A Goni, in località Pranu Mutteddu, abbiamo visto, sparsi in una
vasta area, il più grande raggruppamento di mènhir della Sardegna: si tratta di
monumenti costituiti da un blocco di pietra lavorata che veniva infissa verticalmente nel
suolo. Il loro nome deriva dal brettone men hìr che significa "pietra lunga";
in Sardegna sono invece conosciute come perdas fittas o perdas fichidas che significa
"pietre conficcate". Questi monumenti sono molto diffusi soprattutto in zone
montagnose della Sardegna e, sebbene tipici della cultura di San Michele, sono presenti
anche in periodo nuragico generalmente nei pressi dei luoghi sacri.
Particolare rilevante è che a Goni, circa una ventina di essi, sono disposti allineati
(come in Bretagna) lungo l'asse E-O e molto vicini l'uno all'altro. La disposizione di
questi menhir potrebbe avere un riferimento all'astronomia; è possibile, ma non ancora
dimostrato, che si possano collegare a culti solari o lunari. Un'altra ipotesi è quella
che possano rappresentare l'elemento divino maschile che penetrando la terra, associata al
concetto di Dea Madre, la rende fertile. La forma della maggior parte di queste pietre
assomiglia ad un parallelepipedo che si restringe verso l'alto, ma alcune sono a sezione
tondeggiante. I mènhir di Goni sono perlopiù "sculture informali", di tipo
aniconico, ma alcune sono di tipo protoantropomorfo, cioè di un genere che precede la
realizzazione di figure umane in pietra, realizzati su blocchi d'arenaria a forma ogivale
con superficie del ventre piana; queste figure si ritrovano nella stessa età(IV_III
millennio a.C.) in Corsica e
in Francia. Sono numerosi anche in Irlanda, in Inghilterra e in Scozia, ma nel nord Europa
sembra siano stati eretti un po' più tardi.
Riccardo,
Nicola, Matteo, Chiara e Valentina cl. 1^B |
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Carnac
(Bretagna), Allignments. Foto di Stephen Miller |
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