Gil Botulino (The German Observer)

News di Lunedì 22 Aprile 2002

MANIFESTAZIONE PER LA LIBERTA' D'INFORMAZIONE ALL'AMBRA JOVINELLI

il testo della trasmissione radiofonica di lunedì 22 aprile 2002


JACK – Sono stato, “immobile e invisibile” come scrive Concita su Repubblica, all’Ambra Jovinelli di Roma, perché i latitanti si defilano ma gli uomini no. Ho condiviso –senza cantare Bella Ciao, perché è una canzone troppo nobile e dolente per darla in pasto ai mediocri mastini della libertà di questi giorni grevi- ho condiviso -dicevo- la lettera audace, commossa e civile di Nanni Moretti all’unico presidente di tutti gli italiani, Ciampi. L’altro, quello del Consiglio, non lo è e non lo sarà mai, finché non la smetterà di trattare tutti gli italiani come giocatori del Milan. Qui non si tratta di parteggiare per un’altra squadra, signor Non Presidente di tutti, è che noi siamo liberi cittadini, e non dipendenti della “sua” Azienda Italia. Mentre l’inno del “suo” partito, che si è appropriato della bandiera italiana di tutti, equivale a cantare “Forza lei”, cavaliere. Io la conosco; personalità come la sua la Storia ne clona almeno una a ventennio. Lei si contiene, perché è un liberale; la sua personalità dominante le avrebbe fatto optare per l’Inno di Mameli, trasformandolo in quello di Arcore. Le sono grato per essersi controllato un poco, so quanto le dev’essere costato. L’ho vista in TV, nella “sua” Portofino, leccare un cono e sorridere superiore al cronista che la stuzzicava su Santoro. “Ne ho visto solo pochi minuti”, ha risposto. “Di più non ho resistito”.   Tra lei e la Resistenza, si sa, c’è come un’antipatia reciproca. Non si preoccupi, succede nelle migliori famiglie, soprattutto in quelle molto allargate (come si usa dire oggi) in cui ciascuno pensa a modo suo e vorrebbe poterlo esprimere anche pubblicamente senza paura di venire licenziato, come quei ragazzetti terrorizzati di perdere i loro posti instabili o interinali, che se li chiedi “tu non scioperi?” si coprono il volto, davanti alle telecamere, come le prostitute e gli assassini. Perché a questo siamo arrivati, Signor Non Presidente di Tutti, al terrore di dire No, non la penso come lei, e per un giorno -serenamente- sciopero. Ma in questi giorni un po’ bui (perché un presidente del Consiglio tagliatore di teste che lincia comici e giornalisti nell’esercizio delle sue funzioni di presidente e di ministro degli esteri, oltretutto non in patria, mi ha scosso, indignato e umiliato come italiano) in questi giorni bui ma anche pieni di speranza nelle capacità di reazione di un popolo che amo, ho visto e letto quasi tutto. Per esempio, ieri, un’intervista all’ex direttore generale RAI, Pier Luigi Celli. Amo le memorie che mordono, a differenza sua (che pur di dimostrare di avere un passato trasparente, mette il bavaglio alla magistratura e la mordacchia alla stampa). Celli ha detto che se ne andò dalla RAI perché Zaccaria la stava schierando a sinistra in campagna elettorale. Amo le memorie che mordono, anche se mordono me e le mie passioni politiche; amo la verità, anche se mi azzanna. E’ vero, o almeno mi sembrò vero allora. Ho letto che Biagi rifarebbe quell’intervista a Benigni. So di attirarmi l’antipatia dei miei compagni di strada, di quelli con cui condivido passato e speranze, ma sono fatto così, dico quello che penso e continuerò a farlo anche con un organetto in mezzo alle strade: secondo me fu un errore. La legge sulla par condicio o la rispetti o non la rispetti, e se non la rispetti non puoi gridare “dagli all’untore” se l’avversario non la rispetta. Ma -attenzione-: le sue reti, private e pubbliche, presidente (perché erano già suoi Vespa, Mimun e il TG 2, pezzi del TG 1, fasce orarie radio e televisive pubbliche, oltre, ovviamente, al TG 4, al TG d’Italia 1 e all’ottanta per cento della filosofia politica che ispira tutte le sue reti commerciali, dalle soap ai talk-show) tutti questi cannoni se ne fottevano allegramente e subdolamente della par condicio, e perfino la sua Iva Zanicchi, dal palco del servizio pubblico, Domenica In, invitava maternamente a votare per lei. Quindi la sua indignazione di aver perso 17 punti di consenso per le fughe in avanti di un comico, Luttazzi, di un giornali sta dichiaratamente di sinistra come Santoro e di un antico moderato come Biagi (colpevole di che? Di non adorarla?) è insieme ridicola e tragica. Secondo me (ma è davvero un modesto parere) l’opposizione sbaglia a cantare “Bella ciao” come sbaglia Borrelli (non a resistere tre volte, io lo ripeterei pure trecento volte, ma a evocare i morti del Piave). Partigiani trucidati e soldati morti per la patria lasciamoli -vi prego- dove sono. L’opposizione, evocandoli, non si accorge di cadere nella sua trappola da venditore di tappeti. Perché lei è e resta questo, signor Non Presidente di Tutti: un piazzista. Vent’anni fa di case, oggi di politica e di sogni flambé. In questi anni io l’ho seguita passo-passo. Lei usa tecniche di marketing vecchie come mia nonna, e altre, più sottili e seduttive che mai, che la rendono il miglior comunicatore d’Europa. L’ho già detto e lo ripeto: l’opposizione, in questo, è all’asilo. E si ostina a non capirlo, si rifiuta di capirlo, s’indigna a capirlo, e commette un tragico errore cadendo nella sua rete ch e è racchiusa in sei parole –mi lasci scherzare- è racchiusa “nel sigillo di Silvio”. E le parole sono: “O con me o contro di me”. E più quelli –noi- ci incazziamo, ci indignamo, cantiamo “Bella ciao”, più lei  dirà menzogne enfatiche del tipo “occupazione armata” della RAI, finché (e già se ne colgono i primi sintomi) non sarà lei stesso ad autodistruggersi, perché –per fortuna e per grazia del buon Dio- le personalità come la sua lo fanno, soprattutto quando si rendono conto che non hanno più niente da vincere, e a lei manca solo il Quirinale o la conquista del Paradiso. Naturalmente, un Quirinale all’americana e forse anche di più, in un’orgia di poteri ad Interim che spazieranno dal Milan alle Forze Armate, dalla programmazione del cinema d’essai sotto casa mia a una ristesura dei messali nelle messe cantate. Io non ho mai creduto che chi la vota sia un allocco. Ho profondo rispetto per chi non la pensa come me, e nel suo programma politico non ci sono scritte tutte bischerate. Come  i grandi piazzisti, anzi, come il più straordinario dei commessi viaggiatori, lei conosce le segrete pulsioni e le paure più in-confessabili della gente comune. Lei ha trasformato una maggioranza silente e un poco grigia, in un immenso clan. E lo ha fatto sgombrando il campo da qualunque freno morale, di stile, di autocritica, di coerenza, di logica. Lo ha fatto e basta, usando tutte le tattiche dei venditori, blandendo e frustando, carezzando e fingendo, mescolando bugie e verità, rimestando sogni e paure, dicendo e negando di aver detto contro ogni evidenza e ogni replay, senza nessuna remora, così come la sua personalità dominante le dettava e sfruttando tutte le risorse economiche immense di cui disponeva, le sue televisioni, i suoi dipendenti, le sue aziende. L’opposizione, schiava dei suoi ideali e dei suoi retaggi, ha continuato e continua a parlare un linguaggio ora ambiguo ora alto, troppo alto. L’opposizione, da mesi, da anni, parla solo alla testa dei suoi, convincendo chi è già convinto, anzi, scontentandone molti, nel tentativo disperato di starle dietro, a destra. Mentre lei parla alle viscere di tutti. Lei è dentro all’inconscio collettivo, qui padre buono, lì padre autoritario. Se l’opposizione riuscisse a farsi Madre, lei -credo- non perderebbe quei 17 punti, ma 17000; è un po’ più che una battuta, ma temo di non essere capito, per cui passatemela almeno come battuta: ci vorrebbe la madonna. Comunque non scherzo, tutt’altro. Al di là di alcune ovvie diversità programmatiche, non penso affatto che in Italia il paese sia spaccato da un punto di vista strettamente politico. Oggi si fa fatica a distinguere un sincero pensiero di centrodestra liberale da un sincero pensiero di centrosinistra democratica. La grande trappola di un grande comunicatore è stata quella di spaccare il Paese su se stesso, Silvio, e sulla propria divinizzata o demonizzata figura. L’Italia sta girando intorno al suo Io, e questo è l’esatto contrario di mettersi al servizio del Paese, ma è il massimo ideale di un imprenditore: mettere un intero Paese al   servizio suo. Voi capite, vero, cosa intendo? Io sto parlando di psicologia delle masse, e cantandogli contro “Bella Ciao” tu gli fai ugualmente gioco, anche se in buona fede, si capisce. Ora, immancabile, qualcuno di voi mi starà gridando: “Visto che tu fai il Sotuttoio, che faresti se fossi un politico all’opposizione o un semplice cittadino?” Quello che ho appena fatto, fratello tesoro. Vedi, non si entra in contatto con una comunità di oranghi entrando nella foresta col machete in una mano e recitando un libro di Kant. Bisogna adottare il loro linguaggio. Interessa? Il mondo della comunicazione in Italia è cambiato, volenti o nolenti, e l’ha cambiato Berlusconi, e tu devi prenderne atto, cittadino o politico. Con conflitto d’interessi o senza, è cambiato. Con attacchi alla magistratura e alla stampa, grazie al denaro, alla mafia o non alla mafia, è cambiato, volete mettervelo nella zucca o no? Gli italiani vanno amati e rispettati tutti e questo è il primo punto: la libertà d’opinione di tutti (E qui o interviene davvero il presidente Ciampi o è meglio fare i bagagli).  Punto due: Se non si sa parlare più al cuore, alla testa e alle viscere della gente è meglio farsi da parte (Moretti ha ragione). Non capisco tutta questa paura di Fassino (gliel’ho sentito ripetere più volte, a lui, D’Alema ed altri) basta con l’autocritica o ci distruggeremo. Per rinascere davvero bisogna saper morire davvero, e l’autocritica più feroce è la prima di quelle salvifiche morti. Non bisogna averne alcuna paura, semmai bisogna accelerarla. Terzo e ultimo (e mi scuso davvero con tutti per questa sbobba infame) questo è solo il parere di un italiano clandestino, e null’altro. Gradirei che voi e i vostri figli e i figli che verranno possiate e potranno continuare ad esprimere tutte le opinioni, anche le più dissacranti e faziose, senza temere, per questo, di perdere il proprio lavoro o di venire indicati al pubblico disprezzo nientedimeno che dal presidente del consiglio. Noi non siamo suoi né di nessuno. Noi siamo nostri. Non merce di qualcuno. E la libertà non si compra, semmai si paga. Interessa?

JACK FOLLA C'E'
DAL LUNEDI' AL VENERDI' ORE 7-7.05 E ORE 13.40 - 14.30 SU RAI RADIODUE
FINO AL 30 MAGGIO