Tram

C'era una volta...

...un gatto cittadino che viveva in un appartamento al secondo piano di un grande condominio a Milano. I suoi padroni erano due genitori e due bambini, Anna e Paolo. In gatto era tutto nero e per questo i suoi padroncini lo avevano chiamato Nero.

Nero non era contento di questo nome, gli sembrava stupido, senza fantasia e si vergognava con i suoi amici gatti di essere chiamato così; loro avevano nomi più belli e divertenti e questo lo faceva diventare triste. Per tanto tempo aveva cercato di far capire in casa che quel nome proprio non gli piaceva: ogni volta che i suoi lo chiamavano Nero, lui si inarcava, soffiava forte e drizzava i peli per far loro capire che così proprio non andava. Ma i suoi non capivano niente: i genitori erano sempre di corsa, la mattina perché dovevano correre al lavoro, la sera perché litigavano con i bambini perché i compiti non erano stati fatti o andavano a tavola con le mani sporche. Ma anche Anna e Paolo non gli piacevano: volevano sempre tenerlo in braccio, gli tiravano la coda, lo chiudevano dentro l'armadio, ma soprattutto quello che non gli piaceva era che stavano ore ed ore a guardare la televisione costringendolo a stare con loro. Nero proprio non sopportava la televisione, ore ed ore con quel tormento che spaccava le orecchie e faceva ballare gli occhi; in particolare non poteva vedere tutti quei disegni, dove uomini, animali e cose erano mostrati in modo ridicolo; li chiamavano cartoni animati, ma lui capiva qualcosa del linguaggio degli uomini, proprio non riusciva a comprendere perché li chiamassero così e soprattutto perché si divertissero tanto a mostrarli tutti deformi.

Insomma le cose non andavano per niente bene. E' vero che aveva una bella casa e dei padroni sempre pronti a dargli il cibo che preferiva, ma lui, un signor gatto cittadino voleva che gli fosse riservato maggior rispetto. Fu così che al termine di una bella avventura aveva comunicato a tutti i gatti del quartiere che lui si sarebbe chiamato Tram. Lo disse solennemente e voi bambini sicuramente sapete che i gatti, come molti altri animali, comunicano tra di loro con suoni che l'uomo non riesce a capire.

Ma è ora vi racconti questa strana storia...

Avrete capito subito che Tram era un gatto molto intelligente: sapeva che essendo un micio cittadino, doveva adattarsi ad una vita dura, vivere molte ore in un appartamento soffocante, in cambio di ottimo cibo e riparo molto confortevole. Passava gran parte della giornata chiuso in casa, come la maggior parte dei gatti milanesi, ma lui aveva il gran vantaggio di avere un piccolo terrazzino con il grande pregio che lui da lì riusciva a saltare direttamente in strada scendendo dalla grondaia. Salire e scendere in quel modo non era da tutti e lui modestamente si poteva considerare un vero acrobata. Era l'invidia dei suoi amici, che dovevano fare la pipi in casa dei padroni in una vaschetta puzzolente e potevano uscire per prendere un po' d'aria e giocare tra di loro solo quando la padrona decideva di accompagnarli fuori dal condominio. In casa di Tram i suoi padroni avevano fatto una porticina di vetro girevole, per permettergli di fare toilette in terrazza dove avevano preparato una cassetta con la sabbia; questa decisione derivò dal fatto che il papà era allergico agli odori dei gatti. Fu una decisione molto saggia anche se da subito Tram aveva fatto loro capire che non c'era bisogno, perché lui poteva scendere e risalire dalla strada con tutta comodità. Ma tutto sommato era un gatto anche furbo ed aveva capito che i suoi padroni si aspettavano da lui un po' di fusa e tanti giochi per i loro bambini quando loro erano al lavoro. Lui aveva creato con loro un patto: sarebbe stato in casa quando loro lo desideravano e sarebbe scappato in loro assenza o durante la notte. Se poi Anna e Paolo lo tormentavano oltre misura o la televisione gli faceva spaccare il cervello, allora Tram si infilava dentro la porticina girevole, passava in terrazzino e con due salti planava sul marciapiede.

Dunque stavamo dicendo, ah si parlavamo del nostro amico gatto!

Tram dunque era molto stimato nella zona, perché viveva da vero cittadino. Aveva imparato a capire le parole dei suoi padroni ed anche quello che si diceva in televisione, per cui ogni tanto raccontava ai propri amici gatti i pensieri ridicoli degli uomini. Poiché non era molto grosso, non sempre riusciva a dominare nelle guerre per la conquista della gattina di turno. Ma non era come alcuni suoi compagni che se le davano di santa ragione e spesso si ferivano anche gravemente; lui sapeva cedere quand'era il momento o fuggire in caso di emergenza. Per questo anche se non poteva considerarsi il vero capo nel branco, la sua stima come intellettuale del gruppo era indiscussa. Sapeva attraversare la strada sulle strisce pedonali, cacciava i piccioni nascondendosi sotto le macchine parcheggiate, stava alla larga dai cani, andava a prendere il sole sul sagrato della chiesa per farsi accarezzare dalle vecchiette che uscivano dalla messa, rovistava nei bidoni dei rifiuti per leccarsi qualche goccia di Coca Cola.
Di notte invece spariva, nessuno aveva osato inseguirlo oltre il confine del loro marciapiede. Cambiava quartiere: doveva camminare almeno un quarto d'ora per arrivare al deposito dei tram della città. Era molto pericoloso di notte muoversi nelle strade, c'era poca luce, le macchine correvano come matte, alcuni cani lasciati liberi dai padroni ti potevano aggredire e poi c'erano tante bande di altri gatti che non accettavano presenze estranee nel loro territorio. Tanti pericoli, troppo rischioso per cui gli amici si limitavano ad accompagnarlo al primo incrocio.
Lui invece sapeva come muoversi. Evitava di camminare sul marciapiede o sulla strada e cercava di muoversi sempre sotto le macchine parcheggiate. Quando c'era un pericolo se non c'erano alberi nella zona, saliva su qualche grondaia e si sedeva su un davanzale da dove poteva controllare la situazione: i cani si scatenavano abbaiando e costringevano i loro padroni a riprenderli al guinzaglio e trascinarli via. Nessun gatto nemico era capace di salire sulla grondaia e dopo poco si stancava di aspettarlo giù e se ne andava.

Superati mille ostacoli, finalmente Tram arrivava a destinazione. Era un grande capannone, con porte altissime attraversate da una grande strada con tante rotaie. Era sempre aperto ed i tram di sera tardi entravano ed uscivano sempre meno, fino a che in pena notte si fermavano del tutto.
C'era un guardiano, un signore con la divisa ed un cappello in testa, che controllava tutto il traffico. Le prime volte che Tram aveva cercato di entrare in quel grande deposito con un soffitto alto come il cielo, pieno di fili sospesi e di tram accostati l'uno accanto all'altro, il guardiano aveva cercato di cacciarlo via, ma si vedeva che lo faceva a malincuore, più per dovere che per convinzione. Era un po' vecchio e zoppicava appoggiandosi ad un bastone.

Tram era affascinato da quel posto e non passava notte che non vi facesse visita. Fu così che un po' alla volta la collera del guardiano passò e dopo poco divenne suo amico. Ora Tram arrivava tutte le sere verso le undici; c'ero un gran traffico lì dentro, un rumore sordo di ferraglia, poche voci di tranvieri che scendevano dal loro tram, salutavano di corsa il guardiano e scappavano verso casa.
Tram ormai era di casa ed entrava liberamente nella casa del guardiano. Non aveva mai vista una casa dentro un grande capannone con il tetto di vetro, altissimo e bellissimo. Quella casetta aveva tre stanze; una cucina microscopica, una cameretta ed un piccolo soggiorno, oltre al bagno naturalmente.
Da bravo gatto educato, Tram lasciava che fosse il guardiano a decidere le loro relazioni. Quando questi voleva, lui saltava sulle ginocchia e faceva le fusa.

C'era una televisione, ma era sempre spenta e per questo subito il gatto capì che quel vecchietto doveva essere un uomo interessate. Lui spendeva cinque minuti in cucina, altri cinque al bagno e tutto il resto a leggere libri: si addormentava tardissimo quando nel deposito tutto era fermo. Un paio d'ore, perché i primo tram dovevano uscire prima dell'alba. Tram non osava muoversi quando il guardiano riposava e se ne stava immobile in attesa del suo risveglio.

Il guardiano leggeva spesso a voce alta, parlava da solo e le storie che diceva parlavano sempre di mare. Un giorno che fantasticava da solo prese il micio tra le mani, lo fisso negli occhi e cominciò a parlargli. Non so come ti chiami e non voglio darti un nome sbagliato, potresti soffrirne se io mi rivolgessi a te con un nome che non ti piace. Nessuno di noi ha avuto un nome scelto da lui stesso. Sono stati sempre gli altri. Da come sei curato capisco che vivi in una casa, avrai dei padroni e sicuramente ti avranno chiamato in qualche modo. Io sono stato fortunato perché i miei genitori mi hanno chiamato Sesto, essendo io il sesto dei miei fratelli. Un nome idiota, cretino, ma loro probabilmente pensavano fosse prestigioso che la gente mi chiamasse in tal modo.
Da bambino mi vergognavo ed appena divenni grande decisi di farmi chiamare dagli amici con un nome tutto mio: mi chiamai Piro. Mi piaceva moltissimo, perché mi ricordava il mare; non lo avevo mai visto, ma mio zio marinaio, quelle rare volte che rientrava a casa mi raccontava storie stupende, navi che attraversavano per giorni e giorni le onde senza vedere terra, balene all'orizzonte, delfini che giocavano attorno a loro. Ed io gli chiedevo di ripetere, di ripetere e lui con pazienza mi faceva addormentare in questo sogno bellissimo. Ma un giorno insistetti, volevo saperne di più sulle sue storie ed allora lui per farmi contento mi promise un bel regalo al suo prossimo rimpatrio.
Fu così che quando arrivò aveva un pacchetto per me: capii che non era un giocattolo, sembrava più un libro e ne rimasi deluso. Ma quando lo aprii scoprii una copertina tutta blu, era sicuramente il mare ed in mezzo una nave lunga e stretta. In mezzo alla pagina c'era scritto: Storia di un Piroscafo. Pur non sapendo il significato di quella parola, compresi che doveva trattarsi della nave più bella di tutte e decisi che mi sarei chiamato Piroscafo. Dopo qualche giorno mi parve più semplice accorciare un po' e così fui Piro. In casa e gli amici mi presero subito in giro, ma dopo poco tutti si abituarono a chiamarmi così ed io stesso oggi ho praticamente dimenticato il mio vero nome di origine.
Da allora ho sempre sognato di fare il delfino, scivolare nei mari, giocare con le navi, divertire i passeggeri. Sai, un delfino è un animale intelligente, capisce gli uomini e sa come trattarli, visto che non tutti sono buoni con lui. Lo so che è un sogno, ma essendo solo nella vita mi piace immaginare così. Questo pensiero mi accompagna tutte le notti prima del sonno prima di addormentarmi e mi rende felice.


Tram fu affascinato da quella storia e drizzò le orecchie e sollevò i baffi in segno di approvazione. Piro era un bel nome, ma Tram lo era anche di più. Passarono molte notti nelle quali il nostro gatto si sentiva quasi un pesce a forza di sentire Piro raccontare di mari, avventure, pesci, bufere, salvataggi. Da tempo Piro, quando sospendeva il libro e raccontava a voce alta, invece che guardare il soffitto, si rivolgeva al gatto. E fu così che Tram decise che era arrivato il momento di insegnare al guardiano a capire il suo linguaggio. L'inizio fu difficile: Tram spostava la zampa ed emetteva un suono basso, toccava la sedia e modulava un tono più alto e così via.

Quando i due iniziavano a capirsi Tram decise che era giunto il momento di raccontare a Piro qualcosa di se stesso. Una notte piovosa e fredda, Tram cominciò a miagolare in modo strano ed il guardiano capì che voleva dirgli qualcosa. Allora si prese il gatto in braccio e lo osservò con attenzione. All'inizio capì solo qualche parola, ma poi piano piano incomincio a distinguere i suoni e costruire il discorso, fino a quando non riuscì a capire il pensiero di Tram che gli diceva:
Finalmente mi puoi capire. Sono mesi che ci provo. Anch'io sono stato sfortunato come te. Vivo in un bell'appartamento e non posso lamentarmi. I miei padroni hanno tanti difetti, ma mi vogliono bene. Non sono molto sensibili a noi gatti, visto che mi chiamano Nero. Lo so che sono viziato, ma sono stufo di fare il gatto, chiuso in casa, con i padroni sempre arrabbiati, la televisione che ti scassa le orecchie, i figli che vogliono giocare con me anche quando non ne ho voglia. Vorrei tanto diventare diverso, ma non sogno essere uomo, perché siete troppo tristi e non sognate mai, a parte tu Piro amico mio.


Voglio vedere la mia città da re, evitare di scansarmi ogni momento, preoccupato dalle macchine che ti stendono, costretto a respirare all'altezza dei tubi di scarico. No, mi piacerebbe essere rispettato e vedere che finalmente le automobili si fermano quando passo io e pensare a macchine che non puzzano, che vanno anche loro su di un filo, ben allineate, senza superarsi, senza inquinare.
Avrai capito insomma che vorrei essere un Tram, di quelli che attraversano tutta la città e vorrei uscire e tornare da questo deposito con tutti gli onori.
Per questo ho informato i miei amici che ormai mi chiamano tutti Tram; peccato che in casa non hanno né tempo di imparare a capire come parlo né di ascoltarmi. Hanno troppa fretta e considerano noi animali dei giocattoli da viziare.

Piro si mise a ridere, a ridere, a ridere tanto che Tram si spaventò. Che fosse diventato matto? Ma non si vedeva che non era per nulla impazzito, era solo tanto felice. Abbiamo due belle storie, molto belle. Peccato che sono solo sogni, anche perché non so se mai un delfino potrebbe incontrare il suo amico Tram. Ci vorrebbe un binario che si muovesse, che si srotolasse, attraversasse tutta Milano e poi giù per la Val Padana e su per le montagne e poi giù ancora fino al mare di Genova. Ecco lì potremmo incontrarci.
Anche Tram rise adesso, un tram con un binario che si srotola e va dove vuole ed i passeggeri che si arrabbiano perché li porta dove non vogliono andare e qualche bambino che invece salta di gioia a vedere quel tram impazzito, che viaggia dove vuole e che va a salutare i delfini.
Rise proprio contento e capì che era molto fortunato: aveva dei padroni affettuosi, poteva rincorrere un sogno bellissimo ed aveva trovato Piro, un amico più sognatore di lui.

Fu così che Piro di notte per farlo contento ogni tanto faceva uscire un tram di nascosto dal deposito e mise alla guida Tram perché potesse attraversare il suo quartiere e farsi ammirare dai suoi compagni gatti: lui Tram, ora vero guidatore di un tram della città.

 

E tu caro bambino, ce l'hai un sogno altrettanto bello?

 

Scritto per te da un nonno che ha sempre sognato di saper sognare.

CF 08-2001