et è per appunto l'Epistola 216 nel Regesto di quest'Anno.

17 - Di questo gran Soggetto ne scrive con molta lode il P. Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 195 e 199 [V, p. 518] ne' quali luoghi, non solo dice, che egli fu un dottissimo Filosofo, e Teologo, et un celeberrimo Predicatore, ma di vantaggio ancora lo decanta per un grande Astrologo: laonde fu carissimo a molti Principi della Christianità, e specialmente a Roberto Re di Napoli grand'amatore de' Letterati, il quale l'invitò alla sua Reggia Corte, ove stette fin tanto, che fu condecorato della sudetta Dignità Episcopale. Fu svisceratamente amato da tutti i Virtuosi d'Europa, et in particolare dal famosissimo Petrarca, e da Giovanni Villani, di cui fu amicissimo, il quale altresì ne parla nelle sue Historie con grand'honore. Nel tempo della di lui morte soggiungeremo, a Dio piacendo, qualch'altra cosa in lode del medesimo.

18 - Il mentovato Errera nel Tomo 2 del citato Alfabeto a car. 537 favellando del Convento antichissimo d'Alzira fondato già da D. Giacomo Primo Re d'Aragona nel Regno di Valenza, dice, che D. Pietro Secondo Re del medesimo Regno, concesse al sudetto Convento in quest'Anno del 1339 un nobile Privilegio dato in Barcellona a 17 d'Agosto, quale fino al giorno d'hoggi tuttavia si conserva nell'Archivio dell'accennato Convento. E se bene quest'Autore non dice, che cosa si contenghi nel detto Privilegio, noi però probabilmente stimiamo, che contenga la conferma delle Gratie, e de' Favori, che erano stati concessi al sudetto Monistero dagli altri Re suoi antecessori.

19 - Riferisce pur altresì Pietro Bizzaro ne' suoi Annali di Genova, da esso dati alle Stampe nell'Anno del Signore 1579 che in quest'Anno medesimo, in cui hora scorre la nostra penna, la Republica di Genova fece un publico Decreto nel quale determinò, che ogn'Anno in perpetuo si dovesse celebrare un solenne Anniversario nella nostra Chiesa di S. Agostino della detta Città: non dice poi il sudetto Autore se per tutt'i Morti di quella Patria, o pure per i Nobili di quella Republica, che però noi non potiamo qui togliere ad indovinare per chi si dovesse celebrare il detto Anniversario.

20 - In questo medesimo Anno habbiamo la Fondatione del Regio Monistero di S. Giovanni detto a Carbonara nella gran Città di Napoli: li Fondatori poi per parte della Religione, furono F. Giovanni d'Alessandria Provinciale in questo tempo della Provincia di Terra di Lavoro; et il sopramentovato Maestro F. Dionigio dal Borgo Sansepolcro: attesochè nell'Archivio del mentovato Convento, si conserva un'Istromento rogato per Giacomo Gozula Notaio di Napoli, in cui Gualtiero Galeotto dona alli sudetti Religiosi tutte le sue Case, e l'Orto, che possedeva fuori delle mura della detta Città nel Luogo detto il Carboneto, con questa conditione, che dovessero fondare nel sudetto Orto una Chiesa, et un Convento in honore di S. Giovanni Battista; il che poi fu puntualmente eseguito. Fu rogato il detto Istromento alli 11 d'Ottobre in quest'Anno. Di questo insigne Monistero ne tornaremo, col divino aiuto, più, e più volte a favellare, sì per le varie mutationi, che in quello si sono fatte, e sì anche, per gli Huomini insigni, che ne' tempi a venire ha prodotti, fra quali il più insigne è stato Girolamo Seripandi, che fu Generale di tutto l'Ordine, e poi appresso Cardinale di S. Chiesa, et Arcivescovo di Salerno, e morì poi primo Legato Apostolico del gran Concilio di Trento.

21 - Prima di questo tempo havevano li nostri Padri della Provincia di Boemia fondato un Convento nella Terra Sicense, situata nella Diocesi di Praga: e questa Fondatione l'havevano fatta in virtù, e vigore d'una Bolla, che già, alcuni Anni prima, haveva concessa Papa Giovanni XXII al Generale dell'Ordine nostro, di potere fondare in qual si voglia Provincia di nostra Religione nove Conventi, [V, p. 519] cioè sei, dove non erano Conventi d'altr'Ordine, e tre dove ve n'erano, con conditione però, che in ciascheduno di quelli vi stantiassero 12 Sacerdoti. Hora essendo stata mossa lite contro la detta Fondatione, il Pontefice Benedetto commise la Causa al Prevosto, et al Decano della cattedrale di Patavia, e finalmente con la gravissima oppositione di un certo Bohuta Archidiacono, e Giovanni Padovani Canonico della medesima Chiesa, come stimiamo, fu non senza violenza ben notoria, levato il detto Convento alla Religione: tanto per appunto testifica il nostro Milensio nel suo Alfabeto Germanico Agostiniano a car. 283 costare dalla Bolla del Papa, che si conserva nell'Archivio del nostro Convento di Praga, come pur anche da un altro Codice in pergameno, che pure si conserva nello stesso Archivio.

22 - Viddero in quest'Anno li nostri Padri di Siena, gettare, poco fuori della Città, le Fondamenta d'un nuovo Monistero di Monache dell'Ordine nostro, e fu quello di S. maria Maddalena. La Fondatrice poi di quello fu una divota, e pietosa Cittadina Senese, per nome Margherita di Senesio, la quale, come era molto divota del nostro gran Padre S. Agostino, e grandemente affettionata al di lui Ordine, così pensò di rendersi a quel gran Santo grata, et accetta, con fondare un Monistero di Monache della sua Religione. Havendo dunque fatta questa deliberatione, fecesi fare per mano d'un publico Notaio un supplichevole Memoriale da presentare al Vescovo della Città, del quale si rogò il sudetto Notaio, che Ghino Foresi chiamavasi. In questo Memoriale poi rappresentava, come ella desiderava da quel Prelato la licenza di fondare un Monistero di Monache dell'Ordine predetto, in cui stassero quattro Monache velate con un Servente, per il mantenimento delle quali prometteva di soministrare del suo tutto il bisognevole, nominando minutamente qual si voglia cosa, che voleva dare per tale effetto. Fu poi dato questo Memoriale alli 2 d'Aprile, e presentato nello stesso giorno all'accenato Vescovo, che era in quel tempo Donusdeo della Nobilissima Famiglia de' Malavolti, il quale, com'era molto occupato da diversi affari della sua Chiesa importanti, rimise la consideratione di quello al suo Vicario Generale, che Filippo da Poggibonzi chiamavasi.

23 - Questi dunque, havendo molto esattamente considerata la divota richiesta della buona Margherita, e conoscendo, che era molto giusta, e che tutto ciò, che voleva soministrare a quel suo nuovo Convento, era abbondevolmente bastante per il mantenimento delle sudette Monache, ne diede la dovuta informatione al Vescovo, il quale, conferito il negotio col suo Capitolo, e passato felicemente il partito, concesse poi la bramata licenza alla mentovata Margherita, la quale complendo molto esattamente con quanto promesso haveva, fecesi finalmente la Fondatione del Monistero nel sudetto suo Fondo, fuori della Porta. Tuffi, al quale Monistero poi donò alcuni pezzi di terra, a quello contigui. Come poi, per la vita esemplare di quelle buone Religiose, che vi andarono ad habitare, notabilmente si augmentasse a poco a poco, così nella fabrica, come nelle facoltà, e specialmente all'hora quando Pandolfo Petrucci Signore, et Arbitro della Republica di Siena, vi Monacò una sua Figlia; e come per la malvagità de' tempi fosse distrutto, e disfatto il sudetto Monistero già fatto molto grande, e maestoso; e come per qual cagione le povere Monache furono costrette a star racchiuse nel Palazzo de' Signori Petrucci fin tanto, che si diede principio al nobilissimo Monistero, in cui hoggidì tuttavia in numero considerabile, con gran fervore di spirito, attendono più che mai al santo servitio del loro Celeste Sposo Giesù Christo, con altre molte peripetie, [V, p. 520] l'andremo susseguentemente, col divino volere, scrivendo ne' suoi proprj tempi, e luoghi proportionati, seguendo puntualmente la sicura traccia delle notitie, che già ci furono inviate dalla somma gentilezza della Madre Suor Angela Tolomei, in quel tempo Abbadessa del detto Monistero.

24 - E qui ci torna in acconto di dare quella poca relatione, che potiamo degli altri quattro Monisteri di Monache Agostiniane, quali dicessimo sotto l'Anno 1328 essere in Siena, seguendo la notitia, che ci diede, come notassimo nel detto Anno, Christofaro Piochi publico Notaio, e Cancelliere della Curia Archiepiscopale della mentovata Città di Siena. Questi dunque, parlando del Convento della Concettione, dice, che se bene non si sa il tempo preciso in cui fu fondato, nulladimeno, e cosa certa, ch'egli è antico d'alcune centinaia d'Anni, e soggiunge, che anticamente, mentre la Republica era libera, il Capitano del Popolo, che era il moderatore principale della detta republica, quando ogni tre Anni si doveva fare l'elettione della nuova Abbadessa di questo Convento, inviava colà ad assistervi per sua parte uno delli tre Confalonieri, un Consigliere, et il Cancelliere, e doppo eletta detta Abbadessa li consegnava un'Annello, promettendoli per parte del detto Capitano la sua protettione: e questa honorevole usanza, fino al giorno d'hoggi, puntualmente si mantiene.

25 - Quello di S. Monica (benchè sia anch'egli antico intorno a questi tempi, nulladimeno, come non potiamo assegnare l'Anno preciso della sua fondatione, che però lo registriamo anch'esso fra quelli d'incerta origine in questo luogo) fu anticamente anch'egli come gli altri governato per qualche tempo da' nostri Religiosi, che però ne' Registri dell'Ordine se ne fa diverse volte mentione, come pure degli altri. Vivono le Religiose di questo Monistero con molta osservanza, come altresì tutti gli altri mentovati di sopra, e che mentovaremo anche fra poco; ha sufficienti entrate per mantenere commodamente sopra 40 Religiose.

26 - Viene appresso il Religiosissimo Monistero di S. Maria degli Angeli, detto volgarmente delle Santuccie, tutto perché trasse la sua prima origine, in tempo però incerto, da alcune buone Donne, le quali si congregavano insieme, e facevano molti esercitij spirituali, per i quali davano grand'esempio e molto buona edificatione di se stesse a tutta la Città; per la qual cosa infervorandosi sempre più nelle loro divotioni, alla perfine ridottesi insieme fondarono il sopradetto Convento di S. Maria degli Angeli, il quale conserva pur tutt'hora più che mai nel suo primo vigore l'esatta osservanza della nostra Santa Regola, che però sempre ancora ha ritenuto il nome delle Santuccie. Mantiene assai bene con le sue proprie rendite sopra 60 Vergini velate, la maggior parte delle quali è della primaria Nobiltà della Città: hanno una bellissima Chiesa, e Convento, e nella detta Chiesa vi sono molte Reliquie insigni, e fra l'altre vi è il capo del glorioso S. Galgano dell'Ordine nostro, che fu Alunno della Riformata Congregatione del P.S. Guglielmo, la cui Vita mirabile, molto copiosa, registrassimo nel Tomo 4 sotto l'Anno 1181.

27 - Evvi parimente nella Città di Siena un altro nobilissimo Convento del nostro Sagro Istituto, dedicato al glorioso Apostolo, e gran Predicatore delle genti S. Paolo, il quale, quantunque sia anch'egli antico d'alcune centinaia d'Anni, nulladimeno, perché non si sa la certa origine di quello, perciò quivi da noi con gli altri si registra. Questo Monistero mantiene anch'egli intorno a 40 e più velate, le quali anch'esse vengono dalle case più Nobili di quella Patria.

28 - Vi resta per ultimo il Nobilissimo Reclusorio, volgarmente chiamato di Madonna Agnese: fu questa una divota [V, p. 521] Cittadina, la quale in tempo antico, ma però incerto, fondò un Ospitale, nel quale fino al giorno d'hoggi si raccogliono le Donne povere, doppo che hanno partorito, e sono governate con molta carità per alcuni giorni. Fondò poi il sudetto Reclusorio annesso a mentovato Ospitale, in cui istituì una Congregatione d'alcune Verginelle, le quali, senza obligarsi con alcun Voto, osservano la Regola del nostro P.S. Agostino, e portano habito a quella conveniente; non osservano la Clausura alla maniera delle Monache; gli è ben vero però, che escono molto di rado, e non vanno in altre Case, che de' loro più stretti Parenti. La Chiesa di questo Ospitale, per la sua bellissima Architettura, e per la vaghezza degli ornamenti, e per la finezza delle Pitture, viene stimata nel suo genere una delle più belle della Città. Quanto al governo dipende totalmente dalle buone regole, che li vengono date all'Altezza Sereniss. del Gran Duca, sotto la Protettione del quale felicemente vivono, come anche sotto quella dell'Illustriss. Signoria di quella loro Patria; et è da notarsi, che in quel Reclusorio non v'entrano fuori che Citelle della prima Nobiltà. Ne' tempi a venire, a Dio piacendo, ne tornaremo, così di questo, come degli altri Conventi di Sopra mentovati, con opportuna occasione a favellare.