Gil Botulino (The German Observer)

21 Marzo 2002

LA PASSIONE POLITICA E LA POESIA DI CARMELINA AMATO

di PIETRO COSSARI, u Breu

Sollecitato da Gil e dalle telefonate di tanti compagni dell’ex Federazione Giovanile Comunista Italiana i quali, appena appurano la triste notizia, ancora oggi, a distanza di più di un mese dalla sua scomparsa, chiamano per esprimere il loro personale cordoglio e la solidarietà al Partito, ho pensato fosse giusto rendere omaggio tramite semplici parole e senza la pomposità della classica retorica come sono convinto lei stessa avrebbe voluto, alla compagna Carmelina Amato.

Di Carmelina comunista, cofondatrice dell’Unione Donne Italiane e strenua lottatrice per la difesa delle proprie idee e dei diritti dei più deboli, molto si sa, ma ciononostante, ancora molto di più si potrebbe dire perché l’intera sua vita fu interamente votata ai nobili ideali della politica, quella vera, con la p maiuscola, vissuta intensamente da Carmelina e da quei compagni che con duri sacrifici, contribuirono a tenere alte il vessillo del riscatto sociale, ridando speranza e voce a coloro che temevano d’averle perdute per sempre.

Durante i tragici avvenimenti dell’occupazione delle terre, cantando "Bandiera Rossa", Carmelina sfilava in prima fila abbracciata alle altre donne che manifestavano per chiedere il rispetto della dignità dei lavoratori e quando, la polizia del reazionario ministro Scelba sparò all’impazzata seminando il panico tra gli inermi manifestanti, Giuditta Levato che l’affiancava, cadde ai suoi piedi. Fu questo un episodio che se anche fortificò la tempra di Carmelina, contemporaneamente, segnò drammaticamente la sua esistenza come lei stessa rievocando i fatti mi confidò anni fa: «Immediatamente dopo quel barbaro eccidio, stetti male per diverso tempo e per tre giorni consecutivi, andavo e venivo continuamente dal bagno, terrorizzata e disgustata per tanto orrore!»

Al tempo delle manifestazioni dei contadini badolatesi contro i grandi proprietari terrieri, Carmelina era con loro a gridare lo slogan: "Pana, lavòru e allìvi a mmitàti!" e quando in quell’occasione, i celerini caricarono con i manganelli le donne che aprivano il corteo, Carmelina di fronte a tanta violenza, reagì sferrando un pugno in faccia ad un poliziotto cavandogli due denti, ma circondata dagli altri celerini, fu arrestata e condotta nella locale caserma dei carabinieri, cosa questa che provocò l’ira dei compagni i quali, scatenarono il finimondo lanciando contro le forze dell’ordine, pietre, mattoni e oggetti d’ogni genere, obbligandole a rimettere subito in libertà Carmelina ed imponendo le loro condizioni ai proprietari terrieri.

Nel gennaio del 1953, quando i lavoratori dei cantieri – scuola di Badolato scioperarono chiedendo la busta paga piena e non dimezzata, come invece pretendevano le autorità, Carmelina partecipò anche a quella battaglia che fu vinta e che fu associata con gran maestria dai dirigenti del P.C.I., a quella per la pace e contro la bomba atomica. All’epoca, con l’accusa d’aver fomentato la rivolta, furono arrestati i compagni: Paolo Bressi, Domenico Femia, Antonio Larocca, Pasquale Procopio e Giuseppe Samà. L’undici dello stesso mese, il Partito Comunista inscenò una manifestazione davanti la caserma dei carabinieri per chiedere il rilascio degli arrestati, ricevendo come risposta, delle bombe lacrimogene prontamente rispedite al mittente. A seguito di quegli eventi, furono arrestati e poi condannati per radunata sediziosa, i compagni: Carmelina Amato, Giuseppe Andreacchio, Vincenzo Battaglia, Antonio Gallelli, Antonio Garretta, Vincenzo Paparo, Salvatore Piroso Salvati e Pietro Varano d’Isca Jonio.

Per quell’ingiusta condanna, Carmelina scontò con la dignità che sempre distinse i comunisti italiani, tre mesi di carcere effettivo che gli causarono una grave forma di pleurite che non ben curata, si trasformò in bronchite cronica. Ciò però non le impedì di continuare la sua attività politica che anzi, per la testardaggine che aveva, riprese con più slancio e vigore.

Nella battaglia elettorale contro l'allora famigerata "legge truffa" lottò tenacemente insieme ai compagni: Paolo e Pasquale Bressi, Nicola Criniti, Jannone, Antonio Larocca, Meliti, Luigi Tropeano e Giuseppe Samà facendo il caseggiato nei paesi delle Serre. Alla notizia appresa da Radio Praga che la "legge truffa" non era passata, i suddetti compagni come stabilito in precedenza, s’incontrarono al bivio di Chiaravalle e abbracciandosi, piansero a dirotto per la gran gioia. Poi, andarono a mangiare in una locanda e Carmelina, fingendo di non avere fame, offrì il suo pasto all’avvocato Luigi Tropeano che non mangiava da diversi giorni: «Non mi va. Sono sazia. Mangiatelo voi avvocato, se non vi schifate!»

Dalla citazione di quelle vicende si evince chiaramente che Carmelina era una donna veramente eccezionale che vivendo in mezzo alla gente umile e semplice e pur rimanendo fedele alle proprie idee, era sempre pronta allo scontro per difenderle in ogni circostanza, schierandosi dalla parte del popolo come successe recentemente nel 1986 quando fu nuovamente in prima fila per la ristrutturazione "da curva do Gironi"; nel maggio1995 nel chiedere il ripristino della strada crollata a Mingiano e nel settembre dello stesso anno, partecipando all’occupazione popolare degli uffici comunali per impedirne lo spostamento in Marina.

L’ultima gran battaglia fatta da Carmelina e portata felicemente a termine, fu quella per la salvaguardia della storica sezione del P.C.I. – P.D.S. – D.S., sita dal 1946 in Corso Umberto I n° 107, restaurata nella primavera del 1999 con il lavoro volontario dei compagni che riuscirono a renderla nuovamente funzionale e in tempo per l’assemblea pubblica tenutasi lunedì 7 giugno con il compagno Giovanni Mosca, candidato alle elezioni provinciali. In quel frangente, anche se apparentemente era determinata, Carmelina espresse ad alcuni compagni la sua amarezza per «l’incomprensibile odio tra i partiti della Sinistra che invece di riunirsi in un unico grande partito, pensano a farsi una guerra fratricida che avvantaggia solo ed esclusivamente, i nemici del popolo! Ai miei tempi era la passione politica, la forza delle idee a farci muovere. Oggi, si muovono solo per i propri interessi personali. Quegli stessi interessi che hanno fatto sì che molti compagni si perdessero per strada. Oggi si è comunisti soltanto quando si è a digiuno!»

Molti ricorderanno Carmelina che si prodigava nelle feste de L’Unità e dell’Otto Marzo, ma pochi sanno che essendo nata in un casolare di Butulli, amava particolarmente la montagna e che leggeva Tolstoj (era molto affezionata al romanzo Resurrezione) e la Bibbia che era stata sua inseparabile compagna e aiuto in molte campagne elettorali e della quale, citava spesso passi di straordinaria attualità, confrontandosi sovente con i preti coi quali si scontrava ma rispettava.

I ragazzi della F.G.C.I. degli anni Ottanta, quelli che nelle elezioni amministrative del 1985, con il loro straordinario entusiasmo portarono il P.C.I. alla riconquista del Comune, la consideravano la loro madrina politica e la chiamavano amorevolmente "la guardia rossa" perché in un certo qual modo, si sentivano da lei protetti, infatti, se di notte affiggevano i manifesti o se di giorno polemizzavano con qualche avversario, Carmelina era sempre pronta ad intervenire: «Che c’è ragazzi, tutto bene? Vi raccomando, non reagite alle provocazioni!»

Una donna semplice e diretta Carmelina, orgogliosa della propria appartenenza politica. Fu lei a cucire le bellissime fasce rosse con la falce, il martello, la stella e lo scritto col filo giallo oro, P.C.I. che noi rappresentanti di lista vistosamente ostentavamo nei seggi elettorali e fu sempre lei, a cucire con una stoffa dal colore rosso vivo, quelle bandiere del P.C.I. e della F.G.C.I. che illuminavano i visi di tanti compagni. Nel giorno dei suoi funerali, per via della trasformazione della realtà storica, non c’erano quelle bandiere a renderle l’estremo saluto ma stesa sulla propria bara e davanti la sua sezione, spiegate a mezz’asta, c’erano altre bandiere diverse nei simboli ma dello stesso identico colore del sangue, dell’amore e della lotta ad accompagnarla nell’ultimo suo viaggio "scortata" dalle note dell’Internazionale e dall’Inno dei lavoratori.

P.S.: Carmelina possedeva anche un’anima lirica, già nel numero de "La Radice" del 30 giugno 1998 fu pubblicata la poesia Tramonto e sorgere. Per dovere di completezza, prego Gil di pubblicare queste altre due poesie che al pari della prima, esplicano lo stato d’animo dell’autrice dinanzi alla natura e aiutano altresì a comprendere quanto grande e deciso fosse l’impegno sociale e politico di Carmelina. Addirittura, Tre donne venne da lei stessa cantata per la prima volta "ahru Fagu Randa" durante i festeggiamenti per la vittoria ottenuta dal Partito alle comunali del 1985:

 

Tre donne

Dormimmo noi tant’anni a lungo sonno,
vinte da pregiudizi e da bugie.
Da cieche abbiam vissuto
senza un pensiero,
siamo rimaste fuori dal mondo vero.
Ma finalmente alla riscossa,
trombe d’argento sveglia fan
e sulla strada del progresso,
verso il lavoro c’incamminiam.
Abbiamo versato il sangue sulle pietre
quando alla patria urgeva libertà.
Pensate ad Irma bandiera
e ad altre donne immolate
che caddero gridando: "lavoro e pace".
Ora decise andiamo avanti
per il progresso e per il lavoro.
Andiamo avanti ad occhi aperti
e i nostri morti ci guideranno.
Cadde Giuditta un giorno in mezzo ai campi
e col suo sangue si bagnò la terra.
Nel nome suo glorioso
verso il riscatto andiamo.
Ci guarda lei davanti con la bandiera,
gloriosa bandiera del lavoro
che ci rinnova, che ci darà:
amore, pace e libertà.
E tutto il mondo lieto sarà.

 

Ho parlato troppo

Questo primo sole,
tra i rami esili dei faggi spogli,
ha già un tepore d’autunno,
un odore vivo di foglie cadute,
d’avide radici e di germogli
che diventano terriccio.
Oh natura,
com’è diverso per me, quest’autunno,
parlando troppo di cose brutte e belle,
guardando di tanto in tanto, il cielo azzurro,
ove, soffia un vento leggero che col tiepido sole,
asciuga le foglie di faggio che crepitano
sotto il passo guardingo e gli occhi smarriti
degli uccelli che in questa malinconica stagione,
cercano riparo infreddoliti.
Oh natura,
non si può parlare troppo,
ma come appoggio la penna sulla carta,
sono fredda, stanca e morta,
come le foglie di quei faggi molli
pronti a dare ancora, i loro germogli.
O mia natura, ho parlato troppo.