Tomo V

Anni di Christo 1345 - della Religione 959

1 - [V, p. 558] Gran misfatto commise in quest'Anno Giovanna Prima Regina di Napoli, che fu Nipote del buon Re Roberto; imperciochè essendosi costei sposata con Andreasso fratello del Re d'Ungheria, alcun tempo prima, in quest'Anno, non so da qual spirito Diabolico agitata, fattolo all'improviso prendere da alcuni suoi Sgherrani, lo fece altresì da quelli empiamente strangolare: e poscia, acciò il Mondo tutto sapesse per qual cagione, a commettere un tanto eccesso ella mossa si fosse, si sposò ben tosto con Lodovico figlio del Principe di Taranto, di cui erasi fieramente innamorata.

2 - In quest'Anno medesimo, mentre il nostro santo, e benedetto Generale, Maestro F. Dionigio da Modana, stava visitando con gran zelo la Religione, essendo arrivato nella Città di Colonia, Capo nobile della famosa Provincia di Fiandra, che dal suo capo ancora di Colonia si denomina, et havendo già dato principio alla visita del gran Monistero, che in quella Città pur tuttavia possiede la Religione, ecco che di repente gravemente s'inferma, et in termine di pochi giorni santamente morendo, l'Anima di lui se ne vola, come piamente si crede, in Cielo, a ricevere il premio delle sue sante fatiche, e virtù. In qual Mese poi, et in qual giorno di quest'Anno presente succedesse la morte di questo gran Servo di Dio, non lo dicono gli Autori, che di lui scrivono, cioè il Coriolano, il Panfilo, il Crusenio, l'Errera, et altri. Io però certamente stimo, che morisse nel bel principio dell'Anno; imperciochè essendosi celebrato il Capitolo Generale in Parigi nel Mese di Luglio, per creare un altro Generale in luogo del Defonto, fa di mestieri, che per fare la convocatione da tutte le parti dell'Ordine de' Padri Vocali, che dovevano votare, vi coresse di mezzo il tempo di quattro, o cinque Mesi per lo meno. Prima però, che io passi a descrivere il detto Capitolo di Parigi, mi giova di dar quivi un brieve saggio della Santa Vita di questo benedetto Generale.

Brieve racconto della Vita, e Morte esemplare del Vener. Servo di Dio Maestro F. Dionigio da Modana Generale dell'Ordine Agostiniano.

3 - Quanto alla Patria, in cui nacque questo gran Servo del Signore, gli è certissimo, che fu l'antichissima Città di Modana. Quanto poi alla Prosapia, et a' Parenti, da quali trasse l'origine, non habbiamo potuto ritrovare alcun'Autore, che ne dica né pure una sola parola; laonde né meno noi ci potiamo ariischiare di dirne alcuna cosa, se non vogliamo togliere ad indovinare: gli è ben vero però, che havendo la medesima Patria, indi ad alcuni Anni, doppo la morte del nostro Dionigio, dato alla nostra Religione un altro Dionigio della nobil Casa Restani, il quale, come a Dio piacendo nel suo tempo vedremo, fu un gran Servo di Dio anch'egli, e morì Vescovo di Modana, con tal fama di Santità, che Gasparo Silingardi si arrischia di scrivere nel suo Gatalogo de' Vescovi Modanesi, che doppo S. Geminiano, non vi era stato un Vescovo più Santo di Dionigio; hora potrebb'essere, che il nostro Dionigio, di cui hora parliamo, fosse stato della medesima Casa Restani, e che perciò il secondo, nel farsi Religioso, prendesse il nome di Dionigio, per rinovare la memoria del primo.

4 - [V, p. 559] Communque sia, potiamo probabilmente credere, che egli nascesse di Parenti molto honorati, e buoni Christiani, e che da essi havesse un'ottima educatione; che però nel più bel fiore degli Anni suoi, egli prese santa risolutione di abbandonare il Mondo con tutte le sue vanità, tanto apprezzate da forsennati Mortali, e di prendere, come fece, con incredibile contento dell'Anima sua, l'Habito sagro della nostra Santa Religione nell'Antico Monistero del nostro P. S. Agostino della sua Patria. Fattosi dunque Religioso, diede nel tempo della sua Approbatione, tal saggio della sua futura Santità, e Dottrina, che nel fine di quello, fu con grande allegrezza, e giubilo universale, ammesso da que' buoni Padri alla solenne Professione. E perché egli era dotato d'un ingegno capacissimo di apprendere qual si voglia Scienza, che insegnata li fosse, fu perciò dalla Religione applicato allo studio prima delle Filosofiche discipline, e poscia delle Scolastiche, e Teologiche, prima ne' Conventi di studj di questa sua Provincia di Romagna, e poscia ne' Conventi Generali dell'Ordine.

5 - Così dunque essendosi fatto conoscere un'eminente Teologo il nostro Dionigio, fu creato Bacciliere, e mandato a Parigi a leggere in quella famosa Università il Maestro delle Sentenze, et ivi hebbe Discepoli, li quali poi riuscirono anch'essi insigni Maestri, e Dottori; e fra gli altri uno fu il famosissimo Maestro F. Bartolomeo d'Urbino, il quale, come nel suo tempo, col favore divino, diremo, ad instanza di Clemente VI compose il Milleloquio di S. Ambrogio, è quello altresì del nostro P. S. Agostino; e fu poi anche dallo stesso Pontefice creato Vescovo della sua Patria d'Urbino.

6 - Havendo finalmente Dionigio terminata la sua Lettura in Parigi, poco appresso fu creato Maestro; poscia ritornato in Italia, fu dal Generale Guglielmo da Cremona posto di stanza nel nuovo Convento di S. Agostino di Pavia, così per assistere alla magnifica fabrica di quello, come anche affinchè in qualità di Reggente amaestrasse la Gioventù di quel nobilissimo Monistero. Mentre poi vi stette di stanza hebbe opportuna occasione di contraere stretta amicitia spirituale con una Santa Vergine Religiosa del Terz'Ordine del Patriarca S. Domenico, chiamata Sibillina, la quale essendosi fatta Suora del detto Ordine da giovinetta, indi a poco divenne cieca, del che rendendone somme gratie al Signore, fecesi racchiudere in una picciola Celletta, ove stette santamente vivendo fino alla morte, che fu santissima. Hor con questa Serva di Dio haveva il nostro Dionigio frequentissimi colloquj delle cose del Cielo, nel qual tempo veramente parevale di stare in Paradiso a conversare con gli Angeli: e ben si può dire, che se prima di conoscere la detta Beata Verginella, egli era un gran Servo del Signore, con la santa conversatione poi di quella raddoppiasse notabilmente la sua Santità.

7 - Essendo poi stato creato Vescovo di Novarra il sopramentovato Generale Maestro F. Guglielmo da Cremona nell'Anno del Signore 1342 e dovendosi perciò celebrare il Capitolo Generale nella vicina Città di Milano nell'Anno seguente del 1343 per eleggere il nuovo Generale, fu egli appunto nel detto tempo, come all'hora vedessimo, creato Pastore supremo di tutto l'Ordine, con applauso universale di tutti que' Padri Capitolari, li quali fra tanti Soggetti, che in quel tempo felice illustravano la Religione, non seppero ritrovare alcuno, che più del nostro Dionigio meritasse quel sublime Posto. Havendo poi preso il possesso del suo supremo Ufficio, è fama certa, che dasse principio alla visita importante della Religione, e che di primo tratto visitasse nel rimanente del detto Anno 1343 le Provincie dell'Italia; e che doppoi nell'Anno seguente [V, p. 560] passasse di là da' Monti a visitare le Provincie della Francia, e fors'anche quelle della Spagna.

8 - Spedito poi dalla visita delle Provincie Occidentali, se ne passò nella Fiandra, et havendo visitata per la maggior parte ancora quella nobilissima Provincia, volendo altresì visitare le Provincie del Settentrione, cioè della Germania, della Boemia, della Polonia, e dell'Ungheria, ed altre simili, verso la famosa Città di Colonia torse il camino; ma non così tosto colà fu giunto, che fu sorpreso da una gravissima infirmità, quale conoscendo egli dover essere l'ultima di sua vita, grandemente si rallegrò, e ne rese molte gratie al Signore, che si fosse degnato una volta di liberarlo dalle miserie di questa vita mortale, e di chiamarlo nel Cielo a godere in eterno la Beata Visione della sua Faccia Divina. Così dunque preparandosi con tutto lo spirito alla vicina morte, doppo haver presi con grandissima divotione i Santi Sacramenti della Chiesa, tutto assorto in Dio santamente spirò. E se bene non si sa precisamente né il giorno, né il Mese del suo beato passaggio, nulladimeno fa necessariamente di mestieri, che ciò avenisse, come più sopra motivassimo, nel principio di quest'Anno presente del 1345 altrimente non haverebbero havuto tempo li Padri Vocali dell'Ordine di essere convocati a fare il Capitolo Generale in Parigi nel Mese di Luglio.

9 - Ma qui gli è necessario, che facciamo ritorno in Pavia, e che andiamo a sentire dalla profetica bocca della B. Sibillina, più sopra mentovata, i felicissimi eventi del nostro glorioso Dionigio. Questa Serva di Dio dunque in quel medesimo momento, in cui spirò l'Anima sua il nostro Santo Generale, mandò a chiamare alcuni Padri del nostro Monistero di S. Agostino, fra quali certamente mi persuado, che uno fosse il Priore; ai quali havendo chiesto, che nuove havessero del Generale, e rispondendo essi, che l'ultime Lettere davano aviso del suo arrivo in Colonia; ciò inteso, soggiunse tosto la Serva di Dio: "Padri pregate Iddio per l'Anima sua, perché egli di già è morto, e quella si ritrova nel Purgatorio". Et indi a pochi giorni tornò a dire, che ella haveva veduta quell'Anima benedetta tutta circondata di Celesti Splendori, essere portata da gli Angeli in Paradiso. In comprobatione poi di ciò, che detto haveva, le prime Lettere, che vennero di Colonia, diedero aviso, che appunto il Generale sudetto era morto in quell'hora, et in quel punto, che ella predetto haveva a' nostri Religiosi, come se per aventura ella ritrovata si fosse presente con lo Spirito alla di lui beata morte. Tutto questo racconto l'habbiamo cavato di peso dal cap. 20 del lib. 2 dell'Historia Domenicana del P. Maestro F. Ferdinando del Castiglio.

10 - Essendo dunque il Generale Dionigio, per mezzo d'una beata morte, felicemente passato al godimento dell'Eterna Gloria, quel Religioso, che fu sostituito ad esso in qualità di Vicario Generale Apostolico, mandò subito per tutte le Provincie dell'Ordine le Lettere convocatorie, le quali invitavano i Padri Vocali a passare nella gran Città di Parigi, nella quale verso il principio di Luglio dovevasi celebrare il Capitolo Generale per farsi l'elettione del nuovo Capo universale dell'Ordine. Così dunque, havendo tutti li Padri ubbidito alle commissioni del sudetto Vicario, fecesi la detta elettione nel giorno undecimo di Luglio, e ben chiaramente si vidde, e si conobbe, che lo Spirito Santo, con la sua Divina Gratia, abbondevolmente favorita l'haveva, perochè la persona dell'eletto, e per bontà della vita, e per la grandezza della Dottrina, non poteva essere più meritevole, e più capace d'una così sublime, e degna Carica; attesochè fu egli cotesto, il famosissimo Dottore, e Maestro F. Tomaso d'Argentina, molto [V, p. 561] ben noto non solo all'Ordine nostro, ma etiamdio a tutta la Republica Letteraria. Panfilo, Crusenio, Errera, et altri Scrittori dell'Ordine.

11 - E perché in questi tempi scorreva per la Christianità ad ammorbare il Mondo la pestifera Eresia dell'empio Giovanni Vuiclef, e de' suoi diabolici Seguaci, affinchè non havesse questa malnata Peste da contaminare le Scuole, et i Studj della nostra Agostiniana Religione, saggiamente decretarono li PP. Deffinitori di questo Capitolo, che niun Reggente, o Lettore, né in publico, né in privato dovesse leggere, o insegnare a' suoi Studenti, o Discepoli, Dottrine nuove, e pellegrine, ma semplicemente dovessero proseguire a leggere Dottrine classiche, et universali, sodamente fondate nelle Pagine sagre, e stabilite con Cattolici fondamenti. E chi havesse havuto ardire di contrafare a questo prudentissimo Decreto, fosse tenuto, e stimato infame da tutto l'Ordine, e di vantaggio fosse privo di tutti li Gradi, de' quali fosse stato dalla Religione condecorato: così scrive nella sua brieve Cronica Agostiniana, il Panfilo a car. 54.

12 - In quest'Anno medesimo videsi nel Convento di Tolentino un gran Prodigio nel Santiss. Corpo del Glorioso P. S. Nicola, il qual Prodigio partorì tre stupendissimi Miracoli. Erano già scorsi, doppo la morte del Santo, ben 40 Anni intieri, e quel Santo Cadavere posto in una Cassa erasi conservato così intiero, e bello, come se pure all'hora separata si fosse da quello la di lui Anima Santa; la qual cosa considerata più volte da un Converso Tedesco, il quale era Sottosagrestano di quella nostra Chiesa, com'era anche molto divoto del Santo, per i Miracoli, che giornalmente vedeva operarsi da Dio, a beneficio de' bisognosi, per i gran meriti di quello; bramoso per tanto di arricchire la Chiesa del Monistero, di cui era figlio, nelle parti d'Alemagna; finalmente una tal notte, aprendo la sudetta Cassa, ove giaceva il mentovato Corpo Santo, con temerario ardire, e con sacrilega audacia, pensò di tagliare ambe le Braccia, e via fuggirsene con quelle al detto suo Monistero, et in effetto dato di piglio ad un coltello tagliente, e con quello prestamente recise le dette Braccia dal gombito a basso.

13 - Ma, oh stupori! Oh maraviglie di Paradiso! Ecco, che da quel taglio sacrilego comincia a spicciare in tanta copia il Sangue, come se havesse tagliate le braccia ad un huomo vivo, che quel misero, quantunque restasse oltremodo spaventato, ed atterrito nulladimeno, fatto animo a se stesso, prese due Piatti concavi, che volgarmente chiamansi Scutelle, et ambi si riempirono ben tosto di quel sagro Sangue: e come scorgesse, che tuttavia sgorgava nuovo Sangue, prese gran quantità di Bambagia, e con quella procurò d'asciugare quel Sangue, ma come vidde vana riuscire ogni sua industria, e fatica, alla perfine persistendo nella sua pertinace risolutione, prese una Tovaglia d'Altare, et in quella prestamente involgendo le Sante Braccia, uscendo di Chiesa, con gran fretta cominciò a caminare, come esso pensava, verso la Patria, ma ecco un nuovo Miracolo; perochè, doppo havere caminato tutto il rimanente di quella notte, mentre già su lo spuntare dell'Alba stimava d'essersi molto allontanato da Tolentino, ecco, che con sua gran maraviglia, e spavento, si vidde nel Chiostro del Monistero di Tolentino racchiuso.

14 - Agitato dunque il misero in un momento da mille strani pensieri, né sapendo, che partito si prendere in così grave emergente, alla perfine illuminato da Dio, pensò d'andarsi a gettare humilmente a' piedi del Superiore, e chiederli d'un tanto fallo misericordia, e perdono: et in effetto posto in esecutione, ciò che pensato haveva, non si può credere quanto attonito, e sbigottito restasse quel buon Prelato, [V, p. 562] insieme con gli altri Religiosi del Monistero, nel sentire, e nel vedere un così grande eccesso commesso da quel Converso dall'un de' lati, e dall'altro nello scorgere, e considerare li due stupendissimi Miracoli operati dal grande Iddio a gloria del suo Servo S. Nicola, cioè la maravigliosa uscita del Sangue da un Corpo estinto di 40 Anni, e della fuga miracolosamente arrestata di quel Laico meschino. Ma ecco, che aprendo la Tovaglia per levarne le Sante Braccia, apparisce un nuovo Miracolo; attesochè, essendo la detta Tovaglia rimasta tutta insanguinata, viddesi insieme col Sangue molta Manna pretiosa, la quale insieme col Sangue, era uscita da quelle Sante Braccia, nel qual prodigio, volle il benignissimo Iddio, dimostrare, che si come il suo Servo S. Nicola era stato figlio dell'intercessione del Miracoloso Vescovo di Mira S. Nicolò, così ad esso si rassomigliasse nell'operatione de' Miracoli, e specialmente ancora nel tramandare la Manna dal suo sagratissimo Corpo, come si dice far quello continuamente a prò de' sui Divoti.

15 - La serie poi di questo triplicato Miracolo, e prodigioso Evento, hoggidì a caratteri ben grandi si legge descritto in una Parete della Sagrestia di Tolentino nella seguente guisa. Sacrum furtum pius Latro excogitat, ut Alemanam Patriam illustret, Brachia scindit sacro a Corpore Divi Nicolai, quadragesimo sui obitus Anno cruor exivit: dumque ea Mundo linteamine involuit, Manna ubique spargitur, magno, ac nocturno itinere defatigatus, dum procul a Tolentino se esse credit, arte divina deluditur, intra septa Monasterij clara luce secernit deprehensum, audax facinus accusans, ac deplorans, veniam sibi poscit benignam. Argenteis deauratis, gemmatisque hic vasibus pretiosum redditum furtum colitur: tribus Miraculis cunctis saeculis admirandum.

16 - Furono poi fatte due bellissime Braccia d'Argento indorate, nelle quali furono risposte le Sante Braccia, le quali si conservano in una Cassa coperta di ferro cinta di grossa catena, e chiusa con tre chiavi, una delle quali fu consegnata a quell'Illustrissima Communità, l'altra al Priore del Monistero, e la terza alla Nobilissima Casa Mauritia, per essere ella in sommo grado benemerita, così del Santo glorioso, come della Religione: e quando si mostrano le dette Braccia, viene il Magistrato con la sua chiave, ed assiste in forma solenne alla detta ostensione, alla quale non v'è persona così indevota, che vedendo quelle Braccia sagrosante, non prorompa in lagrime di tenerezza, e di divotione. Il Santo Corpo poi, acciò non fosse mai più da alcuno temerariamente violato, con altre furtive recisioni, fu con accorto consiglio dalla Religione, e dalla sudetta Communità, occultatissimamente nascosto nella stessa Capella in luogo totalmente ignoto; se bene corre una tal traditione, che sia noto il luogo sudetto al più Vecchio della Communità, e del Convento, e che questi morendo, lo rivelino a gli altri più Vecchi, e così di mano in mano. Se poi questa traditione sia vera, io non lo so; so bene, che più volte l'ho intesa dire nella stessa Città di Tolentino.

17 - Ma proseguiamo a favellare delle medesime Braccia, con riferire anticipatamente, e come di passaggio, l'alte meraviglie, che il Grande Iddio si è degnato, e tutt'hora si degna di dimostrare, per mezzo di queste Venerande Reliquie, a gran beneficio della sua Chiesa, e di tutto il Chrisianesimo; attesochè gli è da sapersi, che queste benedette Braccia, non solo quando furono tagliate da quel Laico sopra mentovato, tramandarono fuori in tanta copia il Sangue, come habbiamo di sopra veduto, ma di vantaggio ancora moltissime altre volte si è veduto in esse il sudetto prodigioso Miracolo; anzi che quasi d'ordinario, ogni qualunque volta la Santa Chiesa, et il il Christianesimo, [V, p. 563] così in particolare, come in universale, ha da patire qualche disastro, il nostro S. Nicola anticipatamente lo piange con lagrime di Sangue, che sgorgano da quelle Santissime Braccia. Così è fama certa autenticata delle penne di molti Scrittori, che succedesse nella perdita di Costantinopoli, successa nell'Anno di Christo 1453 e che lo stesso susseguentemente avenisse nelle perdite dell'altre parti di quel sempre non meno infelice, che Scismatico Imperio dell'Oriente. Tanto per appunto ultimamente ha stampato in un Libretto, che tratta di questo Sangue prodigioso, Gioseffo Arimani in Perugia l'Anno 1675.

18 - E per venire a' tempi più vicini, et a cose più certe, e sicure, quando la Christianità perdè la famosa Isola di Rodi nell'Anno 1522 videsi prima sgorgare il Sangue dalle Braccia del gran Nicola. Lo stesso avenne nella perdita di Belgrado, e di Buda in Ungheria. E nella perdita altresì, che si fece nell'Anno di Christo 1570 del delitioso Regno di Cipro, pianse amaramente il Santo col Sangue, che spicciò dal Braccio destro. Così pure, quando nell'Anno 1574 si prese la Goletta Piazza fortissima, che teneva in freno, non solo la Città di Tunisi, ma etiamdio tutte le Coste Affricane; haveva egli il glorioso S. Nicola antecedentemente dimostrato il suo dolore per perdita così grande, con alcune goccie di Sangue, che stillò dal braccio sinistro. E quando parimente Sinam Bassà hebbe per tradimento nelle mani, l'importantissima Piazza di Giavarino, stimata, per la sua gran fortezza, la chiave della Christianità in Ungheria, dimostrò la sua afflittione il Santo, con tramandare il Sangue sotto la mano del Braccio destro, e questo avenne nell'Anno 1594. Gli è ben vero però, che indi a non molto, il Conte di Suatzemburgh, con un nobile statagemma, assistito, come piamente si crede, dallo stesso Santo, la ritolse a' que' barbari Turchi.

19 - Quando altresì il Sommo Pontefice Paolo V nell'Anno di Christo 1606 vibrò il fulmine dell'Interdetto contro la Serenissima Città di Venetia, il Santo per la compassione, che hebbe di quella gran Città, tanto al suo nome divota, stillò Sangue dal Braccio sinistro; e forse sono quelle, che hoggidì conserva, e gode con gran riverenza, e divotione il nostro insigne Convento, e Chiesa di S. Steffano della detta Città. Stillò Sangue ancora dallo stesso Braccio sinistro nel 1610 per l'infausta morte d'Enrico IV Re di Francia. Così pure fece lo stesso motivo nel Braccio sinistro verso il Gombito ne' moti di Guerra, che passarono fra il Duca di Savoia, e la Republica di Genova intorno all'Anno 1625. E nella perdita della Canea, Città fortissima del Regno di Candia, successa nell'Anno 1645 tramandò Sangue dal Braccio sinistro. Ma che diremo del pianto grande, col quale egli pianse nel Mese di Luglio dell'Anno 1656 le future miserie, che soprastavano a Roma, Napoli, e Genova, per l'horrida Peste, che cotanto in quell'Anno le afflisse, e travaglio; uscì poi questo pianto di Sangue dal Braccio destro, e dal Police di quello; e fu così maraviglioso, e segnalato questo sanguinoso pianto di S. Nicola, che il Sommo Pontefice Alessandro VII di Santa Memoria, che n'era oltremodo divoto, ne fece formare, e stampare autentico Processo, nel frontispicio del quale vi fu posto questo Titolo: Instrumentum Fidei continens emanationes Sanguinis Divi Nicolai Tolentinatis. Verbi Iesu Sanguine praedicamus Sanctam esse constructam Ecclesiam, et Sanguine Sancti Nicolai narramus esse protectam.

20 - Non si sa però mai, che in tempo alcuno uscisse già mai tante volte in pochi giorni, et in tanta copia il Sangue da quelle Sante Braccia, quanto fece dal sinistro nell'Anno del Signore 1671 attesochè sei volte convenne a Monsign. Cini Vescovo di Macerata, [V, p. 564] e di Tolentino, di visitare altretante Emanationi così copiose, che non solo il Cristallo, in cui sta racchiuso quel Santo Braccio, ma etiamdio la Copertina di Broccato, che lo ricuopre, videsi mai sempre, così da esso Prelato, come dal Magistrato della Città, e da' Padri del Convento, aspersa, e macchiata di Sangue in più luoghi. Et un giorno, mentre Monsig. Corsi Visitatore Apostolico, stava visitando il detto Braccio, uscirono da esso tre gocciole di Sangue; le quasi così frequenti Emanationi, piansero primieramente la perdita già fatta della famosa Metropoli del Regno di Candia; e poi appresso pressaggirono l'horribile Terremoto, che scosse le due Città di Cesena, e di Fano, et hebbe a sconvolgere tutta quant'era la Città di Rimini. E di vantaggio ancora pianse il gran Nicola la spaventosa, e terribile Carestia, che grandemente afflisse la per altro feracissima Sicilia, della qual Carestia, e fama, che perissero di fame intorno a 70 mila persone. Pianse la futura perdita di Caminiez, che era l'antemurale della Polonia. La morte dell'Imperatore Ferdinando IV. La Ribellione degli Ungheri. La Sollevatione di Messina. E le rotture universali fra quasi tutti i Principi Christiani, massime fra quelli dell'Occidente, e del Settentrione.

21 - Ma passiamo hoggimai all'ultima Emanatione successa pochi Mesi sono, cioè alli 17 e 18 del Mese di Luglio dell'Anno 1676 in cui stiamo hora scrivendo, la quale è stata puntualmente avisata dal P. Antonio Berti da Imola, che sta di stanza nel Convento di Tolentino, e si è ritrovato presente alla visita delle Sante Braccia, fatta da Monsig. Vescovo di Macerata, e Tolentino, con l'intervento del Magistrato, e de' Padri del Convento, in una sua Lettera al P. Gio. Antonio da Forlì Lettore nel Convento di S. Maria della Misericordia in questa Città di Bologna, data in Tolentino a 2 di Luglio 1676 la quale, perché puntualmente, e con molta chiarezza esprime, il prodigioso successo, la vogliamo qui produrre, et è la seguente:

Molto Rever. Padre Sig. e Padron Colendissimo.

22 - Non hebbi tempo Venerdì passato di avisarla del nuovo prodigio, che il nostro Gloriosissimo S. Nicola nuovamente ha mostrato, con l'effusione di nuovo Sangue delle sue Sante Braccia. Sappia dunque, che in detto giorno, che fu il 17 del corrente, mentre su le 23 hore in circa si mostravano dette Sante Braccia a certe Signore Parenti del Signor Cardinale Crescentio nuovo Vescovo di Reccanati, e Loreto, si vidde scaturire dal Braccio sinistro una stilla di vivo Sangue, la quale, scorrendo per la parte di dentro del cristalletto quadro, ultimo in detto Braccio, dalla parte di sotto, e poi piegando verso il lato destro del detto cristallo, e trovato esito tra la commissura dell'argento, et il cristallo, sgorgò fuori, e scorrendo per l'argento, andò a posarsi nel fine del Braccio, con haver segnato di sangue non solo il detto cristallo, ma ancora l'argento dalla parte di fuori del detto cristallo fino alla fine del Braccio, spatio di 4 in 5 dita in circa di longhezza. La sera seguente, che fu li 18 del corrente a hore una, e mezza di notte in circa, con l'intervento del Magistrato, e di Monsig. Vicario Episcopale, aprissimo secretamente la Cassa, e levato fuori detto Santo Braccio, osservassimo, che il Sangue sopradetto uscito, era affatto quasi congelato, senza che si osservasse altra mutatione, se non che vedessimo il Braccio gonfio, e tumido in tal maniera, che nel cristallo grande, e rotondo, che sta in mezzo dall'altra parte del Braccio, nel quale si vede il Sangue dell'ultima effusione passata del 1671 compariva detto Sangue rinverdito, che pareva, che fosse di fresco scaturito dal Braccio. [V, p. 565] Riposto poi il detto Braccio, fu pigliato il destro per vedere se in esso appariva novità alcuna, e guardandolo minutamente, vedessimo nel cristalletto connesso, che sta da basso nella parte di dietro del Braccio, apparire nuovo Sangue, e specialmente una goccia larga quanto un grano di lente in circa, fresca come uscita all'hora, starsene attaccata al detto cristallo dalla parte di dentro, et osservassimo nella Copertina, che cuopre il Santo Braccio, giusto in quella parte dove era stato appoggiato il detto cristallo, sei gocciolette di Sangue, tra le quali la maggiore grossa quanto un Cece bianco in circa, compariva ancora fresca, come stillata all'hora, e fu osservato ancora il detto Braccio gonfio fuor di modo con la carne tumida. Questa sera, con l'intervento di Monsig. Illustriss. Vescovo venuto a quest'effetto da Macerata, si sono di nuovo visitate, doppo suonata l'Ave Maria, le Sante Braccia, e non habbiamo osservata, a Dio piacendo, veruna novità, solo che, restano le Sante Braccia tumide, e gonfie. Quelli, che sono pratici de' Processi, già fatti in simili occasioni, dicono, non esservi memoria, che mai tutte due le Sante Braccia (dalla prima volta in poi, che furono recise) habbino nello stesso tempo mandato Sangue, come hora si osserva, essendo sempre ciò successo separatamente, quando in uno, quando nell'altro: forsi questa volta per la multiplicità de' nostri peccati, i flagelli hanno da essere a due mani. Dio ci agiuti con la sua gratia, e S. Nicola con la potente sua Intercessione; e di cuore la riverisco. Tolentino li 20 Luglio 1676. Divotissimo Servitore F. Antonio Berti da Imola. Al P. Gio. Antonio di Forlì Lettore della Misericordia. Bologna.

23 - E quantunque io volentieri ammetta, et approvi l'interpretazione del P. Berti, nulladimeno mi giova di produrre anch'io un'altra interpretatione più mite, e più soave, et è; che il glorioso S. Nicola, cinque giorni, avanti la morte del Santissimo Pontefice Clemente X, di sempre felicissima memoria, ha volsuto tramandare da ambe le sue sagratissime Braccia il suo pretioso Sangue, per corrispondere al duplicato honore fattole da quel gran Pontefice, così nel concedere di nuovo a tutta la Chiesa universale l'Officio della sua Festa sotto Rito doppio, che già era stato ridotto al Rito semidoppio da Clemente VIII come altresì per haver concessa alla sua Agostiniana Religione, facoltà di potere recitare una volta il Mese, in giorno non impedito da officio di 9 Lettioni, l'Officio della sua Commemoratione sotto Rito semidoppio. Potiamo aggiungere di vantaggio, haver egli ciò fatto altresì per contracambiare quel benignissimo Pontefice, per le molte gratie segnalate, e singolari, concesse con larga mano in tutto il tempo del suo Pontificato, alla sua, e nostra Santissima Religione, e ciò sia detto senza alcun pregiudicio della verità; perochè io sempre intendo di rimettermi al giudicio incorrotto della nostra Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica, e Romana, la quale è la vera, e legittima Interprete delle cose più recondite, e rare del Cielo, e dellla Terra.

24 - Ma tempo è hormai, che proseguiamo il filo dell'Historia di quest'Anno, quale habbiamo per brieve tratto tralasciato per favellare anticipatamente del prodigioso Sangue che va di tempo in tempo, secondo il divino volere, miracolosamente sgorgando dalle Santissime Braccia del glorioso S. Nicola; e di primo tratto fa di mestieri, che diciamo: Che havendo in questo tempo i perfidi Turchi fatta, con un poderoso Esercito, una generale irrutione nelle parti della Romania, con [V, p. 566] porre a saccomano, et a ferro, e fuoco tutto quel nobilissimo Paese; et essendone perciò giunta l'infausta nuova alle pietose orecchie del Santo Pontefice Clemente VI il quale, come ne sentì un'estremo dolore, così con generosa risolutione determinò di apportare, e di applicare a tanti mali qualche opportuno rimedio; che però con le sue sante esortationi indusse il Re di Cipro, et il Gran Maestro de' Cavalieri Gierosolimitani con altri Principi, e Signori Christiani, a soccorrere con le loro Armi quella povera Christianità cotanto afflitta, e mal tratata da que' Barbari Miscredenti. Scrisse altresì a tutti i Prelati della Chiesa di Dio, et anche a tutti i Principi per lo stesso effetto.

25 - E perché sapeva, che la predicatione della Parola di Dio haveva forza incomparabile a muovere i Popoli a prestare validi agiuti, così di gente, come di danari, determinò parimente di ordinare alli Generali delli quattro Ordini Mendicanti, che dovessero destinare in ogni Provincia quattro, o cinque Predicatori di buon spirito, e talento, li quali nelle dette Provincie predicassero a vicenda la Crociata contro de' sudetti Infedeli, con alcune conditioni, e circostanze, le quali ben'a lungo si descrivono nelle quattro Bolle dirette per tal'effetto alli Generali delli quattro Ordini sopramentovati. E perché tutte le dette quattro Bolle sono del medesimo tenore, io quivi produrro solamente quella, che fu diretta al nostro Generale, la quale appunto è questa, che siegue, et è l'Epistola 175 nel Regesto di quest'Anno.

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

26 - Dilecto filio Priori Generali Ordinis Fratrum Eremitarum S. Augustini, salutem, et Apostolicam Benedictionem. Magna repleti mentis amaritudine, tactique dolore cordis intrinsecus dudum auditis durissimis oppressionibus, e sevissimis afflictionibus, quas gens illa Turcorum, blasphemorum, et persecutorum crudelium Nominis Christiani fidelibus in Romania, et Locis circumvicinis degentibus intulerant, et continue ferali rabie inferebant, paternae pietatis nequivimus viscera continere, quominus eisdem fidelibus, prout habebat fide dignorum relatio dolorosa, per Turcos praedictos eorum sanguinem sitientes, tam per Terram, quam per Mare impugnabantur hostiliter, vastabantur ignis incedijs, spoliabantur bonis suis vulnerabantur, capiebantur, et sicut animalia ducebantur in praedam, multis in ore gladij horribiliter interfectis, providere de alicuius opportunae defensionis, et protectionis subsidio curaremus. Ideoque tam per nos, et Romanam Ecclesiam, quam Charissimum in Christo filium Hugonem Regem Cypri Illustrem, et dilectos filios Magistrum, et Fratres Hospitalis S. Ioannis Hierosolymitan. ac Ducem, et Commune Venetorum, et quosdam fideles alios certam Armatam Galearum tenendam in illis partibus pro certo tempore illuc ordinavimus destinandam. Postmodum autem attendentes, quod negotium huiusmodi non solum ad defensiones Fidei, et professorum ipsius, sed ad eamdem Fidem Catholicam ad laudem, et gloriam divini nominis, consolationemque totius caetus fidelium dilatanda ampliori egere fulcimento, quod multarum exigebat expensarum profluvia noscebantur, ad quae facilius, et utilius supportanda fidelium auxilia, et charitativa subsidia oppotuna multipliciter existebant, ad hoc fideles ipsos quibusdam spiritualibus munificentijs, Indulgentijs videlicet, et remissionibus providimus invitandos nonullis Ven. Fratribus nostris Archiepiscopis, et eorum Suffraganeis per nostras dantes literas in mandantis, ut ipsorum singuli, videlicet in suis singulis Civitatibus, et Dioecesibus, per se, ac alias personas Ecclesiasticas, Saeculares, et [V, p. 567] Regulares Ordinum quorumcunque idoneas curarent publice proponere verbum Crucis, et venerabile signum eius fidelibus illud devote suspicere volentibus, concedendo, et eorum humeris imponendo, et pro praemissis ad loca, de quibus eis videretur expediens, fideles convocando praedictos, eosque suis salubribus exhortationibus commonendo, ut recipientes cum reverentia signum Crucis, illudque suis cordibus imprimentes, contra infidelium praedictorum perfidiam insurgerent, et negotium ipsum assumerent, et prosequerentur viriliter, et potenter. Ut autem fideles praedicti tanto libentius praemissa studerent prosequi, quanto ex suis laboribus potiorem gratiam se percepturos sentirent. Nos de Omnipotentis Dei misericordia, et Beatorum Petri, et Pauli Apostolorum, eius auctoritate confisi, et illa, quam nobis Deus licet indignis ligandi, atque solvendi contulit potestatem, fidelibus ipsis, qui cum dicta Armata, vel alias in succursum, et subsidium Christianorum praedictorum partium Romaniae contra Infedeles eosdem in personis proprijs, et expensis suis per Mare, sive per Terram, infra dictum tempus proficiscerentur, et per unum Annum continue, vel interpolatim eodem durante tempore in dicti prosecutione negotij laborarent, necnon et illis, qui in eadem prosecutione decederent, vel vulnerati ex illis vulneribus ubicumque morerentur, illam suorum peccaminum, de quibus veraciter corde contriti, et ore Confessi fuerint, veniam duximus indulgendam, quae concedi transfretantibus in Terrae Sanctae subsidium, consuevit. Eis autem, qui non in personis proprijs, sed in suis dumtaxat expensis, iuxta facultatem, et qualitatem suam bellatores idoneos destinarent per tempus praedictum in huiusmodi prosecutione negotij moraturos, et illis similiter, qui licet alienis expensis, in proprijs tamen personis illuc accederent, per tempus moraturi suprascriptum, et eis etiam, qui tantum pro dicto negotio de bonis proprijs erogarent quantum essent illuc eundo per dictum tempus morando, et inde redeundo etiam expensuri, eamdem suorum concessimus veniam peccatorum. Huiusmodi quoque remissionis volumus, et concessimus esse participes, iuxta quantitatem subsidij, et devotionis affectum omnes, qui ad subventionem dicti negotij de bonis suis congrue ministrarent, et circa praemissa praestarent, auxilium, et consilium opportunum, sicut in eisdem Litteris plenius continetur. Et licet, sicut intelleximus, nonnulli, ex eisdem Archiepiscopis, et Suffraganeis, circa praemissa exequenda satis se reddiderint diligentes, ut praedictum tamen negotium, pro quo, sicut habet multorum fide digna relatio, divina pietatis clementia, in plerisque Mundi partibus stupenda Miracula operatur, ferventibus, et sinceris affectibus prosequimur, amplius valeat auctore Domino, cuius res agitur, prosperari, volumus quod de tuo, ac dilectorum filiorum Praedicatorum, Minorum, ac Beatae Mariae de Monte Carmelo Ordinibus de singulis eisdem Ordinibus, videlicet in singulis Provincijs per Ordines ipsos destinatis, quatuor vel plures, seu pauciores Fratres idonei, prout ipsae Provinciae ampliores, vel strictiores fuerint, et expedire videbitur, deputentur, qui solemniter in Locis populosis, et insignibus Provinciarum ipsarum praedicationem, et publicationem faciant solemniter, diligenter, et fideliter supradictas. Quocirca discretioni tuae, per Apostolica scripta mandamus, quatenus in singulis Provincijs, per eundem tuum Ordinem, ut praefertur distinctis, assumi facias, et Ordines celeriter dictos, Fratres, qui zelum Dei habentes ferventer, et devote praedicationem, et publicationem huiusmodi exequi fideliter adhibita diligentia, et solicitudine studeant, et complere. Ne autem propter concurentiam Fratrum praefatorum Ordinum, qui ad praemissa, sicut [V, p. 568] praemittitur assumentur, oriri valeat dissensio, vel scandalum suscitari, sic volumus ordinari, quod in singulis eisdem Locis populosis, et insignibus, Fratres ipsi diebus Dominicis, et Festivis gradatim, et successive, sicut praecedunt, et subsequuntur in Processionibus ad huiusmodi praedicationem, et publicationem procedant, scilicet unus Frater ex eisdem Ordinibus uno die Dominico, vel Festivo, secundo alius alterius Ordinis, et tertio, et quarto alij Ordinum aliorum subsequentibus diebus Dominicis, et Festivis quosque praemissa compleverint solemniter, et devote. Ut autem Fratres ipsi ad huiusmodi Officium assumendi tanto laborent circa illud solertius, et devotius, quanto ampliorem fructum ex suis laboribus huiusmodi se cognoverint percepturos, eos iuxta quantitatem laboris, et devotionis affectum praedictarum Indulgentiarum esse volumus participes, et Consortes. Datum Avinion. 3 Kalend. Augusti Anno quarto.

27 - Essendo stato trasferito in quest'Anno da Clemente VI Pietro Gabrielli Vescovo di Gubbio da questa sua Cattedrale a quella di Fossombrone, fu subito creato Vescovo della sudetta Chiesa di Gubbio un nostro Religioso Francese gran Letterato, chiamato F. Ugo Labaila. La Bolla della detta sua elettione fu data in Avignone 15 di Luglio nell'Anno 4 del suo Pontificato. Ma indi a cinque Mesi in circa fu anch'egli trasferito da questa Chiesa a quella di Tolone in Francia: e fu data la Bolla di questa sua Traslatione pure in Avignone a 9 di Decembre di questo medesimo Anno 1345. Così per appunto scrive l'Ughelli nel Tomo primo dell'Italia Sagra alla colonna 694 num. 50.

28 - Li Sammartani nel Tomo 4 della loro Gallia Christiana a carte 1063 num. 24 fanno mentione di questo Vescovo registrandolo fra gli altri di Tolone; e quantunque lo riconoschino per Religioso Regolare, nulladimeno poi non esprimono di qual'Ordine egli fosse, si come fanno del suo antecessore nella detta Chiesa, che si chiamava F. Giacomo, quale pur anc'essi riconoscono per Frate, e lo provano tale, ma non assegnano poi l'Ordine, che professò. Parlando altresì del Vescovo, che successe al nostro Ugo nell'Anno 1357 non lo riconoscono per Frate Regolare, e pure noi l'habbiamo ritrovato nel Registro di quell'Anno del Generale Gregorio da Rimini, Religioso del nostro Sagro Istituto, come in quel tempo, a Dio piacendo, dimostraremo. Hor si come Ugo, e Pietro furono Religiosi dell'Ordine nostro, così stimiamo probabilmente, che dello stesso Ordine altresì fosse quel Giacomo, a cui successe Ugo, e la nostra ragione è questa; perché questi non fu dell'Ord. Domenicano, nè del Francescano, nè del Carmelitano, e nè tampoco, se piace a Dio, di quello de' Servi; dunque dall'esclusione di questi Ordini Mendicanti, ne siegue per necessaria conseguenza, l'inclusione del nostro: nè si può dire, che forse fu Monaco, perché li Monaci non si chiamano col titolo di Frate, come il detto Giacomo ne' suo Diplomi, prodotti da' Sammartani sudetti, espressamente si chiama. Fu poi questi eletto Vescovo della sudetta Chiesa di Tolone da Papa Giovanni XXII intorno all'Anno 1330.

29 - Essendo parimente morto in quest'Anno medesimo il Vescovo dell'Accerra chiamato F. Pietro dell'Ordine de' Minori, fu ben tosto eletto in suo luogo dal Capitolo di quella Cattedrale, un Religioso dell'Ordine nostro per nome F. Giovanni d'Alessandria: ma essendo poi stata presentata la sudetta elettione a Papa Clemente VI non la volle egli confirmare, anzi che in suo luogo elesse egli l'Archidiacono, Acheruntino, che Giacomo appellavasi. Così testifica l'Ughelli nel Tomo 7 della sua Italia Sagra alla colonna 641 num. 8 ove soggiunge tutto [V, p. 569] ciò costare dall'Epistola 4 dell'Anno 3 di Clemente nel Regesto.

30 - Fu altresì trasferito in quest'Anno di Christo del 1345 della sua Chiesa d'Aleria in Corsica a quella di Segni nella Campagna di Roma F. Guglielmo Arcombaldi: e la Bolla di questa Traslatione fu data in Avignone a 29 di Luglio di quest'Anno presente, et è nel Regesto l'Epistola 61. Successe poi a F. Arnaldo, il quale fu trasferito alla sudetta Chiesa d'Aleria, e forse questo F. Arnaldo fu anch'egli Agostiniano, attesochè io non lo ritrovo in alcun Cattalogo de' Vescovi degli altri Ordini Mendicanti. L'Ughelli Tomo primo in Ecclesia Signina, e Tomo 3 in Ecclesia Aleriensi.

31 - Riferisce parimente Andrea Sausaio negli Annali della Chiesa d'Orliés, che in quest'Anno l'Arcivescovo di Bourges con due altri Vescovi Regolari, uno dell'Ordine di S. Domenico, e l'altro dell'Ordine nostro di S. Agostino, con licenza di Papa Clemente VI fece la solenne Traslatione del sagro Corpo del glorioso S. Odilone Abbate dell'Ordine Cluniacense: e questa Relatione la cavò di certo dall'Archivio del Monistero Sivilniacense, nel quale appunto si conserva un Attestato della detta Traslatione fatto dal medesimo Arcivescovo di Bourges, il quale è del seguente tenore: Nos cum Reverendis in Christo Patribus Dominis Capituliensi Augustinianorum, et Sauloniensi Praedicatorum Ordinis Episcopis, etc. Datum apud Tolonem Claromontensis Dioecesis nostram Provinciam visitantes die 21 Iunij Anno 1345. Come poi si chiamase questo Vescovo nostro Capituliense, e di qual Patria fosse, le diremo sotto l'Anno 1349.

32 - Felice Milensio nel suo Alfabeto Germanico Agostiniano, ci da notitia d'un altro Vescovo nostro, il quale in quest'Anno consagrò l'Altare di S. Giovanni Evangelista nella Chiesa, come certamente stimo, del nostro insigne Convento di S. Catterina di Praga; nel cui Archivio, dice, conservarsi un Codice di carta pergamena, nel quale tutto ciò si legge. Era poi egli cotesto Religioso Vescovo di S. Maria Selananense nel Regno di Boemia: ma diamo le parole formali nel sudetto Codice registrate. Anno Domini 1345 Altare S. Ioannis Evangelistae dedicatum est a Venerabili Episcopo Sanctae Mariae Selananensis Ordinis Fratrum Eremitarum S. Augustini. Questa medesima notitia trascrisse pur anche nel Tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a carte 184 Tomaso Errera.

33 - Fu altresì spedito in quest'Anno dal Re di Maiorica, Ambasciatore straordinario al Re d'Aragona, per gravissimi affari, F. Antonio di Nicolò, che forse era di natione Maiorchino; di cui lo stesso Re D. Pietro d'Aragona parla con somma lode nella sua Cronica. Io poi mi persuado, che fosse Maestro, già che tutti gli Autori, che di lui scrivono, dicono essere stato Religioso di gran dottrina, e sapere. Vedasi l'Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 49.

34 - Per relatione dell'istesso Autore pur hora citato, fioriva in questo tempo istesso nella Provincia, e Regno di Portogallo, un altro insigne Dottore, e Maestro per nome F. Alfonso, le di cui opinioni sono alcune volte citate dal nostro famoso Arcivescovo di Siviglia, Maestro F. Alonso Toletano ne' suoi Commentarj, che fa sopra il libro primo del Maestro delle Sentenze: tanto per appunto scrive il detto Autore nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 54.

35 - Scrivessimo già sotto l'Anno di Christo 1332 che havendo Pietro di Mortomare Cardinale di S. Chiesa, e Vescovo d'Antisiodoro fondato per la nostra Religione nella sudetta Terra di Mortomare, un Convento assai cospicuo; e poi anche appresso un Colegio di 12 fanciulli, li quali dovessero essere istrutti nelle buone Lettere, e Virtù; acciò poi anche questa sua buona [V, p. 570] mente fosse eseguita senz'alcuno intoppo, procurò in quest'Anno, che il tutto fosse confirmato, così dalla Santità del Sommo Pontefice Clemente VI come dal Christianissimo Re di Francia. Il Pontefice però nella Bolla della sudetta Conferma, dice, che egli ciò fa, benchè sia repugnante alla Regola, et alle Costitutioni dell'Ordine nostro: le parole formali poi le quali ciò dice, sono queste: Quamvis, id esset contra Regulam, et Statuta eiusdem Ordinis. Così per appunto riferisce nel Tomo 2 dell'Alfabeto Agostiniano a carte 115 il mentovato Errera, il quale poi soggiunge, che il detto Cardinale, doppo haver fatto tutto ciò, se ne morì nel giorno del Venerdì Santo.