Tomo V

Anni di Christo 1352 - della Religione 966

1 - [V, p. 627] Quantunque il Mondo stimasse, che Lodovico Re d'Ungheria non fosse per mitigare lo sdegno, che conceputo haveva contro di Giovanna Regina di Napoli, per l'ingiustissima morte, che alcuni Anni prima haveva data ad Andreasso suo marito, e fratello del sudetto Lodovico, che però questi l'haveva, con un grosso Esercito, necessitata a fuggirsene dal suo Regno, di cui poscia erasi egli impadronito; nulladimeno il Pontefice Clemente VI con la sua sovrana Autorità, e con la sua manierosa destrezza tanto si adoprò a favore, et a sollievo dell'accennata Regina, che al di lui patrocinio era ricorsa, che in quest'Anno pacificò felicemente con essa il mentovato Lodovico, e fece sì, che intiero li restituisce il suo Regno, con patto però, che doppo la di lei morte tornasse egli ad impossessarsi di quello: cosa in vero, che recò maraviglia, e stupore non ordinario al Mondo tutto. Panvinio, Platina, Spondano, et altri.

2 - Uscì in quest'Anno parimente dalla scismatica Inghilterra, ad infettare il Mondo, e la Chiesa con le sue diaboliche Eresie, un certo Dottorastro per nome Giovanni Vuicleff, il quale per altro era stato dottato da Dio d'un ingegno elevatissimo, ma egli abbusando la divina gratia, se ne servì poi pessimante contro la Sua Sposa S. Chiesa. Tomaso Valdense stima, che l'Apostasia di costui succedesse non in quest'Anno, come vuole il Prateolo, ma ben sì in quello del 1380.

3 - Il nostro B. Giordano di Sassonia Religioso altretanto Santo, quanto Dotto, nel suo bel Libro, che scrisse delle Vite de'Frati nostri, che la maggior parte fiorirono per la santità della vita ne' suoi tempi, massime delle parti della Germania, nella quale anch'egli nacque, di cui tante volte più sopra negli Anni scorsi habbiamo fatta mentione, riferisce precisamente nel libro 2 al cap. 13 la morte fortunata di due Santi Religiosi, successa per appunto intorno a questo tempo, in cui hora scorre la nostra penna. Il primo fu Sacerdote, e l'altro Laico: dice poi, che il primo fu sempre un Religioso molto osservante, e molto gran Servo di Dio, e fra l'altre cose riferisce, che celebrò sempre la S. Messa con tanta divotione, che recava grand'edificatione a chiunque l'ascoltava: permise dunque Iddio, che sì come haveva sempre egli divotamente ogni giorno celebrata la S. Messa, così potesse anche celbrarla per infino nell'ultimo giorno, in cui partir doveva da questo Mondo al Cielo; e fu per appunto così: imperciochè dice Giordano, che un tal giorno essendosi levato sano, [V, p. 628] indi a poco cominciò a sentirsi male, laonde prevedendo egli forse con profetico spirito, che doveva in quel medesimo giorno morire, si preparò per tanto con esattissima diligenza, e divotione per celebrare la sua ultima Messa, quale tutto che aggravato dal male, che assalito l'haveva, celebrò con incredibile fervore di spirito, et havendola terminata felicemente, rese le gratie alla Divina Bontà per così segnalato favore, se n'andò nella Cella, e postosi nel letto, indi a poc'hore terminò santamente la vita.

4 - Passiamo hora a riferire il secondo Caso, che racconta Giordano del Frate Laico nello stesso cap. 13 del lib. 2 di sopra citato: dice dunque, che in un'altro Monistero pure della Germania, come certamente mi persuado, fu nel suo tempo un Laico molto divoto, e di santi costumi, il quale un tal giorno, essendo sano, e gagliardo, chiese licenza al P. Priore di potersi Confessare, e di prendere altresì gli altri Santissimi Sacramenti della Chiesa da qualche Sacerdote di quella Famiglia, quale havendo ottenuta, pregò uno di quelli, che li volesse fare la sudetta carità; ma quegli, che era occupato in non so quale facenda, e che anche stimava, che il detto Laico delirasse, si andava trattenendo; ma reiterando le sue preghiere il buon Servo di Dio, finalmente il Sacerdote, vinto da quelle, andò seco nel Choro, et ascoltò l'humilissima Confessione di quello, e poscia lo Communicò. Doppo la Santa Communione si pose a sedere il divoto Laico in una Sedia, che era ivi nella Capella dell'Altare Maggiore, e fece grande istanza al sudetto Sacerdote, che volesse darle l'estrema Untione, ma ricusando di ciò fere il Religioso, come che stimasse, che quel Laico non fosse in stato d'havere bisogno di quell'estremo Sacramento; ma pregandolo quegli con humili, e lagrimose preghiere a farli la detta carità, finalmente facendoli cavare le scarpe, e le calzette, li conferì pur anche l'estrema Untione: per la qual cosa tutto lieto quel buon Converso, andò in Convento, e fatto venire il Barbiere, si fece tosare il capo, e radere la barba, con dire, che voleva comparire davanti a Dio tutto composto, in tanto di osservante Religioso, il che fatto, disse hora me ne vado a distendere nel letto, del quale mai più mi levarò: e fu così, soggiunge Giordano, attesochè nel seguente giorno, con un poco di febre, tutto assorto in Dio, e nelle cose del Cielo, chiuse santamente gli occhi in santa pace.

5 - Soggiunge hora Giordano, che l'haveva conosciuto questo beato Religioso fin da fanciullo, e che era sempre stato molto casto, et honesto, e che nella Religione haveva sempre havuto gran zelo dell'honor di Dio, e della sua medesima Religione, che però essendo stato per lungo tempo compagno del Sagrista, haveva sempre servito in quell'ufficio importante con incredibile amore, e politia. Aggiunge di vantaggio, che egli era stato così sincero, e fedele, che se io havessi havuto, dice egli, un grand'Errario ripieno d'oro, e d'argento, e di pretiose gemme,ad altri non l'havrei fidato fuori, che a questo fedelissimo Laico. Hor se questo buon Servo del Signore fu di tanta perfettione dotato, che maraviglia poi, che Nostro Signore l'honorasse con un fine così maraviglioso, ed esemplare?

6 - Racconta di vantaggio lo stesso Autore nel cap. 18 dello stesso libro 2 che pure intorno a questi tempi un certo Frate nostro di vita molto divota, e religiosa, stando nella sua Cella molto ben svegliato, e vigilante, vidde manifestamente alcuni Demonij, li quali vestiti con Habiti negri monastici, tripudiando cantavano con voce infernale una Canzone burlesca contro certi Religiosi, li quali erano già morti, e dicevano: "Que' Frati pigri mal volontieri andavano a celebrare le Messe, quando erano chiamati, fin tanto, che non [V, p. 629] entrava in Choro un certo Maestrucolo". Diamo le parole formali in latino, che dicevano que' Demonij, come le produce il B. Giordano nel luogo citato: "Fratres illi pigri, et minus voluntarij erant dicere Missas, donec quidam Magisterculus Chorum introibat". Questo Maestrucolo poi, io credo certamente, che li Demonij intendessero per il Superiore. Hor da questo diabolico scherno possono all'atrui spese imparare i Religiosi nostri d'essere pronti al Choro, e di celebrare volontieri la S. Messa secondo l'opportunità, et il bisogno della Chiesa, andando prontamente quando sono chiamati, se non vogliono anch'essi essere scherniti, e burlati con loro eterna vergogna, e vituperio nell'inferno.

7 - Prosiegue poi il Giordano a narrare nello stesso capit. 18 un altro Caso molto grave occorso ad un Giovane Religioso dell'Ordine nostro, quale io mi faccio certamente a credere, che fosse Studente di Teologia. Dice qunque, che mentre questi stava una matina ascoltando la Santa Messa, mentre si alzava dal Reverendo Sacerdote l'Ostia sagrosanta, li passarono per la mente in quel punto alcune ragioni naturali, le quali haveva intese ventilare alcun tempo prima in una disputa, e gli entrò nel pensiero qualche titubatione, benchè leggiera, intorno alla realtà di quel divinissimo Sacramento; et ecco, che mentre nella notte seguente stava nel suo povero letticciuolo, hebbe una gravissima Visione; attesochè, parveli di ritrovarsi in un'ameno Giardino in cui vidde un Personaggio di venerabile aspetto accompagnato da alcune altre persone di buona presenza; et all'hora mirando ben fissamente il Religioso li sudetti, conobbe in ispirito, che il primo era Christo Signor Nostro, e quegli altri erano i Santi Apostoli: hor desiderando egli di avanzarsi più oltre per vedere più da vicino, e contemplare ancora la divina Faccia di Christo, sperando di ottenere da Sua Divina Maestà qualche gratia singolare; ma non havendo ardire di ciò fare, vidde all'hora, che Christo li faceva cenno, che si accostasse, laonde egli tutto lieto s'inoltrò, ma non si arrischiando di comparire davanti la presenza di Christo, si andò a porre dietro a gli Apostoli: all'hora Christo chinandosi verso la terra prese un picciolo frammento di grammigna, come un grano, quale posto nella sua mano, ben tosto si convertì in Pane in forma appunto d'un'Ostia, con la quale Christo Communicò quel Religioso, e subito, che l'hebbe in bocca si convertì in Carne, laonde li parve d'havere la detta sua bocca tutta piena di carne: conobbe in quel punto il Religioso sudetto la verità certissima del Santissimo Sacramento; che però, alla maniera del già incredulo Tomaso, cominciò ad esclamare, tutto pentito della passata titubatione della sua mente, "Dominus meus, et Deus meus"; et essendo sparita la visione, e svegliatosi anch'esso, andò più volte replicando le medesime parole.

8 - Papa clemente VI havendo intesa la morte dell'Arcivescovo di Manfredonia, che F. Pietro chiamavasi, et era stato dell'Ordine de' Minori, volendo per tanto provedere quella Metropoli d'un altro Arcivescovo, si compiacque di conferire quell'honorevole Dignità ad un nostro sapientissimo Maestro, il quale chiamavasi F. Francesco Crespi da Messina, quale però, dice l'Ughelli nel Tomo 7 della sua Italia Sagra alla colon. 1149 num. 22 che egli era oriundo da Pisa. La Bolla poi di questa sua promotione al sudetto Arcivescovato, fu data in Avignone nel giorno primo di Maggio nell'Anno decimo del Pontificato del sudetto Clemente VI et è (soggiunge lo stesso Ughelli) l'Epistola 125 nel Regesto Pontificio di quest'Anno del 1352 foglio 5.

9 - Essedo altresì seguita in quest'Anno medesimo la morte del Vescovo di Terracina (Città, e Chiesa immediatamente soggetta alla Romana Chiesa) [V, p. 630] il quale anch'egli Pietro chiamavasi, et era nato in Tornai Città della Fiandra, lo stesso Pontefice si compiacque di surrogare in luogo del morto Pietro un altro dottissimo Maestro del nostro sagro Istituto, chiamato F. Giacomo da Perugia; e fu data la Bolla di questa sua elettione a 18 d'Aprile in Avignone nell'Anno decimo, et è nel Regesto Pontificio l'Epistola 81 del libro primo foglio 52.

10 - Credesi parimente, che in quest'Anno medesimo terminasse il corso di sua vita mortale un nostro gran Letterato della provincia di Sassonia per nome F. Giovanni Dencok, per opera di cui (come già scrivessimo nel suo luogo più sopra in questo Tomo medesimo) Boleslao, e Iutta sua consorte, Baroni del Regno di Boemia, per la nostra Religione fondarono il Convento di Santa Maria vicino Sciomberga. Questo dotto Religioso poi, a senno del Milensio, e del Crusenio, compose alcune Opere di molta stima, delle quali fa anche mentione Giovanni Tritemio nella prima Parte de' Scrittori Ecclesiastici.

11 - In quest'Anno altresì essendo stato il Convento nostro d'Imola per l'adietro molto mal trattato dalle guerre passate per essere fuori della Città, e bramando i nostri Padri di trasferirlo dentro di quella, né si potendo cio fare senza l'espressa licenza della S. Sede, fecero per tanto presentare al Sommo Pontefice Clemente un supplichevole Memoriale per ottenerla; e la Santità Sua si compiacque di esaudire le loro giuste preghiere, che però spedì ben tosto una gratiosa Bolla per tale effetto diretta al Padre Generale, et a tutti i Frati dell'Ordine, e questa fu data in Avignone nel primo di Maggio l'Anno decimo del suo Pontificato, la quale si conserva nell'Archivio del sudetto nostro Convento d'Imola, et è questa, che siegue.

Clemens Episcopus Servus Servorum Dei.

12 - Dilectis filijs Priori Generali, et Fratribus Ordinis Eremitarum S. Augustini, salutem, et Apostolicam Benedictionem. Precibus vestris libenter annuimus, in ijs praesertim, quae divini cultus augmentum, et salutem vestrarum animarum concernunt. Exhibita siquidem nobis pro parte vestra petitio continebat, quod dilecti Filij Commune Civitatis Imolae obsidionem Adversariorum Romanae Ecclesiae timentes ; et ne dicti Adversarij in loco, quem vos iuxta muros Civitatis eiusdem, a tempore, cuius contrarij memoria non existit, hactenus habuistis, et in quo solemnis Conventus Fratrum dicti Ordinis existebat, habitationem ad expugnandam Civitatem facerent, formidantes locum ipsum, de mandato dilecti filij Nobilis Viri Astrorgij de Duroforti Militis Provinciae Romandiolae pro nobis, et Romana Ecclesia Rectoris, funditus destruxerunt, assignantes dilectis filijs Priori, et Fratribus vestri Ordinis, qui in dicto loco tunc temporis morabantur quemdam locum situm infra dictam Civitatem, ut ad obsequendum Deo, tamquam Peregrini inibi morarentur. Verum quia locum in dicta Civitate recipere, ac illum inhabitare, absque speciali Apostolicae Sedis licentia, non potestis, ex parte vestra nobis extitit humiliter supplicatum, ut recipiendi in dicta Civitate Locum aliquem licentiam concedere de speciali gratia dignaremur. Nos itaque vestris in hac parte supplicationibus inclinati, recipiendi locum aliquem ad novum opus, et usum vestrum, ac in eo aedificandi, et construendi Domos, Ecclesiam, vel Capellam, seu Oratorium cum Coemeterio, Campanili, et Campana, et alijs necessarijs officinis, et in eo morandi, sine praeiuditio iuris parochialis Ecclesiae, et alterius cuiuscumque, Constitutione felicis recordationis [V, p. 631] Bonifacij Papae VIII praedecessoris nostri prohibente, ne Religiosi Ordinum Mendicantium loca de novo recipiant absque dictae Sedis licentia formali, faciente plenam, et expressam de prohibitione huiusmodi mentionem nequaquam obstante vobis auctoritate Apostolica licentiam elargimur. Nulli ergo omnino hominum liceat, etc. Datum Avenione Kalend. Maij, Pontificatus nostri Anno decimo.

13 - Confirmò in quest'Anno istesso il Re D. Pietro di Castiglia detto per sopranome il crudele, un Privilegio, concesso già al nostro Monistero di S. Agostino di Duegnas, Terra nobile della Castiglia, dal Re D. Alfonso XI pure di Castiglia, chiamato il Buono, quale noi registrassimo sotto l'Anno di Christo 1340 in cui fu dato. La copia poi della detta Conferma fatta dal Re D. Pietro, per testimonio del P. Romano, si conserva nel suo tempo, come egli scrive nella Centuria 10. a car. 69 nell'Archivio del sudetto Convento di Duegnas: e soggiunge il mentovato Romano, che il Re D. Pietro prese altresì nell'accennato Privilegio il predetto Monistero sotto la di lui Regia Protettione.

14 - Ma ecco, che mentre io stimava di terminare quest'Anno con un racconto totalmente lieto, e felice, mi conviene all'incontro di terminarlo con la funesta morte del Santo Pontefice Clemente VI il quale doppo havere governata la Santa Romana Chiesa in tempi molto calamitosi, con incredibile prudenza, fortezza, giustitia, e pace, per lo spatio d'Anni 10 e Mesi 7 a 6 di Decembre cessò di vivere fra mortali, per vivere eternamente nel Cielo, come piamente si spera. Fu però ben tosto radolcita una tanta amarezza con la creatione del successore, quale fu il dottissimo Canonista Steffano d'Alberto da Limoges Card. Ostiense, il quale fu indi a 10 giorni, cioè a 16 del detto Mese eletto Sommo Pontefice, e prese subito il nome d'Innocenzo VI e fu poi anch'egli molto propitio, et amorevole all'Ordine nostro, del quale era stato nostro Protettore, come nel corso della vita andremo. Col divino favore, d'Anno in Anno vedendo.