21/04/2001


AVANTI CALABRIA CON UNA GRANDE SINISTRA EUROPEA

I tavoli romani intorno ai quali sono state decise le candidature nei singoli collegi della Camera e del Senato dei rappresentanti degli schieramenti che si contenderanno la vittoria il 13 maggio non hanno dato uno spettacolo edificante e, secondo un giudizio unanimemente condiviso, hanno evidenziato il fallimento di un sistema elettorale che sette anni fa, all'epoca della sua introduzione, fu definito come una grande innovazione. A Roma sono state prese decisioni che hanno lasciato molti con l'amaro in bocca ed hanno anche causato dure ed eclatanti prese di posizione. In Calabria, soprattutto per merito della capacità e dell'acume politico di Marco Minniti, invece, la sinistra ha messo in campo un progetto politico ambizioso che guarda sia al risultato elettorale e sia agli scenari futuri e stempera la delusione di molti militanti che hanno subito a malincuore l'imposizione di candidature prive di consenso e di spessore politico. Alla vigilia della presentazione delle liste, Marco Minniti insieme ai dirigenti regionale dei DS ha proposto al PSE un patto federativo che si concretizza con la presentazione di una lista proporzionale in tutta la Calabria composta da un rappresentante dei DS, Marco Minniti appunto, e da uno dl PSE, Giacomo Mancini jr, che ha come obbiettivo quello di affrontare insieme la campagna elettorale, rafforzando la coalizione di centro sinistra e dando vita, al suo interno, ad un grande partito del socialismo europeo nel quale possano coabitare con uguale dignità le diverse culture che compongono al sinistra riformista. L'idea non è nuova e non nasce a ridosso della campagna elettorale. Dopo i sommovimenti politici internazionali del 1989 e la tragica vicenda di Tangentopoli, in Italia si è molto discusso su come ridisegnare la sinistra riformista democratica ponendo sempre attenzione a quello che avveniva in Europa dove i riformisti riuscivano a vincere ed a governare presentandosi uniti e convinti nel considerare gli ideali socialdemocratici una bussola dalla quale non spostarsi. In questa direzione la Calabria, a più riprese, ha costituito un vero e proprio laboratorio politico, contribuendo con intelligenze e fattività al progetto, allora troppo prematuramente messo da parte, della cosa due, e negli anni scorsi proponendo l'alleanza organica tra socialisti ed ex comunisti alle elezioni provinciali. Oggi sono maturi i tempi per ridare slancio a quel progetto, che sebbene abbia avuto momenti di appannamento e di rallentamento, non può che trovare d'accordo tutti coloro che lavorano per la vittoria della sinistra. La grande ambizione, ma anche la ferma volontà, è che un grande partito riformista possa rappresentare la casa comune di quei tanti socialisti che nel corso dell'ultimo decennio si sono sentiti orfani e si sono allontanati dalla militanza attiva oppure si sono avvicinati verso approdi innaturali dove hanno trovato soltanto emarginazione ed insopportabili veti. In questa nuova ed affascinante battaglia non possono essere dimenticate, anzi devono servire da stimolo, le esperienze del primo centro-sinistra nel quale parte determinante e propositiva ebbe la rappresentanza socialista che vide nella Calabria la regione più socialista d'Italia. Allora grazie all'impegno dei socialisti al governo furono realizzate quelle tante opere che permisero un forte avanzamento della Calabria dal punto di vista infrastrutturale, culturale, sociale e della qualità della vita.

Oggi un grande partito del socialismo europeo può riprendere con nuovo slancio quel percorso di riforme con l'obbiettivo di favorire la nascita di una nuova classe dirigente che porti la Calabria ad essere una regione d'Europa.


Ohi Co'! Finalmente ni l'hannu mannatu

Dopo più di un mese in cui la città di Cosenza e l'intera regione hanno vissuto in una pesante ed insopportabile situazione di illegalità, sembrerebbe che la decisione del presidente della giunta regionale di avviare le procedure di decadenza del presidente del Co. Re. Co. di Cosenza, che ha occupato la carica ed esercitato le funzioni nonostante si trovasse in una palese situazione di incompatibilità, abbia riportato all'interno delle istituzioni un clima di democrazia che, nelle more della troppo lunga procedura, era andato perduto. Il condizionale, in questa vicenda, è d'obbligo perché aldilà delle notizie pubblicate dalla stampa non si è avuto nessuna conoscenza diretta dalle fonti ufficiali. La storia è di una gravità senza limiti se solo si pone mente ai motivi della sua genesi. Nel momento di effettuare le nomine dei componenti dei comitati di controllo regionali, organi preposti a vigilare sulla correttezza amministrativa degli atti degli enti locali, il Presidente del Consiglio regionale ha dato ascolto alle pressioni del commissario della federazione di Cosenza di AN che alla presidenza del Co.Re.Co. di Cosenza ha voluto imporre un iscritto del suo partito al quale ha dato immediatamente l'ordine di intralciare in tutti i modi l'operato del Sindaco e dell'amministrazione comunale al solo fine di ottenere una rivincita ai suoi continui insuccessi elettorali incassati dal suo arrivo in Calabria. Livido, voleva utilizzare, l'occasione per trarne un vantaggio personale. Il poveretto voleva infatti essere candidato alle imminenti elezioni politiche, sull'onda della polemica scaturita dalla bocciatura del bilancio ad opera del suo sodale alla presidenza del Co. Re.Co.. La truffa, però, è andata all'aria, ed è servita a smascherare ed a far capire ai cittadini quanto sia basso il rispetto delle istituzioni ed il senso democratico di alcuni rappresentanti di una certa destra. Fortunatamente le polemiche nate hanno spinto gli stessi militanti della destra a chiedere a gran voce l'allontanamento di Livido preferendogli un rappresentante della destra storica cosentina che ha iniziato la sua campagna elettorale dichiarando il proprio rispetto per tutte le istituzioni democratiche sopratutte quelle guidate dai propri avversari politici. La lotta politica, infatti, può essere anche dura, ma deve sempre essere condotta nel rispetto delle regole democratiche. L'allontanamento dalla nostra città di personaggi privi di ogni sentimento democratico non può che essere un fatto positivo. Gli scontri politici si possono vincere o perdere l'importante è che vengano condotti all'insegna della correttezza e del rispetto del proprio avversario. E' quindi una grande vittoria, a prescindere da quale sarà il risultato, per tutti i cittadini democratici che la campagna elettorale sia stata privata di squallidi figuri che hanno fatto dell'insulto e della calunnia la base del proprio agire politico.



IL MORALISTA SENZA MORALE

L'ultima volta che ci siamo occupati di Giuseppe Aloe, consigliere comunale di AN, è stato più di un anno fa, in occasione dei festeggiamenti organizzati dal comune per la fine dell'anno contro i quali Aloe tuonò e fece sentire la sua voce da trombone per denunziare la spesa, a sua detta, troppo elevata, per poi, però, partecipare con tutta la famiglia al concerto in piazza dove ballò fino all'alba divertendosi come un pazzo. Oggi lo ritroviamo in trincea in un'altra battaglia per la quale si è speso anima e corpo e sulla quale ha collezionato un'altra figuraccia. Circa sei mesi fa, quando il presidente del consiglio regionale sfornò una serie di nomine tra le quali quella illegittima del presidente del Co.Re.Co di Cosenza, il rubizzo consigliere fu nominato membro del Co.Re.Co. di Catanzaro. Aloe, nonostante fosse felicissimo, infatti oltre alla carica portava a casa una cospicua indennità, in pubblico non esternò mai la propria contentezza ed a chi gli chiedeva se la persona nominata fosse effettivamente lui rispondeva con scherno e con fastidio. Il campione della morale ed il fustigatore dello spreco, infatti, sapeva benissimo che la nuova carica era palesemente incompatibile con quella di consigliere comunale: la norma, infatti, gli imponeva di scegliere tra fare il membro del Co. Re. Co. a Catanzaro oppure il consigliere a Cosenza. Non sappiamo se Aloe non dormì la notte per scegliere quale carica preferire, quello che è certo è che passarono giorni, settimane e mesi senza che egli prendesse una decisione. La posizione equivoca ed incompatibile durò fino a quando non fu scoperto, come un bambinello che ruba la marmellata, con il barattolo in mano e cioè quando cercava di difendere il presidente del Co.Re.Co di Cosenza, suo compagno di partito con il quale divideva anche la posizione di illegalità. Scoperto in flagrante invece di ammettere la sua colpa, diede vita ad uno spettacolo che se non fosse di una gravità inaudita, sarebbe stato comico e grottesco, arrivando a partecipare al voto, attraverso il quale si doveva decidere la sua incompatibilità, e proclamandosi lui stesso innocente. Come se un imputato prendesse parte della giuria che dichiara sulla sua colpevolezza. Il tutto per poi ritirarsi in buon ordite, rassegnare le dimissioni, con più di sei mesi di ritardo, in attesa di un'altra occasione per fare un'altra figuraccia.



LA SINDROME DI CUMPA CICCIO

All'indomani della designazione dei candidati che si affronteranno nei collegi della Camera e del Senato della nostra regione alle prossime elezioni politiche, tra alcuni dirigenti di partito si è iniziata a diffondere quella che è stata subito definita la sindrome di cumpa Ciccio. Qualcuno si è infatti lamentato del fatto che il 13 maggio prossimo sarà costretto a votare oppure a sfidare un candidato che non appartiene e non è espressione del collegio nel quale si presenta. L'argomento tiene ancora banco e su di esso sono nate alleanze trasversali che legano i candidati di una parte con gli esclusi dell'altra. Un parlamentare uscente non confermato dal proprio partito che nel corso di sette anni nessuno ha mai visto nel suo collegio elettorale e niente ha fatto in Parlamento in favore del territorio che è stato chiamato a rappresentare, si è addirittura definito "un escluso radicato" a vantaggio di una personalità politica che ha il torto di venire da fuori. La polemica è di un bieco provincialismo. E' infatti del tutto ovvio che tra il collegio elettorale e l'eletto debba nascere un legame forte nel senso che il parlamentare deve impegnare le proprie energie nell'interesse del territorio dal quale è stato scelto; il punto è come ottenere ciò: con la politica miope della raccomandazione oppure diffondendo un pensiero alto e favorendo la nascita di una classe dirigente, meno attenta agli interessi della proprie clientele, e più propensa a proporre uno sviluppo unitario della propria regione? Noi pensiamo debba essere questa la strada da seguire e lo diciamo a ragion veduta perché la Calabria, nei cinquant'anni di storia repubblicana ha annoverato una lunga serie di parlamentari espressione del vicolo che hanno utilizzato il loro mandato unicamente per foraggiare le clientele che avrebbero garantito loro la rielezione, ma niente hanno fatto per la nostra regione che a causa della dissennata politica provinciale è diventata il fanalino di coda dell'Europa. Il nostro auspicio è che le personalità politiche candidate nei nostri collegi possano essere portatrici di un pensiero nuovo e moderno che faciliti la nascita, anche in Calabria, di una classe dirigente preparata ed intelligente che sappia finalmente mettere da parte gli inutili lamenti, e che lavori per fare della Calabria una regione degna di stare in Europa. Altrimenti saremo condannati ad essere sempre rappresentati da un Viceconte qualsiasi che nonostante sia deputato europeo non perde occasione di sciorinare il suo gretto provincialismo.


Cari Elettori,

sarò candidato alle elezioni del 13 maggio alla Camera dei Deputati sotto il simbolo DS-PSE che troverete nella scheda proporzionale di colore grigio.

Ritengo giusto, per questo, farVi conoscere le mie origini e le mie speranze per la nostre regione.

 

La mia famiglia è originaria di Malito, un piccolo comune del Savuto, dove nel 1850 nacque il mio avo, Giacomo Mancini.

Nel 1870, appena ventenne, Giacomo Mancini partecipò con i bersaglieri di La Marmora alla breccia di Porta Pia ed alla presa di Roma.

La mia famiglia era di estrazione medio borghese. Tra i fratelli di Giacomo Mancini c'era Vincenzo, intendente di finanza a Cosenza, e Gaetano, Procuratore Generale di Trani.

La prima idea socialista sbocciò con il mio bisnonno, Pietro Mancini, allievo di Antonio Labriola all'Università di Roma e poi fondatore a Cosenza, con altri giovani intellettuali, della prima sezione socialista e del settimanale  la parola socialista.

Pietro Mancini venne eletto nel 1921 e fu il primo deputato socialista di Calabria e Basilicata ed anche il primo ministro socialista della Calabria nel Governo di Liberazione, insieme a Benedetto Croce e Fausto Gullo.

I fratelli di Pietro Mancini, Attilio, Alberto, Emilio e Vittorio, fecero tutti parte del Partito Socialista, sempre al fianco del fratello maggiore che fu anche professore di filosofia al Liceo “Bernardino Telesio”, collega di Nicola Misasi e di altri giovani docenti.

Per quanto mi riguarda, ho iniziato a fare politica prima, come tanti adolescenti, al liceo, dopo nelle istituzioni, cercando di seguire sempre e con convinzione gli insegnamenti ed i consigli di mio nonno, Giacomo Mancini, Sindaco di Cosenza.

La storia che riguarda la mia famiglia sarebbe incompleta se non citassi anche mio padre Pietro che nel 1990 fu Sindaco della città di Cosenza, osteggiato soprattutto da quei socialisti che oggi si trovano lontani dalla sinistra e addirittura in Forza Italia.

Ho voluto far conoscere a Voi elettori le mie origini perché spesso vengo criticato per il fatto di essere legato ad una buona ed onesta famiglia di socialisti.

In una regione nella quale, purtroppo, il trasformismo e l'opportunismo sono diventati la regola della vita politica, è per me motivo di grande orgoglio far conoscere a tutti chi siamo e da dove veniamo.

Io sono lieto ed onorato di far parte di una famiglia che non ha mai cambiato casacca, che non ha fatto del trasformismo la sua ragione politica e che si è sempre comportata in modo corretto e dignitoso.

Per la nostra regione l'avvenire sarà complicato e difficile se la sinistra nel suo complesso e nelle sue aspirazioni non sarà capace di liberarsi delle scorie del passato e di costruire una nuova formazione politica.

L'Europa è la grande occasione e deve essere presa ad esempio. Nelle grandi democrazie europee il socialismo è

diventato forza di governo, si sviluppa e riesce a governare perché ha messo da parte le vecchie gelosie e le inconcludenti divisioni del passato.

Dobbiamo seguire la stessa strada puntando sull'esigenza, non più rinviabile, della nascita di una grande formazione politica di tipo socialdemocratico che contribuisca a rompere l'isolamento della nostra regione.

La Calabria, nel secolo che si è chiuso, ha avuto uomini politici importanti,  ma non è mai riuscita ad esprimere una classe dirigente di grande respiro in grado di dare sufficiente attenzione  alle istituzioni democratiche.

La nostra regione, oggi, è agli ultimi posti.

L'impegno dal quale non possono sottrarsi le nuove generazioni è quello di creare finalmente una regione ricca di istituzioni forti e di uomini politici che sappiano costruire e lavorare per il futuro mettendo da parte inutili lamenti.

La nuova classe dirigente calabrese giovane, colta e intelligente dovrà assumere l'impegno di far scalare alla Calabria i vertici delle classifiche nazionali.

Il patto federativo sottoscritto tra il PSE ed i DS deve avere questo obiettivo: l'unità di tutte le formazioni politiche democratiche per lasciare l'ultimo posto e puntare in alto.

Dobbiamo correggere le anomalie calabresi.

In Calabria non si è mai preso pienamente coscienza delle enormi potenzialità offerte dal trinomio terra-cielo-mare.

Gli 800 km di costa, che rappresentano una risorsa inesauribile potrebbero, se opportunamente valorizzati, dare ricchezza a tutta la regione.

Allo stesso modo, occorre porsi il problema della velocizzazione e della modernizzazione del sistema dei trasporti, puntando sulle autostrade dei mari e dei cieli.

Basta col pensare soltanto alla Salerno-Reggio Calabria, il cui ammodernamento è un tormentone che sembra non avere mai fine.

Il Porto di Gioia Tauro deve diventare lo snodo principale dei collegamenti con le altre regioni italiane e con quelle del bacino del Mediterraneo, così come il Porto di Sibari, che oggi è completamente fermo, dovrà rappresentare la porta commerciale e turistica verso i paesi dell'Adriatico.

Per il trasporto aereo è giunta l'ora di avere un aeroporto internazionale per arrivare  in Europa con costi sostenibili e per tutte le tasche.

Ma sono anche altre  le anomalie da correggere e gli interventi su cui puntare.

Le nostre Università sono frequentate da più di 30 mila studenti, ma sono completamente dimenticate per quanto riguarda la ricerca che è una delle chiavi di volta per vincere le sfide del terzo millennio.

Più ricercatori e meno burocrati, dunque. Più cervelli e meno mattoni.

Tra le questioni da affrontare senza indugio c'è poi quella del sistema del credito: non è possibile che nel nostro territorio siano presenti banche che si limitano a rastrellare denaro senza, però, fare investimenti e produrre ricchezza; e della sanità: con ospedali efficienti e personale medico e paramedico preparato e disponibile ad alleviare le sofferenze dei malati.

Il nuovo secolo sarà quello di Internet e dei computer, sempre più strumenti di lavoro ed opportunità di nuovi servizi. Per questo bisogna puntare su una scuola che insegni le lingue straniere ed i linguaggi informatici.

 

Per fare della Calabria una regione d’Europa, orgogliosa ed ambiziosa.