Gil Botulino

The German Observer
dal 2001

responsabile: Pasquale Andreacchio - e-mail: info@gilbotulino.it - web: www.gilbotulino.it

Lunedì 11     -     Agosto 2003

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Badolato, la Festa mancava dalla caduta del Muro
Dopo 14 anni torna l'appuntamento nel paesino sulle rive dello Jonio. Ed è un successone

Aldo Varano

Era dal 1989 che qui la festa dell'Unità non si faceva più. Quell'anno a Berlino venne giù il Muro e l'Unione Sovietica iniziò a liquefarsi. La sinistra a Badolato, un paesino del Basso Jonio catanzarese steso accanto ad una spiaggia bianca leggera e asciutta che incornicia un mare trasparente, si spappolò. Una tradizione iniziata subito dopo la guerra, diventata a partire dai primi anni Cinquanta punto fermo della vita del paese, accanto alla festa dell'Assunta e di Sant'Andrea Avellino, si dissolse.

Niente più festa. Né alla Marina, né in piazza Fosso, lassù al centro dell'incantato borgo medievale pigramente adagiato sulla collina a sella d'asino, un ricamo di vicoli freschi, antiche case di pietra e palazzi gentilizi coi portali scolpiti a mano, dove in quegli anni ancora viveva la maggior parte dei badolatesi. Di quell'inizio era rimasto solo un'ampia traccia nel libro di Pietro Cossari sulle tradizioni popolari del paesino. Un lungo paragrafo nel capitolo sulla vita estiva badolatese per dar conto dell'iniziativa attorno al nostro giornale diventata appuntamento di un'intera comunità, incastonata in agosto tra la festa della Madonna della Sanità e quella "do ccippu" (quest'ultima così battezzata perché negli intervalli tra canti e danze chiunque poteva arrampicarsi su un alto ceppo e da lì parlare di qualsiasi argomento, per sostenerlo o criticarlo, ricevendo in cambio calorosi applausi o fischi a perdere).

Per questo giovedì scorso, all'inaugurazione della festa dell'Unità, dentro il campo sportivo dove s'era svolta l'ultima, in molti erano emozionati. Non certo i maggiori protagonisti dell'evento, i dirigenti della sezione Ds, quasi tutti abbondantemente sotto i trent'anni, in quel 1989 ormai lontano un secolo adolescenti o ragazzini. Loro casomai erano pieni d'ansia, in attesa di sapere se la festa avrebbe "tirato" attirando giovani e famiglie, emigrati tornati al paese e turisti come accadeva, secondo i racconti ascoltati mille volte, negli anni passati. Emozionati, invece, erano quelli coi capelli bianchi e le vite intrecciate alla storia Pci-Pds-Ds. C'è stato anche un attimo di sgomento per tutti quando verso le otto di sera, già novanta minuti dopo l'orario ufficiale d'inizio, erano ancora quattro gatti: l'enorme palco per la musica e le iniziative politiche laggiù in fondo, desolato; il tavolo per mangiare, vuoto; lo spezzatino di trippa e le salsicce, ancora nelle pentole e in padella. Poi, un po' prima delle nove, è iniziato un flusso che in pochi attimi è diventato un fiume. E la festa è tornata ad essere l'appuntamento popolare di tutto il paese.

Vincenzo Gallelli, avvocato praticante di 26 anni, passata la paura del fallimento, racconta: «Per fortuna ho avuto torto. Avevo insistito per una festa piccola, magari in un quartiere. Mi sembrava esagerato tornare qui dove, raccontavano i compagni, l'ultima sera erano sempre a migliaia». Chi invece si è battuto fin dall'inizio per una festa in grande è Agazio Gallelli che dice: «Ho insistito più che per il recupero della tradizione per la politica nazionale. La situazione da quando c'è Berlusconi è molto grave. Bisogna stare tra la gente e parlare di quel che sta accadendo». Vincenzo, gustandosi l'affollarsi attorno alle mostre e i posti a sedere del ristorante ormai esauriti, aggiunge: «Nella festa si fa politica ma è considerata soprattutto uno dei pochi appuntamenti dell'estate. Una festa di tutti. Quando abbiamo fatto il giro per trovare gli sponsor, nessuno ha detto di no. In ottanta, e molti sono in politica lontani da noi, hanno aderito. Il palco l'hanno montato un gruppo di compagni carpentieri che si sono fatti prestare la struttura. Il grande tavolo per il ristorante l'abbiamo fatto noi. La trippa la cucina Ciccio Frascà. Lavora nell'edilizia. Ma con la trippa non ha rivali».

Salvatore Cossari ha 25 anni e sta per laurearsi in lettere moderne a Cosenza. All'ultima festa, bambino, c'era; perché ha cominciato da piccolo a bazzicare tra il Pci e la Fgci. «La nostra è la stessa storiadi tanti paesi della Calabria e del Sud. Dei 4075 elettori di Badolato 2712 risultano residenti qui, 1363 all'estero. Nel cantone di Zurigo, a Wetzikon, abitano più di 2000 badolatesi: si parla il nostro dialetto e fanno anche la festa del nostro patrono. Altri sono a Ulster e nella fascia milanese, specie a Rho. Ogni anno in agosto, quando tornano in massa, era un tormento: perché la festa non c'è più? Cos'è successo? Di chi è la colpa? E che estate è senza festa? Un'amarezza senza fine. Non a caso per la festa non solo contribuiscono tutti ma spesso anche altri danno una mano a lavorare». Conferma Mimmo Criniti. È un signore di mezza età, un po' robusto. «Socialista da sempre», avverte subito, «Il cuore l'ho lasciato ad Hammamet, ma da quando c'è ho sempre votato Ulivo». Vende i biglietti per la lotteria della festa e ne rifila subito cinque al cronista come condizione per continuare a discuterci. Ma ci sono anche ex democristiani e tanti senza partito. Cossari sostiene che il giro di quelli che «hanno buttato l'anima per la riuscita della festa è di almeno sessanta».

Nicola Criniti, dottore in scienze politiche di 29 anni, è il capo della Quercia di Badolato. Stanco e contento s'è fatto una doccia per liberarsi dell'impasto di polvere e sudore, «perché fare una festa è bello, una grande esperienza, ma faticoso: stiamo sgobbando da giorni e giorni». Gongola Criniti guardando la folla: «Il nostro problema è rilanciare il Ds e l'Ulivo. La festa è un momento di questa strategia. Abbiamo una tradizione molto antica alle spalle ma poi ci siamo indeboliti parecchio. Noi vogliamo recuperare le nostre cose antiche e espanderci insieme a tutto il nuovo che c'è anche a Badolato. Mi pare che questa serata dice che è possibile. Dal dopoguerra all'80 la sinistra ha sempre tenuto il Municipio. per battere le sinistre puntarono sul trasversalismo. Con le prime spaccature in Comune entrarono gli altri. Nell'85 lo riconquistammo. Nell'87 pure ma poi ci ributtano giù e seguì un turbinio confuso e spesso poco trasparente».

La festa attorno all'Unità, qui a Badolato, è anche il frutto di un processo generale di rilancio. In Calabria se ne terranno più di 150, tra grandi e piccole, brevi e lunghe. Ma qui a Badolato la festa è anche un atto di coraggio. Di coraggio straordinario. Spiega Mimmo Bressi a cui, quand'era vice sindaco, hanno bruciato due auto più, in campagna, la casa e gli alberi: «La festa risponde a un bisogno di democrazia. Ci serve per riaprire un dialogo coi badolatesi». Anche Pasquale Andreacchio, che si considera forza di complemento e questa sera indossa la maglietta «Festival dell'Unità - Badolato», inventore di un sito di informazione alternativa, riconosce che il problema è questo. Ad Andreacchio, per il suo modo di fare informazione, hanno incenerito la Punto Fiat due anni fa e già che c'erano, i virtuosi della benzina, nella stessa notte, hanno distrutto l'auto di Turi Caminiti che, anche lui, ha il vizio di scrivere sul sito. «Come sezione di fronte a questi gesti - dice Nicola Criniti - abbiamo sempre parlato di attentati politico-mafiosi. L'obiettivo è sempre stato quello di bloccare la partecipazione».

Ora la gente è proprio tantissima. Tra poco inizia il dibattito su come conquistare il Comune (ora commissariato), la regione Calabria e il governo del paese. Ci sono un senatore Ds e un deputato della Margherita: Nuccio Iovene e Agazio Loiero. Seguirà la musica.

Ci sono le famiglie di Badolato, gli emigrati tornati per le vacanze che ritrovano la festa e anche i turisti. Come ai vecchi tempi. Si divertono Olivia e Laura, arrivate tra le prime. Sono due giovani insegnanti di Varese (lettere alla media e tedesco al superiore) che hanno affittato una casa di pietra al borgo medievale per 15 giorni. Trovano il paese e il mare bellissimi. La festa molto vivace. «E anche l'Unità, ora, mica prima, specie per noi che siamo per la pace senza se e senza ma, ci pare molto bella».

Aldo Varano, L'Unità, lunedì 11 agosto 2003

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IL PERSONAGGIO
Rina ricorda: «Di casa in casa per pagare la festa»

Ha un solo cruccio Rina Trovato, che le gambe non la tengono più bene in piedi. «Altrimenti sarei lì», dice indicando da lontano la cucina con un pizzico di nostalgia. «Ci sono stata per tantissimi anni. Ero sempre io a sbrigarmela di tutto quanto. Si dice poco anche sul nostro giornale: alle feste dell'Unità quasi sempre, la stragrande parte del lavoro, l'hanno fatta le donne».

Mi guarda fiera e imperiosa, e scandisce: «Scrivila questa cosa». Rina è stata a lungo il cuore pulsante della festa dell'Unità di Badolato e, ci tiene a dirlo ora che ne è diventata la memoria storica, «non solo in cucina». «Lavoravo nella gastronomia ma prima dovevamo raccogliere i soldi. Facevamo un comitato e andavamo di casa in casa. Qualcuno ci dava soldi ma i contadini, quasi tutti, facevano offerte in natura: frumento, fagioli, ceci, olio. Un po' di tutto quello che avevano. Noi pigliavamo tutto, anche offerte poverissime per non umiliare nessuno: ognuno, quel che poteva. Rivendevamo e anche questo significava lavoro. Tolte le spese, una piccola parte dei soldi, ma proprio piccola, restava alla sezione. Gli altri a Roma per sostenere l'Unità». Naturalmente cifre modeste, perché la fame e la miseria non scherzavano.

Come e quando iniziò? «Subito dopo la guerra. Allora la festa era uno che veniva da Catanzaro e si parlava in piazza dei problemi del mondo, dell'Italia e del lavoro. La terra soprattutto. Venne anche Fausto Gullo (ministro della giustizia e poi dell'agricoltura nei governi di unità nazionale dopo la guerra, ndr) che poi qui diventò di casa perché era calabrese. La svolta ci fu nel 1954: una festa vera, sempre su in paese, con la musica, per diversi giorni, coi premi, le iniziative politiche e il comizio alla fine. Stavamo attentissimi a non farla coincidere con quelle religiose. Nei fatti c'era una specie d'accordo a non sovrapporle mai. Se dovevamo spostarla don Peronace (parroco del paese dal 1943 al 2002, ndr) ce lo mandava a dire. Mai avuto un problema. Noi avevamo il sindaco ed era giusto facessimo così».

Sembra rivivere quegli anni Rina Trovato. «Il momento più bello secondo era quello dell'albero della cuccagna. Vinceva - capra, formaggio e capicollo fatto in casa - chi conquistava la bandiera rossa in cima al palo. Il paese era tutto in piazza, c'erano le squadre, tifo e scherzi a non finire e i suonatori con le zampogne».

«La pasta e fagioli che servivamo al ristorante la cucinavamo a casa un gruppo di compagne e contadine. Lo stesso per le melanzane ripiene. Invece, la trippa si faceva fresca perché sennò non viene buona. Tutto le donne; cucinavamo e servivamo ai tavoli». Rina, che scherzando dice le piacerebbe poter fare una mostra per la festa con le sue cinquanta tessere Pci-Pds-Ds, sostiene che dalla festa di Badolato sono passati tutti i personaggi importanti della Calabria. «Oltre Gullo anche Miceli e, negli ultimi anni prima dell'interruzione, Fabio Mussi». Comunque la cosa che a lei è rimasta più impressa la sentì dire a una festa dell'Unità a Mario Alicata (anche lui direttore dell'Unità, ndr): disse «che le persone istruite il cervello se lo devono riempire a partire dal popolo e dai suoi problemi». Inutile chiedere a Rina, seduta su una panca non lontano dal palco, se è contenta del rilancio della festa. «Spero che a livello nazionale vada bene», mormora piano piano. «Bisogna chiedersi perché tanti dei nostri non sono più con noi. Dobbiamo spiegarci bene con loro».

Richiama il cronista che si allontana: «Oltre quella cosa sulle donne, scrivi anche che nella nostra sezione e nelle nostre feste sono cresciuti sempre uomini liberi».

Aldo Varano, L'Unità, lunedì 11 agosto 2003

LA POPOLARE FESTA DE L'UNITA'

   Si svolgeva ai primi d'agosto, originariamente in Piazza Fosso, e poi in Piazza Castello, e gli organizzatori avevano cura di non sovrapporla ai festeggiamenti in onore della Madonna della Sanità o a quelli dell'Assunta.
   Durava in media tre giorni, e alcune volte anche un'intera settimana.
   I preparativi erano intensissimi: gruppi di volontari, quando la maggior parte dei cittadini era al mare, lavoravano alacremente sotto il sole rovente che picchiava implacabile sulla piazza ove trasportavano dalla sezione comunista tubi di ferro, legname, canne, mattoni ed ogni genere di materiali che servivano per allestire gli stands e il palco su cui dovevano esibirsi i cantanti.
   Alla sottoscrizione aderivano tutti, i primi a contribuirvi erano gli avversari politici che, entusiasti, partecipavano anche ai numerosi giochi popolari che annualmente attiravano nugoli di turisti e che vale la pena elencare:
   tiro alla fune;
   gara del coniglio;
   gara del cocomero;
   gara dei sacchi;
   gara dell'uovo;
   gara degli spaghetti;
   gara della padella;
   gara delle biciclette;
   gara delle moto;
   gara delle pignatte.
   Infine, nella giornata conclusiva c'era la gara dell'albero della cuccagna (che originariamente costituiva una delle maggiori attrattive dei festeggiamenti della Madonna della Sanità) alla quale partecipavano più squadre formate ciascuna da quattro concorrenti, alcuni molto agili, altri meno, ma tutti stimolati da una forte volontà d'arrivare primi all'agognata meta e che tentavano, accompagnati dalle note di "Bandiera Rossa" suonata dalla fanfara che dava loro la carica, di scalare il lungo e grosso tronco (appellato scherzosamente K2), abbondantemente unto di grasso animale che provavano ad asciugare con crusca o sabbia.
   Un folto pubblico assisteva quasi estasiato all'arrampicata che terminava solo quando uno dei partecipanti riusciva a giungere in cima e a sventolare il rosso drappo là sistemato, tra le immancabili grida di giubili dei suoi compagni e degli spettatori che, dopo essersi scatenati nelle frenetiche tarantelle suonate dalla fanfara, andavano verso gli stands chi per ristorarsi, chi per acquistare libri o qualche ciondolo, nell'attesa d'assistere all'esibizione del gruppo musicale di turno.
   La festa dell'Unità, che continuava a distanza di pochi giorni in Marina (e che si tenne fino al 1989), era un avvenimento molto atteso perché coinvolgeva tutti indistintamente. Si trattava veramente di una festa popolare pur se finalizzata al sostentamento di un giornale di partito, ma che evidenziava quanto alta e nobile fosse allora la politica.

tratto da: Pietro Cossari, "Viaggio nelle tradizioni popolari badolatesi", Ed. La Radice, 2003