Il Brutto Anatroccolo
UNA FINESTRA SUL VOLONTARIATO |
Questa estate mi sono trovata a prestare un servizio di emergenza presso il centro di accoglienza di
Ponte Galeria tenuto dalla Croce Rossa.
Mi sono recata lì nell'afoso caldo estivo della settimana di ferragosto come infermiera volontaria, di
supporto al medico in servizio.
Il centro "di accoglienza" lo definirei meglio di "smistamento e rimpatrio dei clandestini" presenti
in Italia.
Clandestini.
Questa parola alla quale siamo abituati, e che sentiamo tutti i giorni, spesso con senso di fastidio, ha
in realtà una pregnanza emotiva molto più forte quando vieni a contatto diretto con loro.
Vengono qui convogliate persone prese dalla polizia, che sono prive di documenti mentre svolgono
attività fuori della legalità.
E recuperate anche nelle retate per la prostituzione. Maschile e femminile.
Vedere arrivare queste persone "colte in flagrante" disperate, malmesse provoca, un forte
impatto emotivo.
Nostro compito è quello di visitarle e soccorrerle da un punto di vista medico per quanto possibile.
A volte arrivano numerose e devono essere tutte schedate e visitate.
E' durante questo breve contatto che vengono fuori le storie umane più incredibili e drammatiche,
che rivelano tutta la miseria umana.
Dal contatto con i clandestini, ritorni nella tua casa, con la tua famiglia, con un enorme senso di
impotenza e di frustrazione per non poter dar loro se non altro, un po' di umanità e benevolenza.
Parlarne, in genere, è un fatto.
Guadare negli occhi disperati, queste donne e questi uomini, nei quali tu vedi dei fratelli sfortunati, è
tutt'altra cosa. E in quel momento non puoi fare a meno di sentirti un po' complice di ciò che accade
nella società.
Da una testimonianza della mamma di Milly.