Giannutri è l'isola più meridionale dell'arcipelago toscano, essendo situata a 14 km. a sud-est del GigPatio con colonne della Villa Romanalio e 14 km. a sud dell'Argentario. Con una superficie di 2,62 kmq., si presenta piuttosto piatta, a forma di mezzaluna, con terreno di natura calcarea e coste rocciose e scoscese, eccetto gli approdi di Cala Spalmatoio e di Cala Maestra. Ha tre poggi: Capel Rosso (mt. 93), Monte Mario (mt. 78), e del Poggio del Cannone (mt. 83). Appartiene, amministrativamente, al Comune Isola del Giglio.

Chiamata Artemisia dai greci e Dianium dai romani, non ebbe mai una vera e propria autonoma storia. Gli accenni più antichi li troviamo nella Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio che, in una nota sulle isole, cita Artemisia come isola primitiva (... "amplior Urgo et Capraria, quam Graeci Aegilion dixere, item Igilium et Dianium, quam Artemisiam, ambae contra Cosanum litus, et Barpana, Menaria, Columbaria, Venaria, Ilva cum ferri metallis, circuitus C, a Populonio X, a Graecis Aethalia dicta. ab ea Planasia XXVIII. ab iis ultra Tiberina ostia in Antiano Astura, mox Palmaria, Sinonia, adversum Formias Pontiae" ... C. Plinii "Naturalis Historiæ" Liber III [81] ), e nell'opera De chorographia di Pomponio Mela, geografo latino, che cita Dianium come prima isola passata la bocca del Tevere (... "Sed Pithecusa, Leucothea, Aenaria, Sidonia, Capreae, Prochyta, Pontiae, Pandateria, Sinonia, Palmaria Italico lateri citra Tiberina ostia <ad>iacent [106]. Vltra aliquot sunt parvae Dianium, Igilium, Carbania, Urgo, Ilva, Capraria, duae grandes fretoque divisae, quarum Corsica Etrusco litori propior, inter latera tenuis et longa, praeterquam ubi Aleria et Mariana coloniae sunt a barbaris colitur" [107] ... Pomponius Mela "De Chorographia Liber Secundus). I romani abitarono l'isola e tutt'oggi sono visibili interessanti resti di una villa del I-II sec. d.C., che le antiche cronache ricordano appartenuta ai Domizi Aenobarbi. Giannutri fu abbandonata improvvisamente nel III sec. d.C. per motivi ancora sconosciuti, probabilmente per un sisma che ne danneggio' irreparabilmente le strutture, o forse per un'invasione di topi, che, come narra il poeta Rutilio Namaziano nella sua opera De Reditu Suo del 416 d.C., è stata causa di abbandono di molti antichi insediamenti.

Ritroviamo, poi, nuovamente menzionata Giannutri nella donazione con la quale Carlo Magno, nell'anno 805 (da alcuni, in realtà, ritenuta un falso più tardo del XII secolo), faceva elargizione di terre romane e toscane all'Abbazia romana dei SS. Vincenzo ed Anastasio "Ad Aquas Salvias", detta delle Tre Fontane. Successivamente, il territorio abbaziale comprendente anche Giannutri subì numerosi trasferimenti in favore di famiglie nobiliari: nel 1269 fu concesso in enfiteusi al conte Ildebrandino Aldobrandeschi di Sovana, detto il Conte Rosso; nel 1358 passò alla famiglia Orsini; nel 1452, infine, l'abate dell'Abbazia lo cedette in perpetuo a Siena. Nel XVI secolo, sconfitta ed occupata da Carlo V la Repubblica Senese, Giannutri fu dichiarata pertinenza spagnola e tale rimase sino ai primi del '700. Il faro di Giannutri I presidi, tra i quali quello di Orbetello, di cui faceva parte l'isola, "covo di pirati e loro posto favorito per agguati", caddero nella successiva guerra con i francesi; i tedeschi scacciarono gli spagnoli e governarono i luoghi sino al 1735. Nella pace del 1736 il presidio di Orbetello fu ceduto a Carlo di Borbone, Re di Napoli. Con il contratto di Luneville del 1801, Giannutri diventò pertinenza del Regno d'Etruria, creato da Napoleone per Ludovico di Borbone. Passò, poi, al Granducato di Toscana ed, infine, nell'anno 1860 viene annessa al Regno d'Italia, pur rimanendo "orfana" (non apparteneva a nessun Comune!). Nel 1861 vi fu impiantato un faro, e Giannutri, rimasta per molto tempo deserta, finalmente si animò con la presenza della famiglia del farista. Con Regio Decreto n. 2309 del 1865 il ministro Quintino Sella regalò l'isola al Comune del Giglio, che ne aveva fatto richiesta per costruirci una colonia agricola. Nel 1908 il Comune del Giglio decise di vendere l'Isola, che fu acquistata dalla Principessa Ernestina Ruffo dei Principi Scaletta. Da questa Giannutri passò dapprima, fittiziamente, alla sorella Elena, e poi al fratello principe Rufo Ruffo Della Scaletta. Nel 1959, alla morte del principe Rufo, l'isola fu ereditata dalla contessa Ernestina von Schönborn e dal figlio conte Karl Graf von Schönborn Wiesentheid.

Il resto è storia dei giorni nostri. Vista aerea di Cala SpalmatoioDapprima, negli anni '60, la lottizzazione con la costruzione di ville sparse e di un piccolo villaggio in Cala Spalamtoio; poi il fallimento delle società costruttrici e l'abbandono a se stessi dei proprietari di immobili, costretti a provvedere a tutti i propri bisogni e necessità, dal trasporto di persone e materiali alla produzione di energia elettrica, dalla raccolta dei rifiuti alla distribuzione dell'acqua potabile. Queste circostanze, unite al perdurante disinteresse delle Pubbliche Amministrazioni, proseguito per decenni, ha portato qualcuno, non a torto, a definire Giannutri come Repubblica Autonoma "fondata sul Condominio (rectius Consorzio)". Oggi, diffusa la moda dei parchi nazionali, Giannutri è tornata all'attenzione degli Enti Statali e del grande pubblico, e si è vista ricomprendere all'interno del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano.

Giannutri ebbe anche il suo Robinson Crusoe nella figura di Gualtiero Adami, capitano garibaldino, pisano, che all'isola approdò nel 1882 insieme al fratello Osvaldo. I due l'avevano presa in affitto con l'intento di coltivarla ed effettuare estrazioni minerarie. L'impresa, però, fallì, forse per l'inospitalità dell'ambiente o, forse, per contrasti tra i fratelli. Osvaldo, quindi, scelse di tornare in continente, mentre Gualtiero, qualcuno dice in una sorta di identificazione con il suo Generale Garibaldi che, indignato della sorti della politica monarchica, si era ritirato a Caprera dove era morto, decise di rimanere e si feceI Grottoni dall'alto raggiungere dalla giovane nipote Marietta Moschini, con la quale ebbe poi una lunga storia d'amore. A lui  si devono i primi scavi della villa romana, di cui utilizzò i locali di una antica cisterna dell'acqua per ricavarne la sua misera dimora. Al suo interno, oltre a numerosi libri, dicono custodisse gelosamente, a capo a letto, solo una bandiera italiana, di quelle senza lo stemma sabaudo, e una pistola. L'Adami, che era giunto a Giannutri malato di polmoni ed in precarie condizioni di salute, guarì miracolosamente e visse fino oltre 80 anni, trovando, evidentemente, giovamento nel sole, nel mare e nelle cose buone della natura offerte dall'isola. Nel 1922 morì e venne sepolto al Giglio, mentre la Marietta, rimasta sola con i ricordi della sua passione, forse continuò ad abitare a Giannutri ed a dimorare nella vecchia cisterna. Molti vecchi pescatori, infatti, raccontavano di questa misteriosa figura di donna che, sempre vestita di un abito fatto di tela marrone, consunto e pieno di toppe, si aggirava tra i ruderi della villa romana, e a cui loro portavano qualcosa da mangiare, lasciandolo sulla spiaggetta dell’isola. Poi di Marietta non si seppe più nulla; alcuni sostennero fosse morta; altri misteriosamente scomparsa. Molto più probabile che, dopo la morte del capitano Adami, abbia presto abbandonato l'isola per andare a vivere presso dei parenti sul continente. Leggende, tuttavia, ancora raccontano che di notte la si può ancora vedere mentre vaga sulla scogliera, lanciando grida disumane, con lo sguardo rivolto al Giglio dove giace il suo amato Gualtiero.