Gil Botulino

The German Observer
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martedì 18     -     Novembre 2003


Il notaio Antonio Andreacchio è stato completamente scagionato dall Corte d'appello
QUELLA VILLA NON ERA ABUSIVA
La concessione edilizia sarebbe stata del tutto regolare

NESSUN reato fu commesso dal notaio Antonio Andreacchio nell'iter per la costruzione di una grande villa in località Cuturelle di Soverato. Lo ha stabilito la Corte d'appello (presidente Adalgisa Rinardo, a latere Carlo Zampi e Palma Talarico), che lo ha assolto completamente da ogni accusa mossa a suo carico. Stessa decisione, i giudici di secondo grado hanno preso per il coltivatore diretto Giuseppe Caminiti che, nell'intera vicenda era stato coinvolto in qualità di prestanome del notaio.
Una storia complicata, che si è snodata attraverso una serie di tortuosi passaggi giudiziari e che, ieri, sembra aver avuto la sua conclusione. Tutto ha avuto inizio da un verbale dei carabinieri di Soverato, in seguito al quale i giudici hanno disposto il sequestro di un complesso immobiliare in corso di realizzazione in località Cuturella, facendo scattare le indagini a carico di quattro persone: il notaio Antonio Andreacchio, il suo presunto prestanome, il coltivatore diretto Giuseppe Caminiti, il sindaco di Soverato, Giovanni Maria Calabretta, e il tecnico comunale Michele Menniti.
Secondo le ipotesi accusatorie sarebbe stata istruita con parere favorevole la concessione edilizia rilasciata precedentemente dal primo cittadino al Caminiti per la realizzazione in località Cuturella, zona classificata come agricola, di "un impianto olivicolo con annessi fabbricati per deposito, garage, residenza in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale", nonostante il vero richiedente fosse il notaio Andreacchio (proprietario del terreno poi concesso in locazione al Caminiti ad un prezzo irrisorio) e nonostante l'oggetto della concessione fosse una lussuosa villa con annessa piscina.
Da qui il coinvolgimento nella vicenda giudiziaria del sindaco e del tecnico comunale, oltre che del Caminiti e di Andreacchio. E se questi ultimi erano stati assolti dal Tribunale del capoluogo, diverso era stato il destino del notaio e del suo prestanome, la cui posizione era stata stralciata con rinvio degli atti al pm perché procedesse per altri reati.
L'ordinanza di regressione è stata, però, impugnata da Andreacchio per abnormità davanti alla Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso annullandola e disponendo che il processo proseguisse per decidere della posizione degli imputati che era stata stralciata dal Tribunale. Il pm ha, quindi, modificato l'imputazione contestando invece dell'abuso d'ufficio l'induzione in errore nello stesso reato, assumendo che gli imputati avrebbero tratto in inganno il sindaco ed il tecnico, prospettando una situazione diversa da quella reale.
Alla luce di tutto ciò il Tribunale, nel novembre dello scorso anno, ha condannato Andreacchio e Caminiti per abuso per induzione e costruzione senza la concessione, con conseguente condanna alla demolizione. Una decisione che è stata ribaltata oggi dalla Corte d'appello davanti alla quale gli avvocati difensori (Francesco Scalzi, Enzo Musco e Francesco Pullano), nonché il pg Pietro D'Amico, hanno chiesto l'assoluzione di entrambi. L'avvocato Scalzi, in particolare, ha evidenziato l'irritualità del procedimento eseguito, la legittimità della concessione e della costruzione nonché l'assoluta assenza di errore e di attività induttiva da parte degli imputati.
L'avvocato Musco, a sua volta, si è soffermato sulla non configurabilità della induzione in errore, trattandosi di reato, come l'abuso, caratterizzato dal dolo intenzionale dei pubblici uffici, escluso dal fatto che gli stessi erano stati anche assolti, trattando, inoltre, della legittimità della concessione anche in applicazione della norma espressa dalla nuova legge urbanistica regionale, che ha normato specificamente le costruzioni in zona agricola.
I giudici hanno accolto tali sollecitazioni, assolvendo gli imputati per il reato di abuso per induzione perché il fatto non sussiste, e dall'illecito edilizio perché il fatto non costituisce reato.

(Il Quotidiano, 18/11/2003)

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VIOLAZIONI EDILIZIE, NOTAIO ASSOLTO IN APPELLO

Concluso con l'assoluzione il processo d'appello nei confronti del notaio Antonio Andreacchio e di Giuseppe Caminiti, entrambi di Badolato, accusati in concorso di abuso d'ufficio e violazioni edilizie.

la vicenda nasce dal sequestro di un immobile in corso di realizzazione su concessione edilizia rilasciata a favore del richiedente Caminiti - secondo la difesa - che si qualificava come affittuario di un fondo del notaio. In base all'accusa si trattava di una concessione abusiva. Della vicenda si sono occupati il Tribunale del riesame, la Cassazione, il Tribunale.

Il 7 novembre del 2002, dopo una modifica dell'imputazione, il Tribunale condannò i due imputati a quattro mesi e dieci giorni di reclusione ciascuno (pena sospesa e non menzione) con conseguente demolizione.

Ieri dinanzi alla Corte d'appello presieduta da Adalgisa Rinardo (giudici a latere Zampi e Talerico; cancelliere dott. Stranieri) si è concluso il processo di secondo grado.

Il procuratore generale Pietro D'Amico ha chiesto l'assoluzione. Per l'assoluzione si sono battuti l'avvocato Francesco Scalzi in difesa del notaio; l'avv. prof. Enzo Musco e l'avvocato Francesco Pullano per Caminiti.

I giudici d'appello hanno assolto gli imputati per il reato di abuso per induzione «perché il fatto non sussiste» e dall'illecito edilizio «perché il fatto non costituisce reato».

(l.s., La Gazzetta del Sud, 18/11/2003)

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Riformata in Appello la condanna a carico di un notaio e del beneficiario di una concessione edilizia
NESSUN ABUSO NELLA COSTRUZIONE, DUE ASSOLTI

Si è concluso con l'assoluzione con formula piena il processo davanti alla Corte d'appello a carico del notaio Antonio Andreacchio e Giuseppe Caminiti, entrambi di Soverato, imputati per concorso in abuso d'ufficio e violazioni edilizie. Tutto ebbe inizio da un rapporto dei carabinieri a seguito del quale fu disposto il sequestro di un complesso immobiliare in corso di realizzazione a seguito di concessione edilizia rilasciata dal sindaco di Soverato il 23/4/97 a favore di Caminiti, che si qualificava come affittuario di un fondo di Andreacchio. Secondo l'accusa la concessione sarebbe stata rilasciata abusivamente in zona agricola. Dopo varie vicissitudini il tribunale aveva assolto altri coimputati nel procedimento, rinviando gli atti al pm perché procedesse per altro reato contro Caminiti e Andreacchio. Quest'ultimo aveva proposto ricorso in Cassazione ottenendo che il processo proseguisse così com'era e il pm, nel corso del dibattimento aveva modificato l'accusa da abuso d'ufficio ad induzione in errore nello stesso reato, assumendo che gli imputati avrebbero tratto in inganno il sindaco. Il Tribunale, alla fine, li aveva condannati alla demolizione del fabbricato. Ieri, però, la Corte ha riformato quella sentenza, accogliendo i motivi d'appello avanzati dagli avvocati Francesco Scalzi, Enzo Musco e Francesco Pullano che hanno chiesto l'assoluzione dei loro clienti, evidenziando la legittimità della concessione in questione e della costruzione, nonché l'assoluta assenza di errore o di attività induttiva da parte degli imputati; stessa richiesta del resto ha fatto anche il pg Pietro D'Amico.

(Il Domani, 18/11/2003)