Tomo V

Anni di Christo 1350 - della Religione 964

1 - [V, p. 602] Il Sommo Pontefice Clemente VI havendo promulgata nell'Anno scorso per tutta la Chriastinità la Bolla del gran Giubileo dell'Anno Santo da doversi acquistare per tutto il corso dell'Anno presente del 1350 da tutti quelli, che divotamente fossero andati in Roma a visitare le sagrosante Basiliche de' gloriosi Principi degli Apostoli S. Pietro, e S. Paolo: e se bene per tutto il corso del detto Anno vi andò gran quantità di Pellegrini, fra quali vi furono molti Religiosi nostri d'ogni natione; nulladimeno molto maggiore assai sarebbe stato il sudetto concorso, se la Peste, che per ogni lato dell'Europa, anzi pure di tutto il [V, p. 603] Mondo, furibonda scorreva a far strage crudele, non havesse frastornata da quel santo pellegrinaggio, un'infinita moltitudine di fedeli, e divoti Christiani.

2 - E già, che habbiamo poco dianzi mentovato il buon Pontefice Clemente VI ci giova di quivi registrare un gran beneficio, che egli fece in quest'Anno alla Chiesa Romana sua Santissima Sposa, fu poi questo la compra, ch'egli fece della Città d'Avinone con tutto il rimante di quella Nobilissima Contea, la quale li fu venduta da Giovanna Regina di Napoli, che in questo tempo si ritrovava in Avignone con Lodovico Principe di Taranto suo marito, per il prezzo di 30000 Fiorini d'oro, computandovi però ancora il Tributo di molti Anni, che pagato non haveva a S. Chiesa per il Feudo del sudetto suo Regno di Napoli: così scrivono il Bzovio, il Platina, Genebrardo, il Rainaldi, et altri Annalisti della Chiesa, e del Secolo.

3 - Successe altresì in quest'Anno medesimo la morte d'Alfonso XI Re di Castiglia cognominato il Buono, benchè meritasse il nome d'Ottimo per le sue rare, e sante qualità, per l'ardentissimo zelo, ch'egli hebbe mai sempre di distruggere l'infame Setta de' Maometani, che tiranneggiavano que' nobilissimi Regni delle Spagne, per riempirli poi, come sempre fece a tutto suo potere, di fedeli Cattolici: e volle per appunto Iddio ch'egli morisse in questo suo santo servitio, cioè, mentre stava in assedio sotto la Città d'Eraclea per cacciarne i perfidi Mori, come fatto haveva da tant'altre Città. A questo invittissimo Re si confessa molto obligata la nostra Religione, per i molti, e gran beneficj, che da quella Maestà li furono fatti in tutto il tempo, che egli felicemente regnò: de' quali habbiamo più volte negli Anni scorsi fatta honorata memoria. Ambrogio Morales, Steffano Garibai, Gonzalo d'Igliesca, il Marianna, lo Spondano, et altri.

4 - E Girolamo Romano favellando della morte del nostro B. Giovanni della Lana da Bologna, nella sua Centuria 11 a carte 76 porta per opinione, che ella succedesse nell'Anno del Signore 1398 e la medesima sentenza seguì l'autore degli Atti della Chiesa di Bologna, fatti per ordine del Card. Gabrielle Paleotti primo Arcivecovo di Bologna. Gioseffo Panfilo poi nella sua Cronica Agostiniana a carte 68 è di parere, che il B. Giovanni morisse nell'Anno di Christo 1400 Cherubino Ghirardacci nel Tomo 2 dell'Historie di Bologna nel lib. 23 a car. 207 scrive, che la di lui morte cadde nell'Anno 1350 nel che viene seguito dal P. Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto Agostiniano a carte 374. E la ragione di quest'ultimo Autore, è molto buona, perochè dice egli, che havendo letto li Registri del Generale Bartolomeo da Venetia dall'Anno di Christo 1387 fino al 1393 con tutto ciò, che nel corso delli detti sei Anni si parli più volte di vari Religiosi nostri Bolognesi d'inferiore conditione al B. Giovanni; nulladimeno di esso non si fa mai alcuna mentione, segno chiaro, et evidente, che non era più vivo in que' tempi. Aggiungiamo noi, che habbiamo letto il primo Tomo de' Registri del mentovato Bartolomeo da Venetia, quale fu anche ritrovato in Roma per mezzo nostro nell'Anno di Christo 1649 essendo stato perso per longhissimo tempo, e contiene tre Anni intieri, cioè dal 1384 fino 1386 e pure in que' tre Anni parimente si parla di molti Padri Bolognesi, e non mai alcuna cosa si dice del B. Giovanni.

5 - Stringhiamo anche più l'argomento: habbiamo altresì letto tutto il Registro del Generale Gregorio da Rimini, che comincia nell'Anno di nostra salute 1357 e termina in quello del 1359 et anche habbiamo letto l'Anno primo del Registro del Generale Matteo d'Ascoli, [V, p. 604] che immediatamentre siegue doppo il sudetto ultimo di Gregorio, e né tampoco in veruno delli detti Registri habbiamo potuto vedere alcuna memoria dell'accennato Giovanni; laonde necessariamente ne siegue, che prima del sudetto Anno 1357 egli fosse passato all'altra vita: e così con questo discorso vienesi a rendere più probabile di tutte l'altre la Sentenza delli due ultimi Autori citati, li quali dicono, che il B. Giovanni morisse intorno all'Anno del Signore 1350 il che si puole anche comprovare con le Scritture, che si ritrovano nell'Archivio di questo Convento di S. Giacomo, fra le quali l'ultima, in cui si parla del detto Giovanni della Lana, è del 1347 laonde supponendo ancor noi con le ragioni prodotte, che la di lui morte seguisse intorno al sudetto Anno 1350 in cui hora scorre la nostra penna, farà dunque necessario, che diamo quivi, conforme il nostro solito, un brieve saggio della sua santissima Vita.

Vita esemplare del Beato Giovanni della Lana da Bologna

6 - La Famiglia della Lana, come ne' Secoli trascorsi fu antica, e Nobile al pari di qual'altra si fosse di quelle, che di primo grado stimavansi, così fino a questi nostri tempi, benchè habbia mutato l'antico suo cognome in quello della Ratta, nulladimeno non solo ha sempre conservato intatto l'antico suo splendore, ma di vantaggio ancora l'ha in qual si voglia modo considerabile notabilmente accresciuto, et aumentato: hor da questa Nobilissima Prosapia trasse i suoi gloriosi natali il nostro Giovanni. Li suoi Genitori, che erano altrettanto buoni Christiani, che Nobili Cavalieri, come procurarono con ogni loro industria, quando fu capace di disciplina, che egli fosse istrutto da buoni Maestri, non meno nelle virtù Morali, che nelle Lettere Humane, così il buon Fanciullo, che era stato provisto da Dio d'un ingegno molto acuto, e perspicace, e d'un'Anima altresì inclinatissima alla pietà, et alla divotione, non si può credere perciò quanto profitto, egli in brieve tempo facesse, così nell'une, come nell'altre.

7 - Giunto poi ch'egli fu a quell'età, in cui la Gioventù puole agevolmente conoscere qual sia la retta strada, che al paradiso conduce, e qual sia altresì il camino, per cui si precipita nell'Abisso: per tanto il nostro Giovinetto Giovanni, dando un'occhiata molto sensata al Mondo, conobbe ben tosto, ch'egli era un insidioso Laberinto, entro di cui, chi troppo s'inoltra fra i tortuosi, et intricati sentieri delle sue ingannevoli vanità, ben presto si perde, e si smarisse di sorte, che viene ad incontrarsi nel Minotauro Infernale, che è lo stesso, che dire nell'eterna dannatione; per la qual cosa, aprendo Giovanni molto bene gli occhi dell'intelleto, mentre già stava appena su la soglia di quello, deliberò di volgergli generosamente le spalle, e di ricovrarsi nel terreno Paradiso di qualche ben fondata Religione. Laonde doppo essersi più volte molto di cuore raccomandato a Dio, e doppo havere con molta diligenza considerato lo stato, e la perfettione di tutte le Religioni, che in quel tempo havevano Monistero in Bologna, alla perfine, così ispirato da Sua Divina Maestà, elesse quella del nostro gran Padre S. Agostino.

8 - Havendo dunque communicata la sua deliberatione a' Parenti, benchè questi sentissero molta pena di dovere perdere, come essi credevano, un Figlio così caro, in cui havevano riposta la speranza della propagatione della loro Nobilissima Casa; nulladimeno come conobbero essere questa vera [V, p. 605] vocatione del Cielo, prestarono all'amato Figlio il bramato consenso. Così dunque havendo i medesimi suoi Parenti passatane parola col Superiore di questo Monistero, fu ben tosto da esso, e da tutti gli altri Padri, con molta allegrezza accettato, e poco appresso dell'Habito Santo della Religione vestito. E di vero ben tosto si aviddero quanto accertata fosse stata la loro risolutione; imperciochè nel Noviziato si rese così docile nell'apprendere tutto ciò, che gli era dal Maestro insegnato, e tutto quello altresì, che vedeva praticarsi da' più perfetti Religiosi del Monistero, che già ciascheduno da così buoni principij presagiva dover egli ben presto riuscire un gran Servo di Dio.

9 - Fatta poi, ch'egli hebbe in capo all'Anno della sua Approbatione, con applauso, e giubilo universale di tutta quella Religiosa Famiglia, la sua solenne Professione, fu da' Superiori applicato allo studio delle Scienze, prima delle Filosofiche, e poi delle Teologali ne' Conventi determinati a tale effetto in questa sua Provincia; poscia essendosi esposto ad un publico esame in un Capitolo Generale, che forse fu quello, che si celebrò in Siena nel 1295 come piace ad alcuni, et essendo stato ritrovato non solo habile a ricevere i gradi proportionati all'hora al di lui merito, ma di vantaggio ancora habilissimo, per essere mandato a terminare gli studj, e poi anche ad insegnare a gli altri in una delle famose Accademie, che la Religione haveva di là da' Monti, fu perciò dal P. Generale, e da' Diffinitori inviato al famoso studio di Parigi; ivi dunque doppo havere con felicissimo corso terminati li studj suoi, fu finalmente creato Bacciliere, del cui grado decorato lesse poi con molta fama, et applauso alcuni dottissimi Commentarj sopra li quattro Libri del Maestro delle Sentenze, li quali, come si dice, hoggidì manoscritti si conservano nella nostra Libraria di Perugia, o pure nell'Archivio; e per conoscere, e sapere in quanta stima fossero in que' tempi tenuti, basta dire, che li due gran Dottori nostri Gregorio da Rimini, e Tomaso d'Argentina producono alcune sue Sentenze in comprobatione delle loro Dottrine.

10 - Tornato finalmente in Italia, e restituosi alla Patria, e Convento di Bologna, come fu ricevuto con incredibile allegrezza da' suoi Nobili Parenti, e molto più da' suoi amati Religiosi, così da questi, li quali di già havevano terminata la fabrica della Chiesa, et havevano altresì dato principio ad un maestoso Convento, fu creato ben tosto di quello Priore, come che conoscessero, e non s'ingannarono punto, che egli doveva, se non perfettamente, terminare la detta fabrica, era almeno per ridurla in ottimo stato, come poi in effetto seguì. Fu poi egli creato Priore, come certamente si stima nell'Anno del 1316 se bene nell'Archivio nostro non v'è Scrittura, che di quello parli, come Priore, più antica dell'Anno 1317 ma questa Scrittura non parla di lui come fatto di fresco Priore, ma lo suppone per lo meno dell'anno antecedente, e nella medesima Scrittura del 1317 viene fra gli altri nominato un F. Pietro della Lana, il qule era Sagrestano, che doveva essere Parente del B. Giovanni. Io poi vedendolo nel detto Anno Bacciliere Parigino, doppo haver letto nel sudetto Studio di Parigi sopra gli accennati quattro Libri delle Sentenze, ragionevolmente congetturo, che quando poi fu eletto Priore di questo Convento nell'Anno sudetto del 1316 egli havesse per lo meno 40 Anni d'età; laonde potressimo dire, che la di lui nascita succedesse nell'Anno 1276 e se poi morì intorno a quest'Anno del 1350 come più sopra quasi evidentemente habbiamo dimostrato, visse egli intorno a 74 Anni, che vengono appunto a corrispondere a ciò, che il B. Giordano, cioè, che egli morì in senectute bona, e ciò sia detto così di passaggio.

11 - [V, p. 606] In questa carica poi il Priore, quale fu necessitato, così dall'Ubbidienza, come dalla Carità, ad esercitare, per longa serie d'Anni, hebbe bene il nostro Giovanni largo campo di fare religiosa mostra delle sue rare, et eroiche virtù, e specialmente della Regina, e Madre di tutte quelle, la Carità, e delle due sue primogenite figlie, e gemelle, l'Humiltà santa, e la vincitrice di tutte le più ardue difficoltà, la benedetta Patienza, et in conseguenza di tutte l'altre, che da queste tre infallibilmente dipendano: parliamo prima della Regina, e della Madre, che poi appresso brievemente discorreremo delle Figlie. Fu dunque la Carità del nostro Beato in sommo grado eroica: disse Christo Signor Nostro in S. Giovanni, che un Christiano non può dimostrare maggior amore, e carità verso del suo Prossimo, quanto che all'hora, che egli pospone l'interesse proprio, concernente anche l'istessa vita a quello del suo Amico, e fratello. Maiorem Charitatem nemo habet, ut Animam suam ponat quis pro Amicis suis. Hor ecco, che la Carità, che portò questo gran Servo di Dio al suo Convento, et a' suoi Religiosi, che lo fece posporre all'interesse di quelli il proprio suo, cioè il proprio honore, e la propria riputatione, che tal'hora da' Mortali si stima al pari, anzi pure più dell'istessa vita: proviamolo con l'evidenza.

12 - Essendo egli Priore, come habbiamo detto, di questo Convento, et attendendo con grande ardore a fare tirare avanti la maestosa fabrica di quello: ecco, che venne il tempo della sua presentatione al Magisterio; laonde era necessario se voleva conseguire quel sublime grado, che egli se ne passasse a Parigi, ove haveva letto i Quattro delle Sentenze, per poter essere poi Dottore Parigino, e godere Privilegi maggiori, che non godono li Dottori dell'altre Accademie: hor che farà Giovanni, se egli va a Parigi a ricevere la Laurea Magistrale? Farà di mestieri, che egli lasci il governo del suo Convento, ed in conseguenza, che sospenda la fabrica di quello: se non va, passa il tempo della sua Presentatione, e perde il Magisterio. Che risolutione prese egli questo grand'Huomo? Deliberò, senza quasi punto pensarvi, di perdere le sue giuste, e dovute honorevolezze più tosto, che lasciare in abbandono il suo Monistero, et il suo maggiore avanzamento: così per appunto riferisce, e racconta il B. Giordano di Sassonia, che fu per alcuni Anni suo suddito, e studente nel cap. 8 del lib. 2 della Vita de' Frati.

13 - E se bene pare, che questo fosse il principale, et unico motivo, per cui il b. Giovanni rinonciò il grado di Maestro; nulladimeno, io per me stimo, che un altro ne havesse non inferiore a questo, per non dire maggiore, e questo fu della Santa Humiltà, della quale egli fu mai sempre ardentissimo amatore; laonde io mi faccio certamente a credere, che quando giunse il tempo della sudetta sua presentatione, fra se stesso seriamente divisando dicesse: Giovanni, se tu vai a Parigi, non ha dubbio alcuno, che tu sarai coronato con la Laurea Magistrale cotanto privilegiata di quella famosa Università; ricordati però, che il Magistero è una scala per la quale, dallo stato humile di semplice Religioso, facilmente si salisce alle più sublimi grandezze della Religione non solo, ma etiamdio della Chiesa, cioè a' Priorati di prima classe, a' Provincialati, al Generalato istesso: che più? Alle Mitre, a' Capelli, et a' Camauri; ma però, chi troppo in alto sale, incontra ben'e spesso i precipitij: che però S. Bernardo, scrivendo al già suo Discepolo Eugenio III Video fastigium, sed timeo casum; come volesse dire: Eugenio io ben ti vedo assiso sopra l'alto, e sublime Trono Pontificale, e perciò temo grandemente di tua caduta. Insomma pensa bene Giovanni a' casi tuoi; tu sei Bacciliere di Sagra Teologia, grado, se bene inferiore a quello di Maestro, honorevole però, del quale [V, p. 607] contentare ti devi, perché neanche sei di quello meritevole; con questo grado non havrai occasione d'insuperbirti, et in conseguenza di presumere, e di pretendere cose grandi, e sublimi, e totalmente sproportionate alla tua poca habilità. Stimolato dunque da questi due santissimi motivi della carità verso il suo prossimo, e della Santa Humiltà, generosamente rinonciò il Magisterio, e se ne rimase nel grado più humile di Bacciliere per fin ch'ei visse, attendendo a governare, con carità di Paradiso, il suo Convento, et ad ampliare la fabrica di quello.

14 - E di vero ben si dimostrò il Beato Giovanni vero discepolo di Christo Signor Nostro, e perfetto imitatore del suo gran Padre S. Agostino; attesochè egli procurò non solamente d'apprendere, ma di praticare mai sempre quella prima Lettione, che egli lesse subito, che egli hebbe aperta la sua celeste Scuola in questo Mondo, la quale fu per appunto la sua santa Humiltà. Discite a me, quia humilis sum, et humilis corde. Imitò poi il suo P. S. Agostino, imperciochè, si come questi a tutto suo potere procurò, doppo la di lui Conversione, di mantenersi nello stato humile, e basso di puro Religioso Laico, che in quel tempo era lo stato essentiale de' Religiosi Regolari, laonde, non solo non aspirò già mai allo stato di Sacerdote, e di Vescovo, anzi che, egli dice, de Sermone primo Clericorum, che haveva tanto timore d'essere fatto Vescovo per forza di qualche Città, che però si guardava molto di non entrare in quelle, che sapeva essere senza Vescovo; e ciò dice, che faceva per potersi salvare in luogo, e stato humile, e basso, e per non pericolare in luogo alto, e sublime; che se poi fu ordinato Sacerdote, et anche creato Vescovo, il tutto fu per mera forza, e non mai di sua propria volontà: sentiamo le sue sante parole: "Adeo timebam Episcopatum, ut cum caepisset esse inter Servos Dei alicuius momenti fama mea, in quo loco sciebam non esse Episcopum, illo accedere Cavebam autem hoc, et agebam quantum poteram, ut in loco salvarer humili, ne in alto periclitetarer".

15 - Ma che diremo della di lui impareggiabile Patienza, che fu l'altra virtù germana dell'Humiltà, che di lui proponessimo di sopra? O questa si, che già mai si separò dal nostro Giovanni, e non mai esso da quella: et in vero se disse l'Apostolo S. Paolo, che questa virtù a tutti è necessaria, Patientia vobis necessaria est; certo, che a Giovanni fu in sommo grado necessarijssima, non solo per tolerare, e soffrire insieme i travagli, e le fatiche, che seco porta l'ufficio del Superiore, e per compatire altresì, e dissimulare anche tal'hora le fragilità, e difetti, e le mancanze de' Suditi; ma di vantaggio ancora per divorare con intrepida costanza le gravissime persecutioni de' Stranieri non solo, ma etiamdio de' suoi proprj Figli, e Sudditi. Disse Christo Signor Nostro in S. Matteo, parlando a' Discepoli suoi, e conseguentemente a tutti i suoi fedeli; che se tal'hora alcuno di loro sarà percosso in una guancia da qualche huomo perverso, non solo non ne faccia vendetta, ma più tosto porga l'altra guancia per ricevere un altro schiaffo. Si quis te percusserit in una maxilla praebe illi, et alteram. Hor se mai alcun fedele Seguace di Christo, ubbidì a Sua Divina Maestà in quest'arduo consiglio, certo, che al pari di qual si sia, per non dire di vantaggio, si segnalò il nostro Beato; e ben ne diede un chiarissimo attestato una volta fra l'altre; imperciochè, essendo entrato un tal giorno in questo Monistero un'Huomo Nobile di nascita, ma però peggio, che villano di costumi, et havendo ritrovato questo nostro Beato Priore, che passeggiava nel Chiostro, lo richiese d'una cosa, la quale era molto pregiudicale al Monistero, ma essendosi egli scusato di non poterla fare per l'accennata cagione; e replicando quegli con alterata voce l'istanze, [V, p. 608] e stando tuttavia questi su la negativa con termini però molto civili, e religiosi; alla perfine quel mal'huomo, che era di natura feroce, e bestiale, e poco temeva Iddio, e meno stimava i suoi Servi, alzando il sacrilego braccio, scaricò così gagliardo schiaffo sopra d'una guancia del Beato, che, come era molto estenuato per i digiuni, e per le penitenze, lo fece disteso cadere sopra della terra, e non contento di questo, cominciò a calpestarlo co' piedi, ma l'humil Servo di Dio in vece di risentirsi almeno con la voce, quando puote qualche poco solevarsi dal suolo, genuflesso, all'huomo pessimo rivolto, porse al medesimo non solo l'altra guancia, conforme il consiglio di Christo, ma di vantaggio tutto il rimanente del Corpo già calpestato, generosamente dicendo: "Domine percutite quantum vultis". Signore percuotemi pure quanto più vi pare, e vi piace, per qual cosa quell'empio tutto confuso, via dal Monistero se n'andò, tanto più, che vidde molti Religiosi, che correndo venivano a soccorrere il loro assassinato Priore. Tutto ciò viene puntualmente riferito dal B. Giordano sopracitato, che era uno appunto di que' Religiosi, che stava quivi in quel tempo studiando.

16 - Io dissi di vantaggio, che non solo questo Beato Servo di Dio hebbe da esercitare la sua gran Patienza nel tolerare le persecutioni de' Stranieri, ma etiamdio li fu necessario di praticarla, come in effetto fece con grandissima perfettione nel sopportare, e nel soffrire quelle, che le furono mosse contro da' suoi medesimi Figli, e sudditi in questo suo Monistero; fra le quali una specialmente ne racconta il sopramentovato B. Giordano di Sassonia molto grave, e pesante, alla quale egli medesimo pure si ritrovò presente. Dice dunque, che un tal giorno havendo congregati questo Santo Priore i Religiosi nel Capitolo, e volendo con paterna carità redarguire, e correggere alcuni di quelli, che erano poco perfetti, questi alzatisi in piedi, con modo insolente, si opposero al Servo di Dio, con dire che non lo conoscevano per niente; attesochè egli era Scommunicato, et Irregolare, et in conseguenza non doveva essere da veruno tenuto, né ubbidito, come Priore; al tuono delle quali sacrileghe voci, se bene haveva il Beato Giovanni ottime ragioni di potere opporre, nulladimeno a guisa d'un'Agnello innocente, od una mansueta Pecorella, cheto si stette, dice il mentovato Giordano, Tamquam Ovis corum tondente stetit: anzi, perché poi non nascessero nuovi tumulti, ed acciò non cresessero i disordini, artificiosamente suscitati da que' Frati sregolati, che non potevano tolerare la santa osservanza, e disciplina, che manteneva il buon Priore nel Monistero, volontariamente rinonciò per all'hora l'ufficio, e si ritirò nel nostro vicino Podere di S. Bartolo, luogo già donato al nostro Monistero per la ricreatione de' Padri fin sotto l'Anno 1303 da Alberto Gallucci Arciprete di S. Lorenzo in Collina, il quale forse doveva essere, o Zio, o Fratello di F. Napoleone Gallucci nostro Religioso a cui Papa Giovanni XXII sotto l'Anno di Christo 1324 spedì quella Bolla, che noi ivi registrassimo. Stette poi il B. Giovanni nel detto luogo di S. Bartolo esercitandosi con somma pace, e quiete d'animo ne' suoi soliti digiuni, e penitenze, fin tanto, che il Generale dell'Ordine havendo conosciuta la di lui grande innocenza, lo ritornò di nuovo, con suo sommo honore, nel suo primiero posto di Priore.

17 - E qui non potiamo di meno di non tornare a ponderare con qualche esattezza la finezza della patienza, che dimostrò quest'umile Religioso nell'accennato gravissimo accidente, e di vero ci pare, che fosse così eroica, che si possa quasi, con la dovuta proportione però, paragonare con quella, che dimostrò Nostro Signore Giesù Christo davanti il Tribunale di Pilato; imperciochè essendo egli accusato, come Reo di varj misfatti, con tutto ciò, [V, p. 609] che con poche haverebbe potuto difendere la sua immacolata innocenza, nulladimeno non rispose mai in sua difesa, e per sua discolpa né pure una sola parola, a segno tale, che lo stesso Pilato (che molto ben sapeva, che Christo era innocentissimo, e che tutto ciò, che facevano gli Hebrei era un maligno effetto della loro invidia) ne prese gran maraviglia; onde dice S. Matteo: Et non respondit ei ad ullum verbum, ita ut miraretur Praeses vehementer. Hor chi non vede quanto fosse simile a questo esempio d'incomparabile patienza, a quello dell'invitta sofferenza del nostro glorioso Giovanni: soggiunge poi il B. Giordano, che mentre stava il Vener. Priore nell'accennata Villa di S. Bartolo, molte volte vi andò egli con altri Studenti suoi compagni per visitarlo, e per consolarlo altresì, e ricevere all'incontro a beneficio dell'Anime loro i suoi santi avertimenti, e consigli: et aggiunge, che né egli, né altri udirono mai da quella bocca benedetta alcuna parola di risentimento, od impatienza, benchè minima, come se non havesse ricevuto da' suoi maligni persecutori alcun'oltraggio. Ma io non mi vedo contento se quivi non produco di peso le parole formali, con le quali Giordano magnifica questo raro esempio di religiosa patienza. Cum enim idem Prior in Capitulo suo quosdam de eorum negligentijs corripuisset; surgens unus quosdam illatos Articulos contra ipsum Priorem recitavit, dicens ipsum excommunicatum, et irregularem, nec pro Priore illum haberi debere. At ille quamvis defensiones legitiimas de iure ordinis habuisset, sicut Agnus coram tondente se, non apervitos suum; sed pro pace sua, et aliorum de Conventu recedens, obiurgationi cessit et ad locum Sancti Bartholi secendes, ibidem in humilitatis spiritu stetit, orationibus, et ieiunio vacans, et iudicium Prioris Generalis cum patientia expectans; ubi ergo ipsum cum socijs meis pro sui consolatione, et reverentia, et profectu nostro pluries visitavimus, et nullum unquam impatientiae verbum ab ipso est auditum. Demum, etsi non immediate, tamen non multo post idem Pater eidem Conventui praefectus est iterum in Priorem cum maiore honore suo, cui multis Annis, laudabiliter, et utiliter praefuit, ut effectus demonstravit.

18 - Tornato dunque il nostro novello Giob (che tale mi giova di chiamare questo secondo Corifeo de' Patienti) al suo posto di Priore, proseguì egli più che mai a governare questa sua amata Casa, così nel temporale, come nello spirituale, con tanta perfettione, e santità, servendo egli per esemplare a tutti, che come la Città ne restava in sommo grado edificata, così il Monistero veniva maggiormente ad avanzarsi nelle sue fabriche eccelse, come nell'acquisto di molti Beni stabili per il mantenimento della Famiglia. Egli poi quanto più s'invecchiava, tanto maggiormente procurava d'avanzarsi nell'acquisto perfetto di tutte le virtù, di sorte tale, che, giunse a tal segno di santità, che, come fosse stato per appunto un Santo Canonizato, molti per autenticare li loro detti, giuravano per il nome di F. Giovanni della Lana; cosa in vero rara, e singolare, e forse mai più d'alcun'altro Servo di Dio ancor vivente, usata, o praticata; e pure così apertamente la testifica, e riferisce il B. Giordano con le seguenti parole: Fuit Vir hic tam praeclare famae, et tam sincerae fidei, et tam sanctae conversationis, ut nonnulli saecularium fidem suam nomine eius adstruerent iurantes per Fratrem Ioannem de Lana.

19 - Così dunque proseguendo sempre questo gran Servo di Dio di bene in meglio nel santo servitio di Dio, e nell'acquisto della perfettione, alla perfine, colmo, e ricco di meriti grandi, fu da Dio Benedetto, per mezzo d'una morte degna d'un così Santo Religioso, rapito in Cielo, come piamente si spera, a godere nella Gloria Eterna, il frutto delle sue sante virtù, e delle sue [V, p. 610] penitenze; e la sua morte successe in quest'Anno del 1350 benchè poi non si sappia ( per la poca diligenza de' nostri vecchi Padri) non pure il giorno, ma né tampoco il Mese della detta morte; solo è certo, che fin dal tempo di quella ha sempre goduto, e pur tut'hora gode il titolo di Beato, e la di lui Immagine, così nella Chiesa nostra, come in altri luoghi passim, sempre si è veduta, e si vede dipinta, e delineata con i raggi di Beato. Non ha dubbio alcuno, che Nostro Signore havrà, per i meriti del suo Servo, operati molti Miracoli, e Gratie a pro de' suoi divoti, ma questi, e per la di lui grande humiltà, e molto più poi per la l'incuria degli antichi, hora sono celati alla nostra notitia. Ma quali maggiori Miracoli poteva egli operare, quanto che quelli, che habbiamo ammirati nelle sue sante virtù, e specialmente nelle tre da noi singolarmente amplificate, cioè della Carità, dell'Humiltà, e della sua inarrivabile Patienza? E se bene hoggidì non si sa di certo, ove stia sepolto il suo Santo Corpo, nulladimeno, è traditione antica, e costante di questo Monistero, che fosse sepolto sotto l'Altare Maggiore, luogo per appunto, nel quale si solevano seppelire, ne' primi Secoli della Chiesa, i Corpi Venerandi de' Santi Martiri.

20 - Trattano poi di questo nostro glorioso Beato, tutti li nostri Autori più classici, e specialmente meglio di tutti gli altri, e più autenticamente, il B. Giordano di Sassonia, perché fu testimonio per lo più di vista; e doppo lui il Venerabile Servo di Dio F. Alfonso d'Orosco, e F. Gioseffo Panfilo nelle loro Croniche Agostiniane; Nicola Crusenio nel suo Monastico Agostiniano; Andrea Gelsomini Vescovo d'Ascoli nel suo Tesoro della Divotione di Maria sempre Vergine; Tomaso Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto, e Cherubino Ghirardacci nel Tomo 2 della sua Historia di Bologna lib. 23 a car. 208 il quale dice, che oltre li Commentarj, che scrisse sopra li quattro Libri del maestro delle Sentenze, scrisse altresì sopra la Fisica d'Aristotile, e sopra l'Anima humana un bellissimo Trattato molto dotto, et erudito, che fu grandemente stimato in quei tempi: compose parimente, due Quolibeti, et altre Opere molte. Aggiunge, che per qualche tempo stette ritirato in una picciola Habitatione, e Chiesa in capo al Ponte di Strada Maggiore fuori della Città, ove fece asprissima penitenza: e conclude poi, che tornato in questo Monistero, morì in quest'Anno in età d'Anni 90 il che se fosse vero, bisognarebbe dire, che egli fosse nato nell'Anno 1260 al che io non mi sottoscrivo, perché farebbe poi di mestieri, che fosse stato creato Priore la prima volta d'Anni 56 e che verso li 60 mentre era Priore, fosse venuto il tempo della sua presentatione al Magistero, la qual cosa non ha del verisimile.

21 - Scrive pur anche Lodovico Giacobilli nel Tomo 2 de' suoi Santi e Beati dell'Umbria, e lo conferma altresì l'Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto, che in quest'Anno parimente terminasse la sua santa, e penitente Vita, la B. Lucia d'Amelia, che fu sorella del B. Giovanni da Rieti, come già scrivessimo più sopra sotto l'Anno di Christo 1347 nella Vita di questo glorioso Servo del Signore, che però quivi fa di mestieri, che in qesto luogo diamo un brieve saggio della beata Vita di questa santaVerginella.

Vita della Beata Lucia da Castelporchiano, chiamata però comunemente d'Amelia.

22 - [V, p. 611] Quanto al tempo preciso, in cui nacque al Mondo questa Vergine benedetta, e quanto altresì a' nomi, et alle qualità de' suoi Genitori, non ne potiamo dare alcuna certa notitia; imperciochè gli Autori, che ne hanno scritto, non ne parlano per pensiero, solo ben si sappiamo, che così esso, come il di lei Santo Fratello Giovanni, furono di Casa Bufalari, famiglia honorata del sudetto Castelporchiano, per quanto leggesi notato in un antico Libro manoscritto in pergameno, che si conserva nel nostro Convento della sopramentovata Città d'Amelia. Fa però di mestieri, che fossero entrambi buoni Christiani, e molto timorati di Dio, mentre Nostro Signore li fece degni di procreare per la Chiesa, e per il Cielo due Religiosi di tanta Santità.

23 - Essendosi Giovanni fratello della nostra Lucia fatto Religioso della nostra Santa Religione, come la buona Sorella svisceratamente l'amava per la di lui rara bontà, così nel separarsi quello da lei, ne sentì una pena estrema, non perché non havesse caro, che si fosse a Dio benedetto di tutto cuore consagrato, che anzi incredibilmente ne godeva, ma perché non poteva anch'ella fare lo stesso, che quello fatto haveva; attesochè haveva anch'essa, per quanto a lei spettava, fermamente deliberato nel suo cuore, di non volere sposarsi con altro Sposo, che con Giesù Christo, che però io mi faccio certamente a credere, che giorno, e notte altro mai non facesse, che porgere continue Suppliche alla Divina Bontà, affinche si degnasse d'ispirare i suoi Parenti, acciò non la sforzassero ad accoppiarla con alcun'huomo terreno in matrimonio; attesochè ella altro Amante, ed altro Sposo non bramava, fuori che il suo dolce Giesù. E furono poi così grate a Sua Divina Maestà queste sante preghiere, e questi buoni pensieri di Lucia, che dispose di tal sorte gli animi de' suoi Genitori sudetti, che quando ella li supplicò, che si volessero contentare, che ella potesse ricevere l'Habito di nostra Tertiaria nel Reclusorio, che in Amelia havevano le nostre Religiose del medesimo Istituto, non hebbero essi alcuna repugnanza di concederle quanto bramava; anzi che ne' loro cuori grandemente si rallegrarono d'havere due figliuoli di così buona indole, che si fossero tutti due consagrati al benedetto Iddio.

24 - Havendo dunque impetrato li sudetti suoi Parenti, così dalla Superiora delle dette Tertiarie, come altresì dal Priore del nostro Monistero d'Amelia, sotto la di cui ubbidienza, e direttione quelle vivevano, la facoltà, e la licenza di prendere nel sudetto Reclusorio l'Habito Santo; li fu poi questo dato con molta solennità, et allegrezza commune dal mentovato Priore. L'allegrezza però, et il giubilo, che sentirono, così li nostri Religiosi, come quelle buone Serve di Dio nell'ingresso fatto da questa Santa verginella nella Religione, non hebbero punto che fare con l'incredibile contento, che provò in quel punto nell'innocente Anima sua questa benedetta Fanciulla, nel vedersi già sposata col suo celeste Amante Giesù Christo, come haveva bramato con ardentissimo affetto. E perché nella paterna Casa erasi già fin da fanciullina assuefatta insieme con il suo Santo Fratello ad amare, e servire Iddio con tutto il cuore, et a macerare con digiuni, e con astinenze, con discipline, e penitenze la sua tenera carne, non li fu perciò difficile di praticare con tutta perfettione quelle, che nella sua religiosa Communità si facevano; anzi che, come queste li [V, p. 612] paressero molto poche, e leggiere, ella ve n'aggiunse molt'altre più austere, e rigorose, di sorte tale, che ancor Novizza poteva servire di specchio, e di esempio alle più perfette di quella religiosa radunanza.

25 - E se bene faceva tante penitenze, e mortificava i suoi sensi con tante penalità, nulladimeno era così prudente, che non faceva in publico cosa, che eccedesse ciò, che si praticava dall'altre Religiose, procurando sempre di nascondere a gli occhi altrui ciò, che di singolare più dell'altre faceva, per iscansare la vanagloria, e la giattanza; ed in ciò si fece conoscere perfetta imitatrice del suo Santo Fratello F. Giovanni, il quale appunto in publico si mostrava affabile con tutti i Religiosi, e si guardava di non essere singolare nelle sue attioni; ma poi in segreto faceva penitenze oltre modo rigorose, ed austere, come ampiamente dimostrassimo nella brieve narratione della sua Santa Vita. E quantunque ella fosse così cauta, e guardinga nel nascondere ciò, che di singolare più dell'altre faceva, nulladimeno, non ostante tante sue cautele, molto bene conoscevano, e sapevano le dette Religiose, quanto smisuratamente si avanzasse sopra tutte loro la santità di Lucia; che però essendo mancata la Superiora, tutto che ella fosse molto giovane, nulladimeno in luogo della morta, eleggere per loro Madre, e Priora la vollero, quantunque essa usasse ogni sforzo per iscansare una carica così pesante: e ben si aviddero quelle buone Serve del Signore, quanto fosse stata accertata, e buona l'elettione, che fatta havevano; imperciochè in termine di poco tempo, col vivo esempio di così Santa Priora, e con la di lei somma prudenza, si avantaggiò di sorte lo stato così spirituale, come temporale di quel fortunato Reclusorio, che sembrava a chiunque lo considerava, non un semplice Reclusorio di Vergini Agostiniane, ma un Paradiso terreno d'Angeliche Creature.

26 - Havendo dunque governato per alcuni Anni il sudetto Monistero, con incredibile profitto delle sue Monache, alla perfine si compiacque il Signor Dio di concedere alla sua Beata Serva, e Sposa Lucia l'istessa gratia, e misericordia, che si degnò di concedere, ed usare col suo santo Fratello Giovanni, e fu di chiamarla a se nel Cielo nel più bel fiore degli Anni suoi, cioè nell'età giovanile, a godere, per tutta l'eternità, la Gloria immensa del Paradiso, che meritata si haveva con le sue continue, e non mai intermesse penitenze. Successe la morte beata di questa Santa Vergine nel giorno 27 di Luglio in quest'Anno del Signore 1350 come testifica il sopracitato Giacobilli; il quale soggiunge, che il di lei Santo Corpo fu seppellito con solenne pompa nella nostra Chiesa d'Amelia, e precisamente nella Capella della Madre S. Monica; e dice, che il Nostro Signore ha poi fatti molti Miracoli per i meriti della sua Beata Serva, e tuttavia ne va facendo fino a' nostri giorni, e massime a prò, e beneficio de' Bambini guasti, et ammagliati; che però giornalmente vanno da diverse parti a portare al di lei Sepolcro varie persone i loro Fanciulli affatturati, e ne ricevano la Sanità.

27 - Veniamo hora avisati dal P. Bacciliere Nicola Gratiani d'Amelia, con sue Lettere in data delli 25 d'Ottobre 1676 che il Corpo di questa Santa Vergine fu solennemente levato dal luogo di sopra mentovato, e portato con solenne pompa processionalmente per la Città, con grandissimo concorso di Popolo, nel giorno festivo della Purificatione di Maria sempre Vergine nell'Anno del 1676 e poi fu trasferito in un Altare nuovo, magnificamente fabricato per collocarvi il di lei Santo Corpo, della qual Traslatione un publico Notaio ne fece Rogito: e soggiunge il detto Religioso, che Nostro Signore non cessa di fare continue Gratie, e Miracoli, per i meriti di questa sua Beata Sposa. [V, p. 613] Il Rogito poi del detto Notaio è il seguente, quale fu dato a 25 di Luglio del 1677.

Antiani Populi Illustrissimae Civitatis Ameriae

28 - Quibuscumque has nostras inspecturis Litteras, attestamur, et fidem indubiam facimus ex Decreto utriusque nostri Consilij Decemuirum, et Generalis, hanc nostram Civitatem decoratam, et sanctissimo se teneri propugnaculo munitam per Corpus, quod habetur, et veneratur in antiquissimum tempus ad Annos hinc circa trecentos a Populis cuiuscumque sexus etiam finitimis, et longinquis titulo B. Luciae de Ameria Virginis Mantellatae sub Ordine S. Augustini, et sic idem Corpus integrum, nec corruptum asservatum, et cultui expositum in Aede sagra eiusdem Ordinis huius Civitatis, et translatum publice, et solemniter comitante Clero, et universis caeterorum Civium Coetu suplice, roganteque ab Aedicula sub invocatione S. Monicae ad Sacellum titulo instructum B. Ritae de Cassia praeterito Anno 1676 innumerabilibus Miraculis clarum, quorum testes signa, et vota ad eius Aram appensa, et in dies oblata, huic nostrae fidei ultra impressum sigillum, non tantum pro gratiarum actione, quam digniori stant obsignatione universae Fidelium devotioni, et futurae spei de intercessione Tutellaris, Divae pro mortalium aerumnis ad Deum immortalem, et mirabilem in Sanctis suis. In quorum, etc. Datum Ameriae ex Palatio Antianali nostrae solitae Residentiae hac die 25 Iulij 1677.

Loco X sigilli.

Hieronymus Albritus de Civitate Montis Marani, Incola Notarius, et Secretarius dictae Civitatis Ameriae. Nos Gaudentius Polus, Dei, et Apostolicae Sedis Episcopus Amerinus, ac Capellae Pontificiae Assistens.

29 - Universis, et singulis, etc. Fidem facimus, et attestamur retroscriptum D. Hieronymum Albritium esse talem, qualem se facit, ac Secretarium Illustrissimae Civitatis Ameriae, eiusque Scripturis publicis, et similibus semper adhibitam fuisse, et de praesenti plenam, et indubiam adhiberi fidem. In quorum fidem, etc. Datum Ameriae in Palatio Episcopali nostrae solitae Residentiae hac die 24 Augusti 1677.

Loco X sigilli.

Ioannes Baptista de Sanctis de mandato, etc.

30 - E gl'istessi Antiani d'Amelia fin nell'Anno 1614 con un'altra simile loro publica Attestatione fecero ampia fede della publica veneratione, con la quale il Popolo d'Amelia riveriva, ed honorava il Corpo beato della sudetta Santa Verginella Lucia, si per la di lei notoria Santità, e si anche per i continui Miracoli, che faceva, massime nel guarire, e risanare Fanciulli guasti, e far altri stupendi prodigi. La Copia poi della sudetta fede è la seguente:

Antiani Populi Civitatis Ameriae,

31 - Omnibus, et singulis praesentes noctras visuris, lecturis, et audituris fidem indubiam facimus, et attestamur, Corpus B. Luciae Amerinae Ord. Sancti Augustini, quod in Sacrario eiusdem Ecclesiae servatur, venerari, coli, et adorari pro Corpore Beato ab omnibus huius Civitatis, ob cuius Beatae merita, specialiter multi pro Puerulis, eorum male affectis incolumitatem receperunt, ut saepe, visum [V, p. 614] est, et est notorium. In quorum fidem, et Testimonium, requisiti pro veritate, praesentes nostras per Cancellarium nostrum infrascriptum fieri iussimus, sigillique nostri, quo in talibus utimur, impressione communivimus. Datum ex nostro Palatio hac die 12 Martij 1614.

Loco X sigilli.

Franciscus Gallus Cancellarius.

32 - Il P. Simpliciano di S. Martino dottissimo Maestro, e già Lettor Primario di Sagra Teologia nell'Università di Tolosa nel suo Santorale Agostiniano a car. 735 descrive brievemente la Vita del B. Enrico da Bolzano, qual dice, che fu nostro Religioso, e figlio del Convento di S. Eufemia di Verona; e soggiunge, che desideroso di menare vita solitaria, ottenne dal Generale Tomaso d'Argentina licenza di ritirarsi per tale effetto in un picciolo Romitorio sul Monte di S. Felice contiguo alla sudetta Città di Verona, e che ivi menando per alcuni Anni una vita molto austera, e penitente, finalmente in quest'Anno terminò santamente i giorni suoi, e fin da quel tempo ha sempre goduto, e gode il nome di Beato. Di questa sua narratione però non produce il testimonio d'alcun'Autore più antico di lui, accettuato Angelo Barbarigo Vesc. di Verona, quale dice, che essendo state ritrovate le Ossa Venerande del detto Beato nel luogo ove furono seppellite l'Anno 1407 le fece poi trasportare nella Chiesa di S.Gio. Battista in Fonte, ove sono visitate, e riverite da' Tedeschi; questo, e non più dice il P. Simpliciano di S. Martino.

33 - Aggiunge l'Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 331 d'haver letto il Catalogo de' Santi, e Beati di Verona, fatto stampare in Venetia l'Anno 1576 da Agostino Valiero Vescovo della sudetta Città, fra quali v'è questo B. Enrico, da niuno però viene chiamato dell'Ordine Agostiniano. Dice poi il mentovato Vescovo Valiero, che nell'Anno 1574 li fu detto dal Curato della sudetta Chiesa di S.Gio. Battista, che nell'Inventario di quella v'era notato una Cassetta di Reliquie del detto Beato, quale haveva riposta nell'Altare della B. Vergine vicino al muro, ove già erano state nascoste per lungo tempo. Quando poi furono ritrovate nel Sepolcro del Monte insieme col Corpo v'erano alcune Catene, et una Disciplina di ferro. La di lui Immagine nell'Ancona, o Tavola dell'Altare nell'accennata Chiesa di S. Gio. Battista dipinta si vede con una Veste da Eremita inginocchioni con un Capello appeso ad un Braccio, e tanto pure si cava da una Cronica antica manoscritta da Francesco Corna.

34 - Il P. Errera sudetto dice, che fin tanto, che non trova documenti più chiari, che lo dimostrino essere stato questo Beato di nostra Religione, egli non si arrischia d'annoverarlo fra gli altri nostri Beati. Aggiungo io, che ha poco del verisimile, che egli fosse di nostra Religione, imperciochè se fosse stato nostro Religioso, e di vantaggio poi anche figlio del Convento di Verona, quando egli morì, li Padri del detto Convento havrebbero portato il di lui Cadavere a seppellire nella loro Chiesa, tanto più, che egli era morto in concetto di Santo; e se all'hora non l'havessero fatto, quando poi fu trasferito nella Chiesa di S. Gio. Battista, havrebbero essi procurato, che non in questa, ma nella loro Chiesa fosse trasferito. Hor non l'havendo essi fatto, ne siegue, che non doveva spettare alla nostra Religione, almeno in qualità di vero Religioso di quella, si che se pur l'Habito, che portava era di nostro Eremita, doveva essere di semplice mantelato Secolare.

35 - Il nostro B. Giordano di Sassonia fra gli altri molti esempj, che produce di varj Religiosi dell'Ordine nostro di [V, p. 615] santa vita, alcuni ve ne sono, che fiorirono intorno al fine di questo Secolo decimo, quali habbiamo determinato di distribuere in questi ultimi quattr'Anni; nel primo de' quali, che è appunto il presente riferiremo i primi due: il primo caso dunque esemplare lo riferisce nel capit. 15 del lib. 2 et è questo. Eravi, dice, un Religioso nostro in questi tempi il quale cantava nel Choro così volontieri, e con tanta divotione, che già mai si stancava, e quantunque tal'hora egli lasso si sentisse, nulladimeno era così grande il gusto, che egli haveva d'impiegarsi in quel sagro canto, che, o non sentiva la stanchezza, o se la sentiva, non ne faceva caso. Occorse intanto, che in un giorno festivo molto solenne, cantò tanto, che hormai si sentiva quasi affatto sfiatato; hora passata la Festa, e ritiratosi nella Cella, si distese quasi morto nel letto per riposare; et ecco, che essendosi addormentato parveli di vedere Iddio, e che dal cuore di quello li fosse infuso lo spirito, et il fiato perduto nel lungo canto della passata solennità: et in effetto essendosi indi a poco svegliato si ritrovò di tal sorte ricreato, e confortato, che non li pareva d'haver patito alcun deliquio, sentendosi più che mai forte, e gagliardo più di prima: laonde proseguì poi per l'avenire fin ch'ei visse, a cantare nel Choro con maggior divotione le divine Lodi, dando a noi altri Religiosi un raro esempio di frequentare volontieri il Choro, e di cantare ciò, che cantar si deve, conforme ne comanda il nostro Santo Padre nella sua Regola d'Oro, con allegrezza di cuore, e con somma divotione, a maggior gloria, e lode di Sua Divina Maestà.

36 - Viveva pur anche intorno a questo tempo un altro divoto Religioso, noto al sopracitato Giordano di Sassonia, di cui riferisce lo stesso Autore nel cap. 17 del sudetto libro 2 che soleva esortare i Giovani Novizzi, e Professi, che quando si risvegliavano la notte alzassero tostamente le mani al Cielo, e con qualche oratione lodassero, e rendessero gratie alla Divina Bontà per i beneficj, che di momento in momento ricevevano da quella: e dice il Beato Giordano, che non ha dubbio alcuno, che ciò, che insegnava con tanta premura, e zelo a gli altri, doveva poi esso praticare con molta esattezza, e perfettione. E di vero non puole il Religioso, et ogni buon Christiano offerire a Dio benedetto sagrificio, che maggiormente gli aggradi, quanto che quello della gratitudine; laonde si protestò per bocca del Re Profeta, che da questo sagrificio si riputava molto honorato Sacrificium laudis honorificabit me; dal che prese poi ansa di dire il nostro gran Patriarca S. Agostino, che il Culto di Dio in questo principalmente consiste, che l'Anima nostra non si dimostri ingrata alla di lui somma Bontà: Cultus Dei (dice egli) in hoc maxime consistit, ut Anima ei non sit ingrata.

37 - Havendo in quest'Anno medesimo in vicinanza di Gante, famosa Metropoli della Fiandra, tre scelerati, e sacrileghi Ladroni rubbata in una Chiesa la Piscide d'argento, in cui stava racchiusa un'Ostia consagrata, la quale essendo stata da que' miscredenti, gettata poco lungi dal luogo, ove rubata l'havevano, fu poi ritrovata poco doppo tutta insanguinata; laonde essendo poi stata portata nella nostra Chiesa della sudetta Città di Gante, fu posta in un nobile Reliquiario, e per maggior veneratione, e riverenza di così santa, e divina Reliquia, fu eretta poco appresso una Confraternita Spirituale col titolo della S. Croce. E si nota per gran Miracolo, che nelle rivolutioni, che fecero in quelle parti nel Secolo passato i perfidi Eretici Geussi d'Olanda, tutto che s'impadronissero della mentovata Città, non hebbero ardire nulladimeno di fare un minimo oltraggio a quel venerabile Santuario: hoggidì più che mai si conserva la veneratione verso la sudetta Santissima Ostia, la quale sta ivi col suo perpetuo Miracolo, [V, p. 616] continuamente rimproverando l'Incredultà ostinata degli Eretici della Germania. Vedasi il nostro Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a carte 317 et il Crusenio nel suo Monastico Agostiniano.

38 - Venne pure altresì in quest'Anno a morte il nostro famosissimo Maestro F. Bartolomeo da Urbino Vescovo della sua Patria, doppo haver governata tre Anni soli quella sua Chiesa, e con questa svanirono in un baleno le speranze, che date gli haveva il Pontefice Clemente VI a cui fu sempre sommamente caro, di solevarlo a più sublimi honori. Fu questo grand'Huomo discepolo prima del B. Agostino Trionfi d'Ancona, e poi del Ven. Servo di Dio il B. Dionigio da Modana Generale dell'Ordine: fu Dottore Parigino, e lesse in quella Università per alcuni Anni, come anche in Bologna la sagra Teologia; compose molte Opere, fra le quali molto celebre, et insigne si rese, e tuttavia si rende, e si fa conoscere il duplicato Milleloquio dell'Opere mirabili del nostro gran P. S. Agostino, e di S. Ambrogio, quale è diviso in quattro Tomi, li quali fin'hora hanno fatto gemere più d'una volta i Torchi delle Stampe. Compose in oltre un Libro molto dotto contro i falsi Dottori, che difendevano la scismatica contumacia di Lodovico di Baviera asserto Imperatore, e questo Libro fu da esso fatto per la difesa delle ragioni del Sommo Pontefice Giovanni XXII comincia poi questo, Domine labia mea aperies, et os meum detestetur mendacium. Ridusse altresì in compendio il bel Libro, che già composto haveva più difusamente il grand'Egidio Colonna de Regimine Principum. Spiegò anche in un giusto Volume tutti i sagri Evangelj della Quaresima. Compose parimente un altro curioso Libro a cui diede titolo de quatuor Donis.

39 - Fu molto stimato, et apprezzato questo insigne Prelato dagli Huomini dotti, e sapienti, e specialmente dal nostro famosissimo Giureconsulto Gio. Andrea, il quale testifica ne' suoi Scritti sopra i Decretali, che havendo egli per lungo tempo cercava una certa Epistola del nostro P. S. Agostino, li fu poi finalmente soministrata cortesemente dal nostro Bartolomeo, quale chiama Huomo di gran bontà, dottrina, e sapere, qual'anche molto magnifica per l'Opera sopramentovata delli Milleloquj da esso divolgati. Ecco le parole di Gio. Andrea: Augustini Epistolam solicitudine non parva diu quaesitam, cum invenire non possim, novissime Vir devotione sincerus, et fervidus Charitate, grandis scientia, nec minor facundia Fr. Bartholomaeus de Urbino Ordinis Eremitarum, qui Augustinianum Milleloquium composuit, per quod dictorum Augustini cupidos in singulis materijs copiosos effecit, mihi Epistolam illam sibi notam exhibuit, in quo me laetificavit. Vedi l'Errera, ed il Panfilo.

40 - Lasciassimo scritto sotto l'Anno del 1348 che essendo giunta nuova alla Romana Corte della morte seguita del Vescovo di Sutri nella Romana Provincia, subito il Sommo Pontefice Clemente VI nominò per Vescovo di quella un nostro Religioso molto dotto per nome F. Raimondo, la di cui Patria, e Cognome non si sanno: ma non così tosto fu egli consagrato, che giunse un'altra nuova alla prima contraria, cioè, che il Vescovo di Sutri, se bene era stato male, non era però morto, anzi haveva ricuperata la Sanità; per la qual cosa li convenne di restarsene nella Corte Romana col semplice titolo di Vescovo fino a quest'Anno presente, in cui essendo vacata la Chiesa Cattedrale di Giuvenaccio in Puglia, per la morte di Giacomo Morola, o Moroni della stessa Patria, fu egli il nostro Raimondo sostituito in sua vece dal sudetto Pontefice, e fu data la [V, p. 617] Bolla della di lui promotione nel primo giorno di Decembre, et è nel Regesto Pontificio l'Epistola 48 come scrive l'Ughelli nel Tomo 7 dell'Italia Sagra colonna 991 num. 18.

41 - Tomaso Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a car. 38 fa nobile memoria di F. Alfonso di Vargas nobilissimo Toletano, il quale essendosi fatto Religioso Agostiniano nel Convento della sua Patria, et havendo studiato per la maggior parte nella famosa Università di Parigi, divenne poi non solo Dottore Parigino, ma anche come tale scrisse alcune Opere insigni, fra le quali sono tenuti in gran pregio i Commentarj sopra il Maestro delle Sentenze, e sopra i Libri dell'Anima. Tornato in Ispagna, per la sua gran dottrina intorno a questo tempo fu creato Vescovo d'Osma. Fu molto famigliare del Card. Egidio Albornozzi, a cui servì non solo per Consigliere nella Legatione d'Italia, ma anche di valoroso Capitano nel ricuperare molte Città, che s'erano sotratte dall'Ecclesiastico Dominio, come forse a Dio piacendo, tornaremo nel suo tempo a favellare più precisamente, et in quel tempo egli era appunto Vescovo della mentovata Città d'Osma: fu poi altresì Vescovo di Badajoz, e finalmente Arcivescovo di Siviglia, come parimente dimostraremo, col divino volere, ne' suoi tempi, e luoghi.

42 - Morì parimente in questo tempo nel Monistero Ticuliense in Inghilterra F. Roberto Vuorsopo figlio del medesimo Convento, il quale fu non meno Santo, che Dotto, e compose perciò alcune Opere di molta pietà, e dottrina ripiene. Il Lelando, et il Pitseo, e da questi il nostro Panfilo scrivono, che egli fosse promosso ad un Vescovato, e che governò con gran diligenza, e cura l'Anime a lui commesse: non dicono però questi Autori di qual Città, e Chiesa, egli fosse Vescovo; solo il Crusenio nella terza parte del suo Monastico Agostiniano cap. 17 a carte 159 toglie per mio credere ad indovinare, che fosse Vescovo d'Eborac Città principalissima di quel Regno: è però di parere il prudente Errera, che egli ciò asserisca senza alcun sodo fondamento. L'Opere, che compose, per quanto scrivono il sopracitato Pitseo, et i Panfilo nella sua Cronica Agostiniana a carte 60 sono queste: Un'introito a' Libri delle Sentenze in un Volume. Un altro Libro di varie quistioni Scolastiche. Et un altro Volume parimente di Sermoni nella sua lingua volgare d'Inghilterra. Morì come habbiamo detto di sopra con fama di gran Servo di Dio nel suo Convento Ticuliense nella cui Chiesa volle anche essere seppellito; dal che potiamo congetturare, che poco d'indi lontano fosse il suo Vescovato. Errera nel Tomo 2 dell'Alfabeto Agostiniano a carte 337.

43 - Alla fama illustre di questo famoso Prelato non fu punto inferiore quella d'un altro insigne Soggetto della Provincia, e Regno di Portogallo, per nome F. Agostino Bello, il quale essendo dottissimo, fu publico Lettore di Filosofia, e Teologia nell'Università di Lisbona; e mentre era di quella Rettore in quest'Anno del 1350 fu dal Re D. Alfonso VI di Portogallo, che molto lo stimava, per la sua rara bontà, e dottrina, presentato al Nobile Vescovato di Porto; ma egli, che humilissimo era, havendo rese le dovute gratie al sudetto Re per così alta mercede, supplicò poi nello stesso tempo la Maestà Sua a volere restar servita di conferire quella gran Dignità ad altro Soggetto più di lui meritevole, attesochè egli intendeva, con sua buona gratia, di proseguire a vivere, e poi anche a morire povero Religioso nella sua Religione, e Monistero, dando in questa guisa a Sua Maestà, alla di lui Corte, et a tutti gli Ecclesiastici, massime Regolari, un raro esempio di Religiosa moderatione, et humiltà. [V, p. 618] Tutto ciò riferisce il P. Antonio della Purificatione, Cronista Agostiniano della sua Provincia di Portogallo nel suo curioso Teatro Trionfale, ove dice di vantaggio, che compose quattro Volumi, non specifica però di qual materia trattassero.

44 - E già, che stiamo nel Regno di Portogallo, et in Lisbona nobilissima Metropoli di quello, dobbiamo altresì fare honorata mentione d'un altro Maestro molto qualificato chiamato F. Gerardo, che fu di natione Italiano, benchè poi non si sappia di qual Provincia, e Patria egli precisamente fosse; solo è certo, che lesse per lungo tempo nella sopramentovata Accademia di Lisbona, e fu anche Rettore di quella al tempo del Re D. Dionigio,e compose altresì due volumi molto dotti: tanto testifica il sopramentovato Autore nel medesimo suo Teatro Trionfale.

45 - Resero pure similmente illustre in questo tempo istesso la Religione quattro altri Dottori con Opere loro dotte, et erudite, tutti nostri Religiosi Italiani, ciòè, F. Gerardello, la di cui Patria non si sa, e F. Guglielmo da Lignago; F. Gerardo, e F. Gregorio da Cremona, li quali tutti composero alcune Opere degne delli loro ellevati ingegni; le quali però non vengono specificate dal P. Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto Agostiniano a carte 308 ove fa mentione degli accennati Dottori,

46 - In quest'Anno pure del 1350 essendosi gravissimamente infermato in Verona Giacomo del Verme valorosissimo Capitan Generale de' Signori Venetiani, e conoscendo, che non poteva guarire di quella infirmità, e com'era altresì gran divoto, e benefattore dell'Ordine nostro, mandò per tanto a chiamare, otto giorni prima la sua morte, il Superiore del nostro Monistero, e con molta istanza, et humiltà lo supplicò a volerlo vestire con l'Habito della nostra Religione, perché sommamente desiderava di morire Religioso dell'Ordine del gran P. S. Agostino; del che ne fu subito compiaciuto con tanta sua allegrezza, e contento, che non si puole con humana lingua spiegare. Essendo poi morto indi ad otto giorni fu seppellito nel nobile Sepolcro de' suoi Maggiori nella sopradetta nostra Chiesa, con quell'honore, e con quella pompa, che si doveva a' suoi altissimi meriti, virtù, e nobiltà. Così riferisce per l'appunto Girolamo della Corte nel libro 12 delle sue Historie di Verona.

47 - Havendo li nostri Padri d'Empoli, Terra nobile della Diocesi di Firenze, habitato per lunga serie d'Anni nel loro vecchio Convento di S. Maria Maddalena nel Borgo fuori della Porta Pisana, di cui altre volte negli Anni scorsi habbiamo seriamente parlato, e bramando di passare dentro della terra a fondare un nuovo Convento, presentarono per tanto a tale effetto in quest'Anno un supplichevole Memoriale alla Republica di Firenze, la quale li fece un gratioso Rescritto, dandoli il Placet; che però inviò colà ad assegnarli il sito, et a fare anche il dissegno, due Signori del loro Corporale, l'uno de'quali fu Simone Bartolini, e l'altro Otto Sapiti, come dice costare per una Scrittura in Carta pergamena esistente nell'Archivio del detto Convento, il più volte mentovato P. Bacciliere Christoforo Bastini Pisano. Priore in detto luogo, nella Relatione inviatici delle cose antiche di quella Casa: vero è, come egli soggiunge, che per la mancanza del danaro non si diede principio alla nuova fabrica se non doppo 17 Anni, cioè fino all'Anno del 1367 come dimostraremo ancor noi, a Dio piacendo, in quel tempo nel Tomo 6 di questi nostri Secoli.

48 - Carlo Re di Navarra in quest'Anno levò al nostro Convento d'Estella un Molino (non si sa poi qual motivo havesse di ciò fare) ma havendo fatto li nostri Padri del detto Convento alla di lui Regia Clemenza ricorso, e dimostrato a Sua Maestà il danno grande, [V, p. 619] che haveva da patirne il loro povero Monistero; egli, che per altro era molto affetionato alla nostra Sagra Religione, mosso a pietà, et anche agitato dal rimorso della coscienza, si compiacque di ricompensare indi a poco, il sopramentovato danno, col donare al sudetto Monistero alcune Case con la Piazza della Tudella; e ciò costa per alcuni Istromenti veduti dall'Errera nell'Archivio del detto Convento. Vedasi lo stesso Autore nel Tomo primo del suo Alfabeto a carte 218 ove nota, che il sudetto Molino era stato donato al Monistero da un divoto Benefattore chiamato Tomaso Francino da Estella.

49 - Essendo altresì in quest'Anno medesimo grandemente travagliata l'Italia, anzi pure il Mondo tutto da un'horribilissima pestilenza, e considerando Luigi Marchese di Mantova, che la sua Città era dal sudetto pestifero malore hormai ridotta all'estreme miserie, com'era di vero un Principe molto pio, pensò per tanto, per placare la giustissima ira di Dio, di fare qualche opera meritoria, la quale fosse accettata a Sua Divina Maestà: e perché vedeva, che li nostri Padri, che stavano nel picciolo Monistero di S. Agnese, fondato già da' Mantovani per il loro Beato Concittadino, il nostro Beato Gio. Buono, stavano molto scommodi per l'angustia del luogo, si risolse egli di fabricarlo di nuovo in ampia forma con un vago, e bel Chiostro. Così per appunto riferisce Hippolito Donesmondi Francescano nel lib. 5 dell'Historie di Mantova a carte 321 e nel libro 6 a carte 54. Hoggidì questo Monistero, per l'intemperie dell'aria (perochè sta fuori del Porto) è stato da' Padri quasi totalmente abbandonato, essendosi ritirati nell'altro nobilissimo Monistero, che la Religione possiede sotto il titolo pure di S. Agnese dentro della Città, poco lontano dal Palazzo Ducale.

50 - Fra il nostro Monistero di S. Giacomo di Bologna, et il Convento delle Monache di S. Vitale, et Agricola dell'Ordine di S. Benedetto, eravi in questi tempi una picciola strada per la quale dalla Contrada detta di S. Vitale passavasi nella Strada chiamata de' Pelacani, o vogliam dire Conciatori di Pelle, la quale chiamavasi la Via del Paradiso, forse perché dall'una, e dall'altra parte non haveva altre Case, fuori che li due sudetti Monisteri; hor perché questo nostro Convento haveva bisogno di questa Strada per l'introduttione de' Carri, e de' Cavalli, et altri Animali, et essendo in questo tempo Signori di Bologna Giacomo, e Giovanni Pepoli, li quali erano molto benevoli all'Ordine nostro, si risolsero per tanto i nostri Padri di porgere un supplichevole Memoriale a que' benigni Signori, affinchè si compiacessero di concederle licenza di poter chiudere dalla parte de' Pelacani, con un muro, il detto Vicolo, e dall'altra parte della Strada di S. Vitale porvi un Portone, che si potesse chiudere, et aprire a beneplacito nostro, secondo il bisogno di sopra accennato: e se bene io certamente mi persuado, che per ottenere una gratia così singolare vi corresse qualche difficoltà, nulladimeno li sudetti Signori, con la loro autorità, il tutto superarono, e con un loro gratioso Diploma ci concessero la bramata licenza. Di questo Diploma, e della Concessione, che contiene, ne fa mentione il nostro Ghirardacci nel Tomo 2 della sua Historia di Bologna nel libro 12 a carte 196 e della medesima Gratia ne fa memoria parimente in forma più autentica Giovani Visconti Acivescovo, e Duca di Milano in un suo Diploma, quale produrremo, col divino favore, nell'Anno seguente 1351.

51 - Prima di questo tempo era già stato fondato nella Provincia, e Regno d'Inghilterra il Convento di Ticulia nella Diocese Eboracense; attesochè, [V, p. 620] come habbiamo notato di sopra in quest'Anno medesimo, fu figlio ben degno di questo Monistrero Maestro F. Roberto Vuorsopo Religioso non meno Santo, che dotto, il quale fu Vescovo, benchè non si sappia di qual Chiesa. Fu anche figlio, et alunno dello stesso Convento un altro F. Roberto, che fu anch'egli dottissimo, e molto caro a' regnanti dell'Inghilterra del suo tempo, per favore de' quali fu creato prima Vescovo Adurense nella Guascogna poscia Arcivescovo di Dublino, e gran Canceliere nell'Hibernia, et indi a poco Vescovo altresì di Cicestria; e finalmente fu trasferito all'Arcivescovato Eboracense in cui morì, come più a lungo, col divino volere, scriveremo nel Tomo sesto. Vedasi fra tanto l'Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto a carte 478.

52 - Era altresì stato fondato molto prima di questo tempo nella Provincia della Svevia, e del Reno nella nobil Terra di Turigo, o Turego, un Convento, attesochè in questo tempo era in pieno stato, e nella Chiesa di quello eravi un Santuario, quale non si sa precisamente quello si fosse, se ben'io mi persuado, che forse fosse qualche Immagine Miracolosa di Christo Crocefisso, o della sua Santissima Madre; communque sia, per visitare il sudetto Santuario, andavano continuamente molti Pelegrini di varie parti della Germania; et in particolare riferisce Alberto d'Argentina nella sua Cronica a carte 155 sotto di quest'Anno, che essendo andati in quest'Anno alla sudetta Divotione 100 Cittadini di Basilea, e 70 d'Argentina, furono tutti fatti prigioni nel sudetto luogo di Turigo: diamo il testimonio del detto Autore. Ecce centum Cives Basilienses, et septuaginta Argetinenses in peregrinatione euntes ad Monasterium Eremitarum, captivati sunt in Thurigo, et induciati ad tempus sub maxima cautione.

53 - Sotto l'Anno del Signore 950 al num. 10 parlando ivi della Fondazione del Monistero di Mariavalle della Provincia di Colonia, accennassimo, che essendo poi stato fondato il Convento di Vesalia, quasi tre Secoli doppo, nella Diocesi di Munster, in quest'Anno poi del 1350 perché era assai povero, ordinò il Generale Tomaso d'Argentina, che la maggior parte dell'entrate del sudetto Convento di Mariavalle, che era assai ricco, fossero aplicate a questo Monistero nuovo di Vesalia, il che fu puntualmente eseguito: così riferisce Ignatio Dicherio già Provinciale di Colonia in alcune Relationi, che mi trasmise de' Monisteri antichi di quella sua Provincia, e precisamente di queste due di Mariavalle, e di Vesaglia: e tutto ciò asserisce d'haver cavato da' Libri antichi, e da altre Scritture de' mentovati Conventi.

54 - L'Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a car. 370 testifica d'haver veduta nell'Archivio della Catedrale di Tortosa nel Principato di Catalogna, una licenza concessa dal Vicario di quel Vescovo al Nuncio delle Monache di Santa Lucia della Terra di Bajadello della Parocchia di S. Asciclo, di potere cercare elemosine per tutta la Diocesi di Tortosa, per solevare in qualche parte la povertà di quelle povere Madri, le quali erano dell'Ordine di S. Agostino, et in conseguenza dell'Ordine Eremitano, attesochè le Canonichesse non cercano la limosina. Quanto poi prima di questo tempo fosse stato fondato questo Monistero,è totalmente ignoto.

55 - Erano già passati due Anni da che le buone Serve di Dio, che ritirate vivevano nella Rocca di Fiesole, havevano preso l'Habito, e la Regola della nostra Santa Religione, quando conoscendo così esse, come il Santo Vescovo di quella Città, che per la loro povertà, non potevano in quel luogo, troppo da Firenze apartato, sufficientemente sostentarsi, procurarono per tanto di fare acquisto di qualche sito più vicino a Firenze; e come piacque al Signore, [V, p. 621] lo ritrovarono ben presto per mezzo d'un Gentilhuomo Fiorentino molto timorato di Dio per nome Giovanni, il quale li lasciò una Casa, et un Podere, in cui poi si fondò il nuovo Monistero, per mezzo anco di molte altre limosine: nel quale poi a 13 di Ottobre di quest'Anno istesso, furono processionalmente condotte con l'accompagnamento del Vescovo, del Clero, e di tutti i Religiosi di Fiesole, sotto la di cui Diocesi erasi parimente fondato il Nuovo Convento. Hoggidì conservasi così nello spirituale, come nel temporale in stato molto buono, e tuttavia ritiene il nome delle Monache di Lapo, tutto che il suo vero titolo sia di S. Maria del Fiore.

56 - Questo Monistero poi in progresso di tempo fu per lunga serie d'Anni soggetto all'obbedienza della Religione, e precisamente fu governato da' Padri, che stavano nel Convento di S. Gallo, massime doppo, che v'entrarono li Religiosi dell'Osservanza. E forse di questo Monistero fu Alunna la B. Antonia Fiorentina, della quale parlando il Vener. Servo di Dio F. Antonio Dulciati nella medesima Congregatione, et Osservanza di Lombardia nel trattato primo della Vita di S. Nicola a carte 28 dice, che questa Beata havendo venduto tutto il suo havere, fondò un Monistero di Mantellate Agostiniane, nel quale anch'essa entrò, e non molto doppo divennero vere Monache Claustrali. E conclude, che essendo in quello vissuta con gran santità fino alla morte, s'acquistò fin da quel tempo il titolo di Beata. Forse questa Serva di Dio, quando il Convento di Lapo fu trasferito in quest'Anno al secondo posto, donato da quel Giovanni, di cui habbiamo parlato nel numero passato, questa, con le sue facoltà vendute, accrebbe la fabrica cominciata nella Casa, e Podere donatoli dal sudetto Giovanni a segno, che si terminò il Monistero; e così poi puote dire il Dulciati con qualche apparenza di verità, che ella ne fosse stata fondatrice; e se le chiama Mantellate, puol'essere, che tali fossero sul principio, e che poi doppo la di lei entrata in quello divenissero Monache Claustrale: e ciò sia detto senza alcun pregiuditio della verità.